Indonesia zaino in spalla

In giro tra Giava, Bali e Lombok
Scritto da: dani11
indonesia zaino in spalla
Partenza il: 07/08/2017
Ritorno il: 22/08/2017
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
Il nostro viaggio in Indonesia è durato 15 giorni viaggio compreso, e precisamente dal 7 al 22 agosto.

Volo Venezia – Giacarta con scalo a Doha (Qatar). Eravamo io e la mia ragazza e si trattava della nostra prima volta in Indonesia, la nostra idea era quella di un viaggio itinerante, dedicando il giusto tempo alle varie tappe ma con l’intenzione di sfruttare al massimo il tempo a nostra disposizione. Abbiamo iniziato a documentarci alcuni mesi prima anche in base ad altre esperienze di viaggio ed in base a quelli che sono maggiormente i nostri interessi, orientati prevalentemente verso una modalità “fai da te” e zaino in spalla. Abbiamo quindi concentrato la nostra attenzione sulle isole di Giava, Bali e Lombok, escludendo Sumatra e Flores, che probabilmente avrebbero potuto rientrare nel nostro itinerario ma sicuramente avrebbero richiesto un tempo maggiore di durata del viaggio. E con il senno di poi è stata anche una scelta azzeccata in quanto arrivati in Indonesia si capisce ben presto che i tempi per spostarsi da un luogo ad un altro sono notevolmente più allungati.

Atterrati a Giacarta siamo subito risaliti su un altro aereo di una compagnia locale (Batik Air) per spostarci a Yogjakarta dove avevamo prenotato una stanza per due notti in una guest house molto spartana ma assai economica (12€ a notte colazione inclusa). Una volta atterrati abbiamo provato a prelevare le prime rupie, non senza difficoltà in quanto avremmo dovuto preventivamente avvisare il gestore della carta di credito, quindi ci siamo spostati con l’autobus dall’aeroporto a Malioboro Street nonostante fossimo stati subito assaliti dai taxisti. Erano le 7 di sera ma a Yogjakarta era già buio nonostante fosse agosto.. Si perché in Indonesia durante l’anno il sole tramonta più o meno alla stessa ora, all’interno di un intervallo di circa sessanta minuti. Le giornate iniziano presto, soprattutto nelle isole musulmane.

Quindi dopo un primo assaggio della cucina indonesiana ce ne siamo andati a nanna, dato che il giorno dopo avevamo in programma la visita al tempio induista di Prambanan. Svegliati di buon’ora abbiamo preso l’autobus che ci ha portati poco distante dall’entrata del tempio in circa un’ora e mezza. Il biglietto d’ingresso è di circa 21€, che come tariffa rispetto allo standard indonesiano è abbastanza alta, oltretutto la visita non ci ha entusiasmato, il tempio è stato ricostruito in seguito alla distruzione dovuta ad un terremoto, e questo ci ha condizionato anche rispetto alla decisione di visitare anche il tempio di Borobudur, cosa che poi non abbiamo fatto. Rientrati nel centro città, abbiamo dato un’occhiata al centro Storico, il Kraton, e da lì, su indicazione di un personaggio locale, siamo andati a visitare una scuola di pittura batik, lavorazione tipica dell’isola di Giava, dove abbiamo acquistato una tela come souvenir. Il resto della giornata è stato trascorso passeggiando nell’affollato centro cittadino, cenando in un locale turistico, poiché ancora non avevamo preso confidenza con tutti quei carretti mobili e gazebo ai lati della strada che cucinano cibo locale dotati di attrezzatura essenziale e le cui condizioni igieniche alla vista non ci sembravano rassicuranti. Non che andando in un ristorante magari le situazioni fossero migliori probabilmente, ma si sa, occhio non vede cuore non duole.

Deciso che Yogjakarta non meritava ulteriore permanenza, il giorno dopo, giovedì 10 agosto, abbiamo preso il treno in direzione Probolinggo, in programma per la nottata successiva avevamo la scalata al Monte Bromo. Per coprire i 400 km che dividono le due cittadine ci sono volute circa 8 ore, abbiamo viaggiato in business class al prezzo di 16€ a testa, la velocità media comprese le soste è di circa 50 km/h ma questo da la possibilità di attraversare l’isola e dare uno sguardo al territorio, vedere il lavoro nei campi e nelle risaie, le abitazioni a bordo rotaie senza alcuna protezione, la vegetazione.. Siamo arrivati che era già buio alla stazione e da li siamo saliti in un piccolo furgoncino giallo pubblico chiamato angkot, che in 10 min ci ha portato alla stazione dei bus, dove partivano i minivan alla volta di Cemoro Lawang, paesetto ai piedi del Bromo che distava circa un ora e mezza di strada di montagna da dove eravamo. A quell’ora eravamo 6 persone che avrebbero preso quel minivan che solitamente trasporta 15 persone, e date le esigue speranze di riempirlo, abbiamo diviso i 35€ richiesti tra le persone presenti.. poco male…

Il viaggio è stato tanto divertente quanto pericoloso, dato che per la prima volta abbiamo vissuto l’esperienza di una guida alla indonesiana, a dir poco spericolata. Siamo giunti a destinazione senza aver preventivamente prenotato una stanza, ma il guidatore del minivan ci avrebbe dato una mano a trovarne una sia per noi che per una coppia di olandesi conosciuti a bordo del veicolo. E così è stato, ovviamente abbiamo dovuto adeguarci ad una camera spartana al prezzo di 13€, ma ormai era buio inoltrato, e alle 9 di sera il paese era già sonnecchiante, e l’unica alternativa sarebbe stato un hotel a prezzi ben diversi. Ma alla fine la stanza ci serviva per dormire solo qualche ora e come deposito per i nostri bagagli ed una doccia il giorno dopo: dopo aver mangiato una zuppa di noodles nell’unico luogo di ristoro ancora aperto ci siamo coricati, ma l’adrenalina già circolava sapendo che da lì a poco ci saremmo accinti alla scalata del Pananjakan per assistere all’alba sul Bromo. Alle 2.45 infatti eravamo già svegli prima ancora che la sveglia suonasse e ci siamo incamminati per questo sentiero che ci avrebbe portato dopo 2 ore di cammino ad un punto panoramico strategico, possibilmente meno affollato di quello che sospettavamo sarebbe stato quello dove giungono i tour organizzati con le jeep. Ben presto ci siamo resi conto che eravamo comunque in parecchi che avevano deciso di intraprendere l’ascesa a piedi, e questo comunque nell’oscurità ci venne utile per individuare il sentiero da intraprendere, ma veramente in pochi rispetto alla codaglia di jeep che alle 4 circa si erano messe in moto per salire alla vetta per un percorso diverso. Arrivati al punto prestabilito siamo stati presi dapprima dallo sconforto in quanto il luogo da noi prestabilito era invaso da qualche centinaio di persone che si ammassavano per assistere all’alba imminente, ma fortunatamente abbiamo subito avvistato un piccolo sentiero che ci ha permesso di decentrarci rispetto alla calca, di posizionarci in modo adeguato per scattare delle foto, e di goderci lo spettacolo che da li a poco si sarebbe presentato senza essere spintonati per trovare un pertugio. E ben presto ci siamo resi conto che nonostante la fatica ne era valsa la pena in quanto il sole pian piano iniziò a delineare i contorni di quel luogo e a togliere il sipario su quello che fino a quel punto ci eravamo soltanto immaginati: un paesaggio a dir poco spettacolare e fiabesco, da lì potevamo vedere il versante che il giorno prima avevamo risalito con il minivan, il paesetto di Cemoro Lawang sulla cresta dello stesso, la vasta spianata desertica in mezzo alla quale sorgevano il monte Bromo fumante, il Batok in primo piano ed il Kursi alle sue spalle. Dopo aver goduto per il tempo necessario dello spettacolo naturale ci siamo avviati verso la ridiscesa del monte per andar a vedere da vicino il cratere del Bromo ma ci eravamo già resi conto che a piedi il tragitto ci avrebbe tolto parecchie energie e tempo. Abbiamo deciso quindi di affidarci al trasporto motorizzato per una cifra intorno ai 6,5€, cosa che ci ha permesso in breve tempo di arrivare alla piana desertica, di attraversarla e di portarci ai piedi del Bromo. Perfetto, anche perché il sole stava rapidamente salendo e da li a poco avrebbe fatto un gran caldo. Siamo saliti sulla cresta del cratere, abbiamo ascoltato il fragoroso rumore delle esplosioni in continuo succedersi, nonché sperimentato l’energia del vulcano, qualche foto dopodiché siamo ridiscesi e ci siamo riavviati a piedi verso il nostro alloggio, senonchè data l’insistenza di un altro taxi motorizzato abbiamo acconsentito al trasporto su due ruote per 2.5€. Doccia veloce e zaino in spalla ci siamo spinti fuori per cercare un minivan di ritorno: proprio in quel momento ne stava scendendo uno che subito si è fermato alla nostra vista. Nonostante il tentativo al rialzo il prezzo questa volta lo abbiamo fatto noi, 5€ in due, prendere o lasciare, e dopo un attimo il guidatore ha accettato la nostra proposta nonostante all’interno del van vi fossero solo quattro persone presenti. Strada facendo poi ci siamo fermati in un hotel per caricare un gruppetto di tedeschi che durante il viaggio ci raccontarono delle loro disavventure nel tour organizzato sul Bromo, e la loro sfortuna o energia negativa ha avuto la sua influenza anche in quella circostanza: il minivan segnalava un guasto di origine dubbia e ben presto abbiamo accostato e siamo scesi ad attendere che il guidatore provasse a risolvere il guasto. Ma i tedeschi erano già su tutte le furie e non hanno esitato un attimo a contattare l’agenzia del tour per lamentare l’ennesima disavventura. Dopo circa mezz’ora però il minivan ha ripreso a funzionare ma i tedeschi a quel punto non ne volevano più sapere di salire su quel veicolo di cui poco si fidavano, e quindi abbiamo atteso l’arrivo di un mezzo in sostituzione dove poterli caricare. A tutta velocità, tra un sorpasso e una strombazzata di clacson, siamo giunti nuovamente a Probolinggo e non appena scesi dal veicolo ci venne subito proposto dai procacciatori di turisti di prendere un bus per Banyuwangi, che sarebbe stata la nostra prossima destinazione, in un tempo stimato di 4 ore. Eravamo indecisi se prendere il treno che più o meno ci avrebbe impiegato lo stesso tempo ma l’orario di partenza sarebbe stato di un paio d’ore dopo, e poiché eravamo ancora in ballo per visitare il vulcano Lijen per la notte successiva, dopo una piccola consultazione abbiamo optato per il bus, ma le 4 ore sono divenute poi 6 e mezzo e quando siamo arrivati a Banyuwangi era buio inoltrato, eravamo stanchi morti anche dalla nottata precedente, e abbiamo deciso per sistemarci per in un anonimo hotel della città, valutandone la visita. Soluzione che si è rivelata divertente in quanto evidentemente la zona era un po’ tagliata fuori dalle rotte e la nostra presenza ha suscitato curiosità da parte dei locali che ci guardavano con un sorriso, ci fermavano per una chiacchiera e anche una foto. Ci siamo sentiti quasi famosi per cosi dire..

Tutto il tragitto da noi raccontato a partire da Yogjakarta a Banyuwangi può essere anche acquistato come unico tour già fermandosi in qualche agenzia della città (che prevede trasporti già prenotati ed escursione sul Bromo in jeep) ad un costo che non saprei dire, in quanto fin da subito questa soluzione non rientrava nei nostri interessi a parte che in alcuni casi..

Il giorno seguente avevamo in programma il traghettamento nell’isola di Bali, destinazione Ubud. Svegliati di buon’ora siamo saliti a bordo di un angkot locale che, nonostante fosse fuori zona, ci ha dato un passaggio al porto. Presi i biglietti per il traghetto che in un’ora ci avrebbe portato all’altra costa al costo di 0,43€ (si, avete letto bene), nell’attesa della partenza alcuni procacciatori di turisti locali con insistenza ci hanno proposto di prendere un express bus direttamente prima di traghettare, che ci avrebbe permesso di giungere a Denpasar direttamente senza fare fermate come i bus di linea al costo di 6€. Sapevamo che l’offerta sarebbe stata meno conveniente rispetto al bus di linea ma data l’esiguità del probabile risparmio abbiamo deciso comunque di salire a bordo. Il tragitto da Gilimanuk a Denpasar si rivelò poi un’unica codaglia di mezzi nei due sensi di marcia quindi l’andatura è comunque assai lenta, ma lo sguardo è catturato dalla lampante diversità di questa isola induista, sia nella struttura delle case, che nella cura dei giardini, nell’abbigliamento delle persone e quant’altro. Giunti alla stazione dei bus, abbiamo evitato l’assalto dei soliti procacciatori di turisti che ci offrivano varie soluzioni per qualsiasi destinazione ma, indifferenti alle insistenze, ci siamo incamminati un po’ a casaccio per le vie nei dintorni e ben presto un anonimo guidatore ci ha offerto un passaggio per Ubud al prezzo di 13€, che ci sembravano ragionevoli per i 20 km di strada che dovevamo percorrere. Ubud ai nostri occhi apparve subito come una cittadina assai turistica, ma la cosa a primo impatto ci piacque anche, tanto che, subito dopo aver depositato i bagagli nella ottima guest house che avevamo prenotato da casa, siamo usciti a dare un occhio ai negozi e dedicarci ad un po’ di shopping dato che l’offerta in quanto alla merce in vendita era decisamente più diversificata. Alla sera ci siamo invece infilati in un caruccio quanto romantico ristorantino di cucina indonesiana, dove, immersi in un giardino molto ben curato e al lume di candela, abbiamo cenato sperimentando per la prima volta un cibo locale curato e qualitativamente migliore.

Il giorno seguente avevamo in programma un tour guidato in italiano, prenotato da casa con un’agenzia, con l’intenzione di visitare alcuni siti del centro nord di Bali che con mezzi pubblici sarebbero difficilmente raggiungibili o comunque richiederebbe un notevole dispendio di tempo. Per 25€ avevamo a disposizione un’auto con guidatore e guida in italiano a disposizione per noi ed un’altra coppia che ha condiviso con noi il tour. Il costo non è per niente male dato che i due ti scarrozzano in giro per tutta la giornata, portandoti in siti ove c’è comunque da pagare un biglietto d’entrata o un acquisto velatamente obbligato.

Siamo stati dapprima accompagnati a vedere un mini orto botanico dove venivano coltivate le piante di cacao e del caffè, abbiamo visto il famoso Luwak da cui viene ricavato poi il caffè tanto pregiato, e ci è stata offerta una degustazione di tè e caffè, con successivo invito all’acquisto di quello più piaciuto.

La seconda tappa prevedeva la fermata ad un mercato della frutta e verdura dove abbiamo potuto assaggiare e comprare frutti tropicali locali e non, ci siamo poi spostati verso i laghi Tamblingan e Buyan, dove abbiamo incontrato le prime scimmiette selvatiche, per poi giungere infine alla cascata Munduk. Dopo esserci rifocillati abbiamo proseguito con la visita del tempio industista sul lago Beratan per poi concludere il tour con la passeggiata alle risaie di Jatiluwih, patrimonio dell’Unesco, che trovandosi su un territorio collinare, sono strutturate a terrazzamenti costantemente irrigate da corsi d’acqua opportunamente canalizzati, che le rende assai rigogliose e produttive. Diciamo che il tour organizzato non corrisponde propriamente al nostra modalità di vacanza, ma in questo paese abbiamo trovato necessario farlo in alcune circostanze per poter ottimizzare i tempi e rendere la visita di alcuni luoghi più agevole.

Il giorno seguente (14 agosto) non avevamo programmato nulla in particolare, e potevamo quindi dare spazio all’improvvisazione: ci siamo svegliati di buon mattino, colazione di frutta fresca e pancake alla banana, dopodiché visita alla monkey forest poco lontana, un parco cittadino con all’interno cinque comunità di scimmie, che alla vista inteneriscono, ma personalmente ho constatato di non aver particolare feeling … mentre scattavo una foto una scimmia ha tentato di aprirmi lo zaino e al mio tentativo di divincolarmi l’animale ha reagito con fare aggressivo, richiamando l’aiuto anche di altri simili.. Ho dovuto allontanarmi velocemente per non veder peggiorare la situazione.

Nel pomeriggio ci siamo dedicati all’acquisto di qualche regalo da mettere in valigia, e alla ricerca di un centro massaggi dove poter godere di un trattamento professionale, in quanto l’offerta di giovani ragazzine fuori dalle vetrine è assai nutrita, ma la fiducia in loro riposta era scarsa. Abbiamo ottenuto un consiglio e un aiuto nella prenotazione da un giovane taxi driver dopo alcuni tentativi in strutture che erano già overbooking. Dopo 45 min di ottimo massaggio balinese non desideravamo altro che una cena tranquilla e un letto.

Dopo tre giorni nella vitale e caotica Ubud, eravamo appagati della nostra permanenza in quel luogo, e spingerci nella parte sud dell’isola, verso Kuta, notoriamente più affollata, non ci attraeva particolarmente; il nostro programma prevedeva lo spostamento nell’isola di Lombok, e l’agenzia del fastboat che avevamo prenotato ci è venuta a prelevare con un pulmino direttamente a Ubud. Abbiamo lasciato con dispiacere l’alloggio, data l’ospitalità, la tranquillità, la pulizia e la graziosità della struttura che ci aveva ospitato, e bagagli al seguito, abbiamo atteso l’arrivo del furgoncino. Ovviamente non eravamo i soli ad usufruire del servizio, e tra le varie fermate che il mezzo dovette fare, siamo giunti a Padangbai a mezzogiorno inoltrato. L’orario previsto di partenza era l’una ma senza alcuna comunicazione al riguardo, siamo stati accompagnati a bordo soltanto alle tre del pomeriggio. L’errore nostro più grossolano è stato quello di aver messo in pancia del cibo con poco anticipo rispetto alla partenza, e non avendo considerato adeguatamente le onde del mare oceanico la conseguenza naturale è stata quella di un tragitto assai travagliato. Dopo un’ora e mezza di nausea siamo giunti a Bangsal nell’isola di Lombok ed ci sono voluti altri 30 minuti per raccattare i nostri zaini che nel frattempo erano stati scaraventati nel molo dall’equipaggio della barca. Ecco, in generale durante la nostra vacanza abbiamo fatto conoscenza di un popolo umile e ospitale, senza mai trovarci in situazioni pericolose, ma spesso mi sono trovato in sofferenza verso alcuni atteggiamenti poco rispettosi. Il turista europeo si trova in una situazione economicamente assai vantaggiosa rispetto allo standard indonesiano, e può essere comprensibile un loro tentativo di approfittarne della nostra maggiore disponibilità, ma non riuscivo a tollerare che a questo poteva seguire la mancanza di rispetto.

Lombok era la terza e ultima isola inserita nel nostro itinerario, che aveva avuto la nostra preferenza finale rispetto a Flores che probabilmente avrebbe richiesto una permanenza maggiore, ma forse perché in essa avevamo trovato la possibilità di conciliare in pochi giorni un trekking e un po’ di relax al mare. Per quanto riguarda la parte escursionistica i nostri interessi erano stati catturati dal trekking sul monte Rinjani, organizzato generalmente su 2-4 giorni in base al percorso che si vuol fare e, dovendo necessariamente avere una assistenza pratica nel trasporto di equipaggiamento e cibo, ci siamo affidati all’agenzia Rudy Trekker, prenotata da casa. Mai scelta fu più azzeccata! L’organizzazione ci è venuta a prelevare al porto di Bangsal e ci ha accompagnato alla loro base logistica dove siamo arrivati nella serata del 15 agosto. Dopo un briefing sul percorso che avremmo fatto, l’indicazione di come si sarebbe svolto e cosa ci saremmo dovuti portare, abbiamo cenato e successivamente dormito nel loro hotel molto confortevole. L’adrenalina era alta, eravamo carichi e impazienti di iniziare questa avventura ma allo stesso tempo intimoriti dato che non conoscevamo cosa ci aspettava.. Sveglia alle 6, colazione, trasporto al punto di partenza a Sembalun per la registrazione al parco. Eravamo stati abbinati ad una coppia di giovani ragazze tedesche, e con noi una guida e quattro porter, ragazzi addetti a trasportare un carico sulle spalle del peso di circa 40 kg, che indossavano ai piedi solamente degli infradito . Il primo tratto del sentiero si è sviluppato nella savana, con arbusti bassi e alberi radi, ed il ritmo sembrava essere abbastanza sostenuto. Dopo circa due tre ore di cammino con qualche piccolo break, ci siamo fermati per pranzare, e l’idea che ci eravamo fatti era quella di un cibo probabilmente inscatolato seduti su una pietra o all’ombra di una pianta; siamo rimasti positivamente sorpresi nel realizzare invece che lo staff portava con sé tavolino da campeggio con sedie, e ci è stato preparato un pranzo a tre portate con riso, carne, verdure saltate e frutta finale, con tanto di impiattamento curato. Forse un po’ troppo appesantiti per le nostre abitudini abbiamo ripreso il cammino e da lì in poi la pendenza si è fatta assai più impegnativa ma oltre al nostro gruppetto c’erano intorno molte altre persone che condividevano con noi la fatica. Siamo giunti a pomeriggio inoltrato al campo base dove avremmo passato la notte e abbiamo faticato a trovare un luogo adeguato dove piantare la tenda dato l’affollamento. Ma il nostro equipaggio era esperto della zona e hanno individuato con pazienza un luogo tranquillo dove abbiamo potuto goderci il tramonto, cenare e pianificare il giorno successivo. La sveglia era prevista per le 2 di notte. Dopo una veloce e calda colazione, c’era in programma la scalata alla vetta del monte Rinjani (3726 mt), da dove avremmo atteso l’alba. Alla nostra vista il tragitto non sembrava cosi impegnativo nonostante il dislivello previsto fosse di 1200 mt, ma ci eravamo illusi poiché il fondo del sentiero su cui camminavamo era costituito da piccoli sassi di origine vulcanica che rendevano la scalata doppiamente difficoltosa. Ci siamo aiutati a vicenda, e alla fine ha prevalso la forza di volontà di arrivare alla vetta e godersi lo spettacolo da lassù, nonostante il notevole sforzo potesse indurre varie volte alla rinuncia. Ma la vista che si è presentata ai nostri occhi ci ha alla fine ripagato e l’emozione è persino sfociata in un pianto liberatorio: da lì gustarsi a 360° il territorio indonesiano e riconoscere distintamente le varie isole. Non siamo rimasti poi molto, dato il freddo a quella altitudine, e riguadagnata la discesa, per le 9 eravamo al campo base nuovamente dove ci attendeva una lauta colazione. Eravamo provati già a quell’ora del mattimo, ma la giornata era ancora lunga, quindi dopo una giusta sosta siamo ripartiti in discesa di altri 500 mt fino al fondo del grande cratere che è ricoperto in gran parte dal lago Segara Anak, dove ci attendeva il bagno in una sorgente di acqua termale. Niente di più desiderato in quel momento date le fatiche, la necessità di lavarci e il bisogno di rinvigorirci: la temperatura dell’acqua era di 37°C e quasi ci si scottava. Dopo aver pranzato in riva al lago siamo risaliti per il bordo del cratere nella direzione opposta da cui eravamo scesi e il programma prevedeva di trascorrere la notte sulla cima della cresta del cratere, ma giunti là ci siamo resi conto che non c’era spazio per le nostre tende e siamo avanzati nel nostro tragitto camminando per un’ora supplementare. Eravamo ormai in trance agonistica in quanto a quel punto erano trascorse 14 ore dal nostro risveglio ed avevamo fin lì percorso 1700 mt di dislivello positivo e 1800 mt negativo. Era il 17 agosto, in indonesia si festeggiava il 72esimo anniversario dell’indipendenza, ma avevamo solo la forza di mettere qualcosa sotto i denti e di infilarci nel sacco a pelo.

Ci siamo svegliati la mattina seguente riposati ma con le gambe che chiedevano pietà, ma non mancava poi molto al traguardo, e dopo una simpatica colazione circondati dalle scimmie ci siamo rimessi in cammino. L’ultimo tratto prevedeva il transito nella giungla e la ridiscesa verso Senaru, che abbiamo affrontato con allegria, divertiti dai versi dei numerosi uccelli e scimmie, incuriositi dalla rigogliosa e variopinta vegetazione e sospinti dalla vicinanza della meta. Siamo giunti alla base logistica intorno all’una del pomeriggio e dopo i saluti di rito con il gruppetto che aveva reso cosi bella quest’esperienza, siamo stati accompagnati in taxi nella nostra nuova destinazione a Sengiggi, località sulla costa occidentale di Lombok che noi avevamo preferito alle affollate Gili Trawangan, Meno e Air. Nel tardo pomeriggio avevamo già preso posizione nel nostro nuovo alloggio che, nonostante fosse decentrato rispetto al nucleo centrale degli hotel e ristoranti, poteva offrici la giusta tranquillità, il giusto confort in una struttura e un giardino molto curati con piscina inclusa. Ogni dubbio e difficoltà veniva poi risolto dall’onnipresente proprietario, che grazie alla sua disponibilità e rete di conoscenze, poteva risolvere qualsiasi tipo di nostra richiesta. La giornata quindi si concludeva quindi con una cena di pesce in un ristorante da lui consigliato, e nell’ottica di organizzarci gli ultimi giorni di permanenza prenotammo un tour personalizzato con visita in alcuni luoghi di artigianato locale e delle migliori spiagge del sud dell’isola, per un impegno di 8 ore al prezzo di 50€.

Era il 19 agosto, e alle 9 di mattina un’auto con guidatore ci attendeva all’ingresso del nostro alloggio, e la prima meta prevedeva un villaggio vicino Banyumulek a sud di Mataram, noto per la produzione di manufatti in argilla. Nel laboratorio annesso al negozio era possibile cimentarsi in una prova pratica della lavorazione mentre la visita all’esposizione dei manufatti ci rese un po’ insofferenti per l’eccessivo pedinamento del personale addetto. Dopo l’acquisto di alcune tazze ci siamo diretti al villaggio di Sukarara, dove ci è stata illustrata la produzione di filati tradizionali. La notevole cortesia con cui siamo stati accompagnati all’interno del villaggio è stata poi equivalente all’insistenza con cui siamo stati invitati all’acquisto ma fortunatamente ce la siamo cavata con una mancia di 3€ per il servizio offerto. Il resto della giornata lo abbiamo dedicato poi alla visita delle spiagge di Pantai Selong, Mawun e Kuta di cui consiglio le prime due dato che la terza era in fase di risistemazione. Nel tragitto di ritorno abbiamo anche transitato in un villaggio di montagna dove veniva scavata la roccia alla ricerca di pepite d’oro, mentre dopo aver fatto rientro a Sengiggi, abbiamo deciso che di riso ne avevamo avuto abbastanza in questi 15 giorni e abbiamo optato per la pizzeria, che fortunatamente era gestita da un napoletano doc.

Il 20 agosto volevamo trascorrerlo dando un’occhiata alle spiagge della costa occidentale vicino a Sengiggi, anche se avevamo capito che non erano le migliori dell’isola, quindi abbiamo noleggiato uno scooter per il costo di 3€ a giornata, e ci siamo diretti su consiglio del proprietario del nostro alloggio nella spiaggia di Pandanan. Diciamo che quel mare che pure si presentava pulito e trasparente non soddisfava propriamente le paradisiache aspettative che avevamo, ma la possibilità di allietare il palato con del pesce cucinato sulla spiaggia adagiati in una pseudo-palafitta di bambù ci ha convinto a sostare alcune ore. Ma avevamo l’amaro in bocca e il giorno dopo avremmo dovuto prendere il volo di ritorno all’aeroporto internazionale di Lombok, nel sud dell’isola. Essendo nella direzione della spiaggia di Pantai Selong che avevamo visto per un paio d’ore il giorno prima, abbiamo deciso di noleggiare una macchina con autista partendo di buon mattino con tutti i bagagli, che ci avrebbe dapprima accompagnato nella suddetta spiaggia, avrebbe atteso i nostri comodi e sorvegliato i nostri bagagli fino alle 3 del pomeriggio e ci avrebbe quindi accompagnato all’aeroporto, il tutto per un costo di circa 46€, che nell’economia generale del viaggio ci stava tranquillamente. Da lì in poi in lungo viaggio di ritorno, durato quasi 24 ore, prendendo tre aerei, con scalo nuovamente a Giacarta, Doha e arrivo a Venezia. Costo del viaggio: 1700€ a testa compreso tutto.



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