Islanda on the road: un viaggio primordiale
Prima di cominciare
Era da qualche anno che io (Federico Chierichetti, di Milano) e la mia ragazza Daniela pensavamo di visitare l’Islanda, spinti da desiderio di un viaggio on the road in una terra remota e tutto sommato inospitale, ma piena di ricchezze naturali. Però dopo gli inverni freddi e inquinati di Milano ci bloccava l’idea di...
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Prima di cominciare Era da qualche anno che io (Federico Chierichetti, di Milano) e la mia ragazza Daniela pensavamo di visitare l’Islanda, spinti da desiderio di un viaggio on the road in una terra remota e tutto sommato inospitale, ma piena di ricchezze naturali. Però dopo gli inverni freddi e inquinati di Milano ci bloccava l’idea di ipotecare una parte della nostra estate dedicandola a un luogo freddo. Alla fine però abbiamo deciso che non potevamo ragionare così e abbiamo prenotato. 8 giorni in fly & drive per visitare, anche se un po’ velocemente, tutti i luoghi più significativi di questo Paese così affascinante. Non volendo rinunciare al caldo, al rientro dall’Islanda siamo subito ripartiti alla volta di Capo Verde (il racconto è pubblicato sotto Capoverde con il titolo “Boavista il paradiso in via di estinzione”). In 16 giorni siamo così passati dal freddo del Circolo Polare Artico al caldo del Tropico del Cancro. Un’estate di contrasti, in puro spirito avventuriero. Certo i costi sono stati ingenti: ca 2800 euro a testa per l’Islanda e altri 1400 a testa per CapoVerde, ma è stata un’esperienza indimenticabile. Ma torniamo all’Islanda. Abbiamo visto posti unici, cascate, vulcani, ghiacciai, iceberg, deserti, mare, delfini, pecore (tante pecore), cavalli, uccelli, insomma la natura alla massima potenza. Ci è piaciuto al punto che prossimamente torneremo. Questa volta però andremo mirati, scegliendo di fare uno dei tanti percorsi di trekking di cui il Paese è pieno e che questa volta non abbiamo potuto fare per ragioni di tempo. Alcuni sono tra i più belli al mondo come il Porsmork – Landamannalanguar che in 4-5 giorni di cammino conduce attraverso posti selvaggi di incredibile bellezza. Alcuni aspetti pratici: come evidente è un Paese molto caro. La benzina costa più che da noi per non parlare del cibo e degli alberghi o fattorie. In 8 giorni abbiamo visto velocemente tutto quello che di più significativo c’è da vedere tralasciando però la parte nord-ovest. Abbiamo girato da soli, con un fuoristrada della Hertz (indispensabile per raggiungere certi luoghi). Dormendo in sacco a pelo (opzione da noi scartata) sicuramente si può risparmiare un bel po’, ma non conviene risparmiare sull’auto perché si rischia di non poter raggiungere molti bellissimi luoghi. Il nostro Suzuky Jimny è il minimo sindacale e in alcuni casi non è stato sufficiente. Il problema principale è il guado dei fiumi. Se sono in piena è necessario un fuoristrada più alto per non rischiare di impantanarsi o di dover tornare indietro. Il percorso ottimale è la Ring Road che percorre tutto il perimetro dell’Islanda ed è quasi tutta asfaltata. Dalla Ring Road, poi, partono tutte le deviazioni per le zone interne da visitare. Tra le tante consigliamo senza dubbio l’esperienza di percorrere (in fuoristrada è meglio, anche se con un po’ di cautela e con più tempo a disposizione ce la si può fare anche con un’utilitaria) la pista interna di Kjolur (n.35). E’ tutto sommato in buono stato e permette di assaporare l’atmosfera del desolato, selvaggio e disabitato interno islandese. Ecco allora quello che siamo riusciti a fare in 8 giorni. 5 agosto 2005 Milano – Rejkiavik. Volo Icelandair puntualissimo. L’islanda terra del ghiaccio, è incredibilmente vicina all’Italia. Poco meno di 4 ore di volo. Prendiamo il Flybuss fino al Bus Terminal della città (45 minuti ca.). Da lì un pulmino più piccolo ci porta all’Hotel Fron che si trova in pieno centro, nella via principale di Rejkiavik. Essendo quasi mezzanotte sta per iniziare il classico Runtur, il giro dei locali che i giovani della città fanno ogni fine settimana per divertirsi e ubriacarsi di birra. Noi saltiamo volentieri questa pratica e andiamo a letto. Piccola nota sugli hotel delle città: l’Islanda per il momento non ha ancora una classificazione ufficiale dei suoi alberghi. Questo perché il turismo è decisamente recente. Il livello degli hotel, quindi, non è paragonabile a quello dell’Italia o di altri Paesi. Per esempio l’Hotel Fron, pur essendo centralissimo e rinomato ha delle camere enormi (il nostro era un appartamentino con cucina e salotto), ma per niente accoglienti. 6 agosto 2005 Rejkiavik – Vik. 346 km. Ritiriamo subito la macchina (un fuoristrada Suzuky Jimny) alla Hertz e partiamo alla volta della penisola di Rejkianes, a ovest di Rejkiavik. La prima tappa è l’estremità sud-ovest della penisola dove, passando attraverso un paesaggio piatto e lunare, si arriva ad un faro vicino al quale nidifica una enorme colonia di Sule (uccelli tipo gabbiani). Il vento è gelido, la temperatura è intorno ai 9 gradi. Questo ci invoglia a sostare alla vicina Laguna Blu, il famoso lago artificiale alimentato dall’acqua utilizzata dalla vicina centrale geotermica. La temperatura dell’acqua (bianca come il latte perché ricca di Silice) è di ca. 38 gradi, e il paesaggio circostante ha un che di irreale grazie al vapore che avvolge tutto come una leggera nebbiolina. È una sosta senza dubbio piacevole soprattutto per il contrasto tra il freddo dell’aria e il caldo dell’acqua. La pelle poi, ci dicono, avrà dei grandi benefici (vedremo). Ripartiamo dopo un paio d’ore alla volta di Selfoss e Hella (famosa per i cavalli islandesi). Vediamo in lontananza la mole del vulcano Hekla, il più famoso d’Islanda grazie alle sue spettacolari eruzioni che si verificano ca. Ogni 10 anni.. A proposito, l’ultima è stata 9 anni fa… La cima è avvolta dalla nebbia, quindi rinunciamo ad avvicinarci troppo e facciamo tappa alle prime due cascate del nostro viaggio: Seijalandfoss e Skogafoss. Quest’ultima, perfettamente visibile dalla Ring Road, è incastonata in un paesaggio verdissimo. Ci fermiamo e visitiamo con calma questo splendido posto salendo la lunga scalinata che porta in cima alla cascata. Il rumore intenso dell’acqua, gli spruzzi che si creano all’impatto con il suolo, il cielo grigio e piovigginoso rendono l’atmosfera davvero irreale. L’aria è profuma di natura. Arriviamo in serata (si fa per dire, visto che c’e’ luce fino alle 23) nella Riserva di Dyrholaey, a pochi chilometri dal paesino di Vik. Pernottiamo in una fattoria in mezzo al nulla più totale con una splendida vista sui faraglioni e sulla riserva naturale che li contiene. 7 agosto 2005. Vik – Hofn. 350 km. Ci svegliamo all’alba e dopo la colazione visitiamo, sotto una pioggia battente e un vento artico i Faraglioni e la spiaggia nera di Reyinisfjara. Lo spettacolo è splendido: il mare è in burrasca con onde altissime che si gettano sulla spiaggia vulcanica. La Dany si è scordata i suoi pantavento, quindi le cedo i miei esponendomi alle intemperie come solo gli uomini d’altri tempi sapevano fare… Dopo una sosta in una stazione di servizio dove mi cambio i pantaloni fradici e la Dany acquista un paio di pantavento, ripartiamo alla volta dell’area geotermale di Landmannalanguar. Sappiamo che la strada per raggiungere questo posto (che è il più famoso per l’attività geotermica e le pozze termali naturali) è estremamente impervia. Si tratta di ca. 40 km. Di strada sterrata. In alcuni punti è davvero dissestata è non è percorribile da auto normali. Per fortuna il nostro Suzuky fa il suo dovere a meraviglia e supera tutti punti più difficili con facilità. Il paesaggio intorno è verdissimo e cosparso di torrenti piuttosto ingrossati dalla pioggia che imperversa da 2 giorni. Ci siamo solo e soltanto noi, in mezzo al nulla, senza la copertura del cellulare e decisamente elettrizzati dall’esperienza che stiamo vivendo. In un’ora di sterrato incontriamo solo 1 auto e un paio di pazzi ciclisti che sta facendo il giro dell’Islanda in bicicletta. Durante il percorso dobbiamo guadare un paio di torrentelli (divertentissimo!). Purtroppo però dopo un’ora arriviamo a un guado che ci lascia perpelssi, il fiume è ingrossato per la pioggia e francamente mi sembra rischioso tentare il guado. Aspettiamo un po’ approfittando della sosta per mangiare qualcosa al sacco. Speriamo arrivi qualcuno che osi guadare per capire quanto è profondo. Dopo un po’ arriva un altro Jimny, che si ferma pure lui. Subito dopo un jeeppone che senza esitare affronta il guado. Ci rendiamo conto che il fiume è profondo e l’acqua lambirebbe il cofano della nostra jeep. Non essendo esperti, a malincuore decidiamo di rinunciare. Non vogliamo rischiare di bloccarci a metà del guado con tutte le conseguenze spiacevoli che ciò comporterebbe. Siamo delusi, perché fino a li era andato tutto liscio. Dobbiamo rinunciare a visitare l’area di Landmannalanguar. Pazienza, fa parte degli imprevisti che viaggi come questi comportano. Ritorniamo sulla Ring Road e ci dirigiamo verso il Parco Nazionale del Vatnajokull, il ghiacciaio più grande d’Europa (eh si, siamo in Europa, sembra un mondo così surreale che spesso non ci si pensa). Attraversiamo prima il Sandur, l’enorme distesa di sabbia e detriti che si è formata in seguito alle eruzioni del vulcano che si trova al centro de ghiacciaio. Ogni eruzione infatti comporta lo scioglimento repentino di enormi masse di ghiaccio che creano inondazioni bibliche. Qui ci fermiamo tutto il pomeriggio e visitiamo a piedi sia la lingua di ghiaccio Skatafell sia la famosa Svartifoss, una cascata circondata da colonne basaltiche esagonali. Finalmente un barlume di sole!! Ripartiamo verso la laguna di Jokulsarlon. Il paesaggio che ci attende è un lago comunicante con il mare cosparso di Iceberg. Per la prima volta mi rendo conto di essere davvero a poche centinaia di km dal circolo polare. È una delle soste più belle del viaggio. Ci sono foche, uccelli e un silenzio irreale. Ogni tanto il rumore del ghiaccio che si stacca o si scontra. Bellissimo. In serata arriviamo alla fattoria Skatafell e pochi km da Hofn. È davvero una fattoria incantata. Alle spalle una montagna da cui scende una cascata, di fronte un fiume in piena che porta verso il mare l’acqua del ghiacciaio. Ceniamo come in famiglia con il cibo preparato dalla padrona di casa. 8 agosto 2005. Hofn – Neskaupstadur. 480 km. La giornata è dedicata alla vista dei fiordi orientali. Il tempo è quello che è. Piove e spesso c’e’ anche la nebbia. Per fortuna, quando arriviamo al fiordo più bello, il Sejdysfjordur la nebbia lascia posto al sole. Facciamo un bel giro e visitiamo l’omonima cittadina situata alla fine del fiordo. Certamente molti dei bei luoghi che abbiamo visitato nella giornata ci avrebbero fatto un effetto migliore se ci fosse stato il sole. Purtroppo la nebbia spesso ci ha letteralmente impedito di godere dei bei paesaggi che circondavano. Pernottiamo a Neskaupstadur all’hotel Capitano. L’albergo da fuori sembra una favela di latta blu e non invoglia certo, ma le camere sono accoglienti e pulite, sempre tenendo conto della media. Siamo gli unici ospiti e la proprietaria ci prepara una cena a base di pesce fritto. 9 agosto 2005. Neskaupstadur – Lago Myvatn. 365 km. Ci svegliamo ancora all’alba e dopo una sosta per benzina e acquisto del pranzo al sacco, partiamo di ottimo umore. C’e’ il sole e non c’e’ neanche una nuvola. Insomma la giornata butta bene. La meta della mattina è il Parco Nazionale di Jokulsarljufur, a nord. Ci arriviamo rapidamente passando per Egilsstadir. Ci fermiamo a Dettifoss, la cascata con la maggiore portata d’acqua d’Europa. Il paesaggio che ci attende non ha niente da invidiare al Grand Canyon americano (anche se qui è tutto più piccolo). Un canyon solcato da un fiume in piena improvvisamente diventa ancor più profondo, costringendo il fiume ad un salto di 50 metri. Il fragore è impressionante e le sensazioni incredibili. E poi il sole rende i colori del paesaggio davvero affascinanti. Dopo una lunga passeggiata ai bordi della cascata procediamo verso il canyon di Asbyrgi a forma di ferro di cavallo. Ci inerpichiamo sull’”isoletta” di Eyan, al centro del canyon. Siamo soli (cosa ricorrente in questo viaggio) e c’è un sole magnifico. Arrivati in cima provo l’ebbrezza di rimanere a torso nudo e pantaloncini corti a non più di 100 km da Circolo Polare. Pranziamo al sacco sotto il sole. Ripartiamo verso Husavik. Vogliamo imbarcarci su uno dei tanti battelli che fanno il giro della baia in cerca di balene e delfini. Nell’arco di meno di un’ora passiamo dal caldo sole al gelo e alla nebbia del mare aperto (il tempo cambia rapidamente da queste parti). Siamo nel mare glaciale artico e passiamo tre ore sperando di avvistare qualcosa. Di balene nessuna traccia, ma in compenso vediamo un sacco di delfinoni che nuotano in branco a poca distanza dalla barca. Bella esperienza. Ceniamo in un ristorante davvero carino frequentato dai locali nel porticciolo del paesino e partiamo alla volta della fattoria che ci ospiterà per la notte, non distante dalla zona del lago Myvatn 10 agosto 2005. Myvatn – Akureyri. 214 km. Dopo una breve sosta a Godafoss, la cascata degli dei, la giornata è dedicata alla visita dei crateri del vulcano Krafla e delle sorgenti geotermiche con i soffioni sulfurei del lago Myvatn. Ci fermiamo all’info center per comprare una retina che proteggerà le nostre facce dai fastidiosi moscerini di cui è invasa la zona. Visitiamo le zone di Namafjall dove facciamo la scalata al craterino da cui si gode una fantastica vista sui soffioni. Mozzafiato la visita alle spaccature della crosta terrestre in corrispondenza del punto più alto del Krafla, pochi chilometri e nordo ovest di Namafjall. Il Krafla in realtà non assomiglia affatto all’immagine consueta che si ha dei vulcani. Infatti è costituito da una serie di spaccature fumanti che corrono in direzione nord-sud e sotto le quali si trova un immenso bacino magmatico. A intervalli di qualche anno il serbatoio si riempie e la lava fuoriesce dalle fenditure riempiendo le aree circostanti. Gli odori e il fumo che escono dalle spaccature conferiscono al luogo un non so che di primordiale. Esausti per la giornata ci fermiamo a fare il bagno nella locale laguna blu e ci dirigiamo verso Akureyri dove pernottiamo dopo una cena al Bautinn, un ristorante frequentato da gente del posto dove si mangia anche la carne di balena, che io assaggio. È simile alla carne di mucca. Rapido giro a piedi della cittadina e a nanna. 11 agosto 2005. Akureyri – Rejkiavik. 435 km. Decidiamo di affrontare il rientro a Rejkiavik percorrendo il selvaggio interno dell’Islanda occidentale. Lasciamo quindi la Ring Road all’altezza di Blonduos e ci immettiamo sulla pista di Kjolur (strada n. 35) che attraversa l’islanda in mezzo ai ghiacciai di Langjokull e Hofsjokul. La pista è sterrata e in medie condizioni, ma sconsigliabile alle vetture normali. Noi con il nostro Jimny non abbiamo problemi. Il paesaggio che via via si sussegue è fantastico: da zone verdissime e piene di pecore a zone desertiche senza un filo d’erba. In queste lande desolate gli astronauti che sono sbarcati sulla luna sono venuti a fare dei test di preparazione. Tutt’intorno ghiacciai e vallate stupende. Ovviamente non incontriamo quasi nessuno e la copertura gsm è assente. Facciamo tappa alla zona geotermale di Hveravellir e da qui deviamo per una pista di 12 km fino a Pjofadolir, alla bocca della calotta glaciale del Langjokull. Pranziamo in completa solitudine in compagnia di una vista incredibile sulla vallata sottostante dove passa anche un branco di cavalli islandesi. Ritorniamo sulla pista n.35 e proseguiamo per varie ore fino al termine, in corrispondenza della più famosa cascata d’islanda: Gullfoss. Doppio salto in un canyon angusto e profondo che crea un effetto di spruzzi verticali incredibile. Quando c’e’ il sole gli spruzzi creano decine di arcobaleni. Poco dopo ci fermiamo a Geysir per assistere allo spruzzo di acqua bollente da cui hanno preso il nome tutti i geyser della Terra. A questo punto mancano ca. 100 km a Rejkiavik che percorriamo con calma. All’arrivo nel traffico cittadino ci rendiamo conto di non essere più abituati a vedere tanta gente tutta insieme… Ceniamo in una steak house nel centro (carissima anche se nella media dei ristoranti islandesi) e andiamo in hotel a fare le valige. 12 agosto 2005. Rejkiavik – Milano. Abbiamo tutta la mattina per visitare la capitale più a nord d’Europa. Giriamo a piedi fino alla cattedrale che domina il centro storico, visitiamo i quartieri tutt’intorno e i giardini. La città è ancora addormentata dopo i bagordi del solito Runtur del fine settimana. Riconsegniamo l’auto all’Hertz e purtroppo perdiamo l’autobus per l’aeroporto. Ci tocca prendere un taxi (famosi per essere tra i più cari al mondo). Proviamo l’ebbrezza di pagare 7500 corone (100 euro ca) per percorrere 30 km. Pazienza. Il volo parte in orario e arriva a Malpensa con qualche minuto di anticip