Istanbul è un’altalena
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Partiamo il 21 gennaio 2014 da Genova, con un puntualissimo volo della blasonata Turkish Airlines; prima del decollo vengono serviti dei dolcetti tipici della Turchia: i lokum!
Questa coccola ci piace tanto e stuzzica la nostra curiosità culinaria!
A dire il vero eravamo partiti con molti pregiudizi circa la bontà della cucina turca. Pregiudizi assolutamente infondati! Ovunque abbiamo mangiato divinamente e spendendo poco.
Addirittura parecchia gente ci aveva messo in guardia circa l’igiene e la pulizia della città e dei ristoranti. Ovviamente anche queste avvisaglie si sono rivelate pregiudizi senza fondamento.
Al crepuscolo, la discesa verso terra e gli istanti immediatamente prima dell’atterraggio già regalano i primi scorci di questa megalopoli…forse i più memorabili.
Immense distese di abitazioni e di luci sfavillanti e tremolanti, code di auto interminabili incolonnate nelle arterie pulsanti di questa città magica… e poi… i minareti!
Che meraviglia i minareti! Sagome aguzze e slanciate che si stagliano nel cielo infuocato di un tramonto senza nubi.
Ne scorgo a decine dal finestrino dell’aereo e mi lasciano mille emozioni…sembrano dita scarne e nodose che cercano di afferrare l’infinito facendosi largo tra case e moschee; quelli più lontani si vedono a malapena e sembrano quasi spilli conficcati nel terreno. Indimenticabile per me, che sognavo Istanbul da una vita!
L’aeroporto Ataturk è grande, lindo, moderno e funzionale. Il paragone con il Cristoforo Colombo di Genova è a dir poco imbarazzante.
Una volta recuperati i nostri bagagli andiamo all’ufficio di cambio in aeroporto per cambiare i primi 100 euro (il cambio in aeroporto è svantaggioso: meglio cambiare solo una piccola cifra, giusto per arrivare in albergo e per un imprevisto), poi ci dirigiamo verso la fermata del metrò che dall’aeroporto arriva in città (seguite le M rosse e blu che indicano la linea metropolitana Havalimani Hafif Metrosu – Aksray).
Se si alloggia nella città vecchia sarà indispensabile scendere a Zeytinburnu e prendere il tram (linea Zeytinburnu – Kabatas: sarà il mezzo di trasporto principale che userete per spostarvi nella città vecchia) fino alla fermata più vicina all’albergo: la nostra era Gulhane.
Prima di accedere al metrò acquistate dalle macchinette automatiche due gettoni a testa. Uno lo usate per la corsa in metropolitana e l’altro per la corsa in tram (un gettone costa 3 lire turche; una lira turca -TL- vale circa 30 centesimi di euro).
Il viaggio dall’aeroporto alla fermata del tram Gulhane dura circa un’ora.
Il nostro hotel sarà il Soliman Hotel (www.hotelsoliman.com), 3 stelle, prenotato via internet, 5 notti a 275 euro con colazione. È comodissimo sia per visitare la città vecchia a piedi (centralissimo), sia alle stazioni del tram Gulhane e Sirkeci, sia per la stazione del nuovissimo treno sottomarino Marmaray (la stazione è praticamente davanti l’hotel).
Facciamo il check in, posiamo la roba, ci rinfreschiamo un attimino e schizziamo fuori dalla stanza per “costantinopolizzarci” subito!
Per prima cosa passeggiamo nei dintorni dell’albergo per scegliere il ristorante in cui cenare… C’è un po’ di amarezza quando ci accorgiamo della presenza dei buttadentro…immaginiamo che i ristoranti della zona siano le solite trappole per turisti, le cui cucine, troppo standardizzate e globalizzate siano mediocri ed epurate dall’identità locale che stiamo cercando. Invece non è propriamente così!
Ci fidiamo di un buttadentro multilingue e ci accomodiamo ai tavoli all’aperto (il tempo è clemente, nonostante sia gennaio inoltrato) di un ristorante carino, dove scorgiamo parecchia gente locale.
Durante la cena riceviamo le attenzioni di un gattino di nome Buffon (il nome deriva dalla sua destrezza nell’acchiappare al volo il cibo che gli viene lanciato) che zitto zitto mi si siede accanto e mi fa prendere un infarto quando me ne accorgo!!!
Prendiamo piatti a base di carne di agnello (con contorni di riso, verdure e patate fritte) e per antipasti dei rotoli di pasta sfoglia ripieni di formaggio tipo feta.
Per dolce due porzioni di baklava (il più buono di tutta la vacanza) e il tè ci viene offerto.
Tutto buonissimo e spendiamo circa 70 TL (21euro)!
Continuiamo la passeggiata senza meta e senza mappa; come unico riferimento i binari del tram (in stile filo di Arianna) e percorriamo il viale Hudavendigar Caddesi fino in fondo e scopriamo con un po’ di emozione di essere arrivati sulle rive del Corno d’Oro!
Vediamo il coloratissimo ponte di Galata e la famosissima omonima torre genovese illuminata ad arte sull’altra sponda: così bella e colorata che sembra una torta! Si impone su tutte le costruzioni circostanti…non si fatica ad immaginarsela quando serviva da punto di osservazione. Già che ci siamo ci spingiamo ancora fino al ponte e lo percorriamo fino all’altra sponda.
Il ponte è diviso a metà: da una parte è il classico ponte a un solo livello rialzato sotto il quale passano i battelli, l’altra metà, invece, si sviluppa su due livelli: quello superiore è per il traffico delle auto, tram e pedoni, quello sottostante (a pelo d’acqua) è un susseguirsi di ristoranti lungo un romantico vialetto per passeggiate.
Un solo lato negativo: il puzzo di pesce che inesorabilmente ammorba l’aria del posto.
Camminando qui potrete vedere centinaia di lenze da pesca pendere dal piano superiore: sono i tanti pescatori che popolano il ponte di notte e di giorno e che tirano su piccoli pesciolini…
Non ho capito, però, se la pesca sia lo sport preferito degli uomini di Istanbul che tanto che ci sono si fanno due chiacchiere e un tè con gli amici o se sia un mezzo di sostentamento in una economia familiare precaria (sia che il pescato lo si venda o che lo si consumi in casa).
I Turchi, che sono gente creativa, si sono inventati anche un business satellite alla pesca sul ponte: tanti carretti di ambulanti vendono tè bollente, caldarroste, riso, ciambelle e altro street food ai pescatori infreddoliti.
Notiamo con stupore che tra lo street food è compreso anche il carretto delle cozze crude da consumare al volo, con una spruzzatina di limone…e che dire delle barchette che vendono il famoso balik ekmek? Si tratta del panino con lo sgombro affumicato: una specialità a Istanbul.
Torniamo all’hotel per ricaricarci per domani. Buonanotte!!!
22/01/14
Ore 05,45 circa. Il canto suadente dei muezzin ci sveglia all’improvviso. Dopo un attimo di smarrimento restiamo in silenzio ad ascoltare questo rituale antico e così inusuale per noi, che rimaniamo quasi in sospeso, in un’atmosfera magica di una megalopoli ancora addormentata.
È il momento migliore per ascoltare il richiamo alla preghiera: tutto è immobile e silente. Nessun rumore o frenesia sminuisce il significato e la melodia del momento.
Quando il canto del muezzin termina è ancora presto per alzarsi, quindi ci rimettiamo a dormire per un altro po’, poi doccia, colazione e via.
La colazione turca somiglia molto più a quella continentale nord europea che a quella italiana, dunque in albergo trovavamo ben poco di che nutrirci, fortunatamente i chioschi di street food non mancavano! Le ciambelle alla nutella sono un ottimo rimedio a buon mercato (2 TL, ovvero sessanta centesimi di euro).
La meta con cui decidiamo di aprire la nostra scoperta di Istanbul è il Museo Archeologico, adiacente Palazzo Topkapi, il favoloso palazzo dei sultani ottomani. (Ingresso 10 TL)
Il museo si sviluppa su vari edifici separati, tutti intorno a una corte centrale; l’esposizione è un po’ disordinata (sarà che a me piacciono i musei corridoio…dove la strada è obbligata e non si rischia di passare 10 volte dallo stesso punto) e mi è sembrato un po’ difficile l’uso della mappa che danno all’ingresso.
Comunque, essendo mattina presto, abbiamo goduto di ambienti vuoti e silenziosi, rimanendo incantati di fronte alla strabiliante collezione di sarcofagi del museo provenienti anche da Egitto, Licia e Fenicia.
Il sarcofago più bello di tutto il complesso è il famoso ed elegante sarcofago di Alessandro, che fino a qualche anno fa si pensava appartenesse proprio al grande condottiero macedone (a ingannare la pregevole fattura dei bassorilievi ai lati della tomba che lo raffiguravano in scene di guerra e di caccia).
Recentemente si è capito che il sarcofago apparteneva in realtà a un governatore provinciale dell’impero di Alessandro.
Oltre ai sarcofagi si possono ammirare collezioni di arte orafa romana, rinvenimenti dell’antica Troia provenienti degli scavi di Schliemann e molti reperti Assiri e Babilonesi e dell’antico oriente.
Usciamo dal museo e senza perdere tempo andiamo a passo sicuro verso la vicina biglietteria del Palazzo Topkapi (ingresso 25 TL + harem 15 TL facoltativo), dove fortunatamente non c’è fila: siamo in bassa stagione per il turismo di massa, ma non per le gite scolastiche. Un vero e proprio assedio di scolaresche chiassose!
La porta d’ingresso al palazzo (Porta Imperiale) già ti proietta verso un mondo lontano, favoloso ed esotico…alte mura di cinta, inscrizioni dorate e torrioni ottagonali aguzzi a proteggere la vita di palazzo, coi suoi intrighi, le cospirazioni, lo sfarzo e gli eccessi.
All’epoca dei sultani nessun cittadino comune poteva varcare questa soglia che conduceva alla seconda corte (la prima corte racchiude Gulhane Park, il museo archeologico e la chiesa di Santa Irene): qui risiedevano lo staff del sultano e il suo esercito privato; conteneva inoltre le cucine e le scuderie.
La terza e la quarta corte erano i domini privati del sultano e della sua famiglia. Sfarzo e ricchezza qui sono le parola d’ordine.
I lavori per la costruzione del palazzo cominciarono nel 1459, sotto il regno di Maometto il Conquistatore e durante le reggenze dei successivi sultani fu ampliato e modificato secondo i gusti delle epoche; l’ultimo imperatore a soggiornarvi fu Maometto VI dal 1918 al 1922, anno in cui il sultanato fu abolito.
Lasciatevi meravigliare dalla bellezza dei giardini meticolosamente curati, dalla eccentrica abbondanza di stucchi dorati alle pareti dei palazzi, dalle forme fiabesche delle costruzioni, dalle fontane, dai mirabolanti giochi geometrici delle piastrelle, dai punti panoramici sulla città, dalla ricchezza che è tangibile ovunque. Immaginate che paradiso potesse essere questo palazzo ai tempi dei sultani…oggi purtroppo è invaso quotidianamente da migliaia di visitatori e l’atmosfera fiabesca ne risente.
Imperdibili i musei di palazzo dei tesori imperiali e dei cimeli religiosi!
L’esposizione dei gioielli presenta armi in oro, avorio e pietre preziose saccheggiate durante le conquiste dell’Impero Ottomano nel Medio Oriente, Europa ed Asia e una collezione di ori, smeraldi, rubini e diamanti che ha pochi rivali al mondo!
Il pezzo forte è il diamante Spoonmaker, una gemma da 86 carati (per intenderci ha le dimensioni di un uovo…), circondata da altri 49 diamanti più piccoli, e poi collane, bracciali e tante altre meraviglie.
Dedicate una lettura alle spiegazioni dei gioielli, troverete delle sorprese! Ad esempio scoprirete che alcuni oggetti erano regali che i grandi della terra (uno tra tutti lo Zar Pietro il Grande) facevano ai sultani in occasioni di eventi importanti come i matrimoni.
Invece, tra i cimeli sacri musulmani si annoverano (e qui lo scettico che è in me prende tutto con il beneficio del dubbio) il bastone di Mosè, varie reliquie di Maometto (la sua impronta dentale, la sua impronta del piede, una spada, un mantello ecc), varie reliquie di profeti minori, e anche le chiavi del Ka’aba, il luogo più sacro dell’Islam che si trova alla Mecca: quasi tutti frutti di saccheggi in Arabia.
Ho scorto più di qualche fedele commuoversi davanti alle reliquie di Maometto.
Non ci lasciamo sfuggire una visita all’harem: al tempo dei sultani l’harem serviva come luogo di distrazione e “parcheggio” per i principi in linea di successione.
Li si teneva in questo limbo dorato, affinchè non coltivassero bramosie di cospirazioni alle spalle del padre o del fratello maggiore che governava il regno.
Attorniati da decine di bellissime schiave concubine provenienti da ogni angolo dell’impero, i principi vivevano in sospeso anni e anni della loro vita. Alcuni impazzivano.
Nell’harem avevano molto potere la madre e la prima moglie del sultano (l’islam permette fino a quattro mogli).
Onestamente questa visita si può saltare a piè pari: molte stanze sono chiuse, tante pareti sono in restauro e c’è davvero poco da vedere tranne qualche corridoio e la stanza della madre del sultano.
Quando usciamo è ora di pranzo; scegliamo a caso un ristorante con terrazza (tutta per noi!) che dà sulla piazza Sultanahmet, con un’indimenticabile vista su Santa Sofia e la Moschea Blu.
Approfittiamo del pranzo per riprendere le forze e alla fine indugiamo ancora un po’ sulla terrazza bevendo tè, mentre il canto dei mille muezzin di Istanbul riempie l’atmosfera.
Usciamo dal ristorante e andiamo a visitare la Moschea Blu o Sultanahmet Camii (visita gratuita, essendo luogo di culto – gradita un’offerta per la conservazione dell’edificio).
Il nome deriva dal sultano Ahmet I che diede l’avvio ai lavori per la costruzione dell’edificio, che intendeva così placare la rabbia di Allah per le sue sconfitte contro gli infedeli lungo i confini orientali e occidentali dell’Impero.
L’appellativo Blu deriva dalla colorazione delle 15mila piastrelle che rivestono l’interno della maestosa cupola centrale.
Unica al mondo con i suoi sei minareti, secondi di numero solo ai sette della Grande Moschea della Mecca.
L’ingresso riservato ai turisti è separato da chi entra per pregare. Bisogna togliersi le scarpe (vengono consegnati sacchetti di plastica dove riporle) e le donne devono coprirsi il capo (vengono distribuiti veli).
Le dimensioni della moschea vi lasceranno senza fiato, così come le decorazioni piastrellate e gli immensi lampadari.
Dopo la visita alla moschea proviamo ad entrare in Santa Sofia, ma sono le 16,00 e i cancelli si chiudono proprio davanti a noi. Vabbè, ci torneremo domani; intanto ci consoliamo con delle caldarroste e poi ci fiondiamo in albergo a riposare un po’.
Per la sera abbiamo in programma di assistere ad uno spettacolo di danza del ventre!
Vi sconsigliamo le trappole per turisti che vi propongono i depliant negli alberghi.
Documentandomi su internet ho scoperto che i due migliori e più famosi locali di danza del ventre a Istanbul sono il Sultana’s e il Kervansaray: (www.sultanas-nights.com – www.kervansarayistanbul.com).
Noi abbiamo scelto il Sultana’s. Gradita la prenotazione, ma noi ci siamo andati senza.
Si trovano entrambi in Cumhuriyet Caddesi, un moderno e trafficato viale vicino a Piazza Taksim.
Per arrivarci abbiamo preso il tram Zeytinburnu – Kabatas in direzione Kabatas. Qui si scende e si prende la modernissima funicolare Kabatas – Taksim.
Usciti dalla stazione di piazza Taksim, prendete il monumento al centro della piazza come riferimento, tenendolo di fronte andate verso la vostra destra e imboccate il viale che va in su. Camminate per 5 minuti sul marciapiede destro della strada e troverete il locale.
Il prezzo per la cena più lo spettacolo è di 60 EURO a testa e comprende anche il transfert con navetta gratuita a fine serata verso il vostro hotel (purchè sia in centro)
Lo spettacolo comincia intorno alle 21,00 e vi emozionerà!
La musica è dal vivo, le ballerine sono bellissime, bravissime e sensuali.
Le mogli sono avvisate: i vostri maritini sbaveranno come lumache per tutta la sera!
Il cibo è buono e ci si diverte. Vi chiederanno il Paese di provenienza per darvi una bandierina da mettere sul tavolo; quella sera c’erano turisti da tutto il Medio Oriente! Turchia, Egitto, Libano, Emirati Arabi, Marocco, ma anche Russia, Australia e Stati Uniti.
Unici rappresentanti Europei noi e i nostri vicini Greci, con i quali abbiamo fatto ovviamente amicizia, abbiamo brindato, chiacchierato (scoprendo che erano di Nea Moudanià, un paesino in Calcidica, meta delle nostre scorse vacanze estive) e al termine della serata ci hanno lasciato i loro biglietti da visita.
Lo spettacolo termina coinvolgendo i presenti in un po’ di balli sul palco e verso le 23.30 si può considerare finita la serata.
Il pulmino ci accompagna in albergo e BUONANOTTE!
23/01/14
Stamattina non sentiamo il muezzin e nemmeno la sveglia puntata alle 08,00 e ci svegliamo abbastanza tarduccio. Corriamo a prendere il tram in direzione Zeytinburnu e scendiamo a Beyazit Kapalicarsi: siamo al Gran Bazar, in corrispondenza della porta Nuruosmaniye, una delle 22 porte di accesso a questo gigantesco e mirabolante mercato (quasi tutti i turisti entrano da questa porta, la più ben servita dai mezzi, ma se avete voglia di scoprire qualcosa di realmente autentico cercate le porte Yorgancilar e Cebeci Han).
Mercato che conta 550 anni di storia e 250mila visitatori al giorno (nei week-end anche di più)!
Vi ipnotizzeranno i colori e le merci dei suoi 3500negozi, il via vai frenetico dei venditori di tè e la sua atmosfera senza tempo di bazar mediorientale.
Esiste addirittura un corpo di polizia proprio del bazar: noterete ad ogni porta un agente con tanto di trasmittente. In questo modo i ladruncoli hanno vita difficile.
Vi rimarrà sempre negli occhi lo strabiliante scintillio dorato delle botteghe orafe! Una accanto all’altra, traboccano di gioielli! Noi ci siamo chiesti se sia davvero oro tutto ciò che luccica…era una esposizione grandiosa, infinita, incredibile…Però, in effetti, l’oro è l’articolo più venduto al bazar, dunque credo proprio fosse tutto vero…
Oltre alle botteghe orafe troverete laboratori di tappeti, rame, pelletteria (ormai pochi in realtà) e poi antiquari, cianfrusaglie, abbigliamento, oggettistica di classe, argenteria, prodotti artigianali provenienti da Turchia, Iran e Iraq e tanto, tanto altro.
È un dato che rattrista molto sapere che le botteghe artigiane stanno via via scomparendo…gli affitti dei locali al bazar sono costosissimi e questo genere di attività diventa anti-economico.
Sono sempre più numerosi, invece, i negozi che vendono abbigliamento griffato taroccato o made in China.
Noi abbiamo acquistato qualche souvenir, un paio di magliette e due foulard.
Il tempo vola al Gran Bazar, e se non si possiede una mappa si rischia subito l’effetto Ikea (stordimento) o di passare dallo stesso posto un milione di volte! Quando ne usciamo decidiamo di andare a posare i sacchetti degli acquisti in camera e poi di riprendere l’esplorazione.
Santa Sofia è la nostra prossima meta.
Edificata come cattedrale cristiana nel 537 d.c. (la più grande al mondo all’epoca) sotto l’imperatore Giustiniano, fu trasformata in moschea nel giugno del 1453, dopo la presa della città da parte degli Ottomani.
Il colto Maometto il conquistatore, leader degli Ottomani, rispettò l’edificio, coprendo e non distruggendo i mosaici rimasti e aggiungendo i quattro minareti attentamente realizzati nello stesso stile architettonico della cattedrale.
L’edificio (dopo mille rivendicazioni, seguite alla caduta dell’impero Ottomano, tra Grecia, Italia e Turchia e tra chiesa cattolica e ortodossa) è stato sconsacrato nel 1934 ed è diventato un museo.
I pochi mosaici rimasti hanno resistito allo scorrere di 1500 anni di storia, a vari terremoti, a due periodi iconoclasti e al saccheggio dei crociati cristiani nel 1204.
Nonostante tutto, l’interno di Santa Sofia è un magnifico esempio di grandezza ed elegante opulenza.
Gli immensi spazi interni rapiscono lo sguardo che si perde alla ricerca di particolari, i marmi policromi delle colonne sono meravigliosi, la luce che filtra dalle 40 finestre dell’enorme cupola è surreale, la grandiosità delle gallerie superiori è fuori dal comune.
L’impronta ottomana non manca: si notano il pulpito in marmo da dove l’imam pregava, i tipici lampadari, otto grandi dischi sospesi con le iscrizioni di Hallah, del profeta Maometto, dei primi quattro califfi e dei primi due nipoti di Maometto e all’esterno la fontana delle abluzioni.
Circa 5 milioni di visitatori l’anno entrano in Santa Sofia (ingresso 25 TL)
Ora è la volta della Basilica Cisterna, a pochi passi da Santa Sofia.
Una delle visite più insolite che vi capiterà nella vita…a me ha ricordato vagamente le grotte di Postumia o di Toirano…il silenzio, il fascino, le colonne…l’acqua… solo che tutto qui è artificiale!
Questa cisterna fu concepita come riserva d’acqua per la città, sotto l’impero di Giustiniano, tra il 483 e il 565 d.c.
9500 metri quadrati di superficie, per una capienza di 100.000 tonnellate di acqua, proveniente dalla vicina Foresta di Belgrado (nulla a che vedere con la città serba) tramite ingegnosi acquedotti: circa 7000 schiavi lavorarono al progetto per anni.
Questa colossale cisterna cadde in disuso dopo la conquista ottomana del 1453, perchè i Turchi preferivano l’acqua corrente a quella stagnante.
Il popolo però continuava ad usarla come riserva di pesca!!! Grossi pesci popolano ancora le sue acque buie.
L’atmosfera è surreale ed arcana, sembra di passeggiare nelle viscere della terra.
Scoprite la forma diversa delle colonne, i giochi prospettici, la sapiente illuminazione, cercate la colonna delle lacrime e le teste di Medusa rovesciate che fanno da basamento a due colonne.
Usciamo dalla basilica cisterna e ci infiliamo nel primo locale di kebab e tappeti (?!?) che troviamo, in Alemdar Caddesi. Ci rifocilliamo, ci riposiamo e ripartiamo con destinazione Moschea Nuova (Yeni Camii).
Anche se il nome dice “nuova” questa imponente moschea ha già 350 anni di storia. Niente a che vedere con la bellezza di altre moschee più riccamente decorate, ma è stato interessante mescolarsi ai fedeli (è molto popolata all’ora delle preghiere) – mi hanno scambiato per Irakeno!
All’ombra della Moschea Nuova si trova un altro must imperdibile di Istanbul: il Mercato delle Spezie!
Una fiumana di gente lo attraversa di continuo, alla ricerca di specialità rare o di raffinatezze gastronomiche; è inebriante la sequenza di odori da cui si è investiti, ipnotico l’alternarsi dei colori e il dondolìo della folla costretta a procedere in angusti corridoi di bancarelle stracolme!
Un caleidoscopio di umanità, tradizioni e culinaria indimenticabile.
Noi facciamo scorta di lokum al pistacchio e cocco e tè alla mela solubile.
Roba da matti quanto sono buoniiiii.
Ora dritti in albergo a riposare, siamo talmente stanchi che ci svegliamo quasi che è sera.
Decidiamo di passare la serata nei dintorni di Piazza Taksim, la centralissima piazza cittadina, punto di riferimento dello struscio serale.
Prendiamo dunque il tram in direzione Kabatas; qui saliamo sulla modernissima funicolare che in tre-quattro minuti (senza conducente!) porta a Taksim (ultime corse in entrambe le direzioni alle 00.00).
Appena fuori dalla stazione si è accolti dall’ampiezza della piazza gremita di una folla di giovani e turisti vocianti. L’aria che si respira sà di festa e voglia di divertirsi. La Turchia sta attraversando un florido periodo di crescita economica e l’entusiasmo è ben percepibile qui e nel vicino Istiklal Caddesi, grandioso viale pedonale votato allo shopping e al divertimento.
Lo imbocchiamo e rimaniamo stupefatti dalle luci e dai colori delle tantissime vetrine dei negozi; vi ritroverete col naso all’insù ad ammirare l’eleganza degli edifici art nouveau che si susseguono lungo il viale.
Fast food americani, ristoranti, marchi della moda internazionale, gioiellerie, cinema e centri commerciali…c’è di tutto! I negozi sono grandi e alla moda: noi entriamo in un negozio di dischi e curiosiamo tra i cd di musica mediorientale (abbiamo gusti strani…), poi però trovo e compro a prezzo stracciato (circa 3 euro) un album di Anna Vissi, la mia cantante greca preferita. In uno store Swarovski prendo per la mia Pisi una collana a sole 150 TL (50 euro!!!)
Per cena scegliamo Konak Kebap: dall’esterno attira parecchio l’attenzione: molto scenografico, con terrazza all’ultimo piano. Ceniamo e spendiamo nella media… senza lode né infamia. Qui non servono alcolici.
Percorriamo Istiklal Caddesi fino in fondo, e poi, per stradine tortuose raggiungiamo la Torre di Galata (orgoglio genovese in Turchia). Scattiamo qualche foto, leggiamo sulla guida dettagli circa la storia della torre e pianifichiamo (senza poi farlo davvero) di tornare prima della fine della vacanza per salirci e ammirare il meraviglioso panorama che dicono si goda dall’alto dei suoi 61 metri.
Raggiungiamo infine la fermata del tram di Karakoy e torniamo in hotel. A domani!
24/01/14
Durante la colazione decidiamo di fare un giro in battello, per ammirare la città dal mare, che qui a Istanbul si insinua come in un fiordo norvegese. Ho letto dovunque che è una bella esperienza e che si vedono cose che altrimenti non si riuscirebbero a scoprire…chissà com’è, ma la cosa ci sembra il solito specchietto per allodole…
Basta recarsi nei pressi del ponte di Galata, con una macchina fotografica o una guida turistica in mano e sarete avvicinati da un esercito di promotori di tours sul Bosforo. Il prezzo credo che sia standard: 20 TL per persona.
Il giro classico che vi viene proposto dura due ore e vi permette la navigazione fino alla fortezza di Rumeli costeggiando la parte europea di Istanbul e poi il ritorno lo si fa sfiorando le coste turche della città.
Esistono anche delle mini crociere da mezza giornata che si spingono quasi sul mar Nero, oppure nel Mar di Marmara verso le Isole dei Principi. Effettivamente i panorami sono carini e tutte queste zone ci sarebbero sfuggite senza questa navigazione, ma onestamente ci siamo annoiati: due ore sono troppe e ho stranamente pure sofferto il mal di mare (condizione che ha sicuramente inciso negativamente sul ricordo che conservo di questa gita).
Degni di nota sono gli scorci dei grattacieli tra le moschee in mezzo alla città, palazzo Dolmabahce (favolosa residenza di sultani e capi di Stato), il grande e lussuoso panfilo di Ataturk, il Savarona e tante aree residenziali benestanti, pulite, ordinate e carine su entrambe le sponde e la Torre della fanciulla.
Finalmente il giro finisce…ed è quasi l’ora di pranzo…ci avviciniamo all’albergo passando per Babiali Caddesi e Ankara Caddesi, quest’ultima è una via piena di negozi di fotografia specializzatissimi -un vero santuario per gli amanti del settore- e pranziamo ai tavoli all’aperto in un ristorantino che troviamo nelle viuzze strette e tortuose nei dintorni dell’hotel.
Menù vegetariano stavolta…in questi giorni un po’ troppa carne…e da bere una freschissima spremuta di arance e melograno fatta al momento dal gentilissimo cameriere!
Passeggiatina tra queste belle e caratteristiche stradine e poi a riposare.
Al risveglio un’irrefrenabile voglia di dolci ci guida dritti dritti alla mirabolante pasticceria Hafiz Mustafa (fermata tram Sirkeci) dove ci viziamo con tè e pasticcini!
Mentre siamo lì a crogiolarci nella dolcezza ci viene voglia di qualcosa di giovane 🙂
Si va a Tophane a fumare il narghilè in un locale apposito (magari il più malfamato).
Detto fatto, ci fiondiamo sul primo tram e scendiamo alla fermata Tophane. Ci inerpichiamo a piedi per una stradina con una pendenza da gran premio della montagna, piena di botteghe artigiane, gallerie di artisti locali e bambini che giocano per strada, e sudati e sfiniti troviamo il posto che fa per noi: entriamo e ci accomodiamo su divanetti. Intorno a noi è un tripudio di studenti Erasmus nord-europei che si divertono con le nuvole di fumo. Due donne sicuramente del posto, invece, si sfidano a backgammon al tavolo a fianco al nostro. Una comitiva di ragazzotti russi tenta di farsi portare della vodka, ma spiacenti…qui niente alcolici: solo tè! Una vasta scelta di aromi di tè e narghilè!
Noi prendiamo tè alla menta e per fumare scegliamo il gusto pesca!
Il tizio del locale (un omone) ci accende l’arnese e poi passa più volte a controllare che i tizzoni brucino regolarmente. Ci rilassiamo parecchio…io credo di essere andato anche in iperventilazione dopo tutte quelle generose pippate! Mi girava la testa!!!
Ci immergiamo nel traffico pedonale dell’adiacente Istiklal Caddesi e dopo qualche passo scorgiamo nelle strade che lo incrociano sulla sinistra un gran movimento… Senza saperlo entriamo nel cuore pulsante della movida! Tantissimi ristoranti, locali di musica tradizionale, club, discoteche…è bellissimo!
Attratti dal baccano infernale proveniente dalla terrazza di un ristorante non aspettiamo nemmeno l’invito del buttadentro e ci infiliamo.
La scena che ci si presenta quando varchiamo la soglia della terrazza è indelebile nei nostri sensi! Orchestrina rumorosissima di 4 elementi, canti tradizionali col tipico vibrato mediorientale intonati da tutti gli avventori e due donne (clienti del locale) dai tratti indiscutibilmente turchi e forse un po’ alticce che improvvisano una danza al ritmo del battito di mani e dello schiocco di dita dei presenti compiaciuti. Un baccano feroce.
Dalle terrazze dei più dimessi ristoranti di fronte tutti stanno a guardare tra il divertito e l’incredulo…facce crucche…non si capacitano di questa atmosfera mediterranea.
La situazione ci diverte e passiamo una bella serata rumorosa.
Dopo cena un giro per questo quartiere festaiolo, rimpiangendo di non aver portato abiti più eleganti…magari una notte al club sarebbe stata carina, ma lo spazio nei nostri piccoli trolley era poco: ci piace viaggiare leggeri…e poi chi se la immaginava tutta questa movida nella “conservatrice” Bisanzio?
25/01/14
Ultimo giorno, domani mattina si torna a casa.
Oggi ci togliamo qualche sfizio…le cose principali le abbiamo già viste.
Per prima cosa andiamo a vedere l’Ippodromo: oggi una grande piazza di forma rettangolare, ma nel IV secolo dopo Cristo era l’attrazione più acclamata della città.
Un circuito lungo 450 metri, modellato sul Circo Massimo di Roma, dove una folla di 100mila spettatori acclamava gli eroi delle corse delle bighe, dimenticando i problemi quotidiani…in pratica uno stadio!
Fu usato dagli imperatori anche come vetrina d’eccezione per celebrare le vittorie militari più importanti.
Oggi solo la forma della piazza ricorda la sagoma della pista.
Due obelischi e una colonna la impreziosiscono. La colonna è detta Del Serpente: rappresenta due serpenti attorcigliati a cui mancano le teste: una è visibile al museo archeologico, l’altra è andata persa.
I due obelischi: uno di Costantino, originariamente ricoperto di lamine in bronzo, oggi è poco più di una torre di mattoni e l’altro è l’obelisco di Teodosio, saccheggiato da Luxor nel 390 d.c. I geroglifici lungo i suoi fianchi, perfettamente conservati, celebrano la vittoria di Thutmosis III sull’Eufrate 3500 anni fa, mentre sulla base sottostante (aggiunta dopo) sono scolpite frasi in latino e scene di Teodosio.
Un tempo la piazza era abbellita dalle statue di quattro leoni…siete mai stati in piazza San Marco a Venezia?
Non potevamo mancare l’esperienza di un giro nel modernissimo, futuristico, nonché neo-inaugurato treno sottomarino Marmaray! 14 kilometri di gallerie sotterranee, di cui 1,4 sotto il mare a più di 60 metri di profondità! Un progetto faraonico costato 3,3 miliardi di euro e 10 anni di lavori, il sogno ottomano di unire l’Europa all’Asia in appena 4 minuti di treno…1,5 milioni di passeggeri al giorno!!! Numeri astronomici per un’opera che si stima decongestionerà parecchio il traffico di questa megalopoli in costante espansione…per ora 14 milioni circa di abitanti.
Arriviamo quindi a Uskudar, quartiere in riva al Bosforo nella parte asiatica della città. Qui niente turisti, perché prevalentemente non ci sono attrazioni turistiche. Qui si osserva genuinamente la gente del posto, la vita quotidiana di una Istanbul più conservatrice, ma autentica.
Mi intrufolo nella piccola e tranquilla moschea di Yeni Valide, con annesso minuscolo cimitero.
Entro, mentre Aurora che non ha un velo mi aspetta nel cortile, e scorgo come unico altro visitatore un gattino…poi entra un vecchietto e mi rivolge un assalamalaikum (la pace sia con te) che ricambio prontamente e spacciandomi alla grande per uno del posto… I negozi della zona sono più vicini allo standard mediorientale che a quello europeo, il traffico ha la disordinata confusione tipica di una città come il Cairo; nessun edificio ha le dimensioni sbalorditive che si riscontrano negli edifici della parte europea. Pranziamo con un panino (formaggio, pomodoro e cetriolo) acquistato a un chioschetto, servitoci da una gentile e carina ragazza col velo e passeggiamo sul lungomare. Se non fosse per le auto e i bus che sfrecciano poco più in là sarebbe una Istanbul silenziosa questa. Al terminal dei traghetti un crogiuolo di umanità diversissime…burqa e tailleur: che contrasti che offre Istanbul!
Torniamo a Sultanahmet, ma prima di rientrare in hotel una sosta dal caro Hazif Mustafa è cosa buona e giusta: cioccolata calda e pasticcini…potremmo abituarci a tutto questo!
Una bella dormita (voi direte che siamo due matti a sprecare del tempo in vacanza a dormire…e avete ragione…ma è più forte di noi, viaggiare ci mette sonno e appetito!) e al risveglio cerchiamo di raggiungere Nisantasi, un quartiere residenziale benestante, cuore della Istanbul europea, sede del viale dello shopping di lusso Abdi Ipekci Caddesi.
Non siamo amanti dello shopping, tantomeno del lusso, ma ci incuriosiva scoprire quest’altra faccia di Istanbul… Il viaggio è stato lunghetto…tram fino a Kabatas, funicolare fino a Taksim e metrò fino a 4 Levent e alla fine non siamo mica riusciti a trovarlo questo benedetto viale! Comunque ci siamo fatti un’idea di questo angolo moderno e congestionato della città e ci è piaciuto molto. Un particolare mi è rimasto impresso: nonostante tutto riuscirete a trovare tra un negozio alla moda e l’altro piccole botteghe di lustrascarpe!
Decidiamo di andare a cenare nel ristorante dove abbiamo cenato la prima sera…quasi a chiudere il cerchio… I camerieri ci riconoscono e ci salutano come fossimo vecchi amici e non so come, a un certo punto, mi ritrovo immischiato in una sfida di scioglilingua! ahahah io li recito in italiano e pugliese e loro in turco! Che ridere!
Mangiamo ovviamente bene, come sempre è stato in questi giorni trascorsi in questa stupenda Istanbul.
Vi starete chiedendo “ma come mai dopo tutte queste esperienze non siete andati in un hammam?”
Bhè…avevamo bisogno di un pretesto per tornare!