Karibuni Kenya
21 agosto, Milano-MXP, ore 23.55 – finalmente si parte; e dico finalmente perché sino all’ultimo momento la partenza è stata in forse a causa di problemi tecnici (e non) che hanno colpito la compagnia aerea (East African) che ci avrebbe dovuto portare in Kenya; solo il noleggio di un vettore della compagnia Eritrean Airlines ci ha permesso di partire alla volta del ‘continente nero’. Dopo poco meno di 8 ore di volo (trascorse dormicchiando) eccoci a Mombasa; sbrigate le varie formalità (il visto d’ingresso fortunatamente l’avevamo già fatto in Italia) saliamo sul pulmino che ci porta al villaggio scelto: Aquarius Beach Hotel a Watamu. La stanchezza si fa sentire ma durante il viaggio è quasi impossibile (almeno per me) dormire, non solo perché le strade sono un po’sconnesse e la guida non è delle migliori, ma anche perché dai finestrini impolverati è possibile intravedere un’incantevole (e al tempo stesso scioccante) realtà: bambini scalzi che corrono lungo le strade, donne fasciate in splendide stoffe colorate che camminano portando sulla testa con estrema disinvoltura pacchi e ceste di ogni forma e dimensione e uomini che corrono trainando carri stracolmi delle più svariate cose.
Al nostro arrivo al villaggio veniamo accolti con un cocktail di benvenuto (succo di passion fruit, o…Forse era mengoooo?) e subito ci vengono assegnate le camere; sono quasi tutte disposte intorno ad una (delle tre, le altre due sono vicino al mare) piscina e dotate di letti a baldacchino con zanzariera, doccia in pietra e di una piccola veranda arredata con divanetto e luci colorate, che contribuiscono a rendere l’atmosfera ancora più calda e accogliente. Il pranzo (accompagnato da una fresca biRRRRa) è stato subito l’occasione per conoscere coloro che sarebbero poi diventati i nostri compagni di viaggio e che in rigoroso ordine di prossimità di stanza sono: Elisa (soprannominata Bazar), Marco (detto Berusco), Elena (Macchia), Ornella (Bucho), Milena, Francesca (la Gratta) e Francesco (Franco per gli amici).
Il gruppo sembra essere abbastanza affiatato e quindi si iniziano a fare progetti per escursioni fai da te, con i beach boys e con agenzie locali. Mentre le prime due esperienze si riveleranno un po’ “diverse da come ipotizzate”, la terza si è rivelata un vero e proprio successo. Ma andiamo con ordine.
Ancora poco esperti sull’andamento delle maree, la prima mattina decidiamo di recarci, passando per Watamu, a Watamu Beach da dove con la bassa marea è possibile raggiungere a piedi l’isola dell’amore. Il tentativo però è fallito poiché la nostra guida (una certa Su Ellen) aveva sbagliato il calcolo delle maree giusto di qualche ora…Ma Hakuna Matata a riempire il tempo ci hanno pensato i numerosi beach boys che ci avevano accompagnato nella nostra passeggiata. Senza perdere tempo il giorno successivo ha inizio quello che (almeno per noi, rispettivamente la sottoscritta detta Spakka e il suo moroso detto Spielberg) rappresentava il cuore della vacanza: 3 giorni di safari al Masai Mara, prenotato presso la SCS e spuntato con un prezzo di favore fattoci da Subaru (IU,IU). 24 agosto, ore 8. I mitici 9 sono pronti a partire. In pulmino ci rechiamo all’aeroporto di Malindi dove dopo un lunghissimo controllo bagagli (in Kenya tutto è Pole Pole, cioè piano piano) prendiamo posto su un bielica da 20 posti. Il viaggio tra atterraggi e decolli vari (ben 2 prima di arrivare a destinazione, ma al ritorno per alcuni di noi sarà anche peggio…Arriveremo a 5…Manco fosse un autobus) è durato poco più di due ore e ha lasciato diversi strascichi ad alcuni di noi (vero Nico chiama Tina?), ma finalmente eccoci nella parte estrema (Nord-Ovest) di quella che dicono essere la più bella riserva di tutto il Kenya: il Masai Mara.
Le nostre jeep sono pronte per portarci nel posto in cui alloggeremo per due notti: il Masai Mara Club; un meraviglioso campo tendato posizionato nel Ol-Choro Oiroua Conservation Area ai piedi delle Aitong Hills e lungo il Mara River dove sostano numerose decine di hippo che con i loro “suoni” hanno accompagnato i nostri momenti di riposo.
Subito dopo aver pranzato ai bordi della piscina tutti attrezzati di macchina fotografica (ovviamente Spielberg ha anche la telecamera e il binocolo per gli avvistamenti) partiamo per il primo game. I mitici 9 vengono divisi su due jeep, la nostra quella guidata dall’ineguagliabile Jeremie (a cui si deve per il 70% il successo del safari; il restante 30% possiamo così suddividerlo: 20% alla compagnia e 10% al camp) era composta dai “coniugi” Beruschi, i “coniugi” Cotta e le Beach Girls.
Sin dall’inizio appare tutto fantastico, è un susseguirsi di emozioni, il paesaggio sembra da cartolina: distese di vegetazione, che dai toni del giallo sfumano in quelli del rosa, e che sono interrotte da alberi solitari (per Ellen s i solitari) su cui riposano e scrutano l’orizzonte uccelli multicolore e da gruppi di gnu, gazzelle e impala che serenamente mangiano ciuffetti di erba verde. Dopo una prima serie di Masai Mara Massage (un termine usato da Jeremie per annunciarci la presenza di terreno molto sconnesso e quindi imminente sballottamento) ecco finalmente l’incontro con uno dei Big Five: il Rino. Percorrendo a piedi e in rigoroso silenzio un piccolo sentiero in mezzo al bush, accompagnati da un Masai, giungiamo al cospetto di tre grossi (meglio enormi) rinoceronti. Dopo aver scattato le foto di rito, rimontiamo sulla jeep e partiamo alla ricerca di nuovi “soggetti” (come direbbe Franco), e chi si vede? Un bufalo solitario (e siamo a 2 in poco meno di un’ora) chino sotto il peso delle sue immense corna e vai con le foto… Seguendo alcune tracce (come alberi spezzati e “ricordini profumati”) Jeremie si avvia alla scoperta di un altro big five(e sono 3!): l’elefante (dalle sei zampe…Date libero sfogo alla vostra fantasia per scoprire la sesta!). Una comunicazione giunge via radio al nostro autista che prontamente ingrana la marcia e ci porta sul luogo dell’avvistamento: un leone (e siamo a 4) riposa sotto un cespuglio e, a detta di Jeremie, l’odore di carogna che c’è nelle vicinanze lascia pensare che abbia anche la pancia bella piena! Siamo tutti quanti soddisfatti e pronti a rientrare in tenda, il sole sta calando e il regolamento dice che tutte le jeep devono rientrare prima del tramonto … ma Jeremie (che fa il suo lavoro con passione) sa che ci sono delle situazioni in cui si può fare uno strappo alla regola, e questa era una di quelle; a pochi metri di distanza c’era nascosta tra l’erba mamma leonessa che giocava con i suoi piccoli tigrotti (eh, volevo dire leoncini)…Che dire…Un tuffo al cuore veniva voglia di scendere a prenderli in braccio e giocare con loro! Ancora pochi minuti per scattare qualche (10-20) foto a questi “micioni”, che su comando di mamma si stavano preparando per la caccia, e poi via di corsa verso il campo. È ormai tutto buio e le sole luci che si intravedono sono quelle della nostra jeep e quelle fioche di alcune stella che iniziano a comparire in cielo.
Dopo cena tutti subito a nanna nelle nostre bellissime tende: letti con zanzariere, bagno super attrezzato…Altro che campeggio! 25 agosto, ore 6. Arriva la sveglia con mini-colazione in camera (ops! in tenda).
Ore 6.30 si parte per un nuovo game; il sole deve ancora fare capolino e l’aria è piuttosto fredda ma la vista del paesaggio e degli animali fa scordare anche questo: iene, secretary birds e ancora gnu, un leone un po’ meno addormentato…Ci accompagnano lungo il nostro tragitto interrotto dalla vista di una iena intenta ad attaccare uno gnu già ferito…Sono scene un po’ “dure” ma purtroppo è la legge della natura di cui noi in situazioni come queste possiamo esserne solo spettatori.
Una giraffa intenta a mangiare attira la nostra attenzione: è come dire bellissima (anzi meglio BEAUTIFUL!) nella sua eleganza e timidezza.
È arrivata l’ora della colazione e così nel bel mezzo della savana, dopo un’attenta perlustrazione, Jeremie ferma la jeep e distesi i teli ci offre i nostri ben forniti breakfast box. Creata con la jeep una savana toilet per uomini e una per donne eccoci pronti a ripartire…E ancora uno scenario un po’ forte appare ai nostri occhi: un gruppo di avvoltoi sta mangiando quel che resta di una zebra uccisa da una iena, che ora, sazia, si è messa in disparte. La visita ad un villaggio masai chiude la mattinata; alla vista di questa tribù e del loro modo di vivere sentimenti contrastanti colpiscono il nostro gruppo e quindi silenziosamente torniamo al camp.
Dopo pranzo un violento acquazzone si abbatte sulla savana, ma fortunatamente torna il sereno poco prima che il game abbia inizio e che la sottoscritta sia protagonista di un sensazionale scivolone. Il terreno bagnato rende il viaggio in jeep ancora più emozionante: un paio di testa-coda e qualche rischio di impantanamento caratterizzano il nostro tragitto alla ricerca del quinto big: chita (o meglio il ghepardo)…E come sempre Jeremie mantiene le promesse; dopo un primo rapido avvistamento di un ghepardo in movimento, ecco arrivare la chiamata via radio… e ricevute le coordinate (solo driver esperti come loro possono capirsi e raggiungere il punto esatto…Tutto sembra essere uguale) …Ecco lì due ghepardi (un maschio e una femmina) che stanno riposando e attentamente ascoltano i suoni emessi dagli gnu che si trovano nelle vicinanze e che potrebbero ben presto diventare una loro preda.
Scattate le tradizionali foto poiché il sole inizia a calare ci apprestiamo al rientro in tenda. A cena davanti ad una buona porzione di carne (che ahimè solo il giorno dopo scopriremo essere l’impala!) le immagini e i ricordi della giornata tengono banco, finché non “calano le palpebre” e tutti torniamo nelle nostre tende ad ascoltare i rumori della natura.
26 agosto- terzo e ultimo giorno nella savana – come da copione sveglia e partenza per un game ‘no stop’. Elefanti con rispettivi elefantini (che cercano di accerchiarci) e giraffe con giraffini sono i principali “soggetti” della giornata. Ci muoviamo nei pressi del fiume dove abbiamo l’occasione di vedere alcune zebre intente a nuotare per attraversarlo. Scegliamo questo punto per fare colazione; sembra tutto irreale, a pochi metri da noi ci sono giraffe, zebre e ippopotami e poi il silenzio.
Risaliti in jeep, un gruppo di babbuini intenti a spulciarsi attira la nostra attenzione…Sono davvero buffi e qualcuno di noi si ripromette di imitarli in serata (vero coniugi Beruschi?). Il resto della mattinata è dedicato alla ricerca dei coccodrilli che però non riusciamo ad avvistare, in compenso ci accontentiamo (si fa per dire) di incontrare due antilopi giganti del peso di oltre una tonnellata (cad uno). Il game (purtroppo l’ultimo) si chiude con l’avvistamento di altri due ghepardi (questa volta mamma e figlio) che serenamente passeggiano nella savana. Dopo aver salutato il meraviglioso Jeremie e aver fatto un veloce e leggero pasto (ci attende il mitico volo!) eccoci pronti a tornare sulla costa. Per noi e i “coniugi” Grattaus il viaggio sarà abbastanza lungo e tormentato (quattro soste più cambio di vettore) ma in fondo VAaaaa BENEeeeee…Così! I giorni successivi sono dedicati al mare e per alcuni del gruppo a mini visite a Malindi per prelevare e comprare i rullini (che durante il safari sono andati via come il pane!). Con Pippo, un animatore del villaggio, abbiamo organizzato mezza giornata a Malindi con visita ad un orfanotrofio, alla fabbrica dl legno e di alcuni villaggi nell’entroterra…Qui la povertà è più che evidente e i bambini sono disposti a tutto (anche a lanciarsi contro il pulmino, vero Marco?) pur di ricevere una caramella.
Passeggiate a Watamu in compagnia delle caprette, soste da Mama Lucy per acquistare qualche biscotto e pane per i bambini, lunghe chiacchierate con i ragazzi del posto e intense trattative al suono di “guardare costa uno zero”, “tu non fare prezzo karakiri” e sfide a beach volley (Italia contro Kenya) riempiono i giorni che ci separano dall’escursione organizzata con i beach boys. Confortati dai numerosi racconti positivi che Spielberg e io avevamo letto su Internet, abbiamo deciso senza alcun dubbio di affidarci per le escursioni marine ai beach boys. Tra i numerosi proponenti la scelta è caduta su Sansone: 25$ per vista al parco marino di Watamu e grigliata di pesce e aragosta a Sardegna 2 (un’isola nei pressi di Malindi). Per il parco marino nulla da dire, tutto perfetto: la barriera merita …Certo purché non si facciano confronti con le Maldive o con il Mar Rosso! Qualche delusione è arrivata invece nella seconda parte della mattinata; per un’incomprensione (e vogliamo crederci) Sardegna 2 è diventata Sardinia 2 (che a detta di Sansone è un altro modo per chiamare l’isola dell’amore) e l’isola è diventata una lunga fetta di spiaggia bianca nei pressi di Watamu. Per carità nulla da dire, tutto veramente bello…Però almeno a me (che mi sono guadagnata il titolo di Spakka) sembrava un po’ una presa in giro, soprattutto quando Sansone ha deciso di anticipare il ritorno al villaggio! E vabbè Hakuna Matata…È stato un caso, tante altre persone nel villaggio avevano fatto escursioni con Sansone (safari incluso) e si erano trovate più che bene.
Una cena super elegante alla Malindina a Malindi (ovviamente), uno spettacolo di acrobati, lunghe passeggiate fino al parco marino, dormite sotto il sole, bagnetti nelle pozze lasciate dalla bassa marea e tuffi con aperitivo al tramonto nella piscina con l’idromassaggio hanno contrassegnato i nostri ultimi giorni di vacanza in questo paese dai mille colori e profumi. Il tutto reso più magico dalle persone, non solo quelle che lavorano nel villaggio sempre servizievoli e gentili, né solo quelle che incontri per strada sempre con il sorriso sulle labbra e pronte a salutarti con un bel JAMBOooooo…Ma anche e soprattutto quelli che sono diventati i nostri compagni di viaggio. Tormentoni e soprannomi hanno aggiunto quel pizzico di buon umore in più alla vacanza. Grazie Elena, Elisa, Francesca, Francesco, Marco, Ornella e per ultimo (ma sicuramente non per importanza) Max…Mi avete fatto trascorrere le più belle giornate di un anno iniziato non troppo bene.
Grazie ancora! Con tanto affetto Spakka (detta anche Deborah)