Irlanda: su e giù lungo la Rocky Road

A spasso per le vie delle maggiori città, tra gli incantevoli paesaggi di campagna, alla scoperta delle sorprendenti gastronomie di un paese magico: la verde Irlanda
Scritto da: Luca Cabrini
irlanda: su e giù lungo la rocky road
Partenza il: 10/09/2015
Ritorno il: 17/09/2015
Viaggiatori: 2
Spesa: 500 €
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Racconto di una vacanza iniziata quasi per caso, con la richiesta di un amico: “Starò per tre mesi su in Irlanda, ti prego, vienimi a trovare!”. Un viaggio di sette intensi giorni, a spasso per le vie delle maggiori città, tra gli incantevoli paesaggi di campagna, alla scoperta delle sorprendenti gastronomie di un paese magico: la verde Irlanda.

Quest’anno fa caldo. L’afa è insostenibile fin dal mattino e non accenna a mollare la presa nemmeno quando arriva la sera. È appena iniziato agosto e sembra che quest’estate sia già durata un’eternità. Fa troppo caldo. La prospettiva che ogni giornata si debba ripetere identica alla precedente, ancora e ancora, per più di trenta volte, in attesa che finalmente arrivi un po’ di frescura, è insostenibile. Non amo il caldo, mi priva di tutte le energie… devo correre ai ripari. Devo trovare il luogo giusto e andarmene in vacanza. Ma dove? Sono in cerca di sollievo dalla canicola, quindi le possibilità sono due: salire di quota, oppure di latitudine. Scelgo la seconda: in montagna ci vivo già, quindi puntiamo a visitare un paese del nord. La sola idea mi fa già sentire meglio, ma le mete possibili sono molte: quale scegliere? Per una volta mi piacerebbe sentire di nuovo l’aria dell’oceano, quindi escludiamo l’Europa continentale. Volare in aereo è il mio modo preferito di viaggiare, quindi le isole britanniche sono le candidate ideali. Pensandoci bene, mi piacerebbe un sacco visitare l’Irlanda: da quello che ho sempre sentito dire, il suo clima è così variabile che mi sembra l’ideale per staccarsi dalla monotonia di questa estate italiana. E poi il mio amico Davide sta trascorrendo questi tre mesi estivi proprio nella città di Cork, per un programma di studio e lavoro, quindi potrei approfittarne per fargli una bella visita… Dunque è deciso: destinazione, Irlanda!

Prima di tutto il resto però, devo trovare qualcuno con cui condividere la vacanza: quando si viaggia e ci si vuole divertire, è sempre meglio essere in compagnia, no? Fatto un giro di telefonate e di messaggi su Whatsapp, Jacopo risponde prontamente all’appello. È appena tornato da una settimana a Londra, ma è già pronto per ripartire alla volta dei paesi anglosassoni. Buttando un occhio al calendario, il periodo più adatto per realizzare il nostro piano di vacanza è l’inizio di settembre: la partenza è prevista per giovedì 10, quindi meglio affrettarsi con le prenotazioni, se non vogliamo rischiare di spendere un patrimonio. Tra le compagnie aeree a portata di salvadanaio, Aer Lingus è quella che offre il servizio migliore per le nostre esigenze: partenze per Dublino al mattino da Linate e arrivi a Malpensa la sera, la combinazione perfetta per non sprecare tempo una volta arrivati a destinazione. Il nostro programma si presenta fitto di incontri e di cose da vedere, quindi optiamo per prenotare il pernottamento in vari bed and breakfast; dopotutto, non avremo di certo il tempo per goderci i fasti delle camere d’hotel! Con l’ora della partenza che finalmente incalza, ci accingiamo a riempire la valigia con tutto il necessario per affrontare il famigerato, ma altrettanto sospirato, clima irlandese.

Il giorno della partenza, siamo in aeroporto verso metà mattinata; dopo aver aggirato il traffico di Milano provenendo da Torino, arriviamo finalmente al terminal di Linate, carichi di bagagli e di aspettative. Il volo procede senza un intoppo e il cambio di fuso orario ci restituisce un’ora in più per esplorare la nostra prima meta: la città di Dublino. Il bus che dall’aeroporto ci accompagna in centro ci permette di avere un primo colpo d’occhio sul centro della capitale; percorrendo la strada che costeggia il canale principale, ci colpisce il gran numero di ponti che uno dopo l’altro permettono di attraversare la via d’acqua. Dal sedile dell’autobus a due piani notiamo inoltre che tra i passanti non si vedono due persone vestite allo stesso modo: chi indossa un cappotto cammina a fianco di chi sfoggia una semplice canottiera, chi porta i pantaloni lunghi e le scarpe alte è accompagnato da chi invece porta i pantaloncini e calza le infradito. Siamo decisamente confusi; quale temperatura troveremo, una volta scesi dall’autobus?

La risposta non tarda ad arrivare: Dublino ci accoglie con un abbraccio mite, un’arietta frizzante che richiede appena di infilare le una felpa leggera e un cielo punteggiato di nuvole passeggere dall’aspetto innocuo. Perfetto. Unico appunto, utile da tenere a mente anche per i futuri visitatori, è quello di fare attenzione alle improvvise folate di vento decisamente più freddo rispetto alla temperatura media dell’aria, che possono colpire da un momento all’altro, svoltando ad ogni angolo di strada. Per prevenire indesiderati mal di gola e preservare la capacità di favellare, indosso immediatamente uno scalda collo di stoffa leggera, dal quale non mi separerò per il resto della vacanza; parola mia, ha funzionato egregiamente.

Per questa prima mezza giornata irlandese, Jacopo e io decidiamo di limitarci a un rapido tour a piedi nel centro della città. L’indomani partiremo alla volta di Cork per trascorrere quattro giorni insieme al nostro amico Davide, quindi non abbiamo molto tempo a disposizione e non vogliamo perderne altro a disfare troppo i bagagli. Abbiamo scelto di trascorrere la notte in una stanza all’interno del campus del Trinity College, il più grande centro universitario della capitale, quindi ci rechiamo all’ingresso del complesso per lasciare in camera le nostre valigie. Essendo appena scesi dall’autobus non ci rendiamo subito conto delle effettive dimensioni del college, ma grazie al fatto che gli appartamenti per i visitatori si trovano all’estremità opposta del campus rispetto all’ingresso, dopo più di un quarto d’ora di camminata appesantita da zaini e borsoni, ce ne siamo fatti un’idea piuttosto precisa.

Una volta trovato alloggio e sistemati i nostri effetti personali, finalmente usciamo in strada, decisamente alleggeriti e con un certo appetito. Ci dirigiamo verso il canale del fiume Liffey, che attraversa il centro cittadino da ovest a est per sfociare nella baia di Dublino, in prossimità del porto. Per non iniziare la nostra marcia a stomaco vuoto, ci saziamo con un hamburger (il primo di tanti), quindi, mappa della città alla mano, procediamo a risalire il corso del Liffey, attraversando tutti i ponti che incontriamo lungo il cammino. Il percorso non richiede molto tempo: camminando senza troppa fretta e serpeggiando tra una riva e l’altra del canale grazie ai ponti che si susseguono a poca distanza l’uno dall’altro, in poco più di mezz’ora ci troviamo all’estremità occidentale della zona che le guide turistiche definiscono degna di essere visitata. Tuttavia, essendosi fatte le sei di sera, troviamo i musei e le chiese oramai chiusi al pubblico, cosicché siamo costretti a fare dietrofront, dirigendoci nuovamente verso il college. Strada facendo afferriamo un panino al volo e attraversiamo il vivace quartiere di Temple Bar, dove si concentrano i pub più attivi e colorati della città. Purtroppo, nonostante l’atmosfera allegra e invitante, non possiamo concederci il lusso di fermarci per una birra e un po’ di musica, poiché l’ora della sveglia che abbiamo puntato per l’indomani incombe su di noi impietosa: le cinque e tre quarti del mattino!

Il secondo giorno, usciamo dal confortevole alloggio del Trinity College che il cielo è ancora buio, accompagnati e risvegliati dalle grida stridule dei gabbiani. Una volta a bordo dell’aircoach diretto verso la città di Cork, situata nell’omonima contea nel sud dell’Irlanda, non facciamo certo fatica a riaddormentarci e a rimanere assopiti lungo quasi tutto il viaggio, che dura circa tre ore. Al nostro secondo risveglio, ci troviamo sotto un cielo decisamente più simile a quello che ci si può aspettare pensando alle più classiche descrizioni di questa verde e imprevedibile isola: nuvole fitte e intervalli di pioggia scrosciante. In un certo qual modo, ci sentiamo rassicurati vedendo confermate le nostre aspettative. Come prima cosa ci rechiamo svelti all’indirizzo del nostro prossimo alloggio: un accogliente bed and breakfast a conduzione familiare, convenientemente situato vicino alla fermata del bus, dove ci aspetta Olive, la gentilissima proprietaria che non solo ci permette di scegliere una stanza a nostro piacimento, ma ci sommerge anche di consigli su cosa visitare in città. Dopo più di mezz’ora passata a chiacchierare, con un buon tè e qualche biscotto per gradire, lasciamo i bagagli e una mole di volantini informativi nella nostra nuova stanza e prendiamo congedo: è mezzogiorno e abbiamo appuntamento con Davide per il pranzo.

La pioggia non ha ancora accennato a darci tregua, e il venticello che la trasporta rende i nostri ombrelli poco utili, così siamo costretti a orientarli davanti a noi, più come scudi per il volto che come riparo contro l’inzuppamento. Arrivati all’angolo del college dove lavora il nostro amico, con la visuale limitata dai nostri miseri ombrellini, ci accorgiamo che qualcun altro è in attesa al semaforo davanti a noi, qualcuno che con questa pioggia indossa le scarpe da ginnastica senza calze. “Questo non può che essere lui”, mi viene subito da pensare. E infatti non mi sbaglio. Davide, quasi più sorpreso di noi da questo incontro, ci accoglie in città come solo gli italiani all’estero sanno fare: con un generoso piatto di pasta condito con il ragù della nonna che si è portato da casa. Essendo partiti a malapena da un giorno, questo pranzo non ha un sapore esattamente nostalgico!

Ma la riunione con il nostro giovane compatriota deve presto interrompersi: dopo un’ora libera per il pranzo, Davide deve tornare al suo lavoro al college, quindi ci diamo appuntamento a più tardi. Io e Jacopo passiamo il resto del pomeriggio a girovagare per le vie di Cork, cercando di tanto in tanto riparo dalle raffiche di pioggia più intense in qualche negozietto del centro. Così facendo scopriamo l’English Market, un affascinante mercato riparato che si snoda in diversi vicoli del centro e offre una varietà di prodotti gastronomici, così colorati e invitanti, che ci lascia a dir poco strabiliati. Nel tempo che ci avanza, decidiamo di visitare qualcuna delle chiese che punteggiano la città con i loro campanili. Tra tutte, ci soffermiamo ad ammirare in particolar modo la cattedrale dedicata a San Finbar, il fondatore della città. Ci colpisce la ricercatezza delle sue decorazioni, realizzate con materiali semplici ma finemente elaborati; e mentre un ragazzo di Palermo ci fa da guida lungo la navata, ci dimentichiamo perfino della pioggia che cade incessante. Ce ne ricordiamo però non appena usciti, ricevendo così uno scrosciante battesimo che ci costringe a ritornare di corsa alla nostra stanza.

Una volta cambiati gli abiti, diventati completamente fradici nel giro di dieci interminabili minuti, ci ritroviamo nuovamente con Davide, stavolta ben muniti di mantellina e impermeabile, che ci accompagna con passo esperto in un tour delle vie più caratteristiche del centro. Dopo un’ampia panoramica sui pub più frequentati, decidiamo di tentare l’ingresso in uno dei locali preferiti dal nostro amico: l’Oliver Plunkett pub. A quanto pare siamo fortunati, la band al secondo piano sta ancora suonando musica folk, così ne approfittiamo per sederci a un tavolo e goderci la fine del concerto davanti a una pinta delle varie tipiche birre del posto. Terminata l’esibizione musicale, è infine ora di cercare qualcosa da mettere sotto i denti. La cucina del pub è ormai chiusa e perciò optiamo per il cibo da strada; all’unanimità, scegliamo di recarci in uno dei più invitanti chioschi di fish and chips. Raggiunta la nostra meta, non ci resta che l’imbarazzo della scelta: non avrei mai immaginato che in Irlanda ci fossero così tante varietà di merluzzo. Rientriamo finalmente nella nostra spaziosa camera, dove consumiamo il nostro ambito pasto, che tuttavia scopriamo essere molto più “chips” che “fish”… Ma una volta che l’appetito è stato saziato, non ci si può lamentare, quindi riaccompagniamo Davide a casa e ci prepariamo per un meritato riposo; l’indomani ci aspetta un’intera giornata al mare!

Il mattino del terzo giorno appare promettente. In cielo si vedono pochissime nuvole e le prospettive del meteo sono di bel tempo. Fatta colazione, ci dirigiamo tutti e tre alla stazione degli autobus e nel giro di una ventina di minuti eccoci arrivati nella cittadina portuale di Kinsale, che domina su una piccola baia situata lungo la costa a sud di Cork. Finalmente, respiriamo a pieni polmoni la fresca aria dell’oceano. Un rapido check-up dell’equipaggiamento fotografico, e siamo pronti a esplorare le meraviglie di questa perla del sud-ovest dell’Irlanda, centro rinomato in tutta l’isola per la qualità delle sue specialità gastronomiche. Prima di tutto però, bisogna fare un giretto in barca, sostiene Davide, uno di quelli decisamente fuori dall’ordinario. Arrivati al molo, adocchiamo la ragione del suo entusiasmo: una ditta locale offre infatti la possibilità di noleggiare piccole imbarcazioni a motore, lasciando così i turisti liberi di navigare in completa autonomia. Superata una iniziale titubanza, Jacopo ed io affidiamo il comando del piccolo scafo affidatoci al nostro giovane skipper e, raccomandandoci alla bontà del cielo, molliamo gli ormeggi.

Presa confidenza con la conduzione del nostro modestissimo vascello, sul diario di bordo annoto: tempo stabile e navigazione tranquilla, a parte qualche onda presa un po’ troppo di punta dal capitano, con occasionale lavata di faccia, panorama mozzafiato. Navighiamo per una buona oretta, che sembra passare in un lampo, come purtroppo succede di solito. Arrivati fin al di fuori della baia, rivolgiamo la prua verso l’entroterra, decisi sfruttare l’ultimo quarto d’ora di noleggio risalendo un tratto del fiume che sfocia nel mare. Non abbiamo finito di girare un video per mostrare ad amici e parenti quanto sia bella ed eccitante la nostra giornata, che il proverbiale cielo, di cui sopra, ci dimostra ancora una volta la sua proverbiale ironia, scaricandoci addosso un temporale dal tempismo impeccabile e dall’acqua gelida. Tra epiteti poco lusinghieri rivolti alla dea Fortuna, abbiamo giusto il tempo di riportare l’imbarcazione al molo, e le nostre terga sulla terraferma, che ecco il sole mostrarsi nuovamente a noi. Ripartono le insinuazioni sulle alte sfere del firmamento. Perlomeno, dico io, stavolta in un baleno siamo di nuovo asciutti.

Ci mettiamo dunque in cerca di ristoro tra le vie colorate di Kinsale; il numero e la diversità dei ristoranti è davvero sorprendente e abbiamo solo da scegliere quale tipo di cucina ci attrae di più. Ci lasciamo convincere da un localino che propone cucina di mare, anche se, alla fine, nessuno di noi ordina un piatto a base di pesce. Il nostro pranzo, a base di zuppa del giorno, sandwich e verdure è comunque fenomenale: chi pensa che in Irlanda si mangi male, non ha che da fare un salto a Kinsale per ricredersi! Terminato il pasto, e conservato qualche avanzo nello zaino come scorta per più tardi, ci incamminiamo lungo la baia per visitare le fortificazioni che abbiamo scorto mentre solcavamo i flutti. La strada non è breve, ma il cielo si mantiene sereno e soffia solo una leggera brezza, che di tanto in tanto ci spinge a indossare le nostre giacche anti vento, per poi lasciarci a sudare sotto i raggi più che tiepidi del sole. Raggiunto il forte, ne approfittiamo per imparare qualcosa sulla sua storia e sulla vita delle milizie irlandesi che lo hanno occupato. Dopo la lezione fai da te, ci concediamo la libertà di esplorare i resti degli edifici per il puro piacere di portare a casa qualche scatto fotografico di grande effetto. Il verde dei prati, le pietre delle mura, il cielo e l’oceano ci regalano delle immagini incredibili, a cui non vorremmo mai dire basta.

Inizia però a farsi sera e bisogna decidere il da farsi: tornare a Cork oppure fermarsi ancora qui per cena? Una volta accertato che gli autobus partono anche la sera, avanzo una rispettosa richiesta ai miei due compagni di viaggio: sono venuto in Irlanda con il chiodo fisso di assaggiare per la prima volta in vita mia le ostriche, quale occasione migliore? La mia supplica viene graziosamente accolta: con l’acquolina in bocca, esprimo sommessa gioia. Ci avviamo dunque verso quello che all’apparenza sembra essere uno dei migliori ristoranti del centro; come volevasi dimostrare, è tutto pieno. Fortunatamente ci serviranno comunque, ma al bar, se abbiamo voglia di aspettare venti minuti per un tavolo libero; la determinazione non ci manca. Finalmente ordiniamo, tra altre prelibatezze, le tanto agognate ostriche: Jacopo non ne vuole sapere, mentre Davide è curioso di provarle, anche se sotto sotto non appare troppo convinto. Per farla breve, riporto la mia prima e personale impressione riguardo tale pietanza: il sapore ricalca quasi esattamente quello della salsedine, mentre la consistenza si presenta come decisamente mucillaginosa… In poche parole mi viene in mente la tipica sensazione di quando nuotando capita di inghiottire involontariamente una boccata d’acqua di mare. Non che la cosa mi lasci deluso o contrariato; anzi, mi piacerebbe provarle di nuovo. Magari sarà per un’altra occasione.

Domenica, il quarto giorno, piove. Il programma prevede svago, ma senza tralasciare la cultura; quindi cominciamo con la cultura, prima che lo slancio ci abbandoni. Ci rechiamo all’osservatorio della città di Cork, ospitato all’interno del Blackrock Castle, un tempo fortezza posta a difesa del porto e oggi trasformata in centro di divulgazione scientifica. Dopo una visita delle stupende installazioni interattive, che conquistano in un batter d’occhio l’attenzione dei neofiti delle scienze, così come appassionano i laureati come me, assistiamo a un breve ma istruttivo show all’interno della cupola del piccolo planetario gonfiabile allestito nel castello. Terminata la visita, e nel frattempo anche la pioggia, ci rifocilliamo con un gustoso spuntino nell’affollata caffetteria del Blacrock Castle. Ripartiti alla volta della città, visitiamo il piccolo forte abbarbicato sopra la collina che sovrasta la cattedrale di San Finbar, quindi procediamo in cerca del laghetto semplicemente conosciuto come “Lough”. Qui troviamo un gran numero di abitanti piumati: oche, cigni, gabbiani e compagnia bella, generosamente nutriti dai visitatori del parco. Al calar del sole riprendiamo la strada verso il nostro alloggio, dove ci prepariamo per una cena con spettacolo al nostro caro Oliver Plunkett pub, dove si esibisce dal vivo una delle più talentuose giovani rock band della città.

Arriva quindi il lunedì, il nostro ultimo giorno di visita a Cork. Davide deve riprendere il lavoro al college durante il giorno, quindi io e Jacopo visitiamo il parco e i magnifici giardini del Blarney Castle, che raggiungiamo dopo solo pochi minuti di autobus dal centro cittadino. Sfortunatamente oggi le nuvole non lasciano un solo spazio di cielo libero, ma la pioggia cade solo per brevi intervalli e senza la forza dei giorni precedenti, quindi il nostro equipaggiamento è più che sufficiente per mantenerci asciutti. Trascorriamo l’intera giornata passeggiando nel verde più assoluto, godendo della tranquillità quasi irreale che la campagna irlandese ci regala. Di tanto in tanto incontriamo qualche animale che come noi vaga serenamente nei prati: le mucche, i cavalli, gli asini e perfino i conigli sembrano incuranti del nostro quieto passaggio. Completato il giro dei meravigliosi giardini, ci mettiamo infine in coda per visitare il torrione medievale, che ospita la celeberrima “Blarney Stone”. Una diceria locale vuole che il baciare questa particolare pietra, situata al di sotto dei merli che cingono la cima al castello, conferisca il dono dell’eloquenza. Non sentendo il bisogno di incrementare questa mia particolare facoltà, e fiutando la bufala acchiappa-turisti, decidiamo di declinare l’opportunità; ciononostante, ci troviamo comunque costretti a intraprendere una lenta e interminabile salita lungo vertiginose le anguste scale a chiocciola che ci conducono alla sommità del castello.

Rientriamo quindi a Cork per incontrare Davide a cena, ma prima di recarci da lui facciamo ancora un salto all’English Market. Abbiamo deciso di ringraziarlo della sua compagnia così come lui ci ha accolto: regalandogli una doppia scorta di pasta e sugo all’italiana che, speriamo, possa bastargli per le ultime due settimane del suo soggiorno in Irlanda. Per la cronaca, a Cork un paio di scatole di pasta e due barattolini di sugo fanno la bella cifra di dodici e rotti euro. Ma sappiamo che ne varrà la pena e che il contenuto della nostra spesa sarà apprezzato ben più del pensiero. Per darci un commiato degno del nostro sentito omaggio, il nostro amico ci porta alla scoperta di un’esclusiva pizzeria, che più della pizza, offre un’ottima gamma di birre artigianali di propria produzione. Concludiamo la serata con una rinfrescante pinta di sidro, spillata in uno dei pub più antichi e famosi della città: l’elegantissimo Old Oak. Dopo un’ultima passeggiata panoramica sulla collina a nord di Cork, io e Jacopo richiudiamo le nostre valigie e salutiamo il caro Davide; lo rivedremo prossimamente, al suo ritorno in Italia.

La mattina di martedì affrontiamo il viaggio di ritorno in aircoach a Dublino, messi al tappeto da una colazione “full Irish” che sembra fatta apposta per stendere anche un lupo famelico. Si farebbe più in fretta a elencare quale tipo di salume, affettato o insaccato non era presente nel piatto che ci ha accolto al momento del risveglio! Arriviamo nuovamente nella capitale verso mezzogiorno, ma di far pranzo, nessuno dei due vuole saperne. Mentre aspettiamo di poter spostare i nostri bagagli nella stanza del nostro nuovo bed and breakfast, ci accontentiamo di bere qualcosa in un pub: una cola e un caffè molto annacquato, giusto per la cronaca. Avendo già esplorato velocemente i quartieri del centro durante la nostra prima tappa in città, sappiamo come e dove muoverci per visitare i luoghi che più ci interessano. I parchi verdi e i principali musei di Dublino si concedono gratuitamente alla nostra vista; sopra di noi, un cielo magnifico ci sorride senza riservarci brutte sorprese. Arrivate le sei di sera, l’unico edificio ancora visitabile è la suggestiva Christ Church Cathedral, uno dei più antichi e importanti centri di scambio della Dublino medievale.

Completata anche questa visita, ci concediamo finalmente il secondo pasto della giornata, lasciandoci invitare all’interno di un pub dall’aria piuttosto pretenziosa, che sfoggia un menù non esattamente adatto ad eventuali clienti vegetariani. E nemmeno a quelli astemi. Dopo la cena, a base di ali di pollo piccante e Guinness, ci concediamo una passeggiata più rilassata nel colorato quartiere di Temple Bar, dove assistiamo alle performance dei vari musicisti che si esibiscono per strada. Sulla strada del ritorno verso il nostro alloggio, siamo catturati dagli sfavillanti magazzini che vendono un’infinità di gadget e souvenir per turisti. Decidiamo che questa sarà l’ultima meta del nostro soggiorno, quando potremo spendere liberamente ciò che rimarrà dei nostri euro in magliette e ricordini vari. Come ultima cosa ci affrettiamo a preparare gli zaini: la nostra prossima giornata sarà interamente occupata da una gita fuori porta nell’Irlanda del Nord.

Partiti di buon’ora a bordo di un pulmino tutto verde, tenuti svegli o quasi da una guida turistica particolarmente vivace, attraversiamo in breve tempo il confine con il Regno Unito, diretti verso la costa all’estremo nord dell’isola. Dopo una rapida sosta fotografica presso le Dark Hedges, un viale di faggi usato come set per le riprese della famosa serie televisiva “Il Trono di Spade”, raggiungiamo il sito panoramico di Carrick-A-Rede. Qui, uno stretto ponte di corda permette di raggiungere un promontorio a picco sulle onde dell’oceano sottostante. In questo momento ci rendiamo conto dell’inverosimile fortuna di cui godiamo oggi: un’altra giornata limpida e con il cielo quasi completamente privo di nuvole! Siamo veramente in Irlanda?

Ma il clou dell’escursione è ancora tutto da scoprire: la Giant Causeway, altrimenti nota come il “selciato del gigante”. Questa formazione rocciosa, che costituisce un’ampia porzione della costa oceanica che si presenta davanti a noi, è caratterizzata dalla presenza di alte colonne esagonali di basalto, un tipo di roccia risultato del rapido raffreddamento subito da una colata di lava che raggiunge la superficie della crosta terrestre. Rimaniamo ancora una volta incantati dalla magnifica giornata e dall’incredibile fascino che suscita in noi questo paesaggio dall’aspetto ancestrale, che non a caso è stato dichiarato patrimonio dell’umanità dall’UNESCO. La maestosità della natura è tale da farci perdere la cognizione del tempo, cosicché siamo costretti, a nostro malgrado, a fare ritorno al nostro autobus quasi di corsa.

Sulla via del ritorno verso Dublino, facciamo una breve sosta a Belfast, capitale dell’Irlanda del Nord e città dalla storia quanto mai travagliata. Girovagando velocemente per le vie del centro, notiamo a primo sguardo un’atmosfera decisamente più britannica rispetto alle altre città irlandesi visitate finora. I palazzi e gli edifici qui sono decisamente più alti rispetto a quelli di Dublino, e la nostra visita lampo ai monumenti e ai negozi più facilmente accessibili ci lascia un’impressione di austera eleganza, in stile davvero molto british. Ci piacerebbe prolungare la permanenza e scoprire più a fondo il fascino di questa meta inaspettata, ma ormai si è fatta ora di rientrare: questa sarà una città per un altro viaggio. Arriviamo nuovamente a Dublino mezzi assopiti dopo un’altra intensa giornata; il desiderio di una lunga doccia calda a questo punto è più che legittimo. Usciti dal nostro alloggio un po’ più tardi del solito, ci dirigiamo in cerca di cibo presso un ristorante giapponese che ho individuato durante il nostro girovagare per Temple Bar la sera prima, quando il proprietario ci ha gentilmente invitati a passare a trovarlo. In questi casi la cortesia impone di accettare l’invito, giusto? Una porzione di spaghetti in brodo, una di riso e una generosa serie di tazze di tè verde non saranno il tipico pasto irlandese, ma sono quello che fa al caso nostro dopo una settimana di cucina non esattamente leggera.

Come attività dell’ultimo giorno di vacanza, vogliamo prenderci il tempo necessario per visitare con la dovuta calma due delle maggiori icone storiche della città: in primis l’incredibile biblioteca del Trinity College, che ospita un vero tesoro: un manoscritto miniato conosciuto come il “Book of Kells”. Questo splendido volume, che contiene il testo dei quattro vangeli, venne realizzato dai monaci irlandesi nel corso del nono secolo e rappresenta uno dei maggiori esempi di arte sacra dell’epoca. La seconda meta della nostra mattinata è la cattedrale di San Patrizio, il celeberrimo patrono d’Irlanda. Sulla strada per raggiungere la cattedrale ci soffermiamo a osservare una troupe intenta a realizzare le riprese per un’altra produzione televisiva: scopriamo questa volta si tratta della serie horror “Penny Dreadful”; inutile dire che restiamo estasiati ad assistere alla scena!

Una volta entrati nella grandiosa cattedrale di San Patrizio, ci perdiamo tra le sue altissime navate e trascorriamo molti minuti ad osservare i capolavori che sono le sue vetrate multicolori. Arrivati alle due del pomeriggio, ci affrettiamo a compiere il nostro ultimo dovere in qualità di turisti: acquistare regalie varie da portare a casa per amici e parenti. Facciamo quindi ritorno alla catena di magazzini, sparsi un po’ per tutta la città, e per dirla tutta, anche un po’ in tutte le altre città d’Irlanda. Questa totale uniformità dei prodotti in vendita, onestamente un pochino ci rattrista, visto che non siamo riusciti a trovare qualcosa dal sapore genuinamente artigianale. D’altro canto ci consola il fatto che tutti gli articoli esposti sembrano essere di buona qualità, e se per caso abbiamo visto qualcosa di interessante a Cork, possiamo trovarlo facilmente anche a Dublino. Terminate le spese, non ci resta che recuperare le valigie al bed and breakfast, impacchettare tutto per bene e recarci in aeroporto, dove ci attende il volo che ci ripoterà in Italia, di nuovo a casa.

Arriviamo a Malpensa che il cielo è già buio. Dall’aereo, che atterra in perfetto orario, rivediamo le luci di Milano e ad attenderci all’uscita del terminal, facce nuovamente familiari. Rientriamo finalmente a casa dopo un tragitto di un paio d’ore, tra le montagne delle nostre Valli occitane, ma un pezzo del nostro cuore è rimasto tra le dolci colline della verde Irlanda, sotto un cielo che fa sempre e solo quello che gli pare.

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