Istanbul in cinque giorni: pochi

Cinque giorni da trascorrere ad Istanbul: saranno pochi o troppi? Secondo la maggior parte della gente sono più che sufficienti, secondo noi, che siamo un po' “bacatelli” e che ci soffermiamo sempre ed ovunque, si dimostreranno il minimo indispensabile. Come non fermarsi un paio d'ore per cercare la luce giusta per fotografare le piastrelle...
Scritto da: SteAlb
istanbul in cinque giorni: pochi
Partenza il: 19/03/2008
Ritorno il: 25/03/2008
Viaggiatori: in coppia
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Cinque giorni da trascorrere ad Istanbul: saranno pochi o troppi? Secondo la maggior parte della gente sono più che sufficienti, secondo noi, che siamo un po’ “bacatelli” e che ci soffermiamo sempre ed ovunque, si dimostreranno il minimo indispensabile.

Come non fermarsi un paio d’ore per cercare la luce giusta per fotografare le piastrelle maiolicate o invetriate della moschea Blu o di Santa Sofia? Ovviamente, un paio d’ore per ogni sito! E quando si entra nell’harem del Topkapi non si può non soffermarsi a pensare e a vedersi scorrere davanti le immagini delle concubine che, aspettando la visita del sultano di turno, complottano alle sue spalle e attentano alla sua vita, sparlano della suocera e si intrattengono con gli eunuchi che, spesso, non sono poi tanto eunuchi. Certo che bisogna farsi il proprio film in tempi relativamente brevi, perché una massa oceanica di giapponesi, spagnoli e italiani sta incalzando alle nostre spalle, mettendo a dura prova la nostra capacità visiva oltre che immaginativa.

Un discorso a parte merita la visita delle moschee. Il livello di occidentalizzazione raggiunto da Istanbul si avverte già all’ingresso, quando si constata che il tradizionale e obbligatorio velo può essere sostituito da una sciarpa o addirittura dal cappuccio della giacca a vento. All’interno molti flash, gente che si “svela” e che si chiama ad alta voce. Se si esce però, anche solo per poco, dai consueti circuiti turistici, la situazione cambia: il numero delle donne integralmente velate aumenta, così come i giovani barbuti e i vecchi venditori di rosari e di Corani. Certo, lo spettacolo è molto più pittoresco, ma sarà un bene? Ai posteri l’ardua sentenza! Veniamo ora ad un lato del viaggio non secondario: i pasti! Premettendo che non siamo amanti del fast food e che detestiamo cordialmente gli hamburger, anche se fatti di carne di agnello, ci siamo positivamente stupiti dal non trovare ristoranti italiani e pizzerie “Bella Napoli”. La cucina turca, che fonde elementi arabi e greci, offre piacevoli meze, ottimi kebab, zuppe di legumi, ravioli conditi con crema di yogurt e dolci squisiti, il tutto a prezzi accettabili. E’ necessario, però, glissare i numerosi procacciatori di clienti che affollano gli ingressi di qualsiasi ristorante. La cosa non comporta, comunque, grandi difficoltà.

Dopo le visite ai siti più importanti e molti chilometri percorsi a piedi (solo così si può veramente entrare nello spirito di una città), ci rendiamo conto di poterci ancora permettere di dedicare una giornata ad una gita fuori porta ed optiamo per una visita ad una delle isole dei principi, la più grande: Buyuk Ada. Il tragitto fatto in traghetto sul mare di Marmara è piacevole e ci permette di vedere bei paesaggi, ma anche di incontrare turisti di diverse nazionalità. Molto numerosi sono gli iraniani, che sembrano ben contenti di sfoggiare maniche corte, jeans attillati e, soprattutto le donne, chiome fluenti e camicette sbottonate. Anche l’isola è piacevole. Non esistono automobili, ma solo carrozzelle a cavalli e biciclette (da evitarsi, date le aspre salite necessarie a raggiungere le pinete e il monastero di San Giorgio, l’attrattiva più importante dell’isola). Ville e palazzi risalenti all’antico splendore dell’impero ottomano si alternano a casupole di legno e ad uliveti. La fatica per raggiungere l’obiettivo è compensata dall’atmosfera indubbiamente bucolica che si respira lungo il tragitto. A proposito, per i più pigri è previsto l’utilizzo di un mulo! Anche vicino al monastero è possibile mangiare e, forse, è meglio fermarsi qui che nei numerosi ristoranti in centro, non fosse altro che per la maggiore tranquillità.

Più scarse sono le notizie che possiamo fornire relativamente alle serate mondane, perchè, ad esclusione di una serata trascorsa ad assistere ad uno spettacolo di dervisci (che si tiene in un capannone debitamente allestito presso la stazione ferroviaria) la stanchezza non ci ha mai permesso di fare “le ore piccole”.

E così, eccoci arrivati alla conclusione del nostro viaggio, con un aereo che parte alle 6 del mattino che ci obliga a puntare la sveglia alle 3 e 30 e con la sensazione che, forse, un paio di giorni in più ci avrebbero fatto comodo.



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