Islanda terra magnifica
Pronti, partenza, via! Volo Alitalia Roma Amsterdam e da lì connessione con Icelandair verso Reykjavik. Ci sono un paio d’ore di attesa e l’arrivo, tra qualche sballotto lamento, avviene puntuale. Il tempo all’aeroporto di Keflavik non è dei migliori: pioggia, vento e 14°C dai 28°C di Roma non è male. Ma siamo assolutamente preparati, sappiamo che il fattore meteo non ci deve assolutamente influenzare. Quindi ci dirigiamo prima al Bancomat dell’aeroporto per fare un prelievo di 20.000 ISK.
Parliamo un secondo dei soldi: in Islanda la carta di credito è essenziale e quando dico essenziale intendo dire che se non ce l’avete allora rinunciate al viaggio. Per pagare la benzina moltissimi distributori sono totalmente automatizzati e quindi fare benzina può essere piuttosto difficoltoso senza la preziosa carta. Inoltre gli islandesi la usato per tutte le spese anche per comprare un litro di latte, viene sempre preferita al contante e ovunque accettata. Prendiamo giusto qualche moneta per tradizione e per piccole necessità che scopriremo durante il nostro tour potevamo assolutamente realizzare anche con la cc. Il cambio è di 150 IKS = 1€ quindi preleviamo circa 133€. Ci dirigiamo poi verso lo sportello AVIS per ritirare l’auto prenotata dall’Italia: 7 giorni di noleggio per una VW Golf 1.4 TSI circa 300€ a cui abbiamo aggiunto circa 80€ di assicurazione di Super CDW, ovvero una estensione di quella base. Anche qui breve ma necessaria parentesi: le assicurazioni in Islanda hanno una franchigia piuttosto alta: nel nostro caso era pari a 800€ con esclusione dei danni ai cristalli. Leggendo su siti di viaggi e vari reportage di altri turisti ci siamo convinti a fare questa assicurazione supplementare per via delle strade islandesi, non proprio delle autostrade e per via di imprevisti che in un Paese così impervio potrebbero accadere (pecora su strada, sasso che cade da dirupo, strada dissestata, ecc.). Quindi con la nostra assicurazione integrativa abbiamo ridotto la franchigia a 130€ includendo anche una copertura per i cristalli con massimo scoperto di 150€. Diciamo piuttosto deludente per gli standard europei ma sicuramente necessaria. Anticipo che alla fine del viaggio porteremo la nostra Golf intonsa ma si sa, se non la si faceva…probabilmente l’avremmo portata distrutta! Ci viene subito detto di controllare lo stato della macchina prima di andare via. Breve giro sotto il diluvio universale e poi si parte la nostra vacanza on the road inizia. Prendiamo la strada 41 in direzione di Reykjavik e maciniamo i primi chilometri cercando di prendere confidenza con il mezzo, la strada e il tempo. Puntiamo ad Hafnarfjordur, il fiordo prima di Reykjavik dove abbiamo prenotato il nostro hotel che ci ospiterà per la prima notte islandese. L’hotel si chiama Viking e abbiamo preso una doppia con colazione inclusa a 55€. Il prezzo ci ha allettato non poco anche perché nella capitale non avevamo trovato nulla sotto i 90€ e la distanza di Hafnarfjordur, circa 10 km, non ci sembrava così terribile. L’hotel Viking si trova a poche centinaia di metri dall’uscita della 41 per Hafnarfjordur. L’hotel è ovviamente in stile vikingo, con una costruzione in legno che ospita al suo interno dei monili di arte vikinga come statue di legno, orsi (immaginiamo finti) impagliati, uccelli di varie dimensioni e natura, piccole navi vikinghe appese alle pareti. Si, in effetti un kitsch ma il prezzo ci allettava troppo. Scopriamo poi che in questo hotel si tiene ogni hanno il festival della cultura vikinga e nel ristorante che si trova di fronte all’hotel si balla, si beve e si canta fino a notte fonda vestiti come gli avi islandesi. Check in rapido e andiamo nella nostra stanza al primo piano: micro! Due lettini, non c’è armadio ma c’è un tv appeso alla parete e una sedia di legno. Certo mette piuttosto tristezza sembra un collegio degli anni 60 ma non dobbiamo che passarci una notte. Il bagno è pulito anche se le dimensioni, soprattutto del lavandino, corrispondono a quelle della stanza. Quello dei lavandini piccoli sarà una costante che ci porteremo appresso per tutta la durata della nostra visita in Islanda, e non ci siamo assolutamente dati una spiegazione! Questo comunque sarà quello più piccolo in assoluto anche perché messo sotto la mensola di vetro e quindi per lavarsi il viso bisognava fare degli esercizi di contorsionismo! Sotto la nostra camera cìè anche una vasca termale all’aperto, cosa molto comune in tutta l’Islanda per via delle sorgenti termali che sono ovunque in tutta l’isola. La nota negativa è che il chiacchiericcio dei frequentatori si protrarrà fino a sera inoltrata anche se c’è un avviso che non si può fare il bagno dopo le ore 20…Ultima nota, che comunque troveremo in tutti gli altri alloggi, internet wi-fi gratis, in tutta la struttura, camere comprese. Bel segnale di civiltà! Sono le 18 (abbiamo anche un fuso di -2 ore rispetto all’Italia) e quindi ci dirigiamo verso la capitale per visitare la città, senza grandi aspettative. Prendiamo la 41 e abbiamo un leggero senso di ansia perché la Lonely Planet evidenzia che entrare in città “è complicato”. Beh, mai vista una città più semplice di questa: basta tenersi sulla 41 e alla fine arriverete lungo il lungomare, girate a sinistra e arriverete nel centro della città. Se invece prestate più attenzione girate due traverse prima alla Laugavegur, sempre a sinistra. Si tratta della Via del Corso di Reykjavik: alla fine ci sono dei negozi, qualche localino, dieci macchine che girano e diversi turisti che cercano di trovare delle attrattive…in realtà a Reykjavik non c’è molto da vedere se si esclude qualche museo e la chiesa in cemento che si chiama Hallgrímskirkja. Purtroppo arriviamo dopo le 17 e la torre alta 75 m è chiusa. Ce ne faremo una ragione. Un altro posto secondo noi da vedere è il Palazzo Hofði, ovvero lo storico edificio dove nel 1986 Gorbaciov e Regan misero fine alla corsa nucleare tra le due superpotenze mondiali. Per il resto Reykjavik non sembra offrire molto. Facciamo un giretto nel porto, dove ci sono dei ristoranti di pesce, dei gazebo che offrono i whale watching tour e poi ci dirigiamo verso il centro. Il tempo ci dà tregua e riusciamo a fare due passi senza il rischio di un temporale anche se la temperatura resta fresca intorno ai 14°C. Andiamo verso il laghetto Tjörnin molto carino e frequentato da orde di gabbiani irrequieti. Lì vicino ci fermiamo per mangiare ad un posto che si chiama Cafè Paris; è un posto molto carino, frequentato da giovani ma senza molto caos. Oltre a piatti tipici dei bar ci sono anche alcuni piatti di pesce e di carne che sembrano invitanti anche se i prezzi sono piuttosto altini, ma ci dovremmo fare l’abitudine. Sia ai prezzi che al menù che alla fine si riduce a pesce e al lamb, agnello/pecora che viene proposto sempre con verdure. Due piatti di agnello e una birra ci costano 52€, non male come battesimo di fuoco! Il fuso e la stanchezza si fanno sentire e quindi decidiamo di tornare verso il nostro hotel vikingo dove ci addormentiamo in 20 secondi netti, nonostante la vasca termale ancora frequentata da alticci ospiti grassi.
5 settembre –Keflavik – Circolo d’Oro – Vik – Km percorsi 372
Dopo una colazione robusta alle 8.30 siamo in macchina. Percorriamo nuovamente la strada nr. 41 verso la capitale ma poi deviamo sulla mitica strada nr. 1 ovvero la strada che segue tutto il periplo dell’isola. Oggi è quasi tutta asfaltata ed è un punto di riferimento per turisti e per abitanti considerata la sua importante funzione di collegamento. Durante l’inverso sembra sia una delle poche strade ad essere mantenute pulite dalla neve in modo costante e tranne alcuni tratti a nord e a ovest è interamente asfalta ed in buone condizioni. Il limite su questa arteria è quello massimo consentito da limiti islandesi ovvero 90 km/h. Attenzione perché noi in due settimane abbiamo visto un autovelox fisso e due pattuglie della polizia che nascoste dietro fienili, dossi, curve o case cantoniere prendono la velocità delle vetture che passano e siamo anche stati testimoni di un inseguimento proprio davanti a noi con tanto di sirena e lampeggianti (in stile USA), auto accostata e mega multa. Su questo sono proprio rigidi e le multe arrivano a 1.900€ con pagamento immediato con carta di credito. Non pigiate sull’acceleratore nemmeno quando la strada la consente con lunghi e noiosi rettilinei e nemmeno quando il nulla vi circonda da un’ora. Noi proprio nei frangenti di massimo rilassamento abbiamo trovato la polizia. Alcuni locali sfrecciano a tutta velocità ma la maggior parte dei turisti segue le regole anche se proprio la vittima dell’inseguimento era una macchina a nolo. Inoltre: perché correre? Non siete venuti in Islanda per ammirare il paesaggio, gustarvi il ritmo lento delle giornate e vedere la natura selvaggia? Se si corre non ci si gode nulla! Seguiamo la strada nr.1 fino a Selfoss e poi deviamo verso nord sulla statale 35 in direzione del Circolo d’Oro composto dalle attrazioni di Gullfoss, Geysir e Þingvellir. Il paesaggio diventa subito incantevole, la strada fila lungo la tundra islandese e ci rendiamo subito conto che le pecore e caproni ci terranno compagnia per tutto il viaggio. Ce ne sono veramente tanti, liberi di brucare pressoché ovunque, si arrampicano anche sopra le montagne senza alcuna paura. E’ facile vedere liberi anche i cavalli islandesi, più piccoli e tozzi dei nostri con una criniera bionda e le mucche. Questi animali fanno parte centrale della dieta degli islandesi, ovvero carne di pecora, di cavallo e di mucca la troverete in parecchi menù. Non abbiamo il tempo di fermarci al parco nazionale di Þingvellir ma ci ripromettiamo al ritorno di farci una scappata. La nostra meta è sicuramente Geysir, la zona dei geyser più famosi al mondo. Ma sulla strada ci fermiamo diverse volte a fotografare il paesaggio che durante la 35 diventa improvvisamente brullo, composto da colate laviche magnifiche ricoperte di muschio: il contrasto del nero della lava con il verde della vegetazione che è cresciuta sopra è veramente incredibile. I colori dell’Islanda non li dimenticheremo facilmente. Il tempo non è dei migliori: incontriamo una nebbia fitta e poi una pioggerellina ci accompagna per un’oretta. Il cielo però promette bene e man mano che andiamo verso l’interno migliora e noi puntiamo verso Geysir con un sorriso stampato guardando gli squarci di sereno proprio nella nostra direzione di marcia. Prima però di arrivare nella zona di Geysir, ci fermiamo a Kerio: è un cratere che si è formato oltre 3.000 anni fa al cui interno c’è un lago di colore verde smeraldo, piuttosto suggestivo e anche spettrale direi visto il clima e il vento che spira. La cantante islandese Björk ha tenuto un concerto su questo lago, montando il palco su una zattera. Un buon posto per fare qualche scatto. Arriviamo a Geysir intorno alle 12.30. Il tempo è decisamente dalla nostra parte. L’area ha un grande parcheggio sulla destra, dove c’è anche un immancabile stazione di servizio con annesso snack bar e tavola calda e poco più avanti un mega ristorante e albergo, l’hotel Geysir adatto alle comitive di tedeschi e giapponesi in pullman, che sono comunque presenti. Dopo aver parcheggiato (gratuitamente) l’auto andiamo a piedi verso la zona dei geyser e siamo subito colpiti dalla zona che ci circonda: pozze di acqua fumante lungo il sentiero, si sente un rumore costante di acqua e fango che bollono, ogni tanto qualche crepitio: l’atmosfera è veramente elettrizzante e mentre siamo presi a guarda il tutto sentiamo un boato!! È il geyser che è esploso nella sua forza e bellezza spruzzando acqua vaporizzata, poco più avanti. Siamo come i bimbi nella fabbrica di cioccolato: impazziti!! Corriamo, letteralmente corriamo verso il geyser come se dovesse emettere l’ultimo spruzzo della sua vita ma poi ci rendiamo conto che stiamo veramente esagerando ma tanto è l’emozione che facciamo fatica a calmarci. Arriviamo davanti a questo geyser che si chiama Strokkur, segnalato da una tabella di legno. Lo Strokkur è il geyser islandese in attività più grande che ci sia ed ha soppiantato il Geysir. Questi era il più grande geyser d’Islanda e uno dei più grandi del mondo in grado di emettere un getto d’acqua alto fino a 80 metri fino a quando, negli anni ’50, degli incauti visitatori buttarono pietre al suo interno otturandone il getto. Nel 2000 però madre natura è tornata alla carica con forti terremoti che hanno parzialmente riaperto il buco nella sua profondità e ora è in grado di emettere getti d’acqua vaporizzata, non alti comunque 80 metri, 2 o 3 volte al giorno. Per fortuna c’è lo Stokkur che invece emettere getti di vapore alti tra i 15 e i 30 metri ogni 6-8 minuti e quindi fa la felicità di tutti i visitatori, compresi anche noi! Attenzione perché l’acqua che viene sbattuta fuori con violenza supera abbondantemente i 100°C e c’è pericolo di ustionarsi, inoltre non mettetevi sottovento o vi farete il bagno! La zona comunque, Strokkur a parte, è affascinante in quanto ci sono numerosi vasconi di colore verde ribollenti di acqua calda molto suggestive per fare fotografie e rimanere affascinati per un paio d’ore, considerando anche la fortuna di avere una magnifica giornata di sole. Tutta la zona è gratuita e questo è una costante in tutta l’Islanda: le attrazioni naturali non si pagano mai (ditelo ai cugini norvegesi che si fanno pagare l’accesso all’isola di Capo Nord!!). Mangiamo un fugace panino dal benzinaio e poi voliamo verso nord ancora proseguendo sulla 35 per arrivare a Gullfoss: si tratta della cascata più famosa d’Islanda grazie alla sua altezza (32m) ma soprattutto al doppio salto mentre scende in uno stretto canyon. La forza della cascata è incredibile e la portata dell’acqua è tale che viene nebulizzata nell’aria e si viene immancabilmente bagnati, inoltre il vento, che resta sempre teso, fa il resto provocando spettacolari ma fastidiosi mulinelli di acqua nebulizzata che producono anche dei magnifici arcobaleni. C’è un percorso da percorrere per arrivare alle bocche delle cascate di Gullfoss ed è bellissimo anche se ci si bagno un pochino. Non vi perdete anche la vista spettacolare dall’alto, basta seguire la strada che passa a sinistra del negozio di souvenir, alture da cui farete delle bellissime foto. Si sta facendo tardi e abbiamo ancora molta strada davanti a noi. La cosa noiosa è che per riprendere la strada nr. 1 verso nord bisogna rifare indietro tutta la 35 e arrivare di nuovo a Selfoss (che noia!) e poi riprendere la nr. 1 verso Vik, dove soggiorneremo. Ci fermiamo diverse volte ma la tappa più importante è la cascata di Seljandsfoss. Il fiume Seljalandsá cade da 60 metri una volta direttamente nell’oceano oggi invece resta molto distante. La bellezza della cascata non è la portata dell’acqua ma il percorso a piedi che permette di passarci dietro (!). Vi preannuncio che il bagno è assicurato ma anche il divertimento. Il tempo purtroppo non è dei migliori e la pioggia fa da compagnia all’acqua nebulizzata quando facciamo il giro dietro la cascata. Ma non sarà l’ultimo salto d’acqua che vedremo oggi perché ci attende la cascata di Skógarfoss, subito dopo il villaggio di Skógar da cui prende il nome. E’ veramente molto spettacolare sia per il salto di 62 metri che per la portata d’acqua…è veramente incredibile ci si arriva fin sotto avendo la sensazione di esserne travolti e schiacciati…è bellissima e dobbiamo fare attenzione al vento che essendo molto forte rischia di farci travolgere dagli zampilli laterali. Il tempo stringe, dobbiamo arrivare entro le ore 19.00 al nostro posto, il Country Hotel Hofdabrekka come recita la prenotazione effettuata su booking.com. Il tempo ovviamente peggiora (e quando mai!) e quindi ci impieghiamo molto più tempo per fare gli ultimi 40 km. Addirittura a Vik ci aspetta una bufera di pioggia, nuvole basse da mettere paura e ovviamente moltissimo vento. Da non crederci ma impieghiamo molto tempo per trovare questo albergo di campagna. Ci fermiamo sia ad un distributore che ad un campeggio ma impieghiamo oltre 20 minuti anche perché le indicazioni che abbiamo ricevuto dalla mappa di booking.com sono troppo generiche. Alla fine ce la facciamo e arriviamo Country Hotel Hofdabrekka con oltre 45 minuti di ritardo temendo il peggio. La signora però non si mostra per nulla agitata e ci dà la nostra chiave e ci fa presente che la cucina del ristorante resterà aperta fino alle 20.30…andiamo di corsa nelle camere che sono ospitate in un prefabbricato adiacente alla costruzione principale, forse una volta il fienile o la stalla…il tempo per renderci conto che la camera è spartana ma piuttosto pulita e sufficientemente grande e torniamo al ristorante per mangiare. Siamo due coppie e poi se ne aggiunge una terza. Si mangia bene con un meno ristretto ad un piatto di pesce e uno di agnello, ma siamo troppo stanchi e il tempo è molto brutto per pensare di andare a Vik per cercare qualcosa di alternativo. Assaggiamo per la prima volta anche il famoso Skyr ovvero uno yogurt islandese, mischiato con gelato e frutta (solitamente di bosco come mirtilli). Molto buono ma anche piuttosto calorico. Sotto una pioggia fitta riguadagniamo la nostra stanza e abbiamo solo il tempo di renderci conto che ci sono delle piscine con idromassaggio e acqua termale a disposizione degli ospiti ma pensiamo “siamo matti con questo tempo?” e ci addormentiamo nella speranza di avere un tempo decisamente più clemente la mattina dopo.
6 settembre Vik – Höfn í Hornafirði – km 308
La mattina non sembra essere differente, dal punto di vista climatico, dalla sera prima. Vento forte, pioggia e nuvole basse. Siamo abbastanza scoraggiati perché oggi dovrebbe essere la giornata dei ghiacciai e quindi rischiamo di non vedere nulla…porca miseria speriamo che il tempo cambi. Sfidiamo il maltempo e torniamo indietro per dare un’occhiata ai faraglioni di Reynisdrangur che si ergono all’estremità occidentale della spiaggia di fronte a Vik, spiaggia di sabbia nera. Il vento è teso e riusciamo a fare veramente due scatti ai faraglioni e senza venire inghiottiti dal mare in burrasca ci dirigiamo verso nord, sempre sulla statale nr. 1, con destinazione finale Skaftafell e il ghiacciaio di Vatnajökull. Il tempo, man mano che ci allontaniamo dal Vik sembra migliorare e la strada sembra volersi lasciare il peggio alle spalle. Ci sono oltre 120 km che ci separano dal ghiacciaio Vatnajökull dove abbiamo in programma una doppia escursione, una passeggiata con i ramponi sulla calotta polare e una visita alla laguna glaciale di Jökulsárlón. Su internet sapevamo che le escursioni sul ghiacciaio sono operati da due tour operator locali e noi avevamo visto che Glacier Guide propone quattro escursioni quotidiane, una alle 9.00 – 10.30 – 12.00 – 14.00 ma abbiamo anche imparato che le condizioni meteo possono sicuramente far saltare qualsiasi programma e per questo motivo filiamo dritti per cercare di non mancare quella delle ore 12.00. Il ghiacciaio Vatnajökull ci si pone davanti all’improvviso, questa lingua di ghiaccio avvolta nelle nubi che scende minacciosa verso il mare, toglie veramente il fiato. È uno spettacolo che è difficile descrivere, necessità per forza di una visita. Il Vatnajökull è la distesa glaciale più estesa del mondo dopo i poli e copra un territorio grande quasi quanto l’Umbria e ha uno spessore di quasi 1 km! All’interno di questo ghiacciaio c’è anche la vetta più alta dell’Islanda, il monte Hvannadalshnùkur di 2.119 metri e una valle glaciale senza nome che si trova 300 metri sotto il livello del mare (pazzesco!). Da questa enorme calotta polare scendono lingue di ghiaccio verso il mare come ad esempio lo Skaftafellsjokull che arriva ad 1.5 km dal parco nazionale di Skaftafell (dove andremo noi) e Breidamerkurjokull che si frantuma in meravigliosi icebergs all’interno della laguna di Jökulsárlón. Arriviamo al parco nazionale di Skaftafell e ci facciamo vedere al box della Glacier Guide. Ci dice, la simpatica guida, che oggi sul ghiacciaio c’è stato molto vento e che tutte le escursioni della mattina sono state cancellate (!!) ma siamo fortunati perché il tempo sta migliorando e probabilmente sarà possibile farne una a breve. Ci dice di tornare intorno alle 13 e allora approfittiamo per mangiare una zuppa calda in un piccola tavola calda adiacente al campeggio di Skaftafell. Mentre stiamo fuori a scrivere le cartoline ci raggiunge la guida insieme ad un suo collega (francese) di nome Laurence. Ci dicono che l’escursione è confermata e che si parte in 15 minuti. Visto che però accompagnano un gruppo che poi prosegue per la laguna di Jökulsárlón ci suggeriscono di aspettare almeno l’escursione successiva, delle ore 14.00. Gli chiediamo di poterli seguire con la nostra auto al fine di non aspettare inutilmente un’ora e di non dover tornare indietro (dal ghiacciaio Skaftafellsjokull a Jökulsárlón c’è quasi un’ora di strada). Accettano e quindi ci dirigiamo verso il loro box, dove ci forniscono di ramponi e di piccozza. Paghiamo la nostra quota (5.990 isk a testa) per una gita che promette di passare 1,5 ore sul ghiacciaio per un totale di quasi 3 ore di escursione. Siamo una decina in tutto, alcuni sono in abbigliamento veramente improponibile: una coppia inglese è addirittura indecente (lei in cappottino fucsia con superga al seguito, lui addirittura in jeans e maglioncino di cotone!) e le guide, Laurence in particolare, insistono per fargli noleggiare almeno delle scarpe da trekking (500 isk) ma loro rifiutano. Incredibile!! Ma come gli viene in mente di poter fare anche una semplice passeggiata in montagna in quelle condizioni? Beh, il bello lo vedremo dopo. Seguo il bus che porta il gruppo al campo base sotto il ghiacciaio Skaftafellsjokull; il bus è piuttosto singolare essendo un vecchio scuolabus americano. Da lì, prendiamo i ramponi e la piccozza e facciamo una ventina di minuti di passeggiata a passo decisamente svelto e arriviamo proprio alla base del Skaftafellsjokull. Lì Laurence ci fa capire che è una giuda alpina e non una babysitter e quindi ci mostra come si mettono i ramponi: si avete letto bene ci mostra e non ci mette i ramponi. Ovviamente ripete i movimenti spiegandoli in un inglese comprensibile ma ci dice anche che lassù (sul ghiacciaio) ognuno deve essere in grado di cavarsela da solo. Quindi pazientemente attende che tutti infilino i ramponi ma poi (com’è giusto che sia) si preoccupa di verificarne il corretto inserimento. I due furbetti inglesi capiscono solo l’insistenza per le scarpe da trekking: i ramponi tutti completamente di ferro, hanno degli spuntoni di 3 centimetri che servono per perforare il ghiaccio e dare stabilità ma che, stretti dalla cinghia alla scarpa, sono dolorosi se la suola della scarpa è quella di una…Superga! Inoltre la cinghia ha un sistema di sicurezza che più la scarpa si muove più stringe al fine di evitare che il rampone si sganci dalla scarpa. Iniziamo la scalata all’inizio piuttosto difficoltosa perché avanziamo nella parte mista ghiaccio-sassolini, derivazione della morena prodotta dallo Skaftafellsjokull. Quando arriviamo sul ghiaccio vivo ma sicuramente meglio e Laurence si ferma e ci mostra come camminare, come spostarci, come fermarci e come superare le minime situazioni di panico. E’ molto bravo e paziente e ci fa provare più volte la salita e la discesa e si raccomanda soprattutto di usare la piccozza nel modo più consono ovvero solo come bastone di appoggio e non come “rompighiaccio” o come “mazza ferrata”. Ci spiega che l’uso improprio della piccozza può essere anche molto pericoloso soprattutto per lo stesso alpinista perché può sfuggire e fare delle profonde ferite alle ginocchia. In tutta la durata dell’escursione nessuno si è messo a giocare con la piccozza tranne un imbranato di un inglese che per poco non la piantava (per errore) nella testa della guida scendendo un gradino ghiacciato. L’escursione è molto piacevole e il tempo buono: non piove, ma non c’è ovviamente molto sole, la temperatura è gradevole anzi anche troppo caldo. Laurence ci fa vedere come scavalcare un crepaccio, bere da un ruscello, ci spiega i movimenti del ghiaccio e tante cose interessanti. Ci fa vedere (con un brivido) una grandissima e profondissima gola nel ghiaccio, una piccola cascata. Tutto molto interessante ma purtroppo il giro dopo circa 1.5 ore finisce e rifacciamo il percorso al contrario e ci ritroviamo tutti molto estasiati allo scuola bus, non riusciamo a smettere di fare foto al Skaftafellsjokull. Ah, dimenticavo i due inglesini: lei è in preda a dolori lancinanti, lui non parla praticamente più stordito dal vento e bagnato fino alle ginocchia. Due emeriti cretini. Da lì prendiamo l’auto e ci dirigiamo verso la laguna glaciale di Jökulsárlón che sicuramente è una delle attrazioni più viste dell’Islanda dopo la Laguna Blu e il geyser di Strokkur. Gli icebergs si staccano dal ghiacciaio di Breidamerkurjokull, una diramazione della calotta del Vatnajökull, per andare in questa laguna che è collegata all’oceano atlantico. Gli icebergs possono impiegare anche 5 anni per uscire da questa laguna che è profonda 600 metri e ha una superficie di 17 kmq. Ci hanno spiegato che 75 anni questa laguna non c’era ed è stata prodotto dallo scioglimento del ghiacciaio Breidamerkurjokull. La laguna di Jökulsárlón si amplia di anno in anno per via dello scioglimento del ghiaccio e oggi è possibile navigarci dentro in sicurezza con un mezzo anfibio terra-acqua. Il prezzo è di 6.000 ISK a testa e il giro dura circa 45 minuti e riusciamo a prenotare l’ultimo giro della giornata in partenza alle ore 18.00. Sinceramente ci sembra un pochino tardi e il tempo sta rapidamente peggiorando ma teniamo duro e pensiamo a goderci la gita. Facciamo intanto delle foto a questi iceberg che vanno alla deriva e che hanno colori incredibili dal verde al blu intenso anche se la mancanza di luce diretta attenua la bellezza e la spettacolarità del luogo, purtroppo. Arriva il momento di salire sul mezzo e indossiamo dei giubotti di salavataggio bagnatissimi….porca miseria! Copritevi bene perché fa un freddo tremendo e soprattutto il mezzo anfibio è scoperto (ovviamente!). Nemmeno il tempo di entrare in acqua che inizia una fitta pioggia…tra la pioggia e il giubotto di salvagente bagnato dopo alcuni minuti siamo completamente bagnati. Non riusciamo proprio a goderci al meglio la nostra escursione anche perché è piuttosto buio per via dell’ora, delle nuvole basse e la pioggia fitta…i colori del ghiaccio pian piano svaniscono e restiamo piuttosto delusi e bagnati. La guida a bordo del mezzo ci fa assaggiare un pezzo di ghiaccio vecchio di 1000 anni ed è l’ultimo ricordo della nostra escursione al Jökulsárlón. Poi saliamo in macchina e bagnati come foche andiamo diretti verso il nostro hotel che abbiamo prenotato al villaggio di pescatori di Höfn í Hornafirði; il nostro piccolo hotel si chiama Arnanes Country Hotel e si trova ad Arnanes, cinque chilometri prima di Höfn. Anche questa sistemazione è risultata veramente molto costosa, 20.900 ISK ma grazie alla prenotazione web il proprietario ci concede un fantastico sconto del 15%, lasciando la colazione inclusa. Il posto è in realtà un insieme di piccolo bungalow di legno molto carini anche se spartani e non certamente all’altezza del prezzo pagato. In questo caso internet wi-fi è gratutito solo nella zona comunque della colazione mentre non è presente alcun collegamento nei piccoli appartamenti. Attenzione quando prenotate specificate che volete il bungalow (cottage) perché tendono a darvi il seminterrato della casa principale, dove in realtà vive la famiglia del proprietario. Lui è sicuramente di poche parole ma anche molto serio e professionale. Mettiamo tutti gli abiti ad asciugare e ci dirigiamo verso Höfn per mangiare qualcosa, visto che ad Arnanes non è possibile cenare se non alla stazione di servizio. Leggiamo del porto di Höfn ma dato che è buio e non possiamo vedere nulla ci dirigiamo verso il locale segnalato dalla Lonely Planet, il Kaffi Hornio. Un bell’edificio di legno tranquillo e stranamente economico. Ha un discreto menù di pesce ma non ha l’aragosta e ci suggerisce un locale direttamente sul posto dove mangiare il lobate. Apprezziamo la franchezza ma siamo troppo stanchi e troppo bagnati per rimetterci in macchina e quindi prendiamo una grigliata di pesce per due, molto buona abbondante (anche troppo) e anche economica. Ci sono anche piatti a base di carne (lamb ovviamente) oppure hamburger e patatine fritte insomma per tutti i gusti. Mangiamo bene e ci divertiamo ad osservare un gruppetto di orientali americani che tartassano la cameriera sulla genuinità delle pietanze, insistendo per sapere se i funghi sono raccolti oppure se sono in barattolo…la cameriera è sicuramente divertita ma alla 20esima domanda si spazientisce e gli dice che tutto è fresco con un’aria del tipo “ora basta”. La prima islandese irritata che vediamo (però aveva perfettamente ragione). Per farsi perdonare lo scatto d’ira quando paghiamo si offre di vedere per noi le previsioni del tempo per domani, visto che andiamo nella regione dei fiordi orientali. Molto carina! Il tempo sembra essere piuttosto decente e noi meravigliati e quasi commossi paghiamo anche più contenti e soddisfatti. Facciamo in tempo ad arrivare al Country Hotel, togliere gli abiti dai termosifoni, farsi una doccia e svenire nel letto con piumone. Il letto non è molto comodo ma non abbiamo proprio di accorgercene. Buona notte.
7 settembre Höfn – Seyoisfjorour – km 310
Mattina molto incoraggiante. Facciamo una media colazione al Country Hotel paghiamo e ringraziamo. In fondo alla valle notiamo che il sole illumina il Vatnajökull e la tentazione è quella di tornare indietro per ammirare lo spettacolo con il sole ma non possiamo permettercelo anche la tappa odierna è impegnativa e allora, andiamo ad Höfn per ammirare il piccolo ma carino porticciolo, fare qualche scatto e poi via, di nuovo sulla nr. 1 verso nord. I chilometri scorrono lenti la strada diventa con molte curve e inizia a costeggiare la prima parte dei fiordi orientali islandesi. Si sale lungo delle strade mozzafiato da cui vedere è un mare in burrasca le cui onde si infrangono violente sugli scogli. La strada in molti tratti non ha il guardarail e mette i brividi ma per fortuna non incontriamo una macchina nel giro di quasi 100 chilometri quindi siamo piuttosto rilassati. Ci fermiamo spesso per fare foto considerando anche la giornata che però passa dall’azzurro intenso al coperto, anche se la pioggia non sembra doverci fare visita. In alcuni punti la strada diventa di terra battuta ma senza alcuna preoccupazione proseguiamo la nostra marcia fino al bivio con la nr. 96 dove dobbiamo prendere la nostra decisione: proseguire sulla 1 che però taglia internamente i fiordi oppure procedere sulla costa sulla nr. 96 che sulle cartine viene segnala come gialla…sappiamo che il divieto di percorrere le strade con auto non 4×4 riguarda le strada segnalate con la “F” e questa non òp è. Quindi decidiamo di prenderla perché sembra essere molto panoramica. Lo spettacolo infatti non delude le attese e anche in questo caso vediamo una costa meravigliosa con un mare sempre più agitato che ci regala scorci da brividi. In alcuni tratti e per qualche chilometro la strada diventa sterrata con qualche buca ma nulla di particolarmente impegnativo anche se questo ci obbliga a procedere con cautela rallentando la nostra velocità media, ma non abbiamo fretta perché vogliamo goderci lo spettacolo. Arriviamo nel piccolo fiordo di Stöðvarfjörður dove ci fermiamo nel villaggio di pescatori di Brekkan per mangiare in un piccolo fast food locale, gestito da due signore attempate ma piuttosto simpatiche. L’attrazione di questo posto oltre il paesaggio incantevole è la Steinasafn Petru ovvero la casa di un’ottantenne appassionata di geologia, Petra Sveinsdóttir, che ha raccolto nel corso della sua vita migliaia di pietre che ha ora esposto in questa incredibile casa museo. Noi sinceramente non siamo entrati perché l’arzilla vecchina ha messo un obolo obbligatorio di 5€ per entrare e sinceramente, nella terra di nessuno, ci è sembrato eccessivo considerando anche la nostra non passione verso la geologia così esasperata. Proseguiamo oltre e arriviamo al fiordo di Fáskrúðsfjörður, dove si trova l’omonimo villaggio, molto piccolo che oggi invece registra una forte crescita abitativa grazie alla vicina fonderia di alluminio Alcoa. Qui hanno iniziato a costruire unità abitative per gli operai e addirittura un lungo tunnel per permettere loro di raggiungere la fabbrica senza dover fare troppi chilometri. La fabbrica si trova nel fiordo successivo che si chiama Reyðarfjörður dove nella gola si trova l’omonima località sede di questo importante centro industriale islandese. L’attività è iniziata il 9 giugno del 2007 con una grande festa cittadina che ha inaugurato questo edificio industriale che con i suoi 2 km di lunghezza domina completamente il fondo valle. La popolazione locale è estasiata da questa nuova attività che ha dato linfa vitale ad un luogo depresso dell’Islanda che rischiava il completo abbandono da parte della popolazione dopo che le risorse ittiche si erano pressoché esaurite che, considerata la morfologia della zona con montagne altissime e strapiombi senza fine non era certamente adatta all’agricoltura. Le associazioni ambientalista hanno protestato ma il popolo islandese è andato avanti senza cura procedendo nel disegno iniziale. Oggi la popolazione è passata da 700 a 2.000 anime e quello che sembrava un posto desolato è oggi abitato da molte persone. Sinceramente non ci è sembrata una zona particolarmente devastata dalla costruzione ma non vivendoci non possiamo dare un giudizio finale, né pro né contro perché è anche da capire la popolazione residente e non quella di transito. Perché credetemi in questo fiordo in particolare non c’è nulla e quindi i visitatori possono essere considerati solo di transito. Da qui abbandoniamo la 96 perché poi terminerebbe nel nulla ovvero non arriva al fiordo successivo meta finale della giornata dove ci aspetta il nostro hotel prenotato dall’Italia. Quindi prendiamo la 92 e incrociamo di nuovo la nr. 1 che senza particolari emozioni ci porta ad Egilsstaðir cittadina piuttosto grande che ha anche un piccolo aeroporto e un ospedale, frutto del progresso richiesto proprio dalla vicina fonderia Alcoa. Da lì prendiamo la statale 93 per dirigerci verso il fiordo Seyoisfjorour e l’omonimo villaggio. La strada sale per scavalcare il monte che separa l’interno da questo fiordo, profondo e lontano che si butta violentemente nell’oceano atlantico. Dopo una salita e un altipiano bellissimo scendiamo rapidamente verso il mare e non possiamo non fermarci a fare delle foto ad una magnifica cascata che si trova sulla vostra destra scendendo, non segnalata dalle guide ma veramente impetuosa. Arriviamo all’Hotel Snæfell nostra meta finale. L’hotel è la versione meno nobile dell’hotel Aldan ma la gestione è la stessa. Dico meno nobile perché il costo è più basso ma le camere sono decisamente più piccole, tant’è che la signora che ci ha risposto e poi confermato la prenotazione ci ha parlato di una “small double room” che in effetti si è rivelata tale. Il prezzo è stato di 16.900 ISK compresa la colazione. L’unica nota negativa, oltre alle dimensioni dei puffi della stanza e del bagno, era che la colazione si faceva all’hotel Aldan a circa 200 metri dallo Snæfell e quindi la mattina c’è un simpatico via vai di persone. La signora, molto energica ma sicuramente efficiente ci dice che se vogliamo cenare dobbiamo dirglielo subito perché la mattina è prevista la partenza del traghetto e quindi è previsto il “tutto esaurito”. Preoccupati prenotiamo per le 20.30 ma lei ci dice subito che per quell’ora non c’è problema…pensava volessivo cenare alle 18.30!! Allora lasciamo i bagagli nella stanza e facciamo una bella passeggiata per il paese e per qualche collina lì intorno, visto il sole meraviglioso che ci sta facendo compagnia in questo tardo pomeriggio di settembre. Il traghetto della Smyril Line troneggia nel piccolo porto ed effettua i collegamenti con le Isole Far Oer e poi con la Danimarca. Molte sono le auto e i camper pronti ad imbarcarsi, molti tedeschi e olandesi che decidono di venire in Islanda con auto al seguito. Nella nostra passeggiata per le colline ammirando cascate e paesaggi bucolici ci imbattiamo in un grande cane nero che ci fa fare un fugone incredibile perché pensavamo ci volesse attaccare mentre solo dopo scopriamo che era di un ragazzo che stava facendo una passeggiata con lui! Seyoisfjorour è famosa per gli edifici in legno colorato, molto carini vi raccomando in particolare la chiesina veramente caratteristica. C’è anche una piscina termale comunale ma chiude alle 20.30 e ovviamente un supermercato. Ci rendiamo conto che oltre all’hotel Aldan e allo Snæfell non ci sono altri alloggi e anchec’è solo un secondo ristorante un pochino fuori del centro abitato. Alle 20.30 andiamo a cenare e la casa offre un paio di menù di pesce e due di carne. Devo dire che il pesce è freschissimo e anche la carne cucinata alla perfezione per non parlare della presentazione scenografica. Chiudiamo con una birra e un brennivin ovvero la grappa islandese ricavata dalla fermentazione delle patate, che qui chiamano “morte improvvisa” per la gradazione importante. Superiamo anche il brenne vin paghiamo il conto di 9.200 ISK per due persone (nella media) e andiamo a nanna nel loculo.
8 settembre Seyoisfjorour – Húsavík – Km 330
La giornata è intensa e quindi ci alziamo alle 7 e andiamo a fare colazione sotto una pioggia fitta. Abbiamo capito che l’Islanda ogni volta che ci fa vedere il sole ci deve poi ricordare che ci troviamo quasi al Polo Nord e quindi dare la sferzata del giorno dopo. Saliamo con la nostra Golf per tornare a Egilsstaðir e prendere la statale nr.1 ma ci imbattiamo in un banco di nuvole talmente basse che azzerano la visibilità a pochi metri. Andiamo a 20 all’ora e accendiamo tutti i fari possibili, passiamo una decina di chilometri di tensione piuttosto alta anche perché non smette di piovere e la temperatura è precipitata a 9 gradi. Finalmente inizia la discesa e la situazione migliora e finalmente dopo un tempo infinito arriviamo a Egilsstaðir, prendiamo la nr. 1 e puntiamo con grande decisione verso la zona del lago Mývatn e della zona del vulcanica del Krafla. La strada non è molto interessante quindi non ci fermiamo mai, siamo decisi ad arrivare nella zona il prima possibile le cose da vedere sono tante. Il tempo migliora decisamente o comunque sembra a noi perché è tutto nero e coperto ma non piove e sembra potersi aprire: iniziamo ad apprezzare situazioni climatiche spaventerebbero anche il capitano Hakab! La prima cosa che vediamo è la zona vulcanica di Krafla a circa 5 km dal lago Mývatn. In realtà il nome Krafla è relativo ad una montagna alta 818 m ma ora con questo nome viene indicata tutta la zona, dove si trova un’importante centrale geotermica e il campo lavico più esteso di tutta l’islanda. Dalla 1 si devia a sinistra e si seguono le indicazioni per il Krafla ma la prima cosa che si vede dopo qualche chilometro sono gli sbuffi di vapore, i fiumi verdi e un paesaggio extrasensoriale relativo alla centrale geotermica di Kroflustod. I lavori iniziarono nel 1973 ma furono portati a termine solo nel 1978 a causa della turbolenza del Krafla che iniziò nuovamente ad eruttare nel 1975. Oggi la centrale di Kroflustod utilizza 15-17 pozzi alla volta e sviluppa 60 megawatt di potenza e ha un centro visitatori per chi volesse dare un’occhiata. La cosa che veramente colpisce però è la località che si trova sopra la centrale di Kroflustod, alla quale si arriva sempre seguendo la strada: Stóra – Víti. E’ un cratere che ospita un lago di color turchese acceso e la cosa incredibile è sapere come si è formato: correva l’anno 1724 e la zona era colpita da una violenta fase di eruzioni del corpo centrale del Krafla che crearono un’apertura larga 320 metri che oggi è lo Stóra Víti, considerato (speriamo) inattivo. Rispetto alle zone vulcaniche classiche con la montagna conica che erutta questa zona montagnosa invece erutta tramite spaccature e fenditure del terreno che emettono lava, gas e quant’altro, creando questo paesaggio lunare. Prima di arrivare allo Stóra Víti sulla sinistra c’è un parcheggio da dove si raggiunge dopo una camminata di una ventina di minuti la parte sicuramente più incredibile della zona: il Leirhnjúkur, il cratere che si formò nell’agosto del 1727. Tutta questa zona è ancora oggi molto instabile e non bisogna mai abbandonare il percorso segnalato. Infatti il terreno in alcuni punti raggiunge i 200 °C ed è pericoloso allontanarsi; in effetti fumarole, zolfo incrostato, pozze di fango ribollenti, lava a perdita d’occhio e un nauseabondo odore di zolfo accompagneranno la vostra visita a Leirhnjúkur. Lo spettacolo è incredibile veramente difficile descriverlo a parole: diciamo che è la prova certa che la terra sotto è viva, animata e pericolosa e bisogna portarle un grandissimo rispetto perché potrebbe colpire mortalmente da un momento all’altro. Le ultime due eruzioni della zona risalgono al 1975 e al 1984: bisogna fare molta attenzione alle zone del terreno più chiare perché sono delle aeree che si stanno surriscaldando dando spazio futuro a pozze di fango che potrebbero esplodere oppure mini gelese di zolfo bollente. Tornando alla strada nr. 1 non si può non attraversarla e puntare ai declivi di Hverir, per vedere uno spettacolo simile in una landa desolata dove il contrasto del cielo plumbeo e il colore ramato e misto al verde e turchese dello zolfo secco, insieme ai rumori assordanti degli sfiati naturali, creano una cornice da Odissea nello Spazio. Altro che finzione qui stiamo camminando sulla terra viva! Siamo veramente affascinati e anche le altre persone che sono in visita non smettono di scattare foto, e si guardano attorno con lo sguardo tipico di quello che dice “non è possibile”. Storditi andiamo verso il lago Mývatn, altra zona vulcanica affascinante. Mangiamo una cosa al volissimo in una stazione di servizio, facciamo rifornimento e via, decidiamo di fare tutto il giro del lago seguendo la strada 1 verso sud e ci fermiamo a Dimmuborgir, il più affascinante campo di lava del Paese con pilastri, grotte naturali e forme bizzarre nate dalle eruzioni di oltre 2.000 anni fa. Si può fare una bella passeggiata in un sentiero guidato con diverse lunghezze e con diversi gradi di difficoltà per arrivare per 2 ore di cammino alla grotta di lava più famosa che prende il nome di Kirjan (chiesa). Se avete tempo sembra sia una bella escursione, molto affascinante. Noi per questioni di orario ci siamo limitati ad un giretto di una quarantina di minuti sufficienti per assaporare il clima lunare della zona. Il giro intorno al lago conosce anche un’altra tappa interessante è lo Skutustadagigar ovvero la zona dei cosiddetti pseudo crateri nella zona meridionale del lago. Sono delle colline che si sono create quando l’acqua intrappolata sotto la superficie raggiunse il punto di ebollizione ed esplose in getti di vapore fortissimi che ruppero la crosta lava formando appunto dei piccoli coni e crateri, alcuni dei quali raggiungono comunque 300 metri di larghezza. Sono molto curiosi anche perché sono ricoperti di muschi e di vegetazione di bassa che contrasta molto con il nero della lava che si trova alla base. Finito il periplo del lago Mývatn prendiamo la strada nr. 85 per Húsavík, nel fiordo di Skjàlfandi. Vi consiglio di non prendere la più corta strada 87 perché è segnalata da molti automobilisti come fortemente dissestata e accidentata e per risparmiare qualche chilometro in linea d’aria probabilmente impiegherete più tempo per percorrerla. Il tempo durante la strada torna brutto (nel senso che piove nuovamente a dirotto) ma man mano che ci avviciniamo al mare, punto nord dell’isola, sembra aprirsi. Quando arriviamo ad Húsavík non piove e ci sono squarci di sereno nel cielo, piuttosto incoraggianti. Questo paesino è molto suggestivo, con un bellissimo porticciolo di pescatori che dominano le acque del mare nordico. La cittadina è meravigliosa sotto il sole, con le casette colorate e l’aria sonnolenta e pigra. Siamo giunti ad Húsavík con un unico scopo, che è comune a tutti i visitatori: questa è la patri incontrastata del whale watching ovvero dello shooting fotografico delle balene. Ci informiamo subito presso i due chioschi che si trovano la porto e ci dicono che se ne parla l’indomani mattina: un tour parte alle 9.45 il secondo di una seconda compagnia alle ore 10.00. Chiediamo notizie sul tempo (meteo) previsto ma ci viene semplicemente detto che “non dovrebbe essere brutto, forse solo una pioggia leggera”. Come dire: se non è brutto sarà bello. Mah, criptici! Andiamo a posare le valigie nella guest house che abbiamo preso su internet perché il Fosshotel, unica altra soluzione ad Húsavík, ci aveva chiesto 190€ per una doppia. Andiamo in questa guesthouse che si chiama semplicemente Husavik Guesthouse che ci ha solo sfilato 95€ per una doppia con la colazione. Entriamo e ci accoglie un ragazzo piuttosto strambo che ci fa vedere la camera, ci indica la sala della colazione, su cui ha messo alcune bevande e snack sempre a disposizione degli ospiti, e poi ci fa vedere i due bagni della casa che sono in comune con gli altri ospiti. E qui c’è la sgradita sorpresa visto che il sito parlava di bagno in camera…vabbé nessun problema perché ci rendiamo subito conto che siamo gli unici ospiti della guesthouse. Ci chiede a che ora vogliamo la colazione e gli diciamo che gradiremmo farla non più tardi delle 8 poi il tizio si premunisce di darci qualche consiglio sui locali per cenare e ci salutiamo. La serata è ancora molto luminosa per via della latitudine e sono le 20 e ancora c’è molta luce, il sole tramonterà in modo spettacolare dietro il costone di roccia verso le 21.45 con un rosso intenso che ci fa ben sperare (rosso di sera bel tempo si spera, chissà se vale anche in Islanda!). Per cenare ci sono diversi ristorantini di pesce ma ci colpisce un baretto che si trova una terrazza sul porto accanto al tour operator del whale watching che si chiama Gentle Giants. Questo locale è gestito dagli stessi ragazzi e ci prendiamo una cosa da bere sulla terrazza all’aperto (incredibile ma non fa freddissimo). Scopriamo ben presto che fanno anche da mangiare e tra l’indecisione e la stanchezza decidiamo di restare lì anche perché il padrone di casa ci fa vedere una grande scatola di polistirolo piena di ghiaccio con pesce freschissimo! Accende il barbecue a gas e inizia a cucinare. Arrivano altri ospiti, un gruppo di tedeschi, una coppia di italiani e due coppie di inglesi. Ci sistemiamo però sotto la veranda mobile riscaldata con i funghi a gas e stiamo veramente bene. Prendiamo due grigliate miste di pesce, con rombo, merluzzo e halibut con contorno di patate e insalata. Beviamo birra e spendiamo 9.900 ISK veramente spesi bene, il cibo era ottimo e freschissimo. Quando chiediamo il brenne vin al posto del caffè per digerire la ragazza che ci aveva servito fa venire il grande capo che ci porta una bottiglia clandestina con del brenne vin fatto in casa (!) e ovviamente ce lo offre congratulandosi per la scelta (i turisti ci dice chiedono solo whisky scozzese!). Facciamo amicizia e scopriamo che la cameriera è spagnola e la moglie del tizio è del Perù e lavora anche lei nel piccolo bar-trattoria. Incredibile sembra di aver fatto il giro del mondo in pochi metri, tra tedeschi e inglesi, italiani, spagnoli e peruviani e con un unico islandese! Che bello viaggiare! La serata è molto piacevole ma verso le 11 la stanchezza prende il sopravvento e quindi andiamo a dormire perché domani ci aspettano le balene! Andando verso la guesthouse ci rendiamo conto anche della presenza di un museo piuttosto strano e bizzarro: è il Hið Íslenzka reðasafn ovvero il museo islandese del …fallo! Giuro è proprio così! E’ un museo che ospita una collezione di falli animali di ogni forma e dimensione e ve ne sono oltre 180. Sembra che ci siano già 4 donatori per quanto riguarda l’unico campione mancante: quello umano!. Pazzesco, buonanotte
9 settembre Húsavík – Reykholt – km 425
Ci siamo. Ore 7.30 ci alziamo, su e giù per le scale per il bagno e la doccia e poi siamo pronti. Andiamo nella sala da pranzo ma non si vede nessuno. Ore 8.00…ore 8.10…ore 8.20 nessuno…sembra che la casa sia abbandonata! Incredibile che facciamo? Suono il campanello che si trova davanti ad una porta con su scritto “staff only” un suono tremendo echeggia per tutta la casa e all’improvviso dalla porta accanto a quella dello staff esce il tizio trafelato…che si scusa e corre in cucina…NON SI ERA SVEGLIATO! Standing ovation per il riconglionito di Húsavík!! Prepara velocemente una colazione accoccata senza né capo né coda con dolce salato all’ennesima potenza…per farsi perdonare tira fuori barattoli di patè improbabili e marmellate curiose fatte in casa con scritte a penna incomprensibili. Vabbè ma noi andiamo di corsissima e quindi mangiamo delle piccole cose e un paio di toast e quindi, dopo aver pagato e salutato pisolo andiamo al porto. Come dicevo ci sono due tour operator: Gentle Giants e Húsavík Whal Whatching. Il primo di colore blu parte alle 9.45 e costa 47€ a testa e il secondo parte alle 10.00 ha il colore giallo e costa due euro in più. Il giro è lo stesso, le barche sono le stesse. Noi siamo andati alla prima non per i 2 € ma perché li avevamo contattati per internet e ci avevano risposto subito e poi per la cena della sera prima. Sono piuttosto preoccupato per le condizioni del mare che loro della barca ovviamente minimizzano (soffro abbastanza il mal di mare). Il tempo sembra discreto non piove ma intorno è piuttosto nero e non c’è nemmeno tanto vento. Le imbarcazioni sono in legno e piuttosto classiche da pescatore norvegese ovviamente tutte scoperte. Ci consigliano di indossare i capi più caldi che abbiamo perché in mare farà piuttosto freddo e poi mettono a disposizione dei clienti delle tute termiche ed impermeabili nel caso in cui il tempo volgesse al peggio. Ovviamente sono tute che vengono indossate sopra i propri vestiti e sono fatte proprio con questo obiettivo grazie ad aperture complete laterali con grandi lampo. Piuttosto agitato mi prendo un travelgum preventivo e si parte. La gita che dura circa 3 ore viene fatta sempre all’interno del fiordo, il mare sembra calmo ma in realtà anche quando sembra piatta c’è l’onda lunga oceanica che entra da fuori verso l’interno del fiordo, quindi c’è un dondolio simpatico…inoltre sulla barca ci si può muovere ovunque anche sulla torretta alta utilizzata come punto di avvistamento, cosa che assolutamente sconsiglio a chi avesse il mal di mare perché da lì non è possibile resistere. In ogni caso il travelgum fa il suo dovere e non mi sento assolutamente male e questo fa si che la gita diventi interessante anche per me. Il capitano è ai comandi e la guida si arrampica sulla coffa per avvistare le balene ed indirizzare il capitano della barca. Inoltre la guida ha un microfono attraverso il quale spiega in un inglese comprensibile e semplice la zona, la fauna, come cercare le balene e le tipologie di cetacei che si possono trovare nel fiordo di Húsavík a seconda dei periodi dell’anno. Tutto molto interessante e suito dopo 10 minuti vediamo la nostra prima balenottera minore… mink whale in inglese. Ci dice che hanno una lunghezza di circa di 10 metri e continuando il giro nel vediamo una decina di cui un paio di volte molto vicine alla prua della brca. E’ molto divertente correrle dietro e sperare che possa saltare fuori dall’acqua…gli uccelli che si posano sull’acqua sono degli indicatori della loro presenza e tutti scorre via tra l’eccitazione, il divertimento e l’interesse. Il freddo in effetti è intenso per via del vento che si incalana nel fiordo e mettiamo sia i guanti che il cappello. Sulla strada del ritorno viene offerta una tazza di cioccolata calda e un dolcetto (tipo frappa) islandese per riscaldare e rifocillare le persone. Ne valeva la pena? Non saprei che dirvi forse, come ha detto qualcuno,pagare 47€ per vedere la schiena di un pesce sono troppe ma devo dire che la gita è stata comunque interessante. Proprio a metà del ritorno inizia a piovere fitto e mi immagino quelli che hanno scelto di andare il pomeriggio alle 13.45 c’è un secondo turno perché pendersi 3 ore di pioggia fitta all’aperto in mezzo al mare non è proprio il massimo della vita. Una volta scesi, andiamo nuovamente al bar con la terrazza sul porto per mangiare un paio di panini e bere un the caldo perché siamo veramente infreddoliti. Alle 13.30 dopo aver salutato i nostri amici latino americani del bar, ci incamminiamo verso sud, la strada che ci aspetta è veramente tanta perché questo è il tappone più lungo, uello di avvicinamento alla Capitale e al rientro. Dobbiamo arrivare al Fosshotel di Reykholt che dista 425 km da Húsavík. Golf con il pieno e via rifacciamo i 45 chilometri della statale 85 e poi prendiamo la 1 verso ovest e poi verso sud. Velocità massima 100 km/h e tiriamo dritti. Il paesaggio è piuttosto monotono e poco interessante, sicuramente avevamo programmato bene anche leggendo i resoconti di viaggi degli altri e anche la Lonely che in effetti evidenziava la scarsità di attrazioni su questo lato dell’isola. Lande desolate, pecore e montoni, quasi nessuno per strada e l’occhio che ogni tanto si chiude per la noia…ci fermiamo un paio di volte a prendere un caffè…il nulla più assoluto sulla strada dove incrociamo anche un inseguimento della polizia che ha beccato un incauto turista a correre più del dovuto. Arriviamo nei pressi di Reykholt e facciamo una breve sosta a Deildartunguhver, la sorgente di acqua calda più grande d’Europa che emette ogni secondo 180 litri di acqua bollente. Incredibile la forza della natura che si vede in questo sito, l’acqua esce fuori a pressione e tutto intorno è un brulicare di tubi che imprigionano questo calore per dare sollievo ed energia a questa zona, fino a Borgarnes e Akranes 64 km lontani dalla sorgente. Arriviamo a Reykholt verso le 20.30; questo è un posto particolare perché si tratta di uno degli insediamenti medievali più importanti dell’Islanda e si fa veramente fatica ad immaginarla affollata da migliaia di persone visto che oggi ci sono 4 case e una chiesa di recente costruzione (1996). Il Fosshotel Reykholt che abbiamo preso su internet a 75€ (per una doppia con colazione al posto dei 190€ richiesti sul posto, e questo conferma la necessità di prenotare con anticipo per evitare il salasso) è l’unico albergo della zona. Una struttura piuttosto anonima ed ampiamente ristrutturata di recente con delle vasche termali all’aperto a disposizione degli ospiti. Mangiamo presso il ristorante dell’hotel per 9.380 ISK dove mangiamo un piatto di pesce e uno di agnello da applausi, inoltre un dolce e un antipasto diviso in due con una birra e due brenne vin per concludere. Siamo veramente stremati, facciamo una passeggiata nel pseudo paese di Reykholt e poi veramente stravolti andiamo a letto. Domani è l’ultimo giorno in terra islandese e le cose da vedere sono ancora tante…inoltre ci attende un imprevisto che come nelle migliori tradizioni è sempre lì in agguato a colpirti quando meno te lo
10 settembre Reykholt – Keflavik – Km 298
Colazione: la migliore da quando siamo in Islanda; buffet veramente ricco, grande disponibile di ogni cosa. Veramente ben fatto vale i 75€ spesi per l’hotel. Anche la camera è molto grande, una delle più grandi, con divanetto, letto matrimoniale, ampi spazi e un bagno grandissimo con vasca termale a disposizione! Ottimo hotel se non fosse in un posto dimenticato da Dio potrebbe essere anche un bel luogo di villeggiatura. Facciamo due foto a quello che potrebbe essere il paese di Reykholt e poi andiamo sempre sulla 519 verso l’inerno a vedere le cascate di Barnafoss, imponenti e famose per una tragedia: due bimbi sono morti in questa cascata durante il giorno di Natale di tanti anni fa, cercando di camminare sopra un arco di roccia. La mamma delle giovani vittime chiese ed ottenne di distruggere l’arco di roccia e la cascata fu chiamata Barnafoss, ovvero la cascata dei bambini. A questo punto siamo ad un bivio ad una decisione importante: tornare indietro sulla 1 ma rifare daccapo 50 km sulla 519 oppure prendere la 550 che taglia verso sud fino al parco di Pingvellir da cui poi punteremmo verso Reykjiavik e da lì alla Laguna Blu. La strada 550 si presenta come strada sterrata e siamo indecisi ma sia sulla mappa che nei segnali stradali del posto non viene nominata come F. Decidiamo di andare sono 30 km e sembra che siano fattibili; la strada è sterrata e aparte qualche sassetto i primi 7-8 km sono percorribili con una velocità di 60 all’ora. I cartelli indicano una velocità massima di 80 all’ora il che mi tranquillizza. La strada punta dritta verso il ghiacciaio di Porisjokull che si apre davanti a noi con la sua potenza e magnificenza. La strada comincia a diventare piuttosto cattiva con sassi più frequenti e ci rendiamo conto che è necessario ridurre sensibilmente la velocità di marcia, scaliamo ai 40 km/h. Poi dopo un paio di km la situazione peggiore in modo irreparabile diventando un vero e proprio fuoristrada per 4×4. Ci rendiamo conto che abbiamo percorso circa 12 km sui 30 previsti e andiamo avanti pianissimo, prima e seconda cercando di evitare guadi, buche e grossi sassi che potrebbero recare gravi danni alla nostra Golf. Ovviamente non incrociamo nessuno! Andiamo avanti in diversi punti mi devo fermare per capire se le buche piene d’acqua davanti a noi erano profonde o meno, piene di sassi o meno. Facciamo 10 km in un’ora e diventa ardua pensare di farne altri 10 in un’altra ora…per risparmiare tempo alla fine ne stiamo impiegando il doppio…che pippe che siamo! Incrociamo una macchina un 4×4 il cui autista ci guarda perplessi ma anche noi lo guardiamo come per dire “ma che cavolo segnalatele questa strade!” alla fine con circa 2.5 ore facciamo i nostri 30 km e arriviamo alla 52 che è sterrata ma di terra battuta e ovviamente non ci può mettere né paura né disagio! Andiamo come frecce ormai siamo di casa. Facendo la 52 vediamo anche la famosa faglia che separa il continente nord americano da quello europeo, impressionante…si allarga ogni anno di 2 mm…pazzesco. Dalla 52 alla 36 il passo è breve poi la 1 via sulla 42 in direzione sud, nella penisola di Reykjanes e poi giriamo verso ovest sulla 427 con destinazione Grindavik ma prima ci fermiamo all’area geotermale di Seltun è un’area incredibile multicolore dove la terra fumante contrasta con l’odore di zolfo e le pozze ribollenti di fango. La strada 427 che porta a Grindavik costeggia la scogliera ed è in terra battuta piuttosto accidentata, non proprio semplice da percorrere (ma nulla rispetto alla 550). Molto interessanti gli scorci che si vedono sul mare soprattutto bella la vista degli sterminati campi di lava che si trovano tra le montagne e il mare. A Grindavik facciamo una breve pausa per mangiare un panino in una stazione di servizio e in un tiro di schioppo siamo alla Blu Lagoon, ovvero alla Laguna Blu (Bláa lónið in islandese). E’ sicuramente l’attrazione più importante dell’Islanda ed è probabilmente il luogo più visitato dell’isola. Non è una laguna naturale ma progettata e dispone di vasche termali, passarelle di legno, cascata bollente e due bagni di vapore e una sauna in pietra (i bagni di vapore sono chiusi per ristrutturazione). L’acqua è di mare e viene riscaldata dalla sorgenti geotermali della zona; l’acqua assume un colore blu-verde a causa delle alghe presenti nell’acqua stessa ed è ricca di Sali minerali e di un sottile strato di silice che tonifica e sfoglia la pelle. La temperatura media dell’acqua è di 38°C ed essendo la temperatura esterna molto più fredda grandi nuvole di vapore si sollevano dalle vasche rendendo l’atmosfera veramente surreale quasi luciferina. Nella laguna c’è un ristorante (nemmeno troppo costoso), un bar e un negozio di souvenir e uno di prodotto di bellezza realizzati con i fanghi e con l’acqua della Laguna (questi molto costosi!). L’entrata costa 27€ a testa e potete noleggiare per 5€ l’asciugamano oppure per 7€ l’accappatoio e per altri 5€ il costume se non l’avete. All’entrata vi viene dato un braccialetto che vi servirà per aprire e per chiudere il vostro armadietto per custodie gli oggetti personali e i vestiti. Una volta spogliati e messi il costume prima di entrare nelle piscine dovrete fare la doccia ma senza il costume e lavandovi con il sapone, testa inclusa. Questo ovviamente viene effettuato ognuno nel proprio spogliatoio (intendo dire al chiuso e uomini e donne separate): attenzione perché su questo non sono permessivi e c’è una persona che controlla e richiama le persone che non si tolgono il costume. L’acqua della Laguna infatti non è trattata ed ha un ricambio piuttosto lento ed è per questo che ci tengono (giustamente ) alle condizioni igieniche. Poi arriva il brutto: ovvero in costumi e bagnati si deve uscire per arrivare alla Laguna Blu il tratto è beve ma gli 11 °C si sentono tutti! L’acqua invece è meravigliosa e abbiamo ovviamente fatto gli impacchi di silice e passato un quarto d’ora sotto la cascata caldo per il collo e la cervicale e poi qualche minuti nella cava per fare la sauna. Insomma alla fine abbiamo passato un paio d’ore divertenti e in pieno relax cercando di scaricare le tossine dei chilometri accumulati nei giorni passati. All’interno della laguna c’è anche un bar per prendere delle cose da bere (piuttosto care ma non ne avevo alcun dubbio) e potete pagare con il braccialetto che vi permette un credito di 5.000 ISK che pagherete all’uscita. Verso le 7 siamo fuori e puntiamo verso il nostro albergo che si trova nei pressi dell’aeroporto di Keflavik, scelta obbligata vista la nostra partenza per il volo delle 7.55 diretto ad Amsterdam. Per andare a Keflavik prendiamo la 425 dove passiamo sul ponte che unisce i due continenti nei pressi di Gunnhuver, un posto dove c’è una profonda faglia che separa la zolla americana da quella europea e simbolicamente è stato costruito un ponte sopra questa spaccatura. Dopo procediamo verso Keflavik ma facciamo un breve giro in macchina alla ex base americana che si trova a nord di Keflavik e poi puntiamo al nostro hotel, Hotel Keflavik ovviamente che si trova a circa 5 km dall’aeroporto. L’hotel è piuttosto buono sia come stanze che come impatto generale anche se il prezzo per una doppia con colazione è di 95€ veramente spropositato sia come location che come servizi. L’unica vera nota positiva è che è attrezzato per poter offrire la colazione molto presto alle 5 di mattina ed ha un comodo schermo nella hall collegato con l’aeroporto dove è possibile vedere lo status del proprio volo (se è in ritardo o altro). A cena siamo andati in un posto che consiglio al Kaffi Duus, in stile marinaresco che si trova ovviamente nei pressi del porto di Keflavik. Ambiente molto particolare ma grigliate di pesce, aragosta e tante altre prelibatezze del mare a prezzi veramente competitivi e soprattutto con un servizio piuttosto efficiente, sia in termini di velocità che di aiuto. Siamo veramente cotti, la stanchezza della settimana si fa veramente sentire, ma siamo anche molto tristi perché la nostra meravigliosa vacanza è giunta all’epilogo troppo velocemente. Siamo soddisfatti di quello che abbiamo visto e siamo certi che l’Islanda, come le terre Scandinave, ci resteranno a lungo nel cuore: la natura e le persone di questi posti sono davvero speciali. Soffriremo nei giorni successivi del “mal d’Islanda”.
11 settembre partenza
Solo per dirvi che l’aeroporto di Keflavik non è molto grande ma è sicuramente piuttosto disorganizzato. Tutti i banchi check-in sono dedicati a tutti i voli e la fila che si fa è unica (!). Attenzione perché nella hall principale ci sono numerose macchine self check-in e le hostess della icelandair vi aiuteranno a fare l’accettazione da soli. Non fate come quasi tutti gli altri passeggeri che dopo aver fatto il check in alle macchinette e con i mano i nastri per i propri bagagli invece di andare ai banchi drop-off vanno nuovamente a fare la fila per il check-in normale!!! Anche perché la fila risulterà completamente inutile visto che il bagaglio deve essere per forza lasciato presso i banchi drop-off che si trovano sul lato sinistro dei banchi di accettazione. Mi raccomando ne ho visti a centinaia fare inutilmente la fila per ben due volte. Per tale ragione presentatevi con due ore abbondanti di anticipo sul vostro volo altrimenti rischiate di perderlo per la lunga attesa.