Israele e Giordania fai da noi
Indice dei contenuti
Da anni e anni il mio sogno è immergermi nella bellezza della mitica Petra. Quale migliore occasione di un volo verso Israele, così da soddisfare anche la voglia di vedere Gerusalemme?
Abbiamo solo 8 notti, che si ridurranno a 7 giorni pieni a disposizione. L’organizzazione di questo viaggio, progettato per l’attraversamento delle frontiere terrestri, richiede varie attenzioni e accorgimenti. Mi sono ampiamente documentata su internet, riguardo il discorso del Visto giordano, che pare obbligatorio anche sul Sito della Farnesina. Invece avrò la prova che così non è, dal Border tra Eilat ed Aqaba che utilizzeremo.
24 febbraio
Come prima cosa cerco di non arrivare in Israele durante lo Shabbat, per non trovare molti esercizi chiusi, nonché i mezzi pubblici non funzionanti. Essendo in vigore dal tramonto del venerdì ad un’ora dopo il tramonto del sabato, partiamo di sabato pomeriggio con un volo Easyjet da Napoli per Tel Aviv. All’arrivo, sarà che non abbiamo l’aria di tipi sospetti, ma i controlli non sono per niente difficoltosi. Dall’aeroporto di Tel Aviv, città che non abbiamo il tempo di visitare, prenderemo direttamente il bus per la Central Station di Gerusalemme della compagnia Afiqim. Per la fermata, occorre andare in fondo al Terminal 3, da cui salire (con scale o ascensore) al secondo piano. Da qui si esce all’esterno, e il bus si prende al Gate 23, appena sulla destra. Impiega 1 ora, e il costo a persona è di 16 nis (4 euro).
Ho prenotato 3 notti al Palatin Hotel, comodo da raggiungere dalla Stazione Centrale con meno di una quindicina di minuti di cammino, a metà strada tra la stazione e la Città Vecchia. L’hotel è datato, ma ha camere ristrutturate piccole ma comode. Il problema è che, al ceck-in ci assegnano una delle camere ancora da ristrutturare, veramente indecenti. Scendo come una furia, e la camera ci viene prontamente sostituita. I prezzi di Gerusalemme sono nel complesso alti, e anche telefonare costerebbe 4 euro al minuto, e 2 per ricevere. Ma il wifi è ottimamente funzionante, per cui non si ha bisogno di nulla.
25, 26 febbraio: GERUSALEMME
Entriamo nella Città Vecchia dalla porta di Jaffa (o porta di Ebron) incastonata tra le mura di pietra bionda che ci appaiono da lontano, percorrendo la bella Yafo Street, zona di passeggio e negozi. Militari a cavallo, ragazzi e ragazze in divisa, armati fino ai denti, ci ricordano che siamo in Israele, uno dei Paesi più controllati al mondo.
Superata la Porta di Jaffa, l’atmosfera cambia completamente: ci si trova immediatamente in una colorata ma ordinata medina, tra gli odori tipicamente mediorientali e una marea di piccole botteghe e esercizi commerciali. Da qui si può anche salire sulle Mura, potendo godere di un lungo (ed esposto al sole) giro panoramico intorno a tutta la città. La Città Vecchia è suddivisa in quartieri, che sono lo specchio della multirazzialità di questo posto: il quartiere Cristiano, i quartieri Armeno, Ebraico, Russo, Etiope e Musulmano. Ognuno conserva la propria impronta e identità culturale. Mille città dentro le stesse mura. Percorriamo la Via Dolorosa, e a me, che non sono credente, fa strano vedere gente con la croce sulle spalle, passare tra negozi di souvenir e rivendite di felafel. Si arriva da qui alla Basilica del Santo Sepolcro, per vedere la pietra della deposizione, quindi la tomba della resurrezione. E’ uno sciamare di gente, preti in processione, persone inginocchiate sulla pietra, flash di macchinette… La Basilica è molto bella, ma tutta questa confusione mi lascia senza fiato. E’ come trovarsi in un vorticoso sogno. Non molto distante, ben segnalato, arriviamo dopo gli inevitabili controlli al luogo forse più sacro al mondo: il Muro del Pianto. L’emozione di questa visuale è indescrivibile. Credo che ci sia una specie di onda energetica trasportata e amplificata dalla gente in preghiera. Qui mi succede una cosa strana e incontrollabile: come già detto non sono credente, ma, appena entrata nella zona femminile delle preghiere, come se avessi superato un confine, sento salire il pianto in gola, vengo trascinata e non posso fare a meno di singhiozzare insieme alle altre donne. Potere della suggestione, della follia collettiva, dell’onda energetica, di una sostanza stupefacente presente nell’aria o che sale dalle viscere della Terra?
Alle spalle del Muro, attraversando un nuovo controllo, si entra nella Spianata del Tempio, aperta dalle 7.30 alle 11 e dalle13.30 alle 14.30 . Luogo di dispute accese tra le religioni, è anche di grande bellezza e fascino, dominato dalla meravigliosa Cupola della Roccia, gioiello dalla cupola dorata e dai marmi bianchi intarsiati all’interno. E’ il simbolo di Gerusalemme, e la si può ammirare dall’alto praticamente da ogni angolazione. E proprio per ammirare la cupola dall’alto, in quella che è la cartolina simbolo della città, iniziamo la salita dalla Valle del Cedron fino al Monte degli Ulivi. Si costeggiano mausolei e cimiteri, e si incontra la chiesa di Maria Maddalena, con le cupole dorate di stampo russo.
Impossibile elencare ogni chiesa ed ogni percorso di questa città magica. Tra le chiese più belle, di sicuro quella di San Giacomo, trionfo di pietra dorata,nel tranquillissimo quartiere armeno. Da una scala si accede ad una terrazza panoramica, con vista sulla città e su una particolare prospettiva della chiesa stessa. Il quartiere armeno è una piccola e ordinata oasi, dove troverete molte e toccanti testimonianze del terribile genocidio compiuto dai turchi contro questo popolo.
Una menzione speciale per il quartiere musulmano, da cui si accede o esce dalla Porta di Damasco: profumato, disordinato, rumoroso, armonioso e colorato bazar, ma che, deviando verso le stradine interne, offre anche angoli molto silenziosi e appartati.
Insomma, inutile dilungarmi: Gerusalemme va scoperta strada per strada, angolo per angolo, chiesa per chiesa, in una continua scoperta. Il ricordo del colore della sua pietra, non vi lascerà più.
27 febbraio: MASADA, MAR MORTO, EILAT
In una quindicina di minuti dal nostro albergo arriviamo a piedi alla Central Bus Station di Gerusalemme, per prendere il bus per Masada n 486 (38 nis, circa 10 euro a testa) La fermata non è quella esterna, dove siamo stati lasciati dal bus dall’aeroporto di Tel Aviv, ma all’interno della Stazione, al primo piano. Ogni destinazione ha il proprio Terminal, indicato sul display, e il biglietto si fa sul bus. Andati il giorno prima per acquistarlo, non ce lo hanno fatto fare. Piccola digressione: poco distante dalla stazione, sulla strada principale, merita un’occhiata il nuovo ponte di Calatrava, del 2008, che riproduce la forma dell’arpa di re Davide.
Per gli orari, le fermate e i costi degli autobus, il sito ben fatto della Egged è affidabilissimo. http://www.egged.co.il/HomePage.aspx
L’autobus parte puntualissimo, e in meno di un’ora ci troviamo a scendere verso il Mar Morto, il punto più basso della Terra. Indicatori ai lati della strada segnano -400 metri. Il deserto e l’acqua ferma del Mar Morto, ci fanno sentire su un altro pianeta. Ma arrivati ad Ein Gedi, un fiume d’acqua invade la strada, e molte auto sono impantanate. L’autobus ce la fa, ma evidentemente la strada è allagata in altri punti, per cui per ora non possiamo proseguire. Ci si ferma nell’area di sosta dell’Oasi, senza nessuna idea di quando si potrà ripartire. Ein Gedi è una riserva naturale che avrebbe meritato almeno un giorno, fra trekking ed escursioni, invece ce la godiamo all’ingresso del parco, sperando di riuscire ad arrivare a destinazione in un tempo accettabile. Dopo un paio d’ore si riparte, trovando lungo la strada altri guadi con macchine in fila, da superare. L’autobus ferma proprio sotto la Fortezza di Masada, dove inizia il sentiero pedonale per la salita, oppure la breve salita per la funicolare. E’ ormai mezzogiorno e alle 15 il Sito chiude, per cui è impensabile salire a piedi, a parte la calura e gli zaini sulle spalle. Il costo del biglietto comprensivo di Funicolare è di 75 nis (20 euro). Meno della metà se si sale a piedi. Sito meraviglioso: vista a volo d’aquila sulla pianura sottostante e il Mar Morto. Sono ancora presenti e visibili i segni degli accampamenti romani che l’assediarono. Pensare alla storia di questo popolo fiero che preferì il suicidio di massa alla sottomissione, fa davvero venire i brividi.
Sarebbe stato straordinario salire all’alba lungo il faticoso sentiero sul fianco della collina, ma sarebbe stato necessario dormire nel Kibbutz ai piedi della salita: unico luogo per soggiornare nei pressi, ma pieno.
Oltre che la Fortezza, è molto suggestivo visitare il museo, che ripercorre la storia con sistemi multimediali. Dopo la visita, effettivamente troppo frettolosa visti i tempi, riprendiamo il bus, direzione Ein Bokek, per un bagno nel Mar Morto. L’autobus fa due fermate: la prima nella zona Hotel, le seconda proprio di fronte alla spiaggia pubblica. Basta attraversare la strada e si è a mollo. L’acqua non è invitante, ma non si può non fare questa esperienza. L’ho trovata abbastanza disgustosa, ma divertente: è un po’ come essere a bagno in un barile di olio.
Ora pero’ dobbiamo arrivare ad Eilat, e il problema dei ritardi accumulati per via dei disagi lungo la strada, si ripercuote pesantemente. Attendiamo il bus per circa 3 ore. Approfittiamo per guardarci intorno (non c’è altro da fare): figure in accappatoio bianco continuano ad andare e venire dagli alberghi verso la spiaggia; alberghi che sembrano più che altro cliniche: mi ricordano il film Cocoon…
Quando ormai stiamo per perdere le speranze, il nostro autobus arriva: pienissimo, dobbiamo viaggiare in piedi, con un autista che crede di essere a Indianapolis. Per fortuna, alla sosta che spezza il viaggio, un altro bus mezzo vuoto che va nella nostra stessa direzione, ci carica.
Finalmente, a notte fatta , siamo ad Eilat: Comfort Hotel, a due passi dalla Stazione Bus. Consigliato.
28 febbraio: EILAT, FRONTIERA, WADI MUSA
Eilat è una colata di cemento, grandi alberghi e amenità varie, sul lungomare di un Mar Rosso non proprio esotico. A un tiro di schioppo si vede la sponda giordana, spoglia e dimessa. L’aeroporto del centro cittadino, con gli aerei che atterrano pettinando i passanti, sforna turisti a getto continuo. Da questa città ci allontaniamo subito, prendendo il bus delle 10 per Jerusalem, che ci fa scendere alla prima fermata, Eilot Junction, dalla quale, percorrendo circa 1 km a piedi, si raggiunge la frontiera.
Prima dei controlli, occorre pagare il visto di uscita da Israele, al costo al cambio di circa 25 euro a testa: accettano anche gli euro. I passaggi sono ragionevolmente rapidi, così come ai controlli Giordani, ai quali si arriva dopo un centinaio di metri di terra di nessuno. Ci viene chiesto se abbiamo il Jordan Pass: al nostro diniego, ci viene consegnato un foglio nel quale dobbiamo dichiarare quanti giorni resteremo in Giordania. Il foglio va conservato e riconsegnato all’uscita dal Paese: se si sosta almeno 2 notti, il Visto non verrà pagato. Se almeno 3 notti, non verrà pagata nemmeno la tassa di uscita di 10 Jod.
Passata la frontiera, si arriva in un piazzale colmo di tassisti che offrono la corsa fino al centro di Aqaba . Sono circa 5-6 km su una strada non adatta ad essere percorsa a piedi, prima di tutto per il lungo tratto fino alla strada principale, controllato da vedette armate. Occorre contrattare il prezzo: chiederanno 20 euro, ma il prezzo giusto è 8-10 jod (un po’ più di 10 euro). Per il cambio, c’è un tizio ad un baracchino che fa un cambio un po’ arronzato (a suo favore), ma basta cambiare il poco che serve al momento.
Ci facciamo portare alla stazione bus di Aqaba, da dove partono anche minibus privati per le varie destinazioni turistiche. Quello per Wadi Musa è in attesa di riempirsi, per cui abbiamo anche tempo di andare a cambiare i soldi. Dopo i calcoli che facevamo in Israele (dividere la somma per 4 e ottenere il prezzo in euro), passiamo a considerare il dinaro giordano una specie di sterlina inglese, o euro molto caro.
Paghiamo 5 jod al nostro autista, e con il pulmino sgangherato ma efficiente, arriviamo al nostro hotel di Wadi Musa in 3 ore. Da qui l’ingresso di Petra è a circa 1 km e mezzo: piacevole in discesa, meno piacevole in salita. Il Cleopetra hotel è un albergo spartano, ma pulito, con colazione e un servizio taxi incluso per Petra (solo andata). C’è anche la possibilità di farsi confezionare un cestino per la merenda durante la visita del Sito, a 3 jod.
I dintorni di Wadi Musa, o Valle di Mosè, che abbiamo avuto modo di ammirare durante il viaggio, sono straordinari: una specie di Cappadocia, tra canyon, bizzarre formazioni rocciose e deserto di pietra. Il paese di Wadi Musa è un agglomerato urbano senza pretese, ma con tutto quello che può servire: alberghi, qualche ristorante, cambi valuta, negozi vari. Mangeremo anche molto bene e con costi davvero irrisori.
Siamo arrivati in maniche corte, ma per la notte, con un’escursione termica molto forte e molta umidità, saremo costretti ad accendere il riscaldamento e armarci di coperte di lana.
1 marzo: PETRA
Nessun aggettivo può esprimere appieno la grandiosità della capitale dei Nabatei. In ogni foto non abbiamo che la Facciata del Tesoro, che è solo l’anteprima di meraviglie disseminate in uno spazio immenso.
Il Sito apre alle 7 del mattino, e chiude, teoricamente, in questo periodo dell’anno alle 17. Il biglietto per una giornata costa 50 jod, per due, 55. Per chi invece è solo di passaggio in Giordania, senza pernottamento, il costo è di 90 jod. Se si entra in Giordania lo stesso giorno dell’ingresso al Sito, è capitato che facessero pagare 90 jod, facendo fede al timbro sul passaporto, salvo poi rimborsare il giorno successivo ripresentando il biglietto, dimostrando quindi di avere pernottato.
Dalla biglietteria inizia un percorso di circa un paio di km, che ad un certo punto si restringe in una lunga Gola (il Siq) con pareti di roccia dai colori cangianti. Quasi incredibile il fatto che le pareti siano ferite da stretti canali per l’acqua: sistemi idraulici di epoca nabatea, in pieno deserto. Ma ancora più incredibili sono i colori della roccia, che passano dal rosato al viola, dal verde al rosso, dal giallo al nero, con fantasiose formazioni scolpite dalla pioggia e dal vento. La facciata del tempio di Al-Kazneh, il Tesoro, appare improvvisa, ma prevedibile per le troppe foto già viste. Immagino lo stupore dello svizzero Burckardt, quando, nel 1812, riuscì grazie ad un pericoloso stratagemma ad arrivare alla Città dei Nabatei: stupore da tenere ben nascosto, per non rischiare la vita. La storia di questa scoperta è molto interessante. Così come è interessante e imprescindibile, la conoscenza almeno approssimativa della storia di questa prospera e importante civiltà, che non ebbe una durata millenaria, ma fu un importante crocevia nelle rotte tra oriente e occidente, poi assorbita dall’Impero Romano. Le Guide da portare in viaggio non mancano.
Al-Kazneh al Farun (il tesoro del faraone), così battezzato dai beduini che immaginarono la leggenda di un faraone che nascose in questo tempio un ingente tesoro, scolpito nella roccia viva, come tutta l’immensa città di Petra, è di un eleganza sublime: forse una tomba di re, forse un luogo cerimoniale. Ma è svoltato l’angolo che lo stupore è pieno: la vista si allarga su una piana circondata da templi, abitazioni, teatri, colonne, colline di pietra. Una città favolosa, capitale di un regno prospero e pacifico, che rimase nascosta al mondo fino al diciannovesimo secolo, poi trascurata e infine studiata dagli archeologi,dal 2° ventennio del secolo scorso. I beduini, discendenti naturali del popolo nabateo, sembrano rivendicare il possesso della città commerciando al suo interno, e vendendo giri in calesse o a cavallo.
Alla nostra sinistra colpisce il teatro, costruito dove precedentemente erano delle tombe sul fianco della collina; tombe a loculo rimaste tra le gradinate degli spettatori, come se anche i trapassati dovessero assistere alle rappresentazioni. Si prosegue poi lungo il colonnato e le rovine romane, fino ad arrivare alla salita verso il Monastero: 800 gradini da affrontare subito: L’alternativa è salire in groppa a poveri asinelli. Arrivati finalmente in cima, lo spettacolo è incredibile: molto simile alla facciata del Tesoro, ma ancora meglio conservato, il Monastero domina una vallata, dalla cui sommità ci si affaccia su una veduta strepitosa del deserto.
Ridiscesi, abbiamo ancora da visitare buona parte di questa smisurata città: le tombe reali, i mercati, i templi… Siamo verso l’ora del tramonto, e vogliamo salire su un altro punto panoramico, la cui scalinata inizia poco dietro Al Kazneh: la salita alle Alture Cerimoniali e agli Obelischi, dove si compivano i sacrifici. Si tratta di una scalinata più breve di quella verso il Monastero, ma decisamente impegnativa, e alla cui sommità si deve un po’ penare per trovare la giusta via per gli Obelischi, essendoci delle indicazioni non precise. Quando finalmente arriviamo, sembra incredibile che proprio sugli altari sacri, siano posizionate delle merci in vendita… La vista pero’ sull’intero Sito è sublime, specie quando il sole inizia a tramontare. Siamo ormai verso l’orario di chiusura e iniziamo la discesa. Deve essere parecchio difficile orientarsi con il buio, ma ci chiediamo in effetti chi mai possa controllare se qualcuno resta oltre l’orario.
Una giornata memorabile, ma per visitare Petra per bene non credo basti una settimana. Tra l’altro recenti scavi dimostrano che probabilmente sotto la città esistono ancora livelli inesplorati.
2 marzo: WADI RUM
Da Wadi Musa a Wadi Rum c’è un autobus alle 7 del mattino, che fa il giro degli hotel. Preferiamo un taxi, che il titolare dell’albergo ci organizza per le 9.30 al costo di 35 jod. A questi vanno aggiunti 5 jod a persona per l’ingresso al Wadi Rum. Qui abbiamo prenotato all’ Hasan Zawaideh Camp: 35 euro con colazione per un confortevole bungalow rivestito come una tenda beduina, con bagno privato. Era da tanto che desideravo passare una notte nel deserto, ma mio marito ha finalmente accettato, solo a patto di una soluzione soft e comoda come questa. Appena arrivati, preso possesso della nostra tenda-camera, possiamo spingerci senza problemi a fare una passeggiata in solitaria. La particolarità del deserto giordano sono le formazioni rocciose che, tenute d’occhio, consentono di non perdersi, come invece accade tra le dune del Sahara. Naturalmente ciò è fattibile senza inoltrarsi in maniera esagerata, e controllando sempre da lontano la posizione dei vari campi beduini, di cui la zona è disseminata. Il caldo non è ancora eccessivo per la stagione, e fare una passeggiata nel silenzio e nell’immensità è un’esperienza da ripetere ogni tanto nella vita.
Alle 15 partiamo con il nostro autista per un giro in jeep nel deserto: 2 ore per 35 jod. Ci sono anche percorsi più lunghi (fino ad 8 ore) a prezzi diversi, tutti da considerare per auto, non per persona. Se volete dividere il costo con altri turisti, si può fare.
Sabbia e roccia, iscrizioni e sculture nabatee, pianure rosse sconfinate, infine il tramonto da un’altura… Ogni deserto è differente, ogni panorama è a se’.Nel campo vi sono anche cammelli, per cui è possibile anche fare un giro con questi.
In serata, al costo di 8 jod, possiamo unirci alla cena beduina, consistente in arrosto cotto sotto la sabbia. Si completa la serata con balli, lagnosissima musica dal vivo, e l’ammirare il cielo. Purtroppo stasera è luna piena, per cui la sabbia è illuminata quasi a giorno, e le stelle si lasciano desiderare.
Per la mattina successiva, abbiamo già preso accordi con un tassista che ci riaccompagnerà al border di Aqaba per 30 jod
3 marzo: EILAT
Carichiamo lungo la strada due autostoppiste, bardate come le donne del luogo, che poi si svelano due studentesse italiane che hanno girato Israele, Palestina e Giordania in autostop, con un budget limitatissimo. Si sono poi dovute conciare in quel modo, per sfuggire alle insistenti avances dei locali. Praticamente le “adottiamo”, e passiamo la frontiera insieme. Sembriamo una famigliola, così i controlli sembrano più leggeri: addirittura ad un passaggio non mi chiedono nemmeno il passaporto. Ma nell’ultimo i bagagli delle ragazze vengono perquisiti: io invece mi accorgerò più tardi di avere nello zaino un coltello da cucina, passato inosservato… Come detto all’inizio, mostriamo il foglio di entrata, risalente a 3 giorni prima, e non dobbiamo pagare nulla, nemmeno la tassa di uscita di 10 jod. Rientriamo così in Israele, in giorno di shabbat. C’è un taxi appena fuori dalla frontiera, che ci porta nel centro di Eilat, di fronte al nostro hotel. Salutiamo le nostre autostoppiste e depositiamo i bagagli in albergo: Little Prince hotel. Dall’esterno non promette nulla di buono, invece le camere sono belle, ampie e confortevoli; c’è anche una terrazza sul tetto, e un comodo distributore free per caffè, the, acqua. Ecco, quello dell’acqua è un capitolo a parte: in ogni luogo, da Israele alla Giordania, ci hanno offerto acqua fresca, oltre che l’immancabile the: bottiglie d’acqua ti offrono i tassisti, le trovi in hotel e perfino acqua al dispenser in aeroporto.
Passiamo il pomeriggio oziando in questa strana e vivacissima città turistica, con un lungomare zeppo di hotel-casermoni, pretenziosi e kitchs. Facciamo anche un bagno in un Mar Rosso non proprio da urlo, ma sempre piacevole, anche per mitigare i 30 ° di caldo. Per trovare un mare molto più attraente e ricco di fauna marina, sarebbe stato sufficiente prendere un bus locale e spostarsi di qualche km verso la frontiera egiziana. Ma noi siamo stanchi e ci accontentiamo.Finiamo la serata gustandoci i nostri ultimi felafel.
4 marzo
Prenotato online prima di partire il trasferimento all’aeroporto di Ovda, con il bus a 10 dollari, che fa il giro degli hotel. Impieghiamo più di un’ora per arrivare a destinazione, tra il solito paesaggio desertico, e strade bordate di recinzioni sotto sorveglianza armata.
I controlli nel piccolo aeroporto sono minuziosi, ma non c’è l’ossessione dei liquidi, come da noi: evidentemente i militari sanno cosa cercare, e in aeroporto non è così importante vendere acqua dopo il controllo. Infatti, come dicevo, nella zona imbarchi non mancano distributori di acqua, oltre che un’area di attesa con divani e cuscini all’orientale, dove sdraiarsi comodamente. Ritroveremo anche le nostre amiche autostoppiste, che, senza il contributo del nostro effetto-famiglia, sono state separate, interrogate e perquisite per molto tempo, tanto da essere le ultime a salire in aereo, con lo sguardo allucinato.
Bellissimo viaggio, per noi senza alcun problema, sicuramente tra i viaggi da ricordare. E’ incredibile come i paesaggi del deserto, il mondo del nulla, siano i più difficili da dimenticare.