Innamorarsi a Roma, grazie al black-out
Se un albero cade in una foresta (svizzera), il rumore si sente.
Innamorarsi a Roma, grazie al black-out. Sabato 27 Settembre 2003, arriva finalmente la tanto pubblicizzata “Notte Bianca”, organizzata dal comune di Roma in collaborazione con quello di Parigi.
La città, per una notte, non dormirà. Non solo per i nottambuli abituali o per le “persone bene”, ma proprio per tutta la città, per i turisti giunti apposta per l’occasione…Per le famiglie.
Una notte di musei, mostre e monumenti aperti, così come piscine, bar e ristoranti: insomma tutto. E (quasi) tutto rigorosamente gratuito, compresi i mezzi pubblici potenziati (per una volta).
Io ho la fortuna di essere già qui, anche abbastanza vicino al centro. Si comincia a passare il pomeriggio al telefono per cercare di incastrare come un orologiaio svizzero varie persone e gruppi di amici, per cercare di vedere tutti in zone di Roma diversissime e in orari troppo ristretti per riuscire nell’impresa. E infatti, fallisce quasi ogni misero tentativo.
Ore 14:00-19:00 – Comunque: i preparativi fervono, si cerca di mettersi d’accordo e di incontrarsi in quella che si immagina una serata sì caotica, ma non certo la bolgia che poi effettivamente sarà. Le prime complicazioni sorgono nel pomeriggio: appare per la prima volta su un opuscolo ufficiale, mai visto prima, la scritta “obbligo di prenotazione” sotto la descrizione di ogni singolo evento e/o avvenimento.
Ore 19:30-20:00 – Presi dallo sconforto proviamo comunque a tracciare una linea guida di quello che vorremmo fare nella lunga notte che deve ancora cominciare. Le intenzioni prevedono i fuochi d’artificio del Pincio, la Galleria Borghese, le Scuderie del Quirinale (unica mostra a pagamento, per cui speriamo in meno affluenza) e poi, sul tardi, vedere se per caso qualcuno ha rinunciato alla prenotazione al Colosseo, per cercare di entrare in questa notte speciale in quello che universalmente è il primo dei tanti simboli della Città Eterna.
Ore 21:00 – La prima necessità è quella di far passare un po’ di tempo per cominciare il più tardi possibile l’attesa della mattina. Se poi coincide con la necessità di mettere qualcosa sotto ai denti…Sono due piccioni con una fava! E con calma, tra due chiacchiere sulla conquista del mondo e altre solite cose, arriviamo in pizzeria a ingannare il tempo e la fame.
Mangiato un boccone a S.Lorenzo, prendiamo la macchina e ci avviciniamo verso villa borghese. Restiamo imbottigliati nel traffico delle vie secondarie, prese per evitare di restare imbottigliati nel traffico del Muro Torto (cominciamo a sogghignare sui mezzi potenziati per oggi, e pensiamo che avrebbero anche potuto chiudere al traffico tutto il centro storico…).
Ore 23:00 – Troviamo posto a Porta Pinciana, un buon punto di partenza per spostarsi, ma intanto abbiamo fatto tardi all’unico appuntamento che ero riuscito a incastonare nella serata. Fortunatamente anche questo secondo gruppetto è in ritardo, rimasto intrappolato a Castel S. Angelo senza quasi riuscire a mettere piede sul ponte…Cominciamo a pensare che l’iniziativa ha avuto molto successo, forse anche più del previsto.
Ore 1:00 – Dopo una lunga attesa per dei fuochi –diciamocelo- scadenti, ci dirigiamo tutti (nel vero senso della parola: TUTTI) verso la Galleria Borghese, dove scopriamo che è tutto prenotato fino alle 8 della mattina dopo.
Stiamo ancora un po’ lì, indecisi sul da farsi, finché costretti dagli eventi ci separiamo dal secondo gruppo, mentre noi ci avviciniamo sempre più scoglionati verso le scuderie del Quirinale.
Attraversiamo Via Veneto, luminosissima per le celebrazioni di Fellini ma ben lontana dai vecchi fasti della “Dolce Vita”, che comunque resterà sempre impressa nella pellicola che trasmettono su un megaschermo proprio in mezzo alla via. Incontrate persone perse di vista da anni, stiamo tre quarti d’ora a riassumere gli anni in questione, con prime inquietanti goccioline che cominciano a piovigginare dal cielo sempre meno sereno.
Ore 3:00 – Arriviamo finalmente alle scuderie, fiduciosi del fatto che i 6 € dell’ingresso avrebbero scoraggiato la massa, che invece conta una nutrita rappresentanza in coda sotto l’acqua sempre meno gentile e sempre più battente: abbiamo decisamente sbagliato valutazione, e questi 300 metri abbondanti di fila lo dimostrano.
A questo punto il sapore di sconfitta è completo, dopo esserci guardati tristemente in faccia, decidiamo di ritirarci sconfitti, con la testa bassa e le pive nel sacco. Ci salutiamo e ognuno si dirige verso casa per conto proprio.
Io mi affaccio dalla terrazza della piazza del Quirinale, indugio sotto l’acqua scontento di tornare subito a casa.
Ma il bello arriva adesso.
Ore 3:25 circa – Un fatto storico viene a movimentare la serata: il black-out più grande che si sia mai verificato in Italia mi coglie appena superato l’angolo per uscire dalla piazza (è simbolico che abbia assistito a un evento di portata nazionale nella sede della più grande carica istituzionale? Non lo so, ma metto anche questo nel calderone delle emozioni…). Pensando inizialmente a un danno circoscritto alla zona, mi avvio tranquillo (e sempre scoglionato) alla macchina, pensando a quanto era andata storta la serata.
Facendo via delle 4 fontane, direzione Piazza Barberini, la pioggia aumenta d’intensità, unendosi alla singolarità della via così suggestiva calata nel buio totale.
Arrivo a Piazza Barberini: ancor più impenetrabile, squarciata ogni tanto solo dai fari di qualche taxi. E mentre imbocco via Veneto comincio a sorridere: ero passato lì neanche 40 minuti prima ed era illuminatissima e piena di gente: ora invece resiste solo la pioggia e qualche brusio di gente assiepata sotto i balconi al riparo dalla pioggia e dal mio sguardo, che passo in mezzo alla via senza riuscire a distinguere quelle persone di cui sento le voci, e con un sorriso che si allarga sempre di più per un senso di benessere che cresce, aiutato dalla sensazione della pioggia sulla testa e sul viso.
Arrivo finalmente alla macchina, imbocco il Muro Torto e a piazzale Flaminio sbircio da sotto gli archi Piazza del Popolo…Nel buio totale, che l’autoradio annuncia causato da un black-out che ha colpito il centro-sud, risulta vagamente distinguibile solo il profilo delle due chiese gemelle contro il cielo, sempre più compatto.
Decido di non tornare subito a casa e di fare un giro per il lungotevere, in quell’atmosfera sempre più surreale e magica che avvolge Roma e tutte quelle zone solitamente caotiche. Guido per un lungo tratto di Tevere con solo i fari del vecchio maggiolino a segnare la strada che faccio, passo dietro Castel S. Angelo senza riuscire a vederlo e penso che poche ore prima era inavvicinabile.
E’ veramente una sensazione strana: una città sveglia e brulicante di persone di cui in un attimo non resta traccia, perdendo qualsiasi punto di riferimento abituale e fisso nella mente.
Ed è anche strano pensare a quegli scorci di De Chirico che avremmo dovuto vedere nella mostra, che colpiscono per la totale assenza di persone in piazze monumentali e livide… Ci manca solo che sparisca traccia della benzina, sono costretto a ripiegare verso casa e così giro per via della Conciliazione…Irriconoscibile. Questa via enorme e monumentale, così scenografica solitamente, sovrastata da qualcosa di cui adesso manca qualsiasi accenno: la basilica di S. Pietro è stata totalmente ingoiata da un’unica macchia nera che ha svuotato Roma del suo “cuppolone”. E che stravolge immensamente il paesaggio cui sei abituato.
Arrivo a casa, ma capisco che è un momento per cui vale la pena rischiare di rimanere a piedi e mi arrampico sulla via Panoramica, arrivando alla terrazza dello Zodiaco. La vista che solitamente è un regalo a se stessi rivela l’ultima sorpresa della notte “bianca”: Roma é interamente sparita…Anche lì il paesaggio solito, popolato da migliaia di luci e di un chiarore di fondo che si riverbera fino in cielo, manca. Anche stavolta purtroppo mancano le stelle, ma solo per le nuvole ancora gonfie di pioggia. Si intuisce solo qualche fiaccola che segue il profilo di una delle sale dell’Auditorium e alcune luci sparse qua e là, più rade che in un presepe.
C’è un buco nero al posto del panorama che normalmente spazia fino alle luci del Monte Cavo e dei Castelli, a sud di Roma, un buco che fa intuire la grandezza di questa serata e del fatto storico che l’ ha segnata, un buco che mi ha regalato un’emozione fortissima che cresceva insieme al mio sorriso.
Un’emozione veramente unica, che mi ha fatto follemente innamorare di questa città e della gente che la abita (difficile a credersi, lo so), sancita da un’intervista sentita per radio il giorno dopo al sindaco Veltroni, che con la voce impastata dal sonno mancato diceva quanto nonostante tutto, tutto fosse andato per il meglio; diceva come le centinaia di migliaia di persone all’interno dei musei, in giro per le strade, bloccate nella metropolitana e negli ascensori non abbiano fatto più che qualche mugugno e nessun danno.
Si chiedeva in quale città d’Italia o del mondo sarebbe potuta succedere una cosa del genere…E non riusciva a rispondersi.
Rocco.