Kenya, un safari di emozioni
Io e il mio compagno Alberto siamo partiti dall’aeroporto di Milano Malpensa a tarda sera, con volo Blu Panorama diretto a Mombasa; 11 lunghe ore di volo, compreso un breve scalo tecnico a Zanzibar.
Una volta atterrati ci siamo ritrovati in una struttura inaspettatamente moderna e funzionale; non era la nostra prima volta in Africa e, dalle passate esperienze, ci aspettavamo qualcosa di molto più spartano. Vista l’efficienza del personale abbiamo sbrigato rapidamente le varie pratiche burocratiche e in men che non si dica, con i bagagli in mano, siamo usciti dalla struttura pronti per incominciare la nostra nuova avventura.
Ad aspettarci sul pulmino diretto all’albergo c’era Manuel, un simpatico ragazzo kenyota che da quel momento in poi sarebbe diventato il nostro referente per qualsiasi richiesta o problema.
Al nostro arrivo il clima non era dei migliore; cielo nuvolosissimo e a tratti pioggia che di certo non era ciò che ci voleva a far tornare l’allegria dopo un viaggio così lungo e stancante.
La tratta in pulmino fino al resort è stata piuttosto lunga; la nostra meta era Diani Beach, a sud di Mombasa, raggiungibile solo tramite l’utilizzo di un traghetto che collega costantemente le due sponde del fiume. Ci siamo imbarcati senza dover scendere dalla vettura e in men che non si dica ci siamo ritrovati circondati da centinaia di uomini, donne e bambini del luogo, diretti anche loro a sud, che ci guardavano con aria incuriosita, quasi chiedendosi che cosa ci facessimo lì.
Dopo circa un’ora eccoci arrivati al Sentido Neptune Resort, un villaggio di notevoli dimensioni in cui gli italiani sono pochi rispetto a una maggioranza di turisti tedeschi e francesi.
Le camere sono costituire da bungalow a due piani (ogni piano costituisce un’unità abitativa), molto comodi e spaziosi. Sono costruiti nel rispetto della natura locale, col tetto in makuti (foglie di palma) e circondati da una vegetazione davvero lussureggiante. Scimmiette molto simpatiche vivono tra le palme e gli alberi da frutto e non è raro ritrovarsele in terrazzo mentre scrutano l’interno della camera spiando dalla finestra. All’arrivo, infatti, ci è stato consigliato di prestare attenzione, chiudendo sempre la porta per non rischiare di dover condividere il letto con una di loro!
La nostra stanza era molto vicina alla spiaggia, al bar e al ristorante principale ma allo stesso tempo decisamente tranquilla per potersi godere il relax che ogni vacanza merita.
Così, dopo un breve riposino per riprendersi dalla fatica, spinti dalla fame abbiamo cominciato l’esplorazione del resort; il più bello in cui io abbia mai soggiornato.
Nota estrememente positiva è stato il cibo, a dir poco squisito. Ricco e abbondante, sempre vario e ben cucinato. Pasta, pesce, carne alla griglia, ottimi contorni, frutta e dolci…tutto decisamente superlativo. Inolte, ogni settimana, era in programma una cena tipica locale in cui poter assaggiare i piatti della tradizione Kenyota per avvicinarsi a questo popolo anche dal punto di vista culinario.
Era possibile mangiare e bere a qualsiasi ora del giorno; succhi di frutta freschissimi, buonissimi cocktail e gustosissimi sandwiches farciti oltre che tanta immancabile frutta tropicale.
Il personale è cordialissimo e socievole, l’animazione splendida e ogni sera venivano organizzati bellissimi spettacoli: danze Masai, acrobati spettacolari e quant’altro.
I primi due giorni di vacanza li abbiamo trascorsi poltrendo sotto l’ombrellone; i lettini non sono disposti direttamente sulla spiaggia (causa maree), bensì sul prato, nei giardini sopraelevati dell’albergo. Si prende il sole (decisamente cocente) tra le palme da cocco e le scimmiette dispettose ma per raggiungere il mare ci si mette un attimo.
Durante la nostra permanenza in Kenya siamo rimasti davvero stupiti da come l’oceano cambi il suo aspetto con il passare del tempo; l’influsso della luna è forte e a ogni ora si assiste ad un paesaggio differente. Le acque si ritirano anche di centinaia di metri, lasciando spazio alla bassa marea che crea delle splendide piscine naturali in cui è facile scovare grosse stelle marine, ricci e conchiglie. Con il trascorrere delle ore, però, la mare si innalza fino a generare violente onde che si infrangono spumeggiando sui muretti che separano il giardino dalla spiaggia.
La prima escursioni che abbiamo partecipato, durante il nostro terzo giorno in Kenya, l’abbiamo organizzata con Martin, un ragazzo incontrato sulla spiaggia. Con la sua barca di legno ci ha condotto al reef in prossimità della costa; qui ci siamo dedicati allo snorkeling provando l’emozione di nutire i pesci della barriera che accorrevano a dozzine per mangiare del pane direttamente dalle nostre mani. In seguito, dopo una bella nuotata, approfittando della bassa marea, Martin ci ha accompagnato a fare una passeggiata molto istruttiva per esplorare i fondali che, di lì a breve, sarebbero stati nuovamente coperti d’acqua.
Il quarto giorno poi, con sveglia di buon mattino, siamo finalmente partiti per il nostro tanto sognato safari; a bordo di un pulmino con interni leopardati (decisamente in tema) ci siamo messi in marcia verso lo Tsavo East National Park pronti per 2 intensissimi giorni nella savana.
Dopo circa 4 ore abbiamo raggiunto L’Aruba Lodge, una bellissima struttra nel bel mezzo del parco in cui abbiamo pernottato e consumato un’ottima cena e un’abbondante colazione. Le camere sono davvero ben curate, i bagni puliti e dotati di tutto il necessario e ogni stanza disponde di una grande vetrata per poter ammirare gli animali che giungono ad abbevaerarsi alla pozza giusto al di fuori della recinzione della lodge.
Il safari è stato veramente un’esperienza fantastica; abbiamo avuto l’opportunità di trovarci a pochi metri da una leonessa, di guardare da vicino gli elefanti e di ammirare le eleganti giraffe. In ogni dove branchi di zebre, antilopi e gazzelle oltre che facoceri e volatili di ogni genere. Indimenticabile è stato poi lo spettacolo del tramonto; il cielo si tinge di arancio e rosso e il sole cala pian piano dietro i baobab rendendo l’atmosfera davvero magica e indimenticabile.
Al termine del secondo giorno di safari abbiamo poi avuto la possibilità di visitare un autentico villaggio Masai, nei pressi del parco. Siamo stati accolti da allegre danze e canti, e siamo stati guidati attraverso un vero e proprio tour dell’accampamento da alcuni di loro nonchè da uno stuolo di bambini sorridenti, particolarmente incuriositi dalle nostre macchine fotografiche. Molto divertente è stata la “lezione” di accensione del fuoco tramite particolari bacchette di legno che ci sono state in seguito regalate.
Una volta ritornati al resort abbiamo deciso che era giunta l’ora di fare conoscenza con alcuni ragazzi locali; così, appena scesi in spiaggia, abbiamo incontrato Bob e Leo due sorridentissimisi cugini che da quel momento sarebbero diventati le nostre guide personali lungo i villaggi Kenyoti.
Dopo aver stretto amicizia,ci siamo fatti condurre da loro per ben due volte a Galu Village, il paese in cui essi stessi vivevono, raggiungibile a piedi in circa venti minuti.
Durante le nostre due visite abbiamo potuto scoprire più da vicino la vita della gente comune, entrando in contatto con la loro cultura e il loro modo di trascorrere le giornate.
Siamo entrati nei ristoranti e nei negozietti locali, portando piccoli doni ai bambini che gridando “Muzungu” (ossia “turista” in swhaili) si avvisavano a vicenda della nostra presenza così da ritrovarci costantemente circondati da decine e decine di manine tese in cerca di una carammella o di un giocattolo.
Ci siamo fatti portare in una “cartoleria” in cui con meno di 30 euro abbiamo potuto acquistare 120 quaderni, 60 penne, 60 matite e 30 gomme, che in seguito abbiamo portato personalmente alla scuola locale; i bambini ci hanno accolto con canti, balli e applausi ed è stato davvero emozionante vederli così felici di imparare a leggere e scrivere, in un paese in cui questo diritto non è purtroppo garantito a tutti.
Bob e Leo ci hanno inoltre portato a conoscere la loro stessa famiglia; siamo stati ospitati per qualche ora a casa loro , una sorta di baracca decisamente precaria, in cui genitori, zii e fratelli ci hanno accolto a braccia aperte offrendoci frutta e tutto il loro buon umore. Abbiamo donato loro una borsa piena di vestiti e giocattoli e ci siamo divertiti a scattare foto ai loro volti felici.
Durante la nostra seconda settimana in Kenya abbiamo partecipato ad una nuova escursione, sempre in compagnia di uno dei tanti beach boys incontrati in spiaggia.
Navigando attraverso l’oceano Indiano abbiamo raggiunto innanzitutto il parco marino di Kisite in cui ci siamo divertiti con un fantastico snorkeling ammirando fondali colorati e ricchi di fauna e flora, accompagnati da un ragazzo locale e con l’attrezzatura da lui fornitaci.
In seguito, una volta risaliti in barca, ci siamo diretti verso l’isola di Wasini distante circa mezz’ora di navigazione; durante questo percorso abbiamo addirittura avuto l’opportunità di avvistare una bellissima coppia di delfini.
Ciò che ci aspettava sull’isola ci ha piacevolmente stupito: un lungo tavolo apparecchiato con fiori colorati, ciotole di cocco fresco e vassoi colmi di squisiti crostacei. Abbiamo consumato un ottimo pranzo a base di riso, patate, pesce e frutta e siamo stati in seguito condotti a visitare il villaggio locale per poi ripartire nuovamente alla volta del resort.
Con il cuore e i pensieri colmi di emozioni e ricordi bellissimi, abbiamo trascorso i nostri ultimi giorni in Kenya in totale relax: lunghe passeggiate mano nella mano in riva all’oceano, chicchierate (a volte complicate visti i problemi linguistici) con chiunque incontrassimo in spiaggia, e piccoli acquisti alle bancarelle situate sulla strada al di fuori del resort divertendoci a contrattare con i venditori fino all’ultimo centesimo. Inizialmente appare strano, noi non ne siamo abituati, ma in poco tempo ci si fa l’abitudine e diventa anche un modo per entrare in contatto con le gante, conoscerla e socializzare.
D’altronde è solo così che è possibile vivere davvero un paese; è necessario essere in grado di mettere da parte il naturale timore verso ciò che ci è estraneo e uscire dai confini dell’albergo. Bisogna avere la voglia di relazionarsi, confrontarsi e approciarsi a persone e modi di vivere diversi dai nostri, senza la presunzione di giudicare ma con il solo desiderio di conoscere. Questo è ciò che io chiamo “viaggio” ed è questo che mi ha fatto innamorare del Kenya, un paese che mi è rimasto nel cuore e che certamente, prima o poi, rincontrerò.
Federica