Kinabatangan, un fiume immerso nella giungla che ci riporta alle origini
Sosta quasi obbligatoria a Kuala Lumpur, arrivando da Milano, e comunque da non perdere: passeggiare in mezzo ai grattacieli ed ogni tanto trovarsi di fronte a dipterocarp, alberi dai tronchi che sembrano modellati da uno scultore e che esistono sulla terra da almeno 30 milioni di anni, ha il suo fascino.
Da qua in poi è stato uno dei viaggi più piacevoli e semplici da organizzare che io abbia mai fatto, la Malesia è una nazione all’avanguardia, i voli interni si prenotano da un giorno all’altro, anche via internet, sono puntuali e il costo di un biglietto è all’incirca di 30€. Arrivati a Kota Kinabalu, nel Borneo Malese e sorvolando in fase di atterraggio la cima del monte Kinabalu, abbiamo trovato ad aspettarci un minibus di una delle associazioni di guide che ti ospita in un lodge all’interno della foresta, sulle sponde del fiume Kinabatangan. La scelta di questa organizzazione l’abbiamo fatta in internet, ci sono molti siti che offrono diverse soluzioni e ti vendono dei pacchetti che comprendono il pernottamento e i pasti nel lodge e la guida che ti accompagna in barca e a piedi in questi trekking in mezzo alla natura.
Il viaggio con il minibus dura qualche ora, gli altri 5 compagni di viaggio sono Inglesi, Americani, Giapponesi e da subito percepiamo di avere lo stesso spirito di avventura, chje forse ci ha spinto a scegliere quelle guide.
Ci fermiamo sulla strada per una breve sosta e troviamo ad aspettarci un buffet che sarà un vero e proprio toccasana. Verdure freschissime appena passate nel wok, pollo condito con spezie, tranci di pesce con cocco e curry, spaghettini di soia saltati con carne e verdura, frutta appena raccolta e tranci di dolci a base di cocco e frutta. Che dire, mai mangiato così bene e sano!
Ripartiamo, dopo aver sorseggiato un infuso di te. La guida durante il viaggio ci racconta quello che vediamo ai lati della strada, immense piantagioni di palme da cui ricavano l’olio tanto richiesto. Questa cultura ha causato il disboscamento della maggior parte della foresta dove vivevano dalle origini una flora e una fauna incontaminata. Gli oranghi, le scimmie nasiche, gli elefanti e i rinoceronti, le specie più grandi di mammiferi ancora viventi, si sono dovute adattare in una zona ristretta che sono riusciti a salvare, le tigri sono praticamente quasi scomparse e pensare che quando si pensa alla Malesia la prima cosa che viene in mente sono proprio le tigri di Salgari, che tanto ci hanno fatto sognare.
Arriviamo finalmente in un piccolo porticciolo sul fiume, dove ci aspettano due barche a motore, carichiamo gli zaini, saltiamo dentro e intanto il sole sta iniziando a tramontare, tingendo di oro gli immensi alberi della foresta e l’acqua del fiume, un fiume ambrato, calmo, quasi immobile all’apparenza. E la lancia sfreccia sull’acqua, le rive sono piene di fango e di vegetazione ma noi con il naso all’insù restiamo a bocca aperta di fronte al volo di due tucani enormi che passano sopra le nostre teste.
Ci sentiamo come Indiana Jones, all’inizio di un’avventura che ci resterà nel cuore e negli occhi.
Ci fermiamo a un molo illuminato e dietro scorgiamo la sagoma di un gruppo di casette, ormai immerse nel buio, con lampade che segnano il percorso. Il fondo è fangoso, meno male che i nostri scarponcini da trekking tengono bene. Ci accompagnano al centro del lodge dove si trova un grosso gazebo di legno che è il cuore di questa struttura, li è la zona dove si mangia, ci si ritrova a bere una tazza di te, ci si confronta con la guida e si fa il piano delle escursioni, insomma un grosso salotto con a far da pareti la vegetazione della giungla, siamo in un altro mondo.
Ci danno la chiave della nostra casetta e l’appuntamento per la cena è dopo 15 minuti. Lanciamo gli zaini in camera e torniamo subito fuori, sentiamo i rumori che vengono dagli alberi, percepiamo i movimenti tra le foglie, è come se fosse tutto amplificato e i nostri sensi si accentuano. Riprendiamo il sentiero verso il gazebo dove ci aspetta un buffet sempre a base di carne, pesce, versure, riso, frutta, dolci e te a volontà. Sarà l’atmosfera, sarà la natura che ci acchiappa dalle viscere e ci entra sotto pelle ma quella sera non la dimenticheremo mai. Mentre mangiamo, la guida ci spiega il programma del giorno dopo, veloce colazione alle 6,00 e poi navigazione sul fiume per vedere il risveglio degli animali, ritorno al lodge dopo qualche ora, colazione con tutta calma e partenza per il trekking a piedi nella giungla. Ritorno per il pranzo, qualche ora di relax e tempo libero. Verso le 16,30 navigazione sul fiume, sempre per avvistare oranghi, scimmie, coccodrilli, elefanti, rinoceronti, tucani. Ritorno per cena e poi, per i più resistenti, trekking notturno.
Abbiamo vissuto così per tre giorni, scoprendo insetti mai visti, uccelli che sembravano usciti da libri di scienze, piante e fiori che vivono lì da milioni di anni, alberi ricolmi di frutti che scopriamo essere la dispensa di oranghi e scimmie nasiche, coccodrilli spaparanzati a godersi il sole, sanguisughe protese verso i nostri corpi caldi, scorpioni mortali, tutto ciò era diventato la nostra casa, era quasi impensabile venire via da quei luoghi, da quegli odori. Al mattino alle 5,30, quando uscivamo dalla camera, una nebbiolina quasi irreale avvolgeva tutto, trasformando in acquarello il fiume e la vegetazione, smorzando i colori che dopo le 9 diventavano luminosi e intensi.
Le guide malesi, ragazzi di poco più di ventanni, ci hanno mostrato le piante della giungla che quotidianamente abbiamo ritrovato in cucina, rimedi contro ferite e malesseri racchiuse in grosse foglie o in piccole bacche, ci hanno insegnato a combattere con questa natura il caldo, la sete, a tenere lontano gli insetti. Ci hanno raccontato storie prese dalla loro esperienza in quell’habitat, ci hanno mostrato libri di scienze dove ritrovavamo ciò che avevamo visto nelle escursioni, ci hanno spiegato di come cercano ogni giorno di salvare quel poco che è rimasto della loro giungla e delle loro abitudini, di come aiutano le speci in difficoltà e di come siano contenti nel vedere sui nostri volti la meraviglia e lo stupore mentre ci accompagnano nel loro mondo.
Dopo quei giorni il nostro viaggio è continuato per un’altra settimana sull’isola di Manukan, dove invece abbiamo goduto delle meraviglie del mondo sottomarino, sempre fermandoci a dormire in strutture perfettamente inserite nella natura, con la popolazione malese sempre educata e accogliente, attenta alle nostre esigenze e con piccoli gesti quotidiani, come trovare un orchidea in bagno dopo le pulizie, che ci riempiva di tenerezza.
Il ritorno, passando ancora da Kuala Lumpur e fermandoci a comprare spezie e piccoli manufatti, dopo 17 giorni di ritorno alle origini è stato davvero difficile. Milano ci ha accolto con una fitta pioggerellina e un freddo fastidioso, ciao Malesia, sicuramente torneremo per visitare altre zone, ma il Kinabatangan con tutte le sue meraviglie resterà nel nostro cuore.