L’America dei parchi e dell’avventura

Un meraviglioso tour nell'ovest degli USA in autonomia
Scritto da: ALEXANDRA59
l'america dei parchi e dell'avventura
Partenza il: 31/07/2014
Ritorno il: 19/08/2014
Viaggiatori: 6
Spesa: 3000 €
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Ho cominciato a pianificare un viaggio nell’Ovest degli Stati Uniti a gennaio di quest’anno ma la voglia di ritornare in quel fantastico Paese covava già da almeno tre o quattro anni, dopo un’avventura analoga vissuta sette anni fa nell’ormai lontano 2007.

Come sempre, per prima cosa, il volo. Purtroppo non siamo riusciti a trovare un volo diretto su Los Angeles da Verona e così abbiamo dovuto “ripiegare “ su un Verona – Parigi – Atlanta – Los Angeles che ci ha abbastanza stancato.

Siamo partiti (due nuclei familiari con un figlio ventenne a testa), il 31 luglio e, senza quasi soluzione di continuità, appena atterrati al LAX di Los Angeles abbiamo recuperato il minivan Dodge prenotato dall’Italia e siamo partiti alla volta del Joshua Tree National Park.

La sensazione, attraversando questo parco, è di essere atterrati in un pianeta alieno: strane formazioni rocciose, massi giganteschi e dappertutto la sagoma di enormi alberi di yucca, chiamati per l’appunto Joshua e cactus di tutte le dimensioni.

Un paesaggio deserto e particolare.

La giornata si è poi conclusa con una sontuosa cena tex mex al Maya e un meritato riposo al Best Western , entrambi a Parker.

Non mi dilungo sul confort dei motel statunitensi che, personalmente, adoro. Ce ne sono tantissimi sulle strade ; si aprono ai lati della Main Street e sono di varie catene . Se il primo è pieno, potete star certi che il secondo o al massimo il terzo ha disponibilità ed è questo che fa di un viaggio on the road negli USA un esperienza facile da gestire e programmare.

Ogni camera è ampia e spaziosa ed è fornita di due letti queen size ampi e comodi, di un televisore, spesso di un forno a microonde, di asse da stiro e relativo ferro, dell’immancabile macchinetta per il caffè con tutta la dotazione necessaria, bagno separato dalla zona lavabo, aria condizionata e, se si alloggia al piano terra, la comodità di piazzare la propria autovettura davanti alla porta il che, se si viaggia con due valigie, 3 zainetti e una sacca è decisamente comodo !

C’è sempre una zona dove poter fare un “ lava asciuga “ della propria biancheria con pochi spiccioli , il che consente di partire, anche per lunghi periodi, con una dotazione minima di vestiario.

La colazione, sempre compresa nel prezzo, è abbondante e molto, anzi troppo gustosa: waffles fai da te con sciroppo d’acero, scrambled eggs con bacon, caffè e latte , scelta di cereali, burro e marmellata, frutta, salsiccette e fagioli, brownies e succhi di frutta. Tutto a buffet.

Il 2 agosto si parte per il Grand Canyon. Purtroppo il cielo è nuvoloso e questo impedisce la visione delle mille sfumature di colore di questo stupendo panorama e anzi, ad un certo punto, mentre stiamo scendendo lungo un costone si mette pure a piovere! Io l’ho visto con il sole 7 anni fa e so com’è la differenza e mi dispiace per gli amici che lo vedono per la prima volta. Ma comunque quel poco che si vede è sempre suggestivo. Cena al Yipec Stekhouse e riposo al Grand Canyon Inn. La carne americana è favolosa e altrettanto lo sono le patatine fritte…

Il 3 agosto ritorniamo al Grand Canyon speranzosi ma, pur non piovendo, c’è una nebbia talmente fitta da coprire completamente i pinnacoli, le guglie, le formazioni rocciose e tutto quello che dovrebbe stendersi davanti a noi…per cui mestamente decidiamo di riprendere il nostro viaggio con direzione Paige per visitare Antelope Canyon nel territorio Navajo.

La giornata promette bene e così, a bordo di fuoristrada aperti ci dirigiamo, saltando su dune e affossamenti di una strada sterrata che si snoda tra deserto e rocce, verso l’ Antelope Canyon, una sorta di tunnel che si è formato nel corso di milioni di anni a causa dell’erosione dell’arenaria da parte dell’acqua e del vento.

Credo di aver fatto oltre 100 fotografie ai colori spettacolari di questo sito; dal rosso all’arancione, al nero, passando per tutte le sfumature cromatiche possibili, in una fantasmagoria di formazioni rocciose di tutte le forme che creano un luogo tra i più belli e suggestivi che io abbia mai visto, con una guida navajo che ogni tanto, nel buio e nella suggestione di questo posto, zufolava antiche nenie con il suo flauto.

Solita bisteccona con patate fritte e lesse con salsine al Ken’s Old West e a dormire al Page Boy Motel.

Il 4 agosto ripartiamo e, dopo l’ormai usuale lauta colazione, ci dirigiamo verso quello che io personalmente considero il sito più bello del mondo: la Monument Valley!

C’è anche il sole che spunta qua e là , per cui tutto promette bene. La macchina fotografica, l’ipad e la videocamera sono carichi.

Abbiamo fatto in modo di arrivare verso le 5 in maniera da poterla ammirare al tramonto, a bordo di un 4 x 4 prenotato dall’Italia che ci ha portato per due ore e mezzo tutt’intorno alla valle con la nostra guida , indiana naturalmente!

D’altronde quel territorio è loro, così come era tutto loro prima che qualcuno glielo portasse via e questo è il grande peccato che non perdono agli Stati Uniti…

Anche qui non mi dilungo su quella meraviglia della natura che è questo sito; i colori cambiavano ogni 5 minuti a seconda che ci fosse il sole, le nuvole, il vento, l’ora e quant’altro. Decine di mese, di formazioni rocciose imponenti e superbe eppure fragili, testimonianze silenziose di milioni di anni, con l’immaginazione scatenata in distese di hogan e tepee , cavalli al galoppo e nient’altro che il fischio del vento e il calore del sole sulla pelle. Solo la Monumenti Valley, peraltro già vista 7 anni fa, meritava il viaggio. Unica e irripetibile.

Mi sono strappata a malincuore da quel posto per andare a mangiare una pizza alla salsiccia ( non c’era altro ..) in uno store squallido di Blending, l’unico posto aperto nel serio e rigoroso Utah alle 22. Dormiamo al Super 8 di Blending.

Il 5 agosto si parte per la misteriosa Mesa Verde National Park, un parco situato nell’angolo sud occidentale del Colorado denominato patrimonio dell’umanità dall’UNESCO.

Sotto il costone della mesa è rannicchiato un antico villaggio degli Anasazi, un antichissimo popolo indiano misteriosamente scomparso verso il 1300; un gioiellino nella roccia , un presepio incastonato nella natura. Cena e pernottamento a Cortez, al Super 8, una delle mie catene di motel preferiti.

Il 6 agosto partenza per Arches Park, con una deviazione per Dead Horse Point, consigliataci da un amante del West. Mai consiglio è stato più buono..Si tratta di un promontorio a picco sul Colorado che offre panorami incredibili e viste mozzafiato, scenari utilizzati in sequenze di film quali Thelma e Louise o Mission Impossible 2, con una vista spettacolare sui due fiumi, il Colorado e il Green River che si intersecano tra i canyon. Una sensazione da brivido.

Dopo questo panorama, Arches e Canyonlands sono forse stati un po’ trascurati… dopo tutto erano “ solo “ panorami bellissimi ma non avevano la grandiosità di Dead Horse Point.

Il Parco Nazionale degli Arches è un’area naturale protetta che conserva oltre 2000 archi naturali di arenaria, tra cui il Delicate Arch, oltre ad una notevole quantità di formazioni geologiche uniche.

Il parco si trova a Moab, nello Utah ed ha una superficie di circa 300 km quadrati.

La sosta notturna al Moab Valley Inn e la cena al Broken Oar.

IL 7 agosto , dopo la solita grandiosa colazione, partiamo per quella che sarà una delle due grandi tirate del nostro viaggio. Quasi 700 km per arrivare a Las Vegas. La prima notte all’Excalibur e la seconda, finalmente, al Caesars Palace che volevo vedere da 7 anni ! Non dico niente o quasi su questa città. Sin City la chiamano, la città del peccato.

E’ un carrozzone turbolento, chiassoso e pacchiano, dove si vede di tutto e di più, dove non si dorme, si gioca, si mangia e si pecca…….e ci si sente liberi di fare di tutto, compreso indossare una minigonna di pelle nera di un corpo che peserà più di 160 kili e altro…….

Qui, per la prima volta in 3 anni di USA, mi sono concessa 3 ore di shopping sfrenato al Premium Outlet di North Las Vegas e … quando compri un paio di jeans di Calvin Klein in saldo a 15 euro capisci tante cose… e non ti fermi più. Perché negli USA I SALDI SONO SALDI!

Piccolo inciso: se andate al Caesars Palace, albergo in stile imperiale, non toccate nulla dell’assortimento gastronomico che vi ritrovate in camera ( oltre all’idromassaggio con i mosaici e tutto il resto ), perché sotto ad ogni pacchettino di noccioline c’è un sensore che fa partire l’immediato addebito di 15 euro sul totale della camera!

Incredibile ma vero.

Dopo questa pausa epicurea (consiglio i giochi d’acqua a suon di musica del Bellagio) si parte il 9 agosto, attraversando di striscio la Death Valley, con direzione Yosemite. Il pranzo ce lo siamo concessi all’Area 51 in Nevada, il famoso sito militare dove si dice vengano conservate le spoglie di un alieno la cui navicella si dovrebbe essere schiantata nel deserto del Nevada qualche decennio fa… Sosta per la notte al Vagabond Inn di Bishop, dove ho scoperto che una marca agognata dai giovani e iper costosa, la Carhart, in realtà è una marca di abbigliamento per lavoro negli USA e i prezzi sono conseguenti…

Il 10 agosto arriviamo nel Parco di Yosemite e anche qui la Natura la fa da padrona. Laghi di una nitidezza unica, boschi e superbe pareti di roccia,gioia di free climber spericolati.

Per quello che mi riguarda, l’emozione più forte è stata incontrare un orso che ci ha attraversato con noncuranza la strada e tanti cerbiatti, tra cui in particolare uno che si è lasciato avvicinare a un metro guardandomi negli occhi. Un’emozione unica.

Abbiamo dormito in due hotel diversi in maniera da poter visitare due parti distinte di Yosemite: la prima notte al Cedar Lodge e la seconda al Sierra Sky Ranch.

Il 12 agosto si parte per San Francisco dove siamo rimasti 3 giorni: che città affascinante e interessante ! Oltre ai soliti Pier ( il mio preferito è il 39 con le otarie che si beccano tutto il giorno per il posto migliore dove stendersi al sole ), al giretto con il Cable Car e allo shopping “ etnico “ a Chinatown, abbiamo girato la città senza fretta e con passione lasciandoci un po’ trasportare dalla suggestione del posto, dal Golden Gate rosso fuoco che si stagliava all’orizzonte e dalla varia umanità che circola in questa città, dove la musica regna un po’ dappertutto.

Siamo stati anche a visitare Alcatraz, una prigione ben nota che, personalmente, rimetterei in funzione… Il nostro albergo, il Grant Hotel aveva la pecca di una colazione risicata alla reception.

Il 15 agosto, la seconda tirata da San Francisco a Los Angeles. Nei programmi l’intenzione era di fare con calma quel percorso bordeggiando la costa per visitare tutti i paesini caratteristici che vi si trovano: Carmel, San Luis Obispo, le missioni spagnole e così via, pernottando a metà strada, ma il consiglio dei partecipanti ha deciso di “ volare “ verso Los Angeles e così ci siamo macinati altri 700 km per arrivare nella città degli angeli…

Per me personalmente è stata una delusione: abituata ai grandi spazi deserti, alla natura incontaminata e selvaggia, al silenzio ed ai colori intensi, alla maestosità delle testimonianze millenarie del tempo , ritrovarsi nel caos frenetico e rumoroso di una città da 12 milioni di persone è stato traumatico.

Non ci ho visto nulla di bello, nè la distesa di negozi griffati di Rodeo Drive, nè il lusso di Hollywood Boulevard, né il giretto sulla collina dove dovrebbero trovarsi le ville dei VIP, né la Walk of fame con le stelle delle celebrities, ma proprio niente, nessuna emozione, nessun sentimento.

Non il brivido sulla pelle davanti alla Monument Valley, non l’immaginazione di un volo d’aquila sul deserto del Mojave, non lo stupore davanti ai colori di Antelope, non il rispetto e la meraviglia per l’azione millenaria del tempo sul bordo del Gran Canyon, non il respiro mozzato al Dead Horse Point…

Visto e basta.

Il 17 si ritorna alla triste realtà…

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