Kiev, l’oro nel grigio
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Essendo in una regione caratterizzata da modesti rilievi, mi aspettavo un territorio sostanzialmente piatto, invece la città vecchia sorge su diverse alture (i soliti 7 colli) che sovrastano il Dnepr, caratterizzata da ampi viali che seguono l’orografia cittadina.
La moneta corrente è la Grivna (UAH), suddivisa in 100 Kopeki, in uso dal 1996 e ultimamente fortemente svalutata rispetto all’euro. Al cambio attuale (dicembre 2017), 1 euro vale circa 31 grivne. Questo rende il soggiorno decisamente conveniente per chi proviene dall’area Euro.
Per l’ingresso nel Paese è sufficiente il passaporto, da poco senza il visto. Lingua parlata praticamente da tutti, oltre ovviamente l’Ucraino, è il Russo. Personalmente non essendo attrezzato in tal senso a parte 3 parole, ho usato l’inglese anche se capito solo dai giovani.
Scritte in cirillico, quindi è utile almeno riuscire a distinguere le lettere. Le fermate della metropolitana sono in gran parte traslitterate.
COME ARRIVARE
La capitale ucraina è servita ovviamente dalla compagnia di bandiera Ukraine International Airlines che effettua voli anche da Milano-Bergamo a tariffe convenienti (circa da 80 euro a tratta), e, recentemente, anche da una nuova compagnia italiana, la Ernest Airlines (www.flyernest.com) che da poco (il volo che ho preso del 9/12/2017 era quello inaugurale) offre voli da alcune città italiane su Kiev Zhuljany con tariffe a partire da 45 euro a tratta e con solo bagaglio a mano. Per chi parte da Bergamo, gli operativi sono decisamente buoni: andata il sabato con partenza alle 7.00 e arrivo a Kiev alle 10,30 (+ 1 un’ora rispetto all’Italia) e ritorno il lunedì nel tardo pomeriggio. Sfortunatamente nel mio caso, il volo di ritorno ha avuto un “piccolo ritardo” di 10 ore a causa del mancato arrivo del volo proveniente da Napoli e quindi sono atterrato a Bergamo alle 4.30 del mattino successivo. 12 ore in aeroporto. Massacrante.
Kiev, o meglio Kyiv in ucraino (Kiev è in russo) è servita da 2 aeroporti: il principale aeroporto internazionale, Boryspol, situato nella zona est della città, oltre il Dnepr e quindi più lontano dal centro storico; e Kiev Zhluljany, un aeroporto secondario, base soprattutto delle compagnie low cost e dei voli interni, situato a est e molto vicino al centro cittadino. Mentre infatti il primo dista circa 40 km dal centro, il secondo meno di 10. Da Zhuljany si può raggiungere il centro con il filobus n° 9 (4 grivne, circa 13 centesimi di euro), oppure in taxi, ma in questo caso, se non si è avvezzi del luogo, la fregatura è dietro l’angolo.
COME MUOVERSI
I trasporti in generale hanno prezzi veramente irrisori. Come detto una corsa in filobus costa 4 grivne; una corsa in pulmino collettivo (marsrukta) 5 UAH. In città sicuramente il mezzo più usato è la metropolitana (3 linee) il cui costo del gettone è anch’esso pari a 5 UAH (0,16 euro). Il centro storico non è poi particolarmente esteso e si gira molto bene anche a piedi.
Esiste poi anche una funicolare (4 UAH) che collega la parte bassa della città, nei pressi del fiume, con la parte alta.
C’è un efficientissimo sito internet (www.eway.in.ua) il quale, indicando sulla mappa punto di partenza e arrivo, calcola il percorso più rapido indicando il tipo di mezzo di trasporto più adeguato.
DOVE SOGGIORNARE
Si possono trovare soluzioni molto economiche in ostello: camerate per pochi euro. Io ho preferito una sistemazione più confortevole quindi, tramite Booking, ho prenotato 2 notti presso un hotel nei pressi dell’Università Shevchenko, a sud del centro, comunque raggiungibile anche a piedi, comodo anche perché nei pressi di una delle fermate dell’autobus n°9 da/per l’aeroporto. Il costo di un monolocale con cucina è stato di circa 31 euro a notte, Hotel Fire Inn (www.fire-inn.com), ricavato nello stesso palazzo di una centrale dei Vigili del Fuoco. Pulito e spazioso, l’unica pecca è l’acustica tra le camere, fortunatamente c’era poca gente.
DOVE MANGIARE
Insieme ai trasporti, anche il cibo è caratterizzato da costi molto bassi: si può tranquillamente cenare nei ristoranti senza preoccuparsi di guardare la colonna dei prezzi. Costo medio di una cena circa 300 grivne, meno di 10 euro.
Devo dire che ho mangiato bene. Il piatto principale e più famoso è il Borsch, una zuppa di barbabietola rossa e paprika con verdure e carne, servita con panna acida e crostini con burro salato.
Per la città sono diffusi i ristoranti di una catena ucraina di self-service chiamata Puzata Hata (www.puzatahata.kiev.ua). A prezzi straconvenienti, signore in abiti tradizionali servono piatti della cucina locale tra i quali i ravioli ripieni di patte o carne, serviti con panna acida (Varenyki), il Borsch e gli Holubcy, involtini di foglie di cavolo ripieni di riso o carne macinata. Non turistico, molto pulito, usato quotidianamente dai locali. Pranzo completo con 160 grivne, poco più di 5 euro.
In aggiunta alla cucina prettamente ucraina, è doveroso consigliare un ristorante di cucina tatara della Crimea, quindi con pietanze molto simili a quelle turche situato nei pressi dell’albergo, il Musafir (www.musafir.com.ua). Cucina ottima, molto affollato, prezzi nella norma e sempre contenuti. Infine molto buono, Gogi (www.gogi.com.ua), un ristorante georgiano, dove si possono mangiare, tra le altre cose, degli ottimi khinkali, i famosi ravioli ripieni che si divorano con le mani.
COSA VEDERE
A meno che non si intenda dedicare molto tempo ai musei che io ho un po’ snobbato preferendo vivere di più la città, ritengo che 3 giorni siano sufficienti per vedere in modo esaustivo le principali attrazioni.
Atterrato puntuale in tarda mattinata, mollato lo zainetto in albergo, mi sono subito recato in centro a piedi percorrendo una delle arterie principali della città, Khreschatyk St., vialone con orientamento sud-nord che sbuca, piegando leggermente verso ovest, in piazza Indipendenza, chiamata solo Maidan (piazza), teatro degli scontri durante la rivolta del 2014.
L’arteria è la principale via dello shopping di Kiev con negozi delle grandi firme e Caffè, distrutta quasi completamente dall’Armata Rossa nel corso dell’ultima guerra mondiale, ricostruita con alcuni palazzi in stile sovietico e recentemente rinnovata con palazzi di architettura più recente di dubbio gusto. La Via nasce a sud in prossimità del mercato di Besarabskij, un tempo uno dei principali mercati coperti della città, ora forse più un trappolone per turisti senza particolari attrattive se non per i venditori che ti assalgono per cercare di vendere frutta e caviale. Nel tardo pomeriggio era deserto, i prezzi non sono esposti e mi ha dato l’impressione che fosse più una trappola per inesperti turisti che un vero mercato cittadino.
Maidan è il cuore della città, di stampo moderno ed è interessante solo perché evoca i sanguinari scontri (circa 100 morti tra i civili) avvenuti recentemente e che hanno portato, nel febbraio del 2014, al rovesciamento del’Ex presidente Jaunokovjc, poi fuggito in Russia.
A est della piazza parte, in salita, una delle vie più interessanti di Kiev, in quanto conserva alcuni palazzi risalenti alla fine dell’Ottocento/primi del Novecento che si sono salvati dalla distruzione per la liberazione dall’occupazione tedesca: via Horodetskoho è infatti un susseguirsi di facciate liberty riccamente decorate che termina in prossimità proprio di una delle architetture create dall’architetto Gorodeskji, la casa delle Chimere, edificio liberty con decorazioni di animali, ai piedi del palazzo presidenziale. Personalmente ho trovato più interessanti gli edifici lungo la via, che la più nota casa delle Chimere.
Da lì, risalendo verso nord, si sbuca nei pressi del Parco Marinkji dove sorge uno dei due edifici di Kiev progettati da Bartolomeo Rastrelli. Solo lontanamente paragonabile agli sfarzosi palazzi di San Pietroburgo, è stato realizzato dall’architetto italiano nel 1744 come residenza della zarina Elisabetta di Russia. Attualmente è sede della Presidenza ed in restauro e non è visitabile.
Parallela alla Khreschatyk è la Volodymyska, altro vialone chilometrico che, procedendo da sud a nord, lambisce prima il teatro dell’Opera nei pressi della fermata della metropolitana Zoloti Vorota, interessante stazione che ricorda le eleganti stazioni della metro moscovita (tra l’altro la metropolitana ucraina è tra le più profonde al mondo); si passa poi la ricostruzione in legno di una delle antiche porte della città (la Porta d’Oro), fino a giungere all’edificio forse più interessante della capitale, ossia la Cattedrale di Santa Sofia (Patrimonio Unesco), caratterizzata dall’alta torre campanaria e la chiesa vera e propria, raro esempio di edificio religioso sopravvissuto alla campagna antireligiosa russa prima, e alla guerra dopo, con all’interno ancora mosaici risalenti all’XI secolo. Belle le 13 cupole d’oro.
A questo punto, piegando verso est, la prospettiva si apre sull’azzurro e l’oro che caratterizza il Monastero di San Michele, edificio in barocco ucraino su originario edificio bizantino, fatto saltare in aria con la dinamite dai russi nel 1936. Prima della demolizione, eseguita perché la chiesa era realizzata in barocco ucraino e quindi secondo le autorità russe non degno di interesse storico, i mosaici originali furono parzialmente staccati e ora sono conservati, non visibili, a Santa Sofia e in alcuni musei russi. In seguito all’indipendenza ucraina, nel 1991, si decise di ricostruire la cattedrale che venne poi aperta nel 1999.
Da lì, dirigendosi verso ovest, si giunge alla Cattedrale di Sant’Andrea, caratterizzata questa da un tenue color verde/azzurro, realizzata a metà del ‘700 su progetto di Rastrelli e recentemente restaurata. La Chiesa sorge imponente su un alto basamento alla sommità della Andrivskji descent, un’antica via acciottolata che si snoda in discesa fino al quartiere di Podil che sorge lungo il Dnepr. Questa è una delle più antiche strade dei Kiev; oggigiorno è caratterizzata dalla presenza, sui lati, di numerose bancarelle che vendono paccottiglia per i turisti.
Dal punto di vista dell’importanza religiosa, sicuramente l’edificio più importante è il Pacerska Lavra (Patrimonio Unesco), il Monastero delle Grotte, fondato all’inizio del 1000 e sede del metropolita della Chiesa ortodossa ucraina. Sorge a sud est del centro, raggiungibile a piedi dalla fermata della metropolitana Arsenalna. È un complesso molto vasto, caratterizzato da un alto campanile e da diverse chiese e cappelle. Analogamente agli altri edifici religiosi della capitale ha subito pesanti distruzioni durante l’occupazione e la liberazione e quindi è rimasto ben poco di autentico. È però suggestivo visitare le grotte, una serie di cunicoli frequentati dai fedeli ortodossi (ho notato una alta partecipazione di giovani) che si snodano nella collina. Sono stretti passaggi alti poco meno di 2 metri e larghi meno di un metro che si percorrono a lume di candela (si comprano all’esterno), dove, ai lati, si aprono delle nicchie che contengono i corpi mummificati dei monaci, chiusi in delle teche di vetro, oggetto di adorazione dei fedeli che ne baciano ripetutamente i vetri. Ci sarebbe un percorso riservato ai fedeli (più lungo) e uno riservato ai turisti; secondo la Lonely Planet (anche in questo caso piena di inesattezze) le grotte sarebbero sempre affollatissime e i turisti individuati a colpo d’occhio dai monaci posti a sorvegliare: in realtà, sarà perché sono andato la domenica presto durante la funzione religiosa, le grotte erano praticamente deserte o ho fatto senza problemi il giro riservato ai fedeli.
Uscito dal monastero, sono andato a visitare il museo che sorge poco distante, ossia il Museo della Grande Guerra patriottica, come viene chiamata in Ucraina la Seconda Guerra Mondiale. Situato in un grande parco che ospita qualche residuato bellico (carrarmati, aerei, ecc.) è un muso di stampo sovietico nato per celebrare la vittoria sovietica sul nazismo e quindi la liberazione dell’Ucraina dai nazisti.
Quello che però mi ha colpito di più è che, in aggiunta alle sale originarie con comunque interessanti reperti risalenti alla Seconda Guerra Mondiale, nell’ampio ingresso è stata allestita una mostra con esposti gli oggetti personali dei militari morti in occasione della rivolta filorussa nel Donbass del 2014: è toccante vedere oggetti di uso quotidiano dei militari, i cellulari anneriti dal fuoco, i disegni dei figli, il tutto risalente a pochi anni fa e quindi molto più coinvolgente dei reperti ormai lontani nel tempo esposti nelle altre sale.
Sopra l’edificio del Museo, sorge imponente la statua metallica della madre patria (Rodina Mat), inaugurata nel 1981 da Breznev: enorme donna armata di spada e scudo, alta bel 102 metri, costruita in titanio, simbolo della vittoria dell’Unione Sovietica sulla Germania nazista. La spada appare un po’ tozza perché tagliata in quanto originariamente più alta della cupola del Lavra.
Nel complesso una città interessante non popolata da orde di turisti, chiese con cupole dorate, edifici barocchi e liberty, qualche vestigia sovietica, buona cucina, soprattutto in generale molto economica e raggiungibile dall’Italia senza visto, in meno di 3 ore di volo. Sarà perché la visita è avvenuta nel mese di dicembre, il clima, anche se non particolarmente rigido, è stato caratterizzato soprattutto da nebbia, poggia e neve, con pochi sprazzi di sole, ma forse proprio per questo sono spiccate nel grigio le dorate cupole a cipolla delle Chiese.