Kerala

Kerala, God's own country-"la terra di Dio" : una breve vacanza "benessere", al mare, con massaggi ayurvedici novembre 2004 Prima di atterrare all’aeroporto di Trivandrum il pilota aveva annunciato 34 gradi, e quando scendo, ancora vestito da Dharamsala 1350 m, mi sembra di entrare in un forno. Ma sono già troppo impegnato a guardare le palme...
Scritto da: Franco Pizzi
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Viaggiatori: da solo
Spesa: 500 €
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Kerala, God’s own country-“la terra di Dio” : una breve vacanza “benessere”, al mare, con massaggi ayurvedici novembre 2004 Prima di atterrare all’aeroporto di Trivandrum il pilota aveva annunciato 34 gradi, e quando scendo, ancora vestito da Dharamsala 1350 m, mi sembra di entrare in un forno. Ma sono già troppo impegnato a guardare le palme che circondano l’aeroporto e a sentire il profumo della salsedine. L’albergo non è molto distante dall’aeroporto; un albergo moderno e bello. La mia camera è a 50 m dal mare e la stanza, situata sotto la piscina, dà su una verandina coperta da un bel porticato stile coloniale; i prati del grande parco che circonda il complesso sono tenuti in maniera sorprendentemente ordinata per essere in India. Mi siedo sulla veranda e ascolto il rumore o meglio il frastuono delle onde gigantesche dell’oceano. Sono 26 anni che manco da Kovalam.

Il mio programma di vacanza è molto semplice: colazione, spiaggia, un paio di ore al giorno dedicate ai massaggi ayurvedici, cena con rum finale.

I massaggi sono stati prenotati presso un resort ayurvedico di proprietà del dottor Franklin, nome che mi ha fatto venire in mente le idee più balzane su questo signore probabilmente cristiano.

Il giorno dopo il mio arrivo usufruisco di un servizio di trasporto in macchina messo a disposizione dalla clinica. Mi ritrovo in un bellissimo ambiente. Estremamente pulito, funzionale, e con tante, tante piante e verde tutto intorno. La prassi vuole che conosca il dott. Franklin, nel suo studio piccolo ma curato fin nei dettagli. Presentazioni! Mi spiega che viene spesso in Italia per convegni ayurvedici. La mia prenotazione prevede per una settimana di “Panchakarma”. Dopo la consueta visita e obbligatoria spiegazione di che cosa è la medicina ayurvedica, chiedo al dottore in cosa consiste questa “Panchakarma”. Mi spiega che è una cura di purificazione a base di erbe, clisteri e altri trattamenti con il fine di purificare tutto il corpo. Perplessità… Lo nota anche lui e mi dice che forse è meglio che faccia una settimana di ringiovanimento. E mi spiega tutto il programma. Questo mi piace.

Mi saluta e mi affida nelle mani di un giovane massaggiatore che dice di chiamarsi Gigi, molto gentile e molto preparato; mi invita a spogliarmi. Rimango in mutandine. “Anche quelle”, mi dice, e nota la mia reticenza; ubbidisco. Mi fa accomodare su uno sgabbello e comincia a ungermi i capelli con olio di cocco, poi massaggia le braccia e velocemente anche la schiena. Mi fa sdraiare su un lettino, e noto la pulizia dell’ambiente… Strano in India! Mentre mi massaggia la parte posteriore del corpo vedo sulla destra una corda che pende da una trave del soffitto. La stanza non ha un tetto vero e proprio, ma si trova sotto una sorta di cupola fatta con foglie di palma, divisa da altri vani simili da pareti. Dunque guardo questa corda e il materasso sotto di essa e comincio a pensare al nome Franklin e a torture di vario genere. Finita la parte posteriore Gigi mi fa girare e comincia con l’altra parte del corpo; oramai sono unto e bisunto, e rimarrò in questo stato per tutta la settimana. Sopra di me vi è una specie di tenda della stessa lunghezza e larghezza del lettino e capisco il motivo guardando in alto. Li abita una coppia di corvi che non si preoccupano dove fanno i loro bisogni; la tenda è un riparo da eventuali docce non volute. Gigi termina il suo primo intervento con un massaggio al viso e alle orecchie.

Mi fa scendere e mi fa cenno di sdraiarmi sul materassino sotto la corda; ubbidisco silenziosamente. Sono disteso sulla pancia e lui si attacca alla corda, che ha vari nodi a differenti distanze, e dopo avermi chiesto se la pressione del piede va bene comincia a massaggiarmi. Prima la parte destra, poi la sinistra, in seguito il davanti. È velocissimo e leggerissimo, talmente abile che sembra mi stia massaggiando con le mani.

La prima parte del trattamento, che si ripeterà per sette giorni, è finita. Sono tutto olio di cocco. Mi mette addosso un camicione verde e pulito e mi fa passare nell’altra camera consegnandomi nelle mani di due graziose e gentili signore.

Anche questa stanza è pulita come la prima. Su un lato vi è un magnifico tavolo di legno antico e sopra di esso un contenitore di terracotta con un beccuccio dal quale gocciolerà l’olio tiepido. Il massaggio si chiama “Dhara”, è magnifico. Una delle signore spegne la luce e parla sottovoce con la sua collega, poi applica una sorta di benda sulla parte inferiore della fronte per non far gocciolare l’olio sul viso e comincia dolcemente a far dondolare il contenitore, da una tempia all’altra, facendolo passare sopra la fronte. Vi giuro che nel giro di cinque minuti dormite. Il massaggio Dhara dura 20 minuti.

Infine, con i capelli unti e il corpo completamente oleoso, mi salutano gentilmente.

Nei giorni seguenti il massaggio di Gigi rimane lo stesso ma cambia la seconda sessione. Oggi ho l’oil bath “Pizhichil”. Gentilmente passato dalle mani di Gigi in quelle delle due signore, anche queste mi dicono che devo stare nudo. Sono imbarazzato! Mi fanno sdraiare sul solito tavolo e mi versano addosso litri di olio di cocco tiepido. Massaggiano tutto il corpo, portano via l’olio e ne versano dell’altro. Il difficile viene quando mi dicono di girarmi. Sono sul tavolo, totalmente unto, con il corpo tutto oleoso; quindi girarmi diventa un’impresa notevole. Scivolo in giù ma le signore mi afferrano prontamente, cerco di girarmi ma non riesco a fare un movimento e se non fosse per l’aiuto delle signore mi ritroverei per terra.

Il giorno dopo è la volta del “Gnavarakizhi”. Ancora vengo fatto sdraiare sul bel lettino in legno antico e le signore mi si presentano con una sorta di fagottino di stoffa contenente del riso bollito e una mistura di erbe; il tutto tiepido. Sistemate da un lato e dall’altro del corpo le due signore mi palpettano dalla testa ai piedi con questo impiastro, e appena raffreddatosi il primo, una terza fanciulla è pronta a passare altri due fagotti tiepidi. Non sono scivoloso come il giorno prima ma l’amido mi rende i movimenti difficili. Alla fine di questo trattamento, come anche del “Pizhichil”, puliscono il corpo con foglie di palma asportando via tutto ciò che è rimasto di superfluo.

Ultimo giorno. Solito massaggio di Gigi e entrata delle due signore. Oggi è il turno di una maschera sul viso e sul corpo. Il viso viene cosparso con un impiastro di banana, papaia e altre erbe, il corpo con argilla e polvere di sandalo. Vengo lasciato li per 20 minuti e poi è il momento della sauna. Immagino un tipo di locale conosciuto, e invece no. Mi trovo in una stanzetta con un cubo abbastanza grande da poter contenere un corpo. Le pareti laterali sono di vetro, dentro vi è uno sgabello girevole per poter regolare l’altezza in modo che la testa possa uscire e essere tenuta ferma fra due tavole. Immettono del vapore caldo informandosi se la temperatura è piacevole, e mi lasciano a sudare per 20 minuti. Finito! Prima di uscire incontro di nuovo il dot. Franklin che si informa come è andata la settimana. Gli spiego che vengo da un India dove difficilmente si trova tanta pulizia e organizzazione, il chè mi ha lasciato piacevolmente sorpreso, come sono anche piacevolmente sorpreso della perfetta organizzazione e della preparazione tecnica, la cortesia e la discrezione del personale. Mi porta a visitare i bungalow del suo centro, anche questi eccezionalmente puliti e belli, con giardini intorno, ma manca qualcosa…La spiaggia. Franklin, vecchio volpone, mi capisce e mi dice che la spiaggia è distante solo 5 minuti e che una macchina della clinica ti ci porta quando vuoi e ti viene a prendere quando lo desideri! Passo il pomeriggio sulla spiaggia riservata per i turisti. Non per un atteggiamento di “neo-colonialismo”, ma gli indiani hanno l’abitudine di usare la spiaggia come toilette e quindi per evitare di inciamparsi in depositi indesiderati ci vogliono le spiaggie private. La mia è gestita da Khan, un simpatico musulmano che ha lavorato in un ristorante in Italia e se la cava molto bene con la nostra lingua. Affitta sdraio e ombrellone per 200 rupie al giorno e ti porta tutto quello che vuoi da bere o da mangiare. Il mare non permette di nuotare: l’oceano sembra sempre adirato e cavalloni simili a muri d’acqua si rovesciano continuamente sulla spiaggia; non rimane che giocare tuffandosi e facendosi trascinare sul bagnasciuga. Ricordo una delle prime immagini della spiaggia di Kovalam: 26 anni fa, 5 cadaveri di gente annegata per poca cautela giacevano sulla spiaggia. Su una collinetta aridosso della spiaggia vi sono due ristorantini molto semplici e belli: il Lobster e il Saljemini. Sono puliti, con i tavolini coperti con tovaglie a quadretti bianchi e rossi, e la sera sono illuminati da candele in contenitori di vetro per ripararle dal vento. Passo li ogni sera, a mangiare gamberoni e aragoste, a bere birra e rum, e a guardare i cavalloni che non hanno nessuna intenzione di calmarsi. Anche se semplici i ristorantini sono costosini per lo standard indiano: un Kg di gamberoni alla griglia 1000 rupie, l’equivalente di 20 euro.

È arrivato il giorno della partenza, mi guardo intorno; davanti, onde sulla spiaggia, e un muro di palme di cocco alle spalle. Me ne vado rilassato e felice e dall’aereo guardo ancora in giù; vedendo il mare pulito, le distese di cocco, ricordando la gentilezza della gente del sud si fa strada in me l’idea di venire a vivere in questo paradiso.

Pizzi Franco http://www.Viaggiinasia.Com/



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