Jammin’ 2

Il caldo mi ha avvolto appena scese dall’aeroporto. Non è stato un viaggio lungo il nostro, due ore e mezzo da NEW YORK, dove sono rimasta per tre giorni. Ho camminato ad oltranza, respirato grattacieli, annusato, speso, per 24 ore su 24, per non perdermi nulla e per ritrovare tutte le proiezioni americane. E’ inutile dirlo, non è la prima...
Scritto da: Alessia M 1
jammin' 2
Partenza il: 25/06/2004
Ritorno il: 05/07/2004
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 2000 €
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Il caldo mi ha avvolto appena scese dall’aeroporto. Non è stato un viaggio lungo il nostro, due ore e mezzo da NEW YORK, dove sono rimasta per tre giorni. Ho camminato ad oltranza, respirato grattacieli, annusato, speso, per 24 ore su 24, per non perdermi nulla e per ritrovare tutte le proiezioni americane. E’ inutile dirlo, non è la prima volta, ero già stata a NY, nel 1999, e ci sono tornata con ancora più curiosità, con la voglia di andare a viverla la grande mela. Ho bevuto cosmopolitan come aperitivo, ho fatto la coda per entrare nel ristorante più cool, ho guardato dall’alto le luci nella notte più calda di questa estate, ho ritrovato gli sguardi e i sorrisi perfetti di questi single trentenni, che sembravano usciti da un telefilm. Ho sorriso all’alba da fuso orario in una central park già piena di gente, mi sono persa in un mercatino a comprare farfalle e ritrovata in un mega muffin double chocolate. Le foto di rito, i grattacieli dal basso, la città dall’alto, i cult dei cult, time square e le luci, e i tre giorni sono passati senza rendermene conto.

Me lo sono ripetuta per due ore e mezzo, ancora incredula, in aereo… la giamaica.. Sto per andare in giamaica. Il mio sogno di una vita, la scoperta di un mondo che per ora avevo ascoltato soltanto tramite la sua musica, e il suo ritmo.

Continuavo a leggere la guida e ritrovare nelle parole dell’autore critiche ed ostilità. L’ho chiusa dalla disperazione, la lonely (che di solito non mi tradisce mai!), non potevo pensare che il mio sogno fosse realmente così, e non era assolutamente mia intenzione restare per paura, chiusa in albergo, e rilegata nella spiaggetta all inclusive. Il sole non c’era, ma il caldo l’ho sentito subito. Il cielo era completamente grigio, pieno di nuvole, niente pioggia per ora. Luglio non è il periodo migliore per andare in giamaica, e questo lo sapevo già, ma non mi interessa. Non potevo fare altrimenti.

Il nostro albergo è a Negril, posto turistico ma dai racconti divertente anche la sera e relativamente più affollato e popolato, non solo da coppie americane in luna di miele. Niente mega resort, ma il negril gardens, un piccolo albergo di una catena giamaicana, dove ci accolgono con cordialità. Stanza nel garden e non beach, ma non importa, colorata, anche troppo e con una bella veranda. Sinceramente spero di non restarci troppo, e spero nella clemenza del tempo e della mia compagna di viaggio. Il braccialetto ci consente di mangiare e bere ad ogni ora del giorno e della notte, e capisco che non c’era altra scelta. La giamaica vive di turismo americano, e tutto per loro deve essere comodo da questo punto di vista, un po’ come gli alberghi italiani all’estero che a mezzogiorno ti portano la carbonara in spiaggia. Per fortuna, qui non ce ne sono. Per ora e per fortuna nemmeno un italiano.

Il tramonto mi sorprende con le sue luci, mi avvolge quel sole che cade a picco velocemente, lasciando solo luce, e rosso fuoco. Contrasta con il grigio e la notte, che scende presto, e ti prende. Non posso fotografare, non renderebbe, me lo respiro questo tramonto, bevendo sulla spiaggia il classico strawberry margarita. Il primo di una serie.

La giamaica per me è stata sorrisi, è stata giorno e notte. Due momenti completamente distinti, dove il tramonto è la trasformazione.

La spiaggia di negril è un’insieme di piccoli alberghi e locali, piccoli bar e bancarelle sulla sabbia bianca. Non è permesso ai giamaicani, entrare nei resort, e quindi lungo il bagnasciuga sostano per tutto il giorno e anche la notte, decine di ragazzi neri e sorridenti che aspettano. Che sia per andare a fare il bagno, o la doccia, o per una passeggiata, loro sono lì che ti cercano. Ti offrono il loro saluto, e poi droga, e amore, sesso e sorrisi. Ti offrono tutto quello che hanno.

Non sono fastidiosi o pericolosi, la maggior parte delle volte, basta rispettarli e soprattutto salutarli: per loro è assolutamente offensivo non farlo. Vogliono sapere come ti chiami, di dove sei, ti lusingano, offrono e poi se ne vanno dopo un gentile rifiuto, dicendoti “RESPECT”. Fa parte della loro cultura, il rispetto. Cultura che nasce da una decina di etnie. Schiavi da tutto il mondo che si sono incontrati in un paradiso. Persone che con il sorriso, riescono a dirti NO PROBLEM, per incoraggiarti, anche quando i problemi ce ne sono, eccome. I ragazzi si vendono alle turiste, fanno compagnia, danno sesso e soddisfazione, offrono conforto. Abbracciano e sorridono e si lasciano pagare. Hanno quasi tutti una doppia vita, una famiglia giamaicana da mantenere, le amanti fisse che tornano a trovarli e gli permettono di mantenere moglie e figli. Ogni sera si cambia, o magari ci si accorda per tutta la settimana, per mesi a volte. Non mi interessa questo tipo di avventure, ma è tristemente divertente stare a guardare. Veramente è divertente, anche ascoltarli e sentirli, hanno coraggio e ci provano in tutti i modi, perché io non posso proprio credere che alle nove di mattina, dopo due ore di sonno, e una notte giamaicana io posso sembrare un’attrice o essere un sunshine, o brillare come il sole. Mi fa sorridere ancora ora, e mi lascia un dubbio atroce: ma c’è qualcuna che ci crede davvero? Le giornate passano sulla spiaggia, lente, con il sole che non c’è, e la pioggia caraibica che arriva sempre verso le 13. Niente orologio e niente orari, è solo ed esclusivamente la natura a dettare i ritmi. E la notte arriva dopo il tramonto, la notte che ti prende con il suo ritmo. Ogni sera un concerto live, reggae dal vivo su piccoli palchi sulla sabbia e turisti che si lasciano andare al ritmo, e al fumo, e alla red stripe, birra locale. Le serate sono tutte gratis, senza ingresso, senza limiti e senza selezione. Si incontrano tutti e di tutto. Ed è bello, a volte fastidioso per due ragazze che sembrano fregarsene. Io ero lì, per ballare e divertirmi, e può sembrare assurdo ai loro occhi, abituati a donne pronte a tutto per una serata di sesso con loro. Le più carine sono il martedì, il venerdì e la domenica da Alfred, bellissima musica e tanta gente. E’ l’unica serata che si paga, tre dollari di ingresso, ma ne vale la pena. Che poi io ci abbia lasciato un po’ di me, tra le braccia di un americano che non sapeva ballare ma che mi faceva tremare al solo sorriso, questa è tutta un’altra storia! Il giovedì, la festa notturna si sposta in una discoteca vera e propria, con la ladies night, ma lì eravamo davvero pochi turisti, ed io ho continuato a maledire l’orologio che ci ricordava che la mattina seguente la sveglia era prima dell’alba per un’escursione. Ne abbiamo scelta una soltanto, in sei giorni avevamo voglia di riposarci e di stare al mare, e dai consigli ci sembrava la migliore. OCHO RIOS e le sue cascate.

Il pulmino era pieno di americani in luna di miele, con brillocco luminoso al dito e sguardo ebete ed innamorato. Le soste forzate per lo shopping e poi il pranzo sul mare. Le cascate arrivano nel pomeriggio, si risale mano nella mano, nulla di entusiasmante, ma non mi è dispiaciuto.

L’addio è stato tremendo, non al posto in sé, ma all’atmosfera che si respira (il commento di mio padre è stato.. Atmosfera che si fuma, vuoi dire! 😉 ), a quella tranquillità interiore, alla natura che mi è rimasta negli occhi, e a quei sorrisi caldi e sempre presenti. E il rientro, durissimo.



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