Kàrpathos di mi raccomando, non Karpàtos
Karpathos // Day#1
Dopo il viaggio allucinante di lunedì alla volta di Milano con chilometri di fila e un’oretta buona fermi in Cisa, stamani alle 11, freschi come due rose la navetta ci ha portato a Malpensa. Volo puntuale, salmone speck e grissini offerti dalla Neos e il Bosco che suda come un maiale durante decollo e atterraggio tra l’altro bello danzerino. Quando arrivi a Karpatos sembra di essere sul set della prima scena di “2001 odissea nello spazio”. Qualche chilometro con decine di tornanti di curve a gomito e finalmente arriviamo al Diakonis Studios che non sono gli Abbey Road di Karpatos ma la struttura dove alloggiamo. Qui gira a tutti il cazzo, non ride nessuno. Non ride il receptionist, non ride il figlio del receptionist. In compenso è pieno di gatti, l’equivalente delle zanzare che ci sono da noi d’estate. Sfatte le valigie andiamo a noleggiare il motorino e anche lì sono tutti incazzati e non ridono. Raccattato il due ruote e sbrigate le pratiche col tour operator cerchiamo uno dei tre benzinai presenti sull’isola, il problema però è quando ti noleggiano un motorino completamente a secco e non hai neanche il carburante necessario per arrivarci. Fermi in mezzo ad una radura desolata la Bizzi prende il sopravvento e sfodera il suo inglese ma al momento di dire “fuel station” quella parola non arriva. Sbrigato il guasto ce ne andiamo a cena alla taverna Maistrali dove anche qui non accennano un sorriso. Paghiamo il conto con piccola mancia e Taaaaac!!! Sorrisone! Ecco trovata la soluzione, era facile! Primo giorno andato e domani cavalcheremo il nostro destriero a due ruote con la targa più bella del mondo. Notte!
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Karpathos // Day#2
Stamani il nostro fidato “Ani 842” ci ha portato alla spiaggia di Apella (vedi foto di repertorio). 18 chilometri di tornanti e strapiombi ma ne è valsa la pena, a parte il figlio di una famiglia bolognese che comunicava a volumi assordanti col vocabolario di un adulto, raccoglieva pesci morti dal mare e ne celebrava il funerale. Meraviglioso. Acqua trasparente, vento caldo secco, momenti assai godevoli con tanto di sbavata su asciugamano. La spiaggia aveva la sua taverna a conduzione familiare, tutti al lavoro: babbo, mamma, figlia, nipoti, biscugine. Il figlio piccolo e la nonna invece no, guardavano i super-pigiamini in tv. La “fava” era il piatto del giorno, e ad ogni comanda presa il cameriere ripeteva “Fava is an appetiser”, ovvero la fava è un aperitivo. Dipende dai punti di vista. Rientro con contrattura al collo per la Bizzi che ora ha le movenze di Rita Levi Montalcini. In serata, dopo aver invaso un supermercato e aver riempito il frigo dell’appartamento di acqua a rifascio e cocomero ci siamo incamminati verso Pigadia, un vero gioiellino. Cena a base carne, tzaziki e formaggi locali e vinello bianco fresco. E domani? Dobbiamo ancora decidere, forse Amoopi o Achata. Di sicuro una cosa è certa: “la fava is an appetiser”.
Karpathos // Day#3
Qui la sveglia è un optional ed è una cosa meravigliosa, quindi appena riacquisito le facoltà vitali siamo andati a fare colazione a Pigadia in un caffè italiano dove ti portano una moka gigante e dove le brioches sono grandi come un neonato, per non parlare delle quantità di yogurt e miele servite in queste specie di vasi da fiori. Dopo aver praticamente già pranzato a colazione siamo rimasti in paese presso la spiaggia principale con tanto di lettino in battigia quindi bava a profusione e mani penzoloni nell’acqua. Rita Levi e il suo collo stanno meglio tant’è che durante il “pernotto” in riva al mare se n’è uscita con la seguente frase: “Bosco, ma perché c’hai l’anca sbilenca?” Vabbè… Non contenti della colazione “gulliveriana” ci abbiamo ribadito con un bel pranzetto. Qualche nuvola ci ha rimandato all’appartamento dove ci siamo scoppiati questo bel fettone di cocomero raffigurato in foto comprato la sera prima al market del paese. La pennichella ha fatto riaffiorare i pensieri della Bizzi sulla mia corporatura e quindi di nuovo: “Bosco, ma perché c’hai l’anca sbilenca?” Praticamente un incubo! Ma ve l’avevo detto che l’hotel dove dormiamo ricorda il pensionato di Cocoon? Qui sono tutti vecchi e c’è anche la piscina. Una di queste notti li sentiremo fare siuski e militari per ritrovare la giovinezza perduta. A cena ci siamo fatti consigliare da Trip Advisor il ristorante Ratatouille, una cenetta a base di pesce con la P maiuscola. Domani ricavalcheremo il nostro amato “Ani 842” per esplorare altre spiagge. E ora a nanna che la mia anca sbilenca ha bisogno di un po’ di sano riposo.
Karpathos // Day#4
Questo caldo secco è cosa meravigliosa se non fosse che mette un appetito fuori dal comune. Qui la parola d’ordine è “cibo”, ma tipo a tutte le ore del giorno e della notte. Torneremo gonfi come il gatto simbolo dell’isola che tutto il giorno fa la posta al ristorante “Mammamaria” davanti al porto di Pigadia. Una vera e propria attrazione. Stamani dopo colazione abbiamo fatto un cambio di appartamento (chiesto già la prima sera) per avere un letto matrimoniale invece che due letti singoli attaccati. Avete presente quando parlate con un muro e quest’ultimo non vi caga neanche di pezza? Ecco, quello. Ci hanno consegnato le chiavi di un appartamento clone del precedente con due letti singoli separati. Il momento più bello sono stati i visi nostri e della receptionist e quell’aria di non-sense, praticamente un episodio di “Ai confini della realtà”. Archiviata la faccenda letti come promesso abbiamo raggiunto la spiaggia di Amoopi, forse un po’ affollata ma meritevole in ambito di acqua e belle fie (vedi foto allegata). Oltre a fare il viottolo tra l’asciugamano e l’acqua oggi il gioco più bello è stato cantare “ci son due coccodrilli..” infilandoci dentro la parola “Carlo Bosco”. I vicini di ombrellone ci guardavano basiti ma noi oltremodo stupidi continuavamo senza sosta. Tanto lo so che siete già lì che ve la canticchiate e che su “il gatto e il topo” vi piglia le risate. Cena a base di cesar salad, feta al forno e crocchette di formaggio. Ganzo il caldo secco eh, però qui se non ci diamo una regolata si diventa due pachidermi parlanti. Ah, a proposito, avete studiato la canzone? Bene.. e allora tutti in coro! “Ci son due Carlo Bosco ed un orangotango, due piccoli serpenti, un’aquila reale, il Carlo Bosco, l’elefante, non manca più nessuno, solo non si vedono i Carlo Bosco!”
Karpathos // Day#5
Ma vogliamo parlare della bruttezza dei nasini (o che dir si voglia “mollette”) per stendere i panni che vendono qui a Karpathos? Magari in foto non rende bene il fatto che siano almeno cinque volte quelli normali. Poi in realtà ho scoperto il motivo della loro dimensione da gigante, la gente non asciuga le mutande come tutti i comuni mortali al filo o allo stendipanni bensì a dei tubi giganteschi. Insomma cose belle. Di tutt’altra bellezza la spiaggia di Achata raggiungibile in scooter con degli strapiombi da paura senza guardrail a prova di Bosco e delle sue vertigini. Ma ne vale la pena, come ne vale la pena il fascino di molte di queste baie che sono isolate e senza corrente e quindi spesso alimentate da generatori. L’acqua blu cobalto è impressionante e anche l’omelette con feta, cetrioli e cipolle era divina sebbene mi si sia riproposta sotto forma di lodevoli rutti durante tutta il viaggio di ritorno in motorino. Il premio Nobel della giornata va al fidanzato napoletano che arrivato con la sua lei verso le 17 in cotanto paradiso le si è rivolto così: “Mannaggia a te! Guarda dove cazz’ mi hai portato, ci stann’ i sassi..”. Lei ha steso l’asciugamano e si è spogliata, lui è rimasto piantato in piedi vestito anche abbastanza di merda nemmeno lo avesse vestito un cieco, con una maglia viola cangiante et imbarazzante, un paio di scarpine di gomma bucherellate quelle che si metteva la mi nonna (pace all’anima sua) per evitare di pestare i ricci e gli occhiali stile Terminator che usavano quando andavo alle medie. Stavamo andando via quindi mi sa che ci siamo persi la parte migliore. Al rientro abbiamo cercato nel nostro villaggio una coppia di parmensi molto carini che domani aveva intenzione di venire con noi a fare un’escursione. “Mi raccomando eh, sentiamoci, bussateci, ci si mette d’accordo, si va insieme, capito?” Sì io ho capito ma voi siete spariti, liquefatti, scomparsi. È tutto così insolito qui, ci facciamo delle risate infinite. E per finire la serata, non è viaggio all’estero a tutti gli effetti se non si assaggia la pizza del luogo. Buona, forse un po’ durina, tant’è che una coppia di americani se l’è fatta mettere nella stagnola, magari domani a colazione sarà sicuramente più morbida e se la potranno gustare aiutandosi con dei fantastici e coloratissimi “nasini” greci.
Karpathos // Day#6
“Ci fa il conto, per favore?” “Certo, posso offrirvi un digestivo?” “Sì grazie! Porti pure quello che desidera!” Ed ecco due bei bicchierozzi di Ouzo di cui uno in foto. Aspettate però, andiamo per ordine. Noi italiani in vacanza all’estero siamo un’attrazione unica al mondo. Oltre al fatto che siamo riconoscibili a occhio nudo è bello analizzarne le caratteristiche e non metto in dubbio che magari qualcun’altro lo avrà fatto anche con noi. C’è la coppia giovane dove lei è impavida e sicura di sè mentre lui è in completa paranoia perché non è nel suo habitat naturale. Quella meno giovane dove lei ha comprato una fantastica copertina di pizzo fatta a mano dalle mondine greche e lui scoglionatissimo che cerca una wifi tenendo lo smartphone a mò di lumino durante una processione perché ha sentito dire che il Milan pareggia a Cagliari. C’è la coppia di zitelle accessoriatissime in quanto a GoPro Hero 1000, reflex digitali da 8000 mega pixel, bracci virtuali telecomandati a distanza e involucri subacquei per lo smartphone che appena immerso in acqua smette di vivere per sempre. Ma va bene così, siamo belli così. Oggi gita fuori porta con la barca che trasmetteva ininterrottamente Sirtaki a volume fastidiosissimo da un altoparlante a forma di megafono sommato al ballìo dell’imbarcazione, il tutto a prova di stomaco che ci ha portato fino a Diafani. Da lì un ragazzo silenziosissimo ha caricato noi due, la coppia di amici di Parma, un paio di zitelle (non tecnologiche) e ci ha accompagnato, sfidando gli strapiombi più impervi, a Olympos un’antico paesino posto sulle alture dell’isola che ha mantenuto le vecchie tradizioni, dove le vecchie signore ti baciano come le nonne, cucinano il pane e tante altre prelibatezze e cuciono pizzi e merletti. Il tempo sembra essersi fermato sebbene ogni tanto da quelle vesti nere e colorate spunti la scocca di qualche smartphone all’avanguardia. Scarpinata, ricca mangiata e rientro verso il mare in attesa del battello del ritorno. A cena pesce perché lo esigevo da giorni e quindi salmone per me e gamberi per la signora, vinello bianco e caffè. “Ci fa il conto, per favore?” “Certo, posso offrirvi un digestivo?” “Sì grazie! Porti pure quello che vuole!” Ma voi ve lo ricordate il Bactrim? Sfido chiunque a non ricordare il suo sapore e le lotte fino all’ultimo sangue per buttarlo giù. Fatto sta che io stasera sono tornato indietro di trent’anni e l’ho bevuto. Quello non era Ouzo greco, quello era il temutissimo e maledettissimo Bactrim.
Karpathos // Day#7
Ultimo giorno pieno qui a Scarpanto, traduzione italiana di Karpathos. Io guardo, osservo, mi domando e mi rispondo ma una cosa su tutte mi ha fatto pensare. Ho notato con immenso dispiacere che qua la musica dal vivo in ogni sua forma non è contemplata, sia che si parli locali che fanno live sia che si parli di buskers o artisti di strada di qualsivoglia genere. Niente di niente a parte un piccolo ristorante a pochi passi dal nostro appartamento che propina ai suoi clienti ore ininterrotte di Sirtaki interpretato e suonato da un duo (che talvolta diventa trio). Basta, nient’altro. Le cose sono due: o sull’isola manca una cultura musicale, cosa che ritengo poco probabile, o sono stati posti dei veri e propri divieti e limiti dai piani alti dell’amministrazione. Non so, indagherò meglio. Oggi colazione, spesa al market a base di frutta fresca e spremuta d’arancia e direzione Damatria, ennesima baia paradisiaca, forse quella che ho apprezzato di più in quanto a pace e acqua. Una distesa di sabbia finissima ricoperta di sassi bianchi e un mare blu che sembrava disegnato. Vento caldo quanto basta e orgasmi multipli. C’era un pò di tutto: coppie di italiani che fanno gli gnorri e si accomodano sui lettini sotto l’ombrellone e appena arriva il ragazzo del bar a spiegare che c’è da frugarsi fanno finta di non capire e bofonchiano idiomi di culture a noi sconosciute. Oppure coppie di italiani che si fanno decine di chilometri in macchina o in motorino, rimangono in spiaggia dieci minuti e poi annoiati da non so bene cosa riprendono il loro mezzo di trasporto e se vanno. Ma io dico? Ma la gente come cacchio ragiona? Se odi il mare prenoti la tua vacanza in Grecia? Ripeto! In Grecia? Vai sui monti, vai a Selva di Val Gardena! Vai a Vigo di Fassa, vai a Canazei a veder pascolare le mucche e a pestare le cacche nel prato. E poi dal niente, nel bel mezzo del lento sciacquettio delle onde e della risacca sento una voce, un frase, pochi versi: “ma la Marcella un viene via di costì?!? Il panico! È stato un attimo, mi sono parati davanti agli occhi tutti i mobilifici di Perignano e dintorni, in un baleno ero in una domenica pomeriggio di novembre a scegliere la cucina da Baga e la cameretta per il bimbo da Londi&Gradi. Il pericolo è poi rientrato perché sicuramente saranno affogati. A proposito di affogare, se un bagnante beve, sbraccia, nuota a cazzo di cane o si sperde nel mare può tranquillamente iniziare a compilare i fogli col padre Eterno visto che la figura qui del bagnino è inesistente. Neanche l’ombra. Su un palo di legno piantato nella sabbia c’è un bel salvagente messo lì per decoro. Solo quello. Uno. Stop. Gli amici della provincia pisana, nonché colleghi, nonché datori di lavoro sanno benissimo che scherzo anche perché sennò da domani potrei aprire un’edicola o andare a far cartoni. Stasera abbiamo cenato con gli amici di Parma, abbiamo praticamente fatto chiusura al ristorante parlando di tutto un po’. Coppia piacevolissima, sicuramente non mancherà occasione di rivederci. C’è una cosa da dire, mentre loro rimangono ancora qualche giorno sull’isola noi domani invece facciamo come Marcella, veniamo via di costì.
Karpathos // Day#8
È finita e come tutte le vacanze belle vorresti che non finisse mai. E infatti se notate l’orario pensavamo che non finisse mai davvero. Facciamo un passo indietro di una ventina di ore. Stamani abbiamo deciso di non fare neanche un tuffo visto che ci siamo svegliati e perché alle 12 dovevamo lasciare la stanza. Non è mancato il giro di ricognizione di souvenirs e chincaglierie del posto seguito da due belle chicken ceasar salad. Poi, rientrando in albergo, abbiamo riconsegnato il nostro amato “Ani 842”. Nell’attesa del pullman che ci doveva portare all’aeroporto ci è partito un momento social/nerd e per poco non perdiamo ogni mezzo di trasporto col rischio di rimanere a Karpathos. Che poi, chiamatelo rischio. La Neos è molto severa e precisa in quanto al peso dei bagagli in stiva e in cabina quindi se sfori anche di mezz’etto ti frughi e paghi dieci euro. La Bizzi da buona prestigiatrice ha invertito un po’ di roba fino a raggiungere i chili perfetti, poi una volta passati al check-in è entrata nel Duty Free e impavida ha riempito le valigie di barattoli di miele greco. Il volo faceva scalo a Kos, un’isola poco distante da Karpathos, il problema è che hanno fatto scendere tutti, anche noi diretti in Italia con tanto di bagaglio a mano per stivarci tipo sardine in un gate grande come un bagno pubblico indi per cui rispedirci sull’aereo. Mi era capitato di fare scalo ma non così. Sulla tratta Kos-Malpensa oltre a svariati personaggi coloriti c’era una coppia tedesca sulla settantina, ricordavano i Krisma, se qualcuno se li ricorda. Oltre a essere antipatici come la cacca avevano con sè in cabina due gabbiette con due bei gattoni palesemente drogati o sedati. Decollo, volo e atterraggio nel più completo silenzio felino al contrario dei padroni. Ribadisco la loro antipatia paragonabile alla cacca e lui che arrivati a Malpensa ha avuto l’ardire di umiliare davanti a tutti una donna sua vicina di posto perché non lo aveva fatto viaggiare standole troppo appiccicata. È chiaro che al minimo accenno dei discorsi a vanvera di Mister Krisma mezzo aereo ha cominciato ad abbaiargli contro. Io pensavo che con lui avessimo esaurito la giornata, ma l’autista che ci viene a prendere a Malpensa per accompagnarci all’albergo dove avevamo la macchina e ci racconta del suo arsenale di pistole e fucili ha quasi surclassato il gattaro crucco. Riacquisisco la facoltà di guidatore di auto e sicuro di me imbocco la tangenziale e mi rendo conto pian pianino che stasera è martedì. Cosa succede di martedì? C’è la Champions. E chi gioca? L’Inter? In casa? Ma siiii!!! Minuti interminabili e una coda di mezzi che lasciavano San Siro e a seguire dei simpatici lavori stradali in corso zona Cisa. Quindi perché non fermarsi all’Autogrill di Medesano per un caffè e non incocciare un pullman di interisti euforici come spermatozoi in fila per mangiare e bere qualsiasi cosa? Qualche santo è stato reclamato a gran voce ma mica è finita. A fine Cisa l’uscita per la A12 era chiusa per lavori quindi deviazione obbligata per Santo Stefano e giro-pesca degno di nota. Vorresti che non finisse mai, dicevo, e quest’anno in particolar modo. È stata una vacanza bellissima come raramente ricordo, un meritato riposo condiviso con la compagna perfetta. Abbiamo riso come degli scemi per tutti questi giorni, ci siamo “sopportati” 24 ore su 24, cosa che per molti suonerà come una banalità quando in realtà, per il lavoro che facciamo, è già tanto se ci vediamo 4 ore al giorno e spesso weekend esclusi. Insieme vogliamo salutare questa bella isola e ringraziare tutti i personaggi che la abitano e che abbiamo incontrato. Vogliamo ringraziare gli amici parmensi Lorenzo e Patrizia per la loro compagnia, Simona Vincentini della Pituca Viaggi sempre disponibile e professionale, Annamaria e Yuri per i Cabin Max e soprattutto La Benebius che ha fatto da cat-sitter a Ronnie ma soprattutto a Sergio che tutte le mattine da qualche mese a questa parte deve fare le punture di cortisone. E infine grazie a tutti voi che avete letto e riso leggendo i miei racconti nati per scherzo la sera del nostro arrivo a Karpathos. Quando posso, e lo faccio raramente, mi piace scrivere. Chissà che magari un giorno non cambio mestiere.