Islanda, viaggio ai confini della natura
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Quando ho letto questo proverbio sull’Islanda l’ho trovato perfetto, ho pensato che rispecchiasse perfettamente, anche se in maniera velatamente ironica, l’esperienza appena vissuta in questa terra straordinaria.
L’Islanda per me ha sempre rappresentato il viaggio di una vita, terra lontana, irraggiungibile, costosissima e per anni mi sono limitato ad invidiare chi invece aveva la possibilità di andarci. Nel tempo mi sono reso conto che per viaggiare ci vuole anche un po’ di coraggio e determinazione, ho semplicemente deciso che era arrivato il momento giusto per trasformare una fantasia in realtà.
Parlo al singolare perchè il malato di viaggio sono io, ma in tutte le mie esperienze ho avuto la fortuna di godere della straordinaria presenza di mia moglie, con pazienza e curiosità mi ha sempre assecondato, sostenuto e mantenuto in equilibrio. Lei che non è amante dei climi freddi si è lasciata trascinare anche in questa avventura, che spero l’abbia colpita e affascinata quanto me.
Avendo a disposizione una sola settimana abbiamo deciso di non fare il giro completo dell’isola, inizialmente ci siamo rivolti ad un tour operator, più per curiosità che per reale volontà di utilizzarlo, ci è comunque servito per avere un’idea più precisa di percorso ma alla fine il fai da te si è rivelato come sempre la soluzione migliore.
Parlando di numeri sapevamo in partenza che i voli e le sistemazioni sarebbero state le voci di spesa maggiori per questo viaggio, anche per questo ci siamo mossi parecchi mesi prima nella speranza di trovare delle tariffe ragionevoli.
I voli ci costano poco più di 1000 euro in due a/r con partenza da Bologna, aeroporto più comodo per noi che siamo di La Spezia. Una spesa non esagerata se si considera che voliamo con due compagnie di linea (Lufthansa e Sas) e facendo scalo entrambe le volte, come sempre utilizziamo la rete trovando l’offerta su un noto motore di ricerca di viaggi.
Per gli hotel (parola impropria riferita all’Islanda) il discorso è più ampio, una volta deciso il percorso da seguire ci si deve anche un po’ adattare, la scelta delle sistemazioni non è facile ed i prezzi sono alti, noi per esempio optiamo sempre per camere con bagno privato e questo di sicuro ci ha portati a spendere di più, mentre molti utilizzano gli ostelli o addirittura le camere con bagno condiviso che in Islanda vanno per la maggiore.
Anche l’auto è irrinunciabile (400 euro circa per una settimana), per quanto leggerete che si può far tutto anche in bus io sono dell’opinione contraria, è una terra inospitale e in parte selvaggia ed avere la propria libertà negli spostamenti è essenziale, da decidere soltanto se prendere una 4×4 (io lo sconsiglio a chi non è già esperto) per tentare la sorte nei molti sterrati presenti o preferire una vettura tradizionale.
Da tenere sempre in considerazione che lo stato delle strade islandesi è pessimo, anche la 1 che è quella principale e che compie il periplo dell’isola in molti suoi tratti è al limite della percorribilità , potete immaginare quali siano le condizioni degli sterrati senza considerare che alcuni percorsi non sono fattibili con auto a noleggio, pena severe multe della polizia islandese (sempre che riusciate mai a vederla!).
La partenza è fissata per sabato 18 giugno dall’aeroporto di Bologna nel tardo pomeriggio, il primo volo ci porta a Monaco di Baviera da cui ripartiamo dopo tre ore circa di attesa per Keflavik. In totale sono 5 ore di volo, arriviamo in Islanda a mezzanotte ora locale tra il recupero dei bagagli e il ritiro dell’auto a noleggio arriviamo in camera alle 2 passate.
Passiamo la prima e anche l’ultima notte del nostro soggiorno allo Start Hostel Keflavik, si trova nell’area dell’ex base NATO quindi in una zona piuttosto spoglia e anche di difficile raggiungimento viste le scarse indicazioni, per il prezzo pagato ne vale però la pena considerando che abbiamo anche la colazione inclusa partendo dalle 4 del mattino, restiamo sotto i 100 euro.
19 GIUGNO
Il giorno successivo partiamo con calma (un po’ di riposo ci voleva dopo aver fatto le ore piccole) verso la seconda tappa del nostro viaggio che è Selfoss ad un centinaio di kilometri di distanza. Il percorso è caratterizzato da alcune tappe, il meteo purtroppo non ci sorride, continua infatti a far freddo ed una incessante quanto lieve pioggerella la fa da padrona. Non ci facciamo scoraggiare, eravamo preparati alle continue variazioni climatiche, e dopo un primo assaggio dei famosi sterrati islandesi arriviamo sulle sponde del lago Kleifarvatn. Ammetto che il paesaggio ricorda qualcosa di già visto in Trentino, la particolarità non è tanto il lago quanto le spiagge di sabbia nera di origine vulcanica che lo circondano, e questo si è qualcosa di mai visto prima. Visto il meteo anche scattare qualche foto diventa problematico, non ci arrendiamo ed espletata la piacevole formalità ripartiamo, come da programma, per la tappa successiva l’area geotermale di Seltùn. A tutti gli effetti è una zolfatara quindi bisogna prepararsi psicologicamente al caratteristico odore dello zolfo che ricorda quello altrettanto noto di uova marce, tolto però questo piccolo dettaglio l’esperienza è piacevole, questi paesaggi fino ad ora li avevo visti solo nei documentari o sulle pagine patinate del National Geographic.
La cosa incredibile dell’Islanda è che tutte le sue meraviglie sono gratuite e disponibili, è il viaggio on the road per eccellenza, ci si ferma quando e dove si vuole senza vincoli, seguendo soltanto i propri gusti e l’istinto.
Per l’ora di pranzo facciamo una variazione sul tema, torniamo sui nostri passi per dedicare qualche ora alla capitale Reykjavik, in effetti non è che ci voglia molto di più per visitarla però sarebbe stato inaccettabile non vedere l’unica città degna di questo nome del paese.
Dedichiamo il nostro tempo alla visita del centro e del lungomare riproponendoci (come poi faremo) di ritornare per una visita più approfondita. Confesso di non essere rimasto molto colpito ad un primo impatto, ma come spesso accade avrò modo di ricredermi, diciamo solo che non abbiamo considerato la parte più interessante della capitale in questo primo raid turistico.
Come conclusione della giornata risaliamo in auto partendo verso Selfoss (uno dei centri più grandi del paese) dove trascorreremo la notte. Eviterò di dare consigli gastronomici e sulle sistemazioni, sono cose troppo legate ai gusti personali e nel caso specifico dell’Islanda anche alla disponibilità economica, inutile quindi dilungarsi su quale è il ristorante o l’hotel migliore, di media sono tutti cari, basta saperlo prima di partire
20 GIUGNO
Se dovessi esprimere un giudizio sul viaggio basandomi su questa singola giornata non sarebbe di sicuro positivo, potrei arrivare ad esclamare il classico “chi me l’ha fatto fare!”. Ci svegliamo a Selfoss con lo stesso meteo con sui ci eravamo addormentati, pioggia, freddo e vento e sarebbe riduttivo dire che questo non ci migliora l’umore. La tappa odierna è Vik, una delle punte più meridionali dell’isola, ma non ci arriviamo direttamente, durante il percorso infatti ci sono alcune doverose deviazioni. La prima è molto casuale, nel senso che ci fermiamo perchè passando con l’auto scorgiamo in lontananza delle cascate che ci sembra valga la pena di vedere, sono quelle di Seljalandsfoss. A pensarci bene la filosofia che regola un viaggio in Islanda è proprio questa, viaggiare liberi, senza vincoli di nessun tipo alla scoperta delle meraviglie naturali di questo paese, possiamo dire allora di esserci già calati nell’ottica giusta. Le cascate sono bellissime, e con questo non dico nulla di nuovo, non ci era mai capitato prima di poterne vedere da così vicino, per fortuna abbiamo l’abbigliamento giusto e non ci facciamo la doccia, qualche turista delle domenica però c’è e in questi casi l’improvvisazione non paga. Si riesce ad andare anche dietro la cascata, mia moglie non se la sente di accompagnarmi ma non posso rinunciare ad un’occasione simile, la cosa più difficile è mantenere la macchina fotografica all’asciutto, con molta fatica ci riesco e ne vale la pena, le foto scattate sono spettacolari e per fortuna non saranno le ultime. Non paghi dell’esperienza ripartiamo verso quella che era la meta originale, le più famose cascate di Skogafoss. Appena arrivati quello che colpisce oltre all’imponenza della cascata è che il prato antistante a questa sia pieno di tende da campeggio nonostante spiri un vento terribile, sono gli avventurosi che facendo base qui partono per fare trekking sui sentieri della zona. Come già dettp Skogafoss è imponente, anche perchè ci si arriva da sotto e con una scalinata di circa 300 gradini si può arrivare ad ammirarla dall’alto. Lasciatevi dire da chi ci ha provato, è fattibile ma faticosa, va affrontata con calma, e una volta in vetta si viene ripagati appieno dal paesaggio, una bella vista a 180° sulla cascata e ciò che la circonda.
Quando finiamo qui è già quasi l’ora di pranzo e la soluzione migliore ci sembra quella di fermarci a Vik, anche perchè è l’unico centro abitato vicino e degno di tale nome. L’unico problema è che per i venti km che ci separano dalla destinazione si abbatte sulla zona una sorta di tempesta di vento, arrivano dal mare raffiche fortissime che rendono difficilissimo guidare, l’auto si sposta come fosse un giocattolo.
Ammetto che una cosa simile non mi era mai capitata, qui ovviamente non è una situazione inusuale e si nota dalla serenità con cui i locali se ne vanno in giro, ma vi assicuro che si riesce a camminare a stento dalla forza del vento.
Vik è un centro carino ma senza nulla di particolare, pranziamo nel ristorante annesso all’ufficio informazioni turistiche (non male e stranamente economico) e, una volta terminato, troviamo anche la voglia di andare in un punto panoramico sopraelevato intorno ad una graziosa chiesetta, peccato che non si riesca a scendere dall’auto, quando ci proviamo il vento ci sbatte le portiere in faccia. Che la giornata sia un po’ storta è intuibile ma la cosa diventa ancora più evidente quando sulla via del ritorno verso l’hotel ci imbattiamo nell’unico incidente stradale del paese, la polizia blocca la strada (il problema è che ce n’è una sola) per circa un’ora, quindi restiamo impalati con la bufera che ci sbatte a destra e sinistra come un frullato. La guesthouse è esattamente a metà strada fra Skogar e Vik, intorno non c’è assolutamente nulla e visto il meteo anche trovare qualcosa per la cena può diventare un problema, ce la caviamo abbastanza bene ritornando verso Skogar approfittando del ristorante di un hotel. Quando andiamo a dormire lo facciamo veramente nella speranza di trovare l’indomani mattina un’Islanda completamente diversa fuori dalla finestra!
21 GIUGNO
Il nostro strano e personale giro dell’isola prevede oggi che si ritorni indietro, faremo infatti sosta nella deliziosa quanto impronunciabile cittadina di Hveragerði vicino a Selfoss. L’apparentemente insensato percorso è dovuto al fatto che nel momento in cui ci fu da disegnare il tour, avendo una settimana a disposizione, ci sembrava riduttivo limitarci al Cirolo d’Oro, e per questo vi abbiamo inserito una deviazione verso i fiordi del nord-ovest. Il ritorno nella zona di Selfoss segue ovviamente un percorso diverso dal precedente, ci sono alcune cose imperdibili lungo la strada, e noi non abbiamo nessuna intenzione di farcele scappare! La prima di queste è Geysir, il nome della località spiega di che cosa si tratta, non avevamo mai visto nulla del genere, di solito lo spettacolo di questi imponenti sbuffi di acqua e vapore è riservato ai documentari sui grandi parchi naturali americani, qui abbiamo la possibilità di toccare con mano… si fa per dire visto che le temperature raggiungono gli 80°/100° in prossimità dell’acqua. Come in tutte le altre situazioni l’accesso all’area dei geyser è gratuita, ce ne sono diversi ma in realtà quello realmente funzionante (termine improprio ma rende bene l’idea) è uno solo (Geysir appunto).
Ogni cinque minuti circa lo show ha inizio in maniera sempre diversa ed imprevedibile, occorre però fare attenzione a dove ci si dispone ad osservare e scattare le foto, proprio in virtù dell’imprevedibilità di cui parlavo il rischio di fare la doccia è molto alto, noi cerchiamo di regolarci osservando dove il terreno è più bagnato intorno al geyser e ci va bene, ma non è una regola.
Davanti al geyser c’è un centro accoglienza visitatori molto valido, c’è un’area ristoro ben organizzata con zuppe dolci e altre prelibatezze, l’area souvenir, e, se avete dimenticato qualche capo d’abbigliamento invernale, anche due negozi a prezzi certo non abbordabili. Restiamo talmente colpiti che sulla via del ritorno ci fermeremo qui a pranzo, anche per una questione pratica nel senso che intorno non c’è praticamente nulla e la strada finisce proprio a quella che è la nostra prossima meta, le spettacolari cascate di Gulfoss.
Si trovano a non più di dieci minuti di auto dai geyser, e il copione è sempre il solito, parcheggio enorme si lascia la macchina e a pochi minuti a piedi si spalanca davanti agli occhi una meraviglia naturale senza pari. Non abbiamo mai visto le cascate del Niagara (le cito soprattutto per la grandezza) ma d’istinto mi verrebbe da dire che ci si avvicinano parecchio, si possono vedere sia da sotto che da sopra salendo una breve scalinata, in pratica si riesce ad arrivare a pochi centimetri dall’acqua, un’esperienza irripetibile. Vedere questo spettacolo dall’alto toglie il fiato, mi ricorda in un certo senso i fiordi norvegesi, anche per una questione di latitudine l’atmosfera è simile.
Della pausa pranzo ho già parlato, prima di arrivare alla nostra sistemazione per la notte facciamo l’ultima sosta della giornata, il parco naturale di Þingvellir. È uno dei luoghi più importanti della storia islandese: nell’anno 930 vi venne fondato l’Althing, uno dei primi (se non il primo) parlamenti del mondo. L’Althing si riuniva una volta l’anno, occasione in cui i Logsogumenn o “oratori della legge” recitavano la legge alla popolazione radunata e dirimevano le dispute. Nell’anno 1000 venne decretatoche il Cristianesimo sarebbe stata l’unica religione islandese. Secondo la leggenda, dopo aver preso questa decisione Þorgeir, sulla via del ritorno a casa, gettò le sue statuette raffiguranti idoli nordici nella cascata che oggi porta il nome di Godafoss (“Cascata degli dei”). Il 17 giugno 1944 in questo luogo storico venne proclamata l’indipendenza dell’Islanda. Fin dal 1928 Þingvellir è un parco nazionale, a causa della speciale tettonica e del ambiente vulcanico che lo caratterizza.
Una volta giunti a Þingvellir si trovano diversi parcheggi: lasciando l’auto al primo che si incontra, si può percorrere un breve sentiero che conduce ad un belvedere su una piccola cascata che si getta in un torrente. Procedendo lungo la strada, si giunge al punto panoramico principale, uno splendido belvedere sul lago e sull’immensa frattura che divide i continenti di America e Europa. L’ultima tappa da non perdere è presso la tipica chiesetta in legno con il suo piccolo cimitero immersa in un contesto naturale particolarmente attraente.
Ci tengo a spendere qualche parola per il piccolo centro di Hveragerði dove trascorriamo la notte, un paese da cartolina, tranquillo, pulito, immerso nel verde, ci vuole non più di mezz’ora a visitarlo ma ne vale la pena anche solo per passeggiare tra le case degli islandesi, si ha un’idea di quale sia la vita di queste persone, totalmente priva di stress e pressioni.
Faccio volentieri un’eccezione citando anche la Frumskogar Guesthouse, ci assegnano un delizioso appartamentino munito di tutti i comfort (cucina, salotto etc) con tanto di sauna e piscina proprio davanti alla porta d’ingresso. È un punto d’appoggio per visitare la zona per chi non volesse cambiare sistemazione ogni giorno, la cucina ben attrezzata permette anche di risolvere la questione pasti in maniera più economica rispetto ai ristoranti.
22 GIUGNO
Oggi si sale verso nord, il meteo da un paio di giorni ci concede una tregua, fa strano svegliarsi con uno splendido sole, ma accettiamo più che volentieri questo radicale cambiamento del meteo. Trascorriamo tranquillamente la mattinata costeggiando il Borgafjordur, un fiordo tanto bello quanto grande, ci impieghiamo un’ora e mezzo intervallando parecchie soste fotografiche. Troviamo anche un tempo particolare nel senso che anche in un’assolata giornata come questa attraversiamo un banco di nebbia, quando finalmente ne usciamo cogliamo l’occasione di goderci uno spettacolo originale. Lungo la strada non c’è nulla, non ci sono centri abitati, distributori di benzina quindi è sempre meglio organizzarsi prima di partire, il primo paese degno di tale nome è Borgarnes dove ci fermiamo a pranzare. Anche qui la scelta è poca, noi approfittiamo del ristorante del museo, il Settlement Center, che propone per una cifra umana un buffet degno di nota oltre i soliti piatti tipici della cucina islandese. Nel caso capitaste qui fate anche una passeggiata lungomare, il paesaggio ricorsa vagamente quello della zona di Cape Cod negli Stati Uniti, in particolare le case. Nel primo pomeriggio ci fermiamo nel piccolo villaggio di Reykholt, piccolissimo villaggio famoso perchè qui visse nel medioevo Snorri Sturluson, una delle persone più importanti della storia islandese. Era un famoso poeta e uomo politico i cui scritti sulla lingua norrena e sulla mitologia medievale islandese sono di riferimento per gli studiosi moderni. In città sono ancora visitabili i resti della sua casa. A quel tempo Reykholt fu uno dei centri culturali dell’isola e fu la sede per molti anni di una delle scuole più importanti del paese.
Il Fossatun Country Hotel dove ci fermiamo è una sorta di camping, ci assegnano un delizioso appartamentino che si affaccia su una cascata, niente da dire è spettacolare. Dietro i bungalow c’è una sorta di sentiero a tema, e questo tema sono i Troll, mitiche creature della tradizione e della favolistica nordica. Approfittiamo anche in questo caso del ristorante annesso alla guesthouse, la stanchezza si fa sentire ed per oggi abbiamo già fatto parecchi kilometri in auto. Devo dire che la qualità della cucina in generale è molto meno peggio di quello che mi aspettavo così come la scelta dei piatti, certo per un italiano non esiste paragone all’altezza ma in una situazione simile per mangiare si deve essere disposti a spendere qualche euro in più, le alternative sono scarse e non ce la sentiamo di passare una settima nei fast food che peraltro sono pochi.
23 GIUGNO
In questo grigio giovedì tocchiamo il punto più settentrionale del nostro viaggio, Stykkishólmur. Su internet leggiamo che da qui partono delle mini crociere per la visita del fiordo, trovare l’imbarco è facilissimo considerando che ce n’è uno. Il tour operator è la Seatours di cui troviamo notizia la sera prima scartabellando su internet, propongono vari tipi di crociera, essendo arrivati presto scegliamo quella più lunga di 2:10 che quindi è anche la più costosa, il biglietto costa più o meno 55 euro a persona. La particolarità di questo tour è che ad un certo punto vengono offerti dei frutti di mare appena pescati per un assaggio fuori programma, io ho gusti diversi e non ne approfitto e mi limito a documentare il tutto con delle foto, ma i compagni di viaggio si catapultano a piene mani e con entusiasmo sul pescato, in effetti l’aspetto era molto bello. La barca ci porta a visitare le varie isolette che compongono l’arcipelago e che sono l’habitat naturale dei simpatici puffin, gli uccelli dal grande becco arancione così comuni ed amati a queste latitudini. A posteriori siamo felici dell’esperienza fatta, eravamo inizialmente dubbiosi per timore del freddo, sarà che ci siamo organizzati vestendoci con più strati ma alla fine non patiamo granchè e per fortuna il mare sembra una tavola.
Il paese dal nome complicatissimo è molto carino e c’è anche una discreta scelta di ristoranti, se non avete fretta non mancate di salire sull’Helgafell, imponente collina verdeggiante che domina il porto e a cui si accede con una scalinata non troppo ripida alla portata di tutti. In vetta c’è un piccolo faro (niente di particolare), e secondo un’antica leggenda se si compie l’ascesa in totale silenzio e si esprime un desiderio una volta compiuta questo si avvererà.
Pernottiamo a Grundafjordur, comune non molto distante e che non offre granchè, nel senso che è il classico porto di pescatori la cui vita ruota intorno a questa attività. Ci sistemiamo all’hotel Framnes (senza infamia e senza lode) e poi facciamo in giro per le via del paese, delizioso come tanti altri visti durante il viaggio, il monte Kirkjufell sullo sfondo conferisce al tutto un tocco unico e inimitabile. Suggerisco il ristorante Bjargarsteinn mathus che si trova in zona porto in una bella casetta in legno azzurra, elegante, personale gentile e con una meravigliosa vista sul fiordo e sul monte.
24 GIUGNO
Ultimo giorno in terra islandese, ci lasciamo alle spalle i fiordi e veleggiamo verso la capitale Reykjavik. La prima volta ci siamo fermati poco e l’abbiamo visitata in maniera superficiale, considerando anche che ha ricominciato a piovigginare l’unica vera città ci garantisce qualche alternativa in più. In realtà non ci vuole molto a visitarla soprattutto se si è abituati ad altre realtà, non essendo appassionati d’arte evitiamo i musei di questo genere, particolari sono di sicuro la cattedrale monumentale Hallgrimskirkja, imponente, moderna ma da classica chiesa luterana piuttosto spoglia all’interno.
Ci colpisce molto di più quello che viene chiamato Museo della gente o Arbaejarsafn, si tratta di un museo a cielo aperto nella periferia della città. Per farla breve è stato ricostruito un antico villaggio islandese, recuperando in tutto il paese vecchia abitazioni che sono state smontate e ricostruite nei minimi dettagli.
Ovviamente le abitazioni sono visitabili, tutto è originale non solo le case ma anche gli arredi che in esse si trovano, ci sono contributi da ogni epoca, partendo dall’inizio del XIX secolo ai giorni nostri e nonostante le diversità il tutto risulta omogeneo e credibile con tanto di figuranti in costume.
Che dire ora a conclusione di questa esperienza, ogni parola potrebbe essere superflua o banale, dico solo che quando si parla di viaggio della vita inteso come esperienza irrinunciabile questo ha un senso e noi abbiamo avuto la fortuna di viverla.