Kerala pratico
Per prima cosa mi sono accorto che tentare di prenotare via e-mail gli alberghi è una cosa difficilissima: non ti risponde quasi nessuno, se lo fanno è per dirti che hanno ricevuto il tuo messaggio e quanto prima ti risponderanno. Non è mai accaduto. Ci siamo dovuti, pertanto rivolgere all’unico tour operator al quale tutti i siti ti rimandano. Questo tour operator è la “Prudent Network “ di New Delhi, al quale ho fatto pervenire un programma di viaggio indicando gli alberghi e le date di check-in e check-out. Loro hanno elaborato un pacchetto (che ho dovuto correggere ben quattro volte per errori di date e di importi ) e dopo un mese di estenuanti attese di e-mail e continue telefonate ci hanno inviato i voucher in zona Cesarini.
Ci siamo resi conto che prenotare dall’Italia è perfettamente inutile, perché salvo il periodo di Natale, non c’è assolutamente il problema di trovare alberghi liberi. Inoltre vista la grande disponibilità, si possono trovare sistemazioni migliori alla metà del prezzo.
Abbiamo volato, mia moglie ed io e una coppia di amici con Emirates, Roma Dubai Cochin,al prezzo di circa 800 Euro, con ritorno da Trivandrum. Con 150 Rp. Abbiamo preso un taxi prepagando al botteghino dell’aeroporto, 45 minuti dopo eravamo all’ Abad Plaza di Ernakulam.
Tutte le guide consigliano di non dormire a Fort Cochin perché dopo le venti c’è un mortorio. Credo che sia meglio comunque il silenzio e la quiete del Forte, piuttosto che il caos, la puzza e la sporcizia di Ernakulam, tanto dopo le nove, anche lì c’è la morte civile.
A Fort Cochin ci siamo fatti aprire la stanza della pensione Vasco, dove pare abbia soggiornato il famoso navigatore portoghese. Vero o no, è una bella stanza pulita ed accogliente che con 1400 rps. Al giorno dà diritto alla colazione nel sottostante bar gestito da una simpaticissima e prosperosa indiana. Il tutto dietro alla chiesa di St. Francis.(Vascoinformations@yahoo.Co.Uk) Nei pressi delle reti da pesca cinesi, ci sono dei banchi che vendono pesce, e dei ristorantini che ti cucinano ciò che hai acquistato; a parte un discorso di igiene non abbiamo trovato la cosa conveniente.Invece è degno di nota il ristorante Seagull,affacciato sulla laguna, dove con 150 rps. A testa è possibile mangiare una enorme porzione di riso come vuoi e gamberi per secondo, il tutto annaffiato da Kingfisher beer , venduta liberamente e non nascosta da incarti di giornale o versata in tazze da caffellatte.
Tutte le porzioni di cibo in ogni ristorante dove abbiamo mangiato sono esagerate. Dopo i primi giorni abbiamo capito che per delle persone che mangiano normalmente, è sufficiente ordinare un porzione in due.
All’arrivo del traghetto (2,5 rps. Da Ernakulam) contrattate per 40 o 50 rps. All’ora un tuktuk che vi faccia visitare i luoghi più interessanti: Reti cinesi, St. Francis, Sacro Cuore, Mattancherry e Sinagoga. Da non mancare è il Katakali: 125 rps per il trucco e altre 75 per lo spettacolo.
Bancarelle e negozietti vendono souvenir di scarsa qualità. Per chi volesse sciarpe, camicie e pantaloni di buona fattura, può dare un’occhiata da “Fabindia” , un marchio di qualità presente anche nelle grandi città italiane,qui ovviamente a prezzi indiani, oppure da “Cinnamon” : una boutique che potrebbe essere a Londra o a New York o a Parigi che ci ha stupito per i capi di abbigliamento e accessori di straordinaria e raffinata bellezza a prezzi ragionevoli.
Lasciata Cochin, ci dirigiamo con un taxi a Kumarakom, 70 km. 800 rps. Attenzione ai prezzi: un taxi con aria condizionata può costare per lo stesso tragitto 1200 rps. E, considerando che gli autisti amano mandare al massimo l’A.C. È preferibile soffrire un po’ di caldo piuttosto che gelare.
Il Tharavadu Heritage Hotel sorge di fronte ad una scuola e ad un tempio indu. Le stanze sono pulite, la colazione è piuttosto cattiva e il personale sembra molto interessato alle nostre escursioni, tant’è vero che ignari e sprovveduti riusciamo a pagare dopo grandi trattative una tariffa di 550 rps l’ora per un giro nei canali e sul lago Vembanad . Veniamo poi a sapere che la tariffa media delle houseboat è di 350/400 rupie. Altra fregatura la prendiamo alla fine della nostra escursione, quando il pilota dell’houseboat ci sbarca su una sponda del canale per andare a visitare il santuario degli uccelli. Lì paghiamo 185 rupie a testa per l’ingresso e il guardiano ci indica un sentiero, dopo circa un chilometro, e senza aver visto né una piuma, né un becco, lo stradello finisce, ma per fortuna un locale che stranamente ci seguiva, si offre di portarci con la sua piroga al vero ingresso del santuario per 200 rps. Non riusciamo a vedere questo Bird Sanctuary perché il cielo minaccia pioggia e perché siamo stanchi. L’acquazzone lo prendiamo puntualmente un’ora dopo, quando dopo esserci rinfrescati, decidiamo di visitare il paese di Kumarakom: Rio Bo. Con l’acqua ai polpacci raggiungiamo l’unico ristorante il “Dubai” ottimo ed economico, ma soprattutto unico.
Partiamo il giorno successivo in taxi per Alleppey, 45 Km. 300 rps. Le strade risentono ancora della pioggia del giorno precedente e siamo costretti a deviare spesso per viottoli e stradine di campagna. Dopo due ore arriviamo all’hotel Keeraleyam, un po’ fuori mano, ma stupendo. Bungalows affacciati sul canale, stanze pulitissime, cena da prenotare, perché il ristorante fa tutto contato, se vuoi una briciola in più: sorry, finish. A fianco c’è un certo Thomas che gestisce a livello molto famigliare una struttura che sembra il riassunto della nostra, ma il prezzo è la metà della metà. Alleppey è una città caotica con un bel mercato vario ed economico, visitiamo il lungomare, niente di che, ma è lì che facciamo la nostra prima esperienza di Family restorant: foglia di banano, mestolata di riso, e il cameriere che, abile come un muratore con la sua cazzuola, riempie il bordo della foglia con salse di vario colore, tutte abbastanza piccanti. Le posate non esistono e gli avventori locali sembrano divertirsi ai nostri tentativi di mangiare con le mani. Per fortuna, il proprietario del locale si presenta con quattro forchette e un sorriso di compassione. Il conto è di 122 rupie per 4 pasti e un’acqua minerale. Dopo mangiato andiamo a comprare i biglietti per Kollam. Da Alleppey sono 83 Km. Da percorrere in acque interne.Veniamo a sapere che c’è un servizio di ferry che però compie soltanto il tragitto inverso, per cui siamo costretti a fare il viaggio su un tourist boat, 300 rupie, ma in compenso stiamo comodi. Lungo il percorso, pranzo in un secondo Family restorant soprannominato “l’igiene questa sconosciuta”. Compriamo due scatole di biscotti e lo stomaco è così tacitato. Il timoniere di questa barca più di una volta ci ha lasciato sconcertati per manovre a dir poco azzardate, ma il suo capolavoro è stato quando incurante dei gesti e delle urla di due pescatori, ha tranciato le loro reti, costringendoci ad un’ora di sosta per le trattative relative al rimborso del danno subito dai due poveretti (400 rupie). Morale della favola, siamo arrivati a notte fonda nella città di Kollam,dove abbiamo appreso che il nostro albergo appena fuori città, in realtà si trovava a 25 chilometri, cioè un’ora e 350 rupie di tuktuk. L’albergo, l’Aquaserene, è stato una botta di vita: 122 dollari a notte, splendidi bungalow in uno splendido giardino circondato da acqua. Camerieri troppo solerti e troppo premurosi che ti tolgono il piatto non appena posi la forchetta e ti riempiono il bicchiere dopo ogni sorso: non fa per noi. Il mattino seguente decidiamo di tornare in città per vedere Kollam.. Non c’è praticamente nulla da vedere se non un faro e un mercato alimentare molto colorato. Nel grande e moderno centro commerciale pranziamo in un fast food, anche se la parola fast è da prendere con le dovute riserve, comunque molto buono, soprattutto gli spring rolls, il prezzo è irrisorio 300 rps. In 4.
La mattina successiva, sotto un diluvio da manuale, prendiamo la più vetusta Ambassador circolante in India. Piove a dirotto, soprattutto dentro la macchina, per un paio di volte temiamo di doverci fermare dentro ad enormi pozzanghere, ma le Ambassador ci sono abituate e tutto fila liscio. Dopo 25 chilometri, percorsi in quasi due ore, arriviamo a Varkala. L’Hotel Raja Park si trova sull’unica strada allagata che rimarrà tale per tutta la settimana, costringendoci a guadarla per entrare o uscire dall’albergo. Il personale, quattro ragazzini quasi ventenni, si dimostra solerte, però non funziona nulla: le camere non vengono riordinate se non dopo continue richieste, l’aria condizionata non funziona, i tempi di attesa per la colazione sono lunghissimi, considerando che siamo gli unici 4 ospiti e poi la mattina siamo noi che li svegliamo alle otto perché loro amano dormire.
Varkala beach è molto bella. Una stradina a strapiombo sul mare sulla quale si affacciano negozi e ristorantini è l’unica via sulla quale si passeggia incontrando persone che abbiamo già incrociato a Fort Cochin o abbiamo conosciuto sulla barca da Alleppey. La vita scorre tranquilla senza stress e affanni tra un bar e un massaggio, un bagno alla spiaggia sottostante e una visita al sarto espresso che con 300 rupie ti fa un pantalone su misura o ti duplica quello tuo preferito che ti sei portato da casa, questi sarti sono tutti bravi, al mio faccio un po’ di pubblicità: sull’insegna c’è scritto “4S” . Per i massaggi è da provare il Lakshmi, vicino al Clafouti Resort, mentre per mangiare abbiamo trovato qualità, scelta e prezzi buoni al “Cafè del mar” . La spiaggia più bella di Varkala è comunque la spiaggia nera più a nord. Per tutta la mattinata i pescatori tirano a riva le lunghissime reti, spesso aiutati dai vacanzieri più volenterosi. Lo spettacolo è molto bello: i colori e le grida di incitamento dei pescatori creano uno spettacolo che è difficile dimenticare, nel fondo della rete tirata con tanta fatica rimangono sì e no un paio di razze e qualche pescetto da frittura, mentre una miriade di pesciolini vengono buttati via a morire sulla sabbia nonostante i turisti pietosi che gettano a mare quelli non ancora morti.
La città di Varkala l’abbiamo vista per andare alla stazione: niente di che. E’ molto bella la frazione che sta fra la spiaggia sud e la città. C’è un bellissimo tempio Indù e un lago artificiale sottostante dove tutti fanno abluzioni. Più avanti c’è la spiaggia dove abbiamo incontrato diversi sadu che pregavano e meditavano al riparo di stuoie di palma.
Abbiamo incontrato una ragazza francese che si fermerà in India fino a dopo le feste natalizie e ci ha consigliato di andare a vedere Kanya Kumari. Non avevamo programmato questa visita, ma il bello di questi viaggi è proprio il fatto che puoi decidere da un momento all’altro cosa fare: per questo la cosa migliore è non prenotare alberghi dall’Italia, come abbiamo fatto noi. Pazienza, abbiamo perso una notte prepagata , ma ne è valsa la pena.
Abbiamo preso il Malabar Express, un treno che parte da Mumbay e dopo 60 ore fa capolinea a Kanya Kumari che è la punta all’estremo sud dell’India dove si incontrano il mar Arabico, l’oceano Indiano e il golfo del Bengala. Sul treno abbiamo incontrato una famigliola di Mumbay che andava in pellegrinaggio: tutti vestiti di nero e con il tundu, una sciarpa nera con righe giallo ocra che, come abbiamo potuto vedere all’arrivo in città, fa parte di una “divisa” che indossano tutti i fedeli che avevano già affollato i luoghi sacri; a pochi metri dalla spiaggia, si fronteggiano due isolotti, sul primo c’è il Rock Memorial, un santuario induista dedicato a Vivekananda e sull’altro c’è una enorme statua dedicata a Thiruvalluvar il più grande poeta del Tamil Nadu . Una carretta dei mari fa la spola, stracarica di visitatori in un mare che non dà assolutamente una sensazione di tranquillità. Sulla terraferma, accanto al mercato coperto c’è il bellissimo tempio Indù di Kanyakumari dove troneggia insieme alla dea Parvati, la bella Kanya. (l’ingresso è consentito ai soli indù, però il guardiano mi ha fatto entrare, scalzo e indossando il solo mundu),stupendo! Più avanti, dopo i giardini nei quali si vede un monumento che ricorda le vittime dello Tsunami , c’è il Gandhi Memorial, una costruzione che ricorda, neanche tanto vagamente, una torta alla fragola. La città è veramente brutta. Ci sono tanti alberghi e alberghetti, abbiamo preso due stanze al “Samudra” per 760 rupie (lenzuola escluse). Quando le abbiamo richieste ci hanno detto subito di sì, ma al momento di andare a dormire e dopo il quarto sollecito, se non fossi andato a prenderle dentro al magazzino che avevano lasciato aperto, saremmo stati ancora ad aspettare. Abbiamo mangiato, invece molto bene al ristorante Annapoorna, proprio di fronte all’albergo. Cibo ottimo a due soldi.
L’esperienza del treno è stata veramente interessante, si riesce difficilmente a capire su quale vagone devi viaggiare in base al biglietto che hai acquistato, per fortuna il controllore te lo indica con cortesia forse perché capisce le difficoltà dei turisti. Il costo del biglietto, rapportato a quello delle FF.SS. È irrisorio: 77 rupie per un tragitto di 150 km. Questo ci fa riconsiderare l’opportunità di spostarci con il taxi per raggiungere il giorno dopo Kovalam. Infatti anziché 2200 rupie di taxi, spendiamo in 4, soltanto 98 rupie di treno + 250 di taxi da Trivandrum a Kovalam.
Ormai siamo diventati dei veri viaggiatori: siccome l’albergo di Kovalam non l’avevamo prenotato, ci troviamo un’alberghetto a 300 rps. Unico problema: una stanza, la mia, ha l’acqua calda, l’altra no. Non fa niente, siamo buoni amici e per la doccia ospitiamo l’altra coppia.
Kovalam è meno bella di Varkala, ha una lunga spiaggia al termine della quale svetta uno dei più bei fari dell’India che vale la pena visitare 15 rps per 147 gradini: la vista da sopra è stupenda. I negozietti sono meno forniti di Varkala, però a volte sono più convenienti. Abbiamo trovato ottimo il ristorante “La Pizzeria” di proprietà di un veneto che ha lasciato la gestione ad un indiano molto sveglio , simpatico e in gamba. Mi sono accorto in questo mio resoconto di viaggio di aver usato un tono molto critico nei confronti di strutture, persone e servizi. E’ tutto vero, ma è anche vero che se ciò che ho scritto, potrà servire ad evitare spiacevoli contrattempi a chi vorrà visitare questo meraviglioso paese, sarò contento di essergli stato utile. L’India è meravigliosa e una volta che ti entra dentro non ti lascia più. Il prossimo anno torneremo, ce lo siamo promessi sull’aereo del ritorno, non sappiamo se al nord o al centro o al sud, ma una cosa è certa: TORNEREMO.
Per qualsiasi informazione sarò felice di rispondervi. Arturo