Selvaggia, incontaminata e purissima: Islanda in 6 giorni tra spiagge di diamanti e vulcani fumanti

Scritto da: Elle67
selvaggia, incontaminata e purissima: islanda in 6 giorni tra spiagge di diamanti e vulcani fumanti

L’Islanda non ti accoglie sempre a braccia aperte. Il più delle volte ti colpisce con raffiche di vento miste a pioggia pungente ma se riesci a non scoraggiarti poi ti ripaga con paesaggi unici al mondo ed emozioni intense, estreme come il suo clima. Anche l’aria islandese è diversa, così pura che pizzica. L’anno scorso pensavamo di andarci una volta e poi esplorare altri posti e invece, non riesci mai a dire basta. L’anno scorso in 15 giorni abbiamo fatto il ring completo con tutti i must see, esclusi i fiordi occidentali, con qualche puntata all’interno. Quest’anno in una settimana ci siamo concentrati sulla parte sud da Keflavik a poco dopo Stafafell, ma le puntate all’interno sono state più numerose anche se non tutte andate a buon fine, a malincuore un paio di volte abbiamo capito che era meglio tornare indietro. Di certo non ci è mancata l’avventura! E siamo riusciti a non affogare l’auto in nessun fiume, il che non era scontato. 

Diario di viaggio in Islanda

Giorno 1 – Kerlingafjoll

Dopo ritiro auto e spesa, obbligatoria la visita al vulcano che stava eruttando (oggi è spento). C’è una strada privata che ti permette di arrivarci, sembrava facile perchè abbastanza piatta ma diluviava (forse da giorni) e in buona parte era impercorribile perchè piena di fango. Quindi devi uscire e camminare ai bordi, su un campo di vecchia lava, il terreno più accidentato in cui si possa camminare. Sono solo 5 km ma con il ritorno diventano 10 e tutti sotto il diluvio ci sono sembrati una cinquantina! Il vulcano era ancora bello attivo ma con tutta quell’acqua i colori erano spenti, la lava rossa non si riusciva a vedere da una posizione sicura, salvo affittare un elicottero che sarebbe costato come un’intera vacanza. Pazienza, ci saranno altri vulcani. Al ritorno non avevamo più nulla di asciutto ma fortunatamente avevamo le valigie in macchina, ci siamo rifugiati in un posto a mangiare qualcosa e ne abbiamo approfittato per cambiarci. Poi 4 ore di auto su una strada che sembra un campo minato per arrivare al Kerlingafjoll! L’unico hotel della zona ci accoglie benissimo, è veramente bello. Ci riprendiamo dal freddo della mattina nella loro pozza di acqua caldissima e facciamo una bellissima dormita. 

Giorno 2 – Raudufossar

Il Kerlingafjoll è un altopiano nel cuore dell’Islanda, si trova in mezzo a due ghiacciai ad un’altezza tra 1000 e 1500 metri ed è famoso per avere un clima infernale. L’anno scorso abbiamo aspettato un’ora in auto che si placasse la tempesta, poi siamo arrivati solo all’inizio del sentiero e abbiamo capito che non si poteva andare avanti. Quest’anno siamo riusciti a fare un centinaio di metri, scendere una “scala” con scalini immersi in pozze di fango appiccicoso con strapiombo a destra e a sinistra poi abbiamo capito che era meglio tornare indietro, non ci saremmo goduti per niente il paesaggio e rischiavamo di farci male: vento tremendo, pioggia orizzontale, 3 gradi. Siamo tornati tristemente a valle raccattando per strada due giovani olandesi, anche loro congelati. Altre tre ore di buche e arriviamo nella zona del vulcano Hekla. Cartelli con avvertenze terrificanti tipo “cosa fare se il vulcano inizia ad eruttare” ma da quello che ho capito il pericolo è soprattutto d’inverno quando è pieno di neve perchè ci sarebbero immediatamente delle valanghe. In ogni caso se iniziano i terremoti che precedono un’eruzione ti arriva un messaggio sul telefono. Proviamo a raggiungere la cima ma la strada è fatta di cenere e le quattro ruote motrici non bastano. Ammiriamo il panorama da dove siamo (tra l’altro più in alto c’erano solo nuvole) e scegliamo un altro vulcano. Il Rauðaskál crater per me è uno dei più belli, colori verde e bordeaux, stupendo! Tra l’altro adesso il tempo è variabilissimo: piove, sole, nuvolo e ricomincia, con cicli di 10 minuti. Tra una piovuta e l’altra arcobaleni bellissimi che ci siamo stancati di fotografare. Proseguiamo fino alla Raudufossar waterfall, una cascata molto particolare, che scende appoggiata su una parete arancione, in un paesaggio fiabesco. Abbiamo fatto un bel giro nella zona ammirando gli arcobaleni e poi purtroppo non avevamo più gambe per fare altro: rimangono per la prossima volta il Krakatindur e il Rauðufossafjöll. La strada comunque regala bellissimi panorami, è una di quelle che si può fare per andare al Landmannalaugar, un posto meraviglioso che abbiamo già esplorato l’anno scorso. Dormiamo a Hella. 

Giorno 3 – Thorsmork

Abbiamo prenotato l’autobus 4×4 per andare nella valle di Thor, Thorsmork. Ci si arriva solo con veicoli speciali, e anche l’autobus ha fatto una bella fatica per attraversare il famigerato fiume Krossa. Quasi ogni giorno recuperano un’auto che si è fermata a metà del guado, anche se ci sono cartelli ovunque che avvisano del pericolo. La valle è un posto particolare, secondo me paesaggisticamente non è tra i più interessanti, anche se la vista dall’alto del percorso sul monte Valahnúkur merita la salita e da lì si vede anche il famigerato ghiacciaio Eyjafjallajökull. Abbiamo fatto anche altri percorsi ma non sono particolarmente interessanti. Volevamo fare il canyon Stakkholtsgjá ma per farlo è necessario ripassare il fiume ed è troppo largo per passarlo a piedi, quindi abbiamo dovuto rinunciare. Il lato interessante di questa valle è che è il punto di arrivo di due dei percorsi più famosi dell’Islanda, il Laugavegur (che dura 4 giorni) e il Fimmvorduhals che si può fare in giornata (per chi ce la fa, sono 30 km). Ci sono tre campeggi ben organizzati e un ambiente molto cordiale e informale, con grande predominanza di gruppi di giovani. Il viaggio in autobus è comodo, il guado emozionante!  Mangiamo un hamburger a Volcano Huts in attesa del bus di rientro e poi guidiamo fino a Vik dove dormiamo. 

Giorno 4 – Spiagge nere, Fjaðrárgljúfur

Volevamo provare ad arrivare nella zona del Maelifell, per questo abbiamo noleggiato un 4×4 abbastanza alto, ma la sera prima chiudono la strada, è “impassabile”! Ci credo, con quello che è piovuto! È andata comunque bene, l’anno scorso le inondazioni hanno fatto crollare un ponte sul ring e per due giorni sono tutti rimasti bloccati. Quindi ce la prendiamo comoda per rivedere le spiagge nere di Vik, sia la Dyrhólaey (endless black beach) che Reynisfjara. Ci arriviamo al mattino presto prima che arrivino i pullman, sono sempre belle e hanno un gran fascino. Il tempo è migliore dell’anno scorso, infatti ci torniamo per quello perchè dal view point non si era riusciti a vedere quasi nulla causa nebbia, ma quest’anno ci sono pochissimi puffin, l’anno scorso era pieno. Ci spostiamo a piedi e poi in macchina tra un promontorio e l’altro fino a Reynisdrangar View. Vale la pena ammirare il paesaggio, davvero meraviglioso. 

Poi decidiamo di andare verso il Maelifell, non ci arriveremo ma almeno vediamo com’è la F208 sud. Effettivamente il paesaggio merita, arriviamo al primo guado verso il Landmannalauger e anche se sembra non ci sia molta acqua inizia a piovere e non promette nulla di buono, quindi torniamo verso il Ring. Sosta al Fjaðrárgljúfur, un canyon che sembra finto da quanto è perfetto! Facciamo tutto il percorso, leggero e molto piacevole. Dormiamo in un hotel vicino al ghiacciaio ma orrendo, pieno di animali impagliati e senza wi-fi.

Giorno 5 – Hvalnes, Diamond Beach

Guidiamo fino alla Hvalnes Nature Reserve Beach dove l’anno scorso avevamo visto centinaia se non migliaia di cigni selvatici, ma quest’anno ce ne sono molti meno. C’è però un bel faro arancione e la vista merita.  Tappa seguente Hvannagil, facciamo una lunga camminata, il paesaggio è diverso da solito. Al ritorno ci troviamo in mezzo a una ultra marathon o qualcosa del genere, noi in senso contrario! Meno male che erano in pochissimi e molto distanziati, che correvano in salita, non so come facessero. Per lo più donne! Che forza queste islandesi!

Iniziamo il ritorno verso sud, lasciamo Vestrahorn per un’altra volta perchè vogliamo fare la F985, l’unica strada che corre di fianco a un ghiacciaio! Sì ma prima sale, sale, sale…si stringe, pende sempre di più, piena di buche e grosse pietre, con spaventosi burroni, ponti di legno, e infatti su quella strada ci vanno quasi solo le super jeep. Più saliamo più le nuvole sono vicine, e se ci troviamo in mezzo e non vediamo più niente? Arrivati al ponte sulla cascata abbiamo deciso di provare a proseguire a pieni, ma avevamo ancora 5 km e con quella salita erano troppi. Poi il rischio è di arrivare e non vedere a un palmo dal naso per la nebbia, non l’avremmo presa bene! 

Impossibile non fermarsi alla Breiðamerkursandur, la Diamond Beach, anche se l’abbiamo già vista l’anno scorso. Questa volta però la marea non è favorevole perchè ci sono meno diamanti, ma è comunque uno spettacolo da vedere. Facciamo un giro anche sui due lagoon, il Jökulsárlón che è quello più grande e il Fjallsjökull, più piccolino ma quasi senza pubblico.  Mi sarebbe piaciuto fare il Mulagljufur Canyon ma è troppo tardi, sarà per la prossima volta. Torniamo a dormire vicino a Vik.

Giorno 6 – Viking Park, Skogafoss

Iniziamo dal Viking Park, ci sarebbe piaciuto fare il percorso ma è difficile da trovare, non sembra segnato, quindi ci limitiamo alla Gígjagjá (la grotta a forma di Yoda) e a una bella passeggiata sulla spiaggia. Andiamo a vedere un altro ghiacciaio, il Sólheimajökull. Molto bello, ci arrivi molto vicino anche senza fare un’escursione guidata. Poi torniamo alla cascata Skogafoss per rivederla ma soprattutto per rifare almeno la prima parte del Fimmvörðuháls trail. L’anno scorso ne avevamo fatto un pezzo ma c’era molta foschia. Era comunque un paesaggio bellissimo ma quest’anno è diverso. Facciamo un paio di passaggi non facili ma quando arriviamo a un guado più difficile e contemporaneamente inizia a piovere a dirotto decidiamo di rientrare (circa 3,5 km dall’inizio). 

Ci aspetta un’altra cascata (Nauthúsafoss) in fondo a un canyon (Nauthúsagil), che è sulla strada per Thorsmork ma prima dei guadi. Devi passare da un sasso all’altro per non bagnarti ma all’inizio è fattibile, c’è comunque poca acqua e al massimo ti bagni i piedi. Poi invece c’è un guado con più acqua e subito dopo una salita in cui devi aiutarti con una catena. A salire forse ce la faccio, ma poi al ritorno a scendere? Ok, per oggi può bastare, anche perchè ovviamente piove. È la nostra ultima serata, quindi ci facciamo una bella cenetta al Midgard Restaurant & Bar di Hvolsvöllur dove mangio un cosciotto d’agnello buonissimo. Dormiamo a Hella. 

Giorno 7 – Reykjanes

Dedichiamo la giornata alla penisola di Reykjanes. Facciamo un giro attorno ai laghi Gígvatnsvatn e Kleifarvatn, molto belli, anche perchè oggi, ultimo giorno, splende il sole e il cielo è quasi completamente azzurro! Poi andiamo a esplorare la zona Keilir ma attenzione, non lo rifarei. È bella, ma nulla di speciale ma la strada per arrivarci è messa veramente male, devi guidare pianissimo per enormi sassi e buche e quindi ci vuole una vita, e il paesaggio è bello ma non merita questa fatica. Tra l’altro senza uscita, quindi devi farla anche al rientro. Però alla fine abbiamo trovato delle pozze calde, ma di quelle a 100 gradi a cui è meglio non avvicinarsi. 

Ci spingiamo fino alla punta Reykjanes Lighthouse, a me questo posto piace tantissimo, ci sono le due tastiere del film Eurovision Song Contest: the Story of Fire Saga (da vedere prima di fare il viaggio), una statua a un cormorano, degli scogli meravigliosi, un bel faro, e al bar c’è la spiegazione del tremendo terremoto che ha cambiato la geografia di quella punta. Andiamo a vedere il Bridge Between Continents e poi la Brimketill Lava Rock Pool. Ci è rimasta la voglia di vedere bene il vulcano, anche se sembra stia calando l’attività. Però non abbiamo nessuna voglia di rifare quella strada fangosa, quindi ci concediamo un lusso e prenotiamo il super bus. Viaggio molto divertente ma quando arriviamo il vulcano è spento. Esce solo fumo. Va beh, ci siamo divertiti nel viaggio, abbiamo tempo per scalare una montagna e vedere tutto il nuovo campo di lava mentre pianifichiamo il ritorno. No, non quello a casa, quello in Islanda! Vedremo se nel 2026 riusciremo a conquistare il Kerlingafjoll!

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