Istanbul, la porta d’oriente
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Traversato il ponte ci immettiamo nella parte occidentale di Istanbul dove alla luce dell’inbrunire si iniziavano ad intravedere le cupole illuminate delle mosche e dei minareti che creavano quasi un’atmosfera da fiaba. Attraversato il ponte il pulmino si è inerpicato sulle stradine strette ed incredibilmente ripide del quartiere di Sulthanamet e ci ha lasciato in hotel “Il Grand Yavuz”. La stanza è deliziosa ed aprendo la finestra lo spettacolo è splendido; davanti a noi il mare di Marmara, in lontananza le Isole dei Principi, alla nostra destra la Moschea di Hagia Sofia illuminata ed a completare lo spettacolo la colonna sonora dei Mujaheddin e la loro preghiera… Per la cena ci affidiamo al consiglio di un’amica che ci era già stata e scegliamo “Rami Restaurant” con tipica cucina Ottomana e localizzato relativamente vicino al nostro hotel Il ristorante è situato in una palazzina a tre piani praticamente sotto la Moschea Blu, ci fanno accomodare all’ultimo piano in una deliziosa stanza dove si diffondono note di musica classica. Il posto è bellissimo dalla lunga finestra della veranda si può ammirare la moschea blu Ordiniamo il Kebab di agnello che ci viene servito in un piatto di ferro caldissimo, tagliato molto più spesso di quello che normalmente mangiamo e poggiato su pane intriso di sugo piccante e buonissimo, ai lati il classico yoghurt speziato, 2 pomodori grigliati ed il peperone che nella cucina turca non manca mai… buonissimo. Concludiamo la cena con i baklava, pasticcini di pasta sfoglia ripieni di noci, pistacchi o nocciole, fritti e irrorati di miele (calorie 2000)… un massacro ma vi assicuro da non perdere. Conto assolutamente corretto per il luogo ed il cibo 148 lire turche (72 euro). Il ritorno a piedi non è stato dei più semplici perse tra vicoli e vicoletti in una zona oltretutto abbastanza solitaria siamo arrivate in camera parecchio stanche, ma non abbiamo potuto non dare uno sguardo dalla finestra per ammirare la Moschea illuminata ed il Mar di Marmara solcato dalle luci delle navi. Il secondo giorno ad Istanbul ci ha accolto ancora una volta con la pioggia ma decidiamo di muoverci a piedi e cartina alla mano raggiungiamo la Moschea Blu in 10 minuti attraversando il quartiere di Sulthanamet che la sera precedente ci era sembrato tanto ostico e pericoloso. Siamo nel centro storico e turistico di Istanbul che di giorno è affollatissimo si gira tranquillamente dando la reale visibilità della vita e della quotidianità, donne in burqa comprese. La sera invece la zona è terra dei locali e quindi un tantino ostica per due donne sole ed europee ma sia chiaro che nessuno ci ha importunato; eravamo solo colpite dai loro sguardi un tantino… penetranti. Come intuito il nostro albergo è vicinissimo ai punti di interesse e perfetto per le visite.
immersi nella storia
Entriamo nella moschea levandoci le scarpe e la prima cosa che colpisce è che al centro l’ingresso è interdetto ai visitatori” è il luogo della preghiera dove i mussulmani si inginocchiano” ai lati le vetrate policrome e le piastrelle di Iznir creano effetti luminosi bellissimi, lo spettacolo è da vedere, le semi cupole e la cupola sono decorate con delicati arabeschi, la sensazione è magnifica e l’impatto con la moschea spettacolare. Rimettiamo le scarpe all’uscita e ci dirigiamo verso Haghia Sofia che è praticamente di fronte ma prima di entrare ci rifocilliamo con un tipico pane a ciambella rivestito di sesamo il Simit,o ttimo street food, innaffiamo il tutto con un bicchiere di tè caldissimo servito nel tipico bicchierino” perfetto per freddo pungente”. Haghia Sofia in Greco, Sancta Sophia in latino, Church of the Divine Spirit in Inglese, Santa Sofia in italiano è l’edificio più famoso di Istanbul. Fatta costruire dall’imperatore Giustiniano che la volle assolutamente restò la più grande chiesa della cristianità fino all’anno della presa di Costantinopoli da parte degli Islamici e reclamata per trasformarla in moschea. A pochi metri dalla Moschea decidiamo per la visita alla Cisterna Basilica: questa straordinaria struttura sotterranea fatta costruire anch’essa da Giustiniano è la più grande fra le cisterne di epoca bizantina, il tetto è sostenuto da 336 colonne ed a suo tempo poteva contenere 80.000 metri cubi d’acqua che arrivavano direttamente dal Mar Nero attraverso acquedotti di oltre 20 km. La passeggiata lungo le passerelle di legno rialzate illuminate da fari rossi è bellissima se non fosse per la multitudine di turisti che ne offuscano un tantino l’atmosfera Nell’acqua banchi di carpe grandissime nuotano indisturbate. Uscite dalla Cisterna decidiamo di concederci una passeggiata sul CitySightseeing Istanbul ottima soluzione per uno sguardo d’insieme. Il Bus lascia la piazza della Moschea e si dirige verso il mare attraversando la Sirkeci Station con il suo molo invaso da viaggiatori che usano i traghetti per attraversare il Bosforo, la folla è immensa, la gente che va e che viene è impressionante. Il City attraversa il ponte di Galata dove tantissimi pescatori passano il tempo;sotto il ponte una serie di locali e bar molto affollati e di moda. Continuiamo la passeggiata lungo il Bosforo mentre la voce nell’auricolare ci dà descrizioni e storia dei luoghi che attraversavamo. Ancora una fermata in piazza Taksim dove inizia la zona più commerciale e moderna di Istanbul. L’arteria principale è la Istiklal Caddesi attraversata da una storica linea di tram che passa sferragliando lungo il viale. Decidiamo di scendere dal bus per un giro a piedi e per mangiare qualcosa in zona (il biglietto è unico e dura tutto il giorno per cui si può continuare il giro quando si vuole). Lo sguardo d’insieme è impressionante,una piazza impazzita dal traffico e centinaia di persona a piedi, ancora quella sensazione pazzesca che ho continuato ad avere fino a che ho lasciato Istanbul “ in questa città ci vivano milioni e milioni di persone”. Ci inoltriamo sul viale ed ecco tutti i soliti brand che stazionano in tutta Europa: Zara, Mango, United Color, Sisley, Stefanel, Tezenis e chi più ne vuole più ne metta alternati, fortunatamente a tipici negozi di alimentari e dolciumi turchi. Decidiamo di fermarci a mangiare in un locale anch’esso consigliato da un collega il Gani Gani e ci inoltriamo nei vicoletti laterali del viale dove traviamo le famose Meyhan (taverne tipiche) ed il mercato del pesce con i suoi ristoranti. Al Gani Gani arriviamo accompagnati da un ragazzo del luogo data la difficoltà nel trovarlo. L’impatto non è dei migliori il locale è molto particolare e sopratutto siamo le uniche commensali ci guardiamo intorno e l’ambiente tipicamente turco ci affascina al punto da sentirci immerse nell’atmosfera. Ordiniamo e l’impatto con il pide bollente, una specie di pizza farcita di carne e peperoni, è ottimo ma per il resto abbiamo avuto un pò di problemi. Troppi aromi e troppi gusti contrastanti. Il Manti, piccoli ravioli conditi con yougurt, menta, aglio e peperoncino, ci ha dato una mazzata allo stomaco che ancora ricordo e credo ci abbia anche un tantino disgustato come pure alcune polpettine non meglio identificate, mollicce e piccantisime, credo ci fossero dei peperoni (li mettono ovunque come l’aglio) il tutto accompagnato solo da acqua in quanto il locale “mussulmano” non serviva alcolici; non ricordo il conto ma sicuramente era particolarmente economico. Risaliamo sul citysightseeing non senza aver gustato in una delle tantissime pasticcerie della Istiklal Caddesi i tipici baklav la solita mazzata al colesterolo. Il resto della passeggiata sul City è stata veramente interessante; le informazioni ascoltate ed il percorso che si è snodato tra monumenti, storia e territorialità di questa città veramente immensa ci ho dato una completa visione del fascino di questa metropoli. Ultima fermata sulla Cankurtaran Mh, dove eravamo partiti al mattino e praticamente il centro del mondo islamico con la Moschea Blu, Hagia Sophia, la Cisterna Basilica e lievemente posizionato sulla destra della piazza il “Topkapi”. Mai stanche decidiamo di proseguire con la visita di questo ulteriore magnifico palazzo. Paghiamo doppio biglietto per la visita al palazzo ed all’Harem ed entrando si evidenzia uno straordinario labirinto di costruzioni su quattro vasti cortili, il palazzo fu centro del potere Ottomano ed oggi è uno dei più grandi musei esistenti. In esso sono conservate le opere d’arte e gli oggetti preziosi che venivano donati ai sultani dagli ambasciatori provenienti da tutto il mondo, le due zone più interessanti del palazzo sono sicuramente l’harem e la sala del tesoro dove si possono ammirare oggetti in oro ed argento rifiniti di smeraldi, rubini, coralli, turchesi, diamanti e chi più ne vuole più ne metta; chiaramente non si può fotografare nulla ma la sensazione provata in quelle sale del tesoro è stata incredibile, ammirare gemme di quella grandezza è stato impressionante a completare la meraviglia una teca contenente un cofanetto tempestato di coralli dove si potevano ammirare decine e decine di smeraldi di tutte le dimensioni “un momento di follia visiva vi assicuro” La zona riservata alle stanze dell’harem invece non ci ha colpito più di tanto anche se bellissime ma il motivo è che chi come me ha visitato l’Alambra di Granada, sito patrimonio dell’umanità ha avuto la possibilità di vedere tutto quello che la cultura islamica ed araba ha rappresentato nel corso dei secoli.
il terzo giorno
Ci svegliamo che piove ancora vestite adeguatamente ci avviamo, cartina alla mano, verso L’Old Bazar con l’intenzione di proseguire in giornata anche per visitare il Bazar delle spezie. Usciamo dall’albergo e decidiamo, fidandoci del nostro senso di orientamento ormai affinatissimo,di salire inoltrandoci verso il quartiere di Gedikpasa. Vicoli e vicoletti si intersecano salendo verso l’alto, sui marciapiedi poco solidi e scivolosissimi con quella pioggia si affacciano decine e decine di botteghe di calzolai o per meglio dire febbrichette di scarpe e negozi di pellami alternati a piccole rosticcerie e ristorantini dove, all’aperto, in enormi friggitrici cuocevano pesci ed ogni genere di alimento; l’odore era fortissimo e guardare i locali che alle 9 del mattino mangiavano tutti di gusto mi veniva un po’ di nausea nel frattempo una multitudine umana si avviava verso la porta d’ingresso dell’Old Bazar e per meglio dire verso un antro scuro “questa è stata la mia sensazione”. Riusciamo ad entrare faticosamente in quello che forse in tempi antichi doveva essere un caravanserraglio e rimaniamo abbagliate, non credo di aver mai visto un luogo dove potesse coesistere una tale quantità di negozi tutti scientificamente sistemati per merceologia; nel primo corridoio le gioiellerie e nelle vetrine in bella mostra fili e fili di oro ed argento quasi a ferire gli occhi tanto che luccicano e mano a mano come in un giro infernale i negozi di tessuti quelli di oggetti per la casa, insomma indescrivibile, corridoi e corridoi dove è facilissimo perdersi, negozianti che ti invitano ad entrare proponendoti di tutto di più; insomma ore ed ore di abbordaggio devo dire un tantino stressante, bisogna andare al Gran Bazar riposati, calmi e preparati altrimenti si rischia un attacco di nervi, vi confesso che ci sono arrivata molto vicina. Dopo aver mangiato qualcosa di veloce in un bar europeizzante con tavolini lungo i corridoi del Bazar decidiamo di cercare il Bazar delle Spezie ma abbiamo commesso l’errore di uscire dall’alto (il Bazar è composto da circa 4000 negozi affacciati su 61 strade coperte che si intersecano in un labirinto pazzesco) mentre il Bazar delle Spezie era praticamente dall’altro lato con l’entrata fronte Ponte di Galata. Dopo aver attraversato per ben 2 volte la Ordu Caddesi da dove eravamo arrivate ore prima (scavalcando binari del tram e cordoli) essere entrate e riuscite almeno 4 volte dai labirinti dei corridoi ci siamo inoltrate in un quartiere composto da vicoli e vicoletti che si intersecano fra di loro dove vive e vige la realtà turca e quella islamica; nelle vetrine di alcuni negozi di abbigliamento affacciati lungo questi vicoli ripidi facevano bella mostra abiti coloratissimi, scollatissimi e cargianti in colori impossibili, in altri biancheria intima che avrebbe fatto invidia al quatiere a luci rosse di Amsterdam, negozi di stoffe coloratissime, negozi di alimentari ed in contrasto assoluto antri bui dove erano in mostra i tipici cappotti lunghi fino alla caviglie indossati ed i burqa. Insomma un’accozzaglia allucinante, una casba all’aperto. Percorrendo la strada in salita e sotto la pioggia avevamo sott’occhio la visione dei maschi locali appoggiati ai muri sotto la pioggia a fare nulla ed a guardarci mentre le poche donne in giro erano indaffarata a fare acquisti, donne chiaramente con abiti e cappotti neri, informi lunghi fino a terra con il capo coperto, qualcuna in burqa. Di alcune di loro potevi immaginare la bellezza guardando solo gli occhi unici scoperti… occhi neri illuminati dal Kajal. La guida della Lonely localizza i due marcati l’uno come la continuazione dell’altro ma non è così, tra i due c’è un intero quartiere quello che avevamo attraversato noi. Il Bazar delle Spezie è molto più piccolo ma ugualmente bello e particolare,i colori e gli odori affascinano, la sensazione è da millee una notte e vale tutta la fatica nel trovarlo. Ci fermiamo incantate ed in un attimo veniamo fagogitate in uno dei negozi dove un commesso in ottimo italiano ci mostra tutte le spezie: tè verde agli agrumi, tè al melograno, tè alla mela, pepe rosa, verde e bianco, i tipici dolcetti di gelatina semplici ed ai vari gusti con mandorle e pistacchi in 20 minuti abbiamo speso circa 50 euro di… odori, sapori e colori ma è stato bellissimo e ci siamo portate a casa un pezzo di Turchia. Nel pomeriggio, sempre sotto la pioggia, risaliamo verso la Ordu Caddesi, la strada di collegamento con buona parte della città, per prendere il tram e sfidiamo leggi di gravità e tornelli dove obliterare il biglietto, eravamo convinte che come in Italia il biglietto si obliterasse a bordo invece bisognava farlo ai tornelli come per le nostre metro. Il tram ha attraversato tutta la Ordu passando per Sultanhamet fino alla stazione marittima di Sirkeci Gari ed ha proseguito per il Ponte di Galata fino ad arrivare alla quartiere di Karakoy capolinea della funicolare Tunel. Simpatica e veloce la corsa sulla funicolare ci lasciate all’imbrunire dove avremmo potuto continuare sul tipico tram sferragliante che da Tunel arriva fino alla piazza Tazkim attraversando tutta la Istiklal Caddesi, ma decidiamo di continuare a piedi ed in pochi passi entriamo… in Occidente. La Istiklal Caddesi è la strada del passeggio ed è localizzata a nord del Corno d’Oro nel quartiere Beyoglu, nel secolo scorso, in un momento di massimo splendore era percorsa dai ricchi Ottomani e dagli Europei in redingote, pizzi e ombrellini. In questa parte della città che unisce i borghi di Taksim e Pera, un tempo c’erano i fondachi commerciali dei mercanti italiani, oggi è possibile invece respirare un’atmosfera molto cosmopolita, direi sex and city. Molti sono gli edifici in stile liberty alternati a quelli moderni in un caleidoscopio di colori e stili. Decidiamo di fermarci a bere un tè in un locale che ci colpisce “L’Ada Cafè e Bistrò” ordiniamo un Tè alla ciliegia (chiaramente) ed un Apple pie (molto ma molto Inglese) Nell’attesa guardandoci intorno abbiamo la sensazione di essere in un bar di NewYork o di Milano; l’arredamento è essenziale nero e rosso, l’ambiente intellettual-cosmopolita, si intrecciano lingue ed idiomi.
tra i vicoli
Riprendiamo a passeggiare tra la gente che sotto la pioggia sottile, tutti senza ombrello, troppi per tenerli aperti guardavano vetrine fermandosi a chiacchierare con gli amici così come in tutte le metropoli dell’occidente eppure, solo qualche ora prima, al mercato avevo avuto la sensazione netta e precisa di essere in oriente… meraviglia e fascino di questa città incredibile e bellissima… Ci dirigiamo verso i vicoletti laterali, la guida ci segnalava le famose taverne dove poter mangiare il pesce freschissimo preso al mercato localizzato poco più avanti ed effettivamente inoltrandoci abbiamo avvertito appetitosi affluvi di frittura e di cibo ma decidiamo di desistere è troppo presto. Rientriamo sulla Istiklal e dopo pochi metri ci ritroviamo ad ammirare un cortile liberty con ristoranti bellissimi e molto eleganti (vietati alle nostre tasche) ridiscendiamo in un altro vicoletto e ci troviamo tra i tavolini di bar dove si ascolta musica dal vivo e si fuma il narghilè. Entriamo in un ristorante che all’occhio ci aveva dato una buona impressione e come in tutti i tipici Meze il cibo è esposto in contenitori all’ingresso del locale per cui basta indicarlo. Decidiamo di ordinare subito una lachmasun la pizza che le donne sedute su in una posizione strana ma soprattutto localizzate all’ingresso in bella mostra dall’esterno preparavano senza soluzione di continuità e per la scelta del ripieno ci orientiamo su verdure e carne chiedendo di eliminare i peperoni, onnipresenti nella cucina turca, buonissimi per carità ma indigeribili quindi… basta biber (peperoni) e per la seconda portata chiediamo un piatto già completo composto da patate ripiene di carne, burgul (insalata di grano con verdure), il solito peperone verde ripieno di carne e chiaramente non mangiato, polpettine di melenzane, il tutto molto buono e di gusto particolare e piacevolissimo. Usciamo dal locale che continuava a piovere, ma la strada era affollatissima giovani e meno giovani fermi a capannelli a chiacchierare, ristoranti pieni, musica dal vivo che arrivava delle stradine laterali, un’atmosfera bellissima anche con la pioggia. Questa è la metropoli dove l’oriente e l’occidente si fondono in modo perfetto, nessuna nota stonata, nessuna sensazione di fastidio, le ragazze con i foulard coloratissimi che coprono i capelli ed in jeans attillati si fermano a chiacchierare fra di loro, ridono ascoltano musica dai loro Ipod, commentano il passaggio dei ragazzi, una sensazione molto bella di completezza. Continuiamo a passeggiare ed a guardare vetrine sono le 22 ed i negozi sono ancora tutti aperti, siamo in una città internazionale e cosmopolita. Decidiamo di prendere un taxi per rientrare in Hotel, c’è un traffico bestiale il sabato sera dei turchi sta per iniziare, un pò come in tutte le città del mondo,ma per noi la serata sta per finire domani si torna in Italia. Tre giorni sono stati troppo pochi per visitare la città, per abituarci alla loro realtà, per riuscire a vivere la notte di Istanbul che ci è mancata come ci sono mancati i quartieri di Fatih, Fener e Balat dichiarati patrimonio dell’umanità, come ci è mancata una serata tra i locali sotto il ponte di Galata e un’altra tra i vicoli del mercato del pesce e sicuramente quello che più è mancato a causa pioggia è stato una gita sul bosforo con tramonto incorporato.
Tantissimo altro abbiamo visitato, visto, ammirato, assaggiato ma…
Istanbul non è una città da visitare, Istanbul è una città da vivere!