Indolente Cuba
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Ho desiderato visitarla un paio d’anni fa, guardando il film “ Lista d’attesa “di Juan Carlos Tablo. E’ la storia di un gruppo di passeggeri cubani su un autobus che si sfascia, in una stazione semidistrutta. Le storie si intrecciano, la solidarietà e l’inventiva faranno riparare l’autobus e rendere la stazione un luogo dove vivere tutti insieme. Gli eventi sembrano svolgersi in un lungo lasso temporale, invece si tratta del sogno collettivo di una sola notte. Consiglio questo film a chi sta per partire o è già tornato.
Abbiamo fatto questo viaggio anche per capire, ma non è facile, perchè Cuba è un paese diverso dagli altri, sbilanciato da un grande debito verso la rivoluzione e un altro verso un futuro migliore, così come prosaicamente è sbilanciato tra i pesos nazionali con cui si compra l’indispensabile, e il bisogno di avere dei cuc per comprare quei beni che costano come e più che da noi.
Come in tutti i paesi in difficoltà, l’inventiva per lo sfruttamento del turista è la più varia, ma tutto sommato non siamo mai stati infastiditi. Ci dicono che questo sia solo perchè c’è molta paura della polizia. Non saprei dirlo, ma il clima è comunque per i visitatori molto tranquillo. Avrei potuto assolutamente viaggiare anche sola. Guardo le quasi 1000 foto fatte e devo dire che è un Paese molto fotogenico. Appare come il set di un vecchio film, invece è un posto vero, con la sua vita: colorata, sgarrupata, inventata, sognata, sofferta, bevuta, suonata, cantata e ballata.
PRIMA DI PARTIRE
Difficilissimo decidere cosa vedere in soli 11 giorni. Il mio programma, all’inizio troppo ambizioso, si riduce di giorno in giorno, anche grazie ai consigli di chi conosce bene Cuba, e mi fa notare che passare il viaggio in auto non è una grande idea. Inoltre non da sottovalutare la presenza dei figli pigroni. Fossimo stati solo io e mio marito credo avremmo visto il doppio delle cose. Così, scartando scartando, il viaggio resta circoscritto al giro circolare Havana – Trinidad – Cayo Coco – Cayo Santa Maria – Santa Clara – Havana. Non prenotare nulla, con i due figli al seguito, ci sembra un po’ troppo azzardato, perciò, sul nuovo sito Cubareale webmode.it prendiamo contatti per le prime due notti all’Avana con assistenza dall’aeroporto. Prenotiamo anche la Casa particular a Trinidad tramite un amico di web. Entrambe le scelte si riveleranno vincenti.
1 aprile – PARTITI!
Air France non ci ha propriamente coccolati, e arriviamo con 2 ore di ritardo, sbattuti e affamati. Abbiamo anche viaggiato separati (uno a uno) e lontanissimi. Io poi sono stata imprigionata da due innamorati taglia XXL che hanno viaggiato dormendo abbracciati accanto a me, creando una vera montagna umana. Lunga fila di controllo. L’assicurazione viene chiesta solo a qualche passeggero a campione. Chi non ce l’ha può farla ora per 2 cuc al giorno. A chi ce l’ha e non viaggia solo, consiglio di fare una copia per ogni assicurato, perchè è complicato passarsela e non ci si può presentare tutti insieme al banco di controllo. Appena fuori, il cartello col nostro nome ci rassicura (1° volta nella vita!) e ci rilassiamo. Mio marito cambia un po’ di euro in cuc al piano superiore, dove c’è meno fila che allo sportello vicino all’uscita al piano terra. Meglio non cambiare troppo in aeroporto: il cambio non è pessimo, ma alle cadeche è migliore. Fuori il nostro taxi è pronto, e l’aria del tropico ci avvolge. Via nella notte calda e dolce verso questa nuova avventura! Arrivati alla Casa Particular in Calle 17 al Vedado, una bella sorpresa: una casa grande e pulitissima solo per noi. Continuiamo a chiacchierare per un bel po’ con i nostri accompagnatori, incuriositi da tutto, ma poi dobbiamo cedere le armi. Se ne parla domani.
2 aprile – L’AVANA
Qualche risveglio anticipato nel cuore della notte, poi con i galli, infine si fa mattina. Dopo la colazione, bisogna risolvere il problema del noleggio dell’auto che ci servirà domani. Renè fa un po’ di telefonate, infine trova la macchina per noi ad un prezzo onesto (65 cuc al giorno assicurazione compresa) nell’agenzia Cubacar vicina. C’è però un problema: non possiamo ritirarla l’indomani perchè inizia la settimana di Pasqua e potremmo non trovarla più disponibile. Se la vogliamo, dobbiamo prenderla subito. Pensiamo sia un modo per estorcerci un giorno in più di noleggio, invece il giorno è omaggio. Non ho ancora capito il senso di questa cosa, ma decisamente ci conviene. Siccome non credevamo di prendere la macchina subito, i passaporti sono a casa, ma il noleggiatore gentilissimo ci accompagna sia a casa a prendere i documenti, sia in una cadeca per cambiare i soldi per pagarlo. Queste cose credo solo a Cuba. Così automuniti ci dirigiamo all’Avana Vieja, parcheggiamo vicino al Castillo de la Real Fuerza e iniziamo la nostra lunga passeggiata. Sì, solo passeggiare ci interessa. E’ ormai quasi mezzogiorno, e entrare nelle varie attrazioni per turisti ci farebbe perdere l’ozio, l’ammirare la gente, il fermarsi in un bar a sorseggiare una bibita ascoltando musica, l’osservazione dei particolari di un balcone, di un palazzo, di una chiesa o delle fantastiche auto. Poi ci sono le chiacchiere al ristorante con Renè, l’abbiamo fatto impazzire con le nostre domande sulla vita cubana, sulla doppia moneta, sulla scuola, il lavoro, la sanità. Siamo troppo curiosi: non a tutto si può rispondere. A proposito, il ristorante era l’Oriente. Cucina tradizionale, all’aperto, non certo lussuoso ma molto buono ed economico: 27 cuc in 5. Dopo pranzo Avana Centro, Capitolio, Gran Teatro de La Habana, Barrio Chino, Museo de La Revolution, Paseo del Prado, Malecon… L’Avana è una città decadente e vitale, che ti agguanta e ti culla. Non la so descrivere: se vi metterete a fare paragoni inadeguati con le capitali europee, certamente vi deluderà, ma se la lascerete parlare, vi affascinerà certamente.
3 aprile – VERSO CIENFUEGOS E TRINIDAD
Macchina sotto casa, 1 cuc per il signore che ha finto di custodirla la notte davanti casa sua, e via. Dal Vedado è molto semplice imboccare l’autopista: dal Malecon si affianca il Castillo de la Real Fuerza, si segue la segnaletica per il Tunnel e ci si ritrova in un attimo. Dopo un poco abbiamo un dubbio su una direzione, e, chissà come mai, proprio a quel bivio c’è un ragazzo che ci salta in macchina palesandoci una strada chiusa e giri complicati. In effetti ci fa fare un po’ di girotondi, ci indica una strada e poi vuole 10 cuc per tornare indietro col taxi. Tipica sola. Lo liquidiamo con 4 cuc (siamo italiani) e ci accorgiamo anche che la strada indicataci era sbagliata. Vabbè, come inizio ci può stare. Autopista? Strada mediamente sconnessa, attraversamento capre, carretti e mucche. Qualche camion stipato di gente in piedi, poche auto turistiche. Usciamo a Cienfuegos. Una bella cittadina con le case coloniali dai colori pastello e il centro un po’ fighetto. Al Parque Marti, attorniato da bellissimi edifici (il Teatro dove cantò Caruso, Palacio Ferrer, la Cattedrale) si respira un’aria vagamente portoghese. Dopo un pranzetto che doveva essere veloce, invece dura più di 2 ore, di cui 1,30 di attesa sotto l’occhio vigile di un enorme cane di peluche, affrontiamo con un sole spietato il lungomare di Punta Gorda. Trauma: ma questo non è il Mar dei Caraibi? Allora perchè è così nero e strabordante di spazzatura? Purtroppo ci renderemo conto via via che il mare a Cuba non è bello dappertutto, anzi spesso nemmeno decente.
Avvicinandosi a Trinidad, quando iniziano a vedersi le montagne di Topes de Collantes, il paesaggio si fa splendido. Il cielo e i bordi della strada sono pieni di rapaci neri dalla testa rossa, molto inquietanti. Li riincontreremo per tutto il resto del viaggio. Arriviamo all’Hostal Miraluna, suggeritoci da un amico romano e prenotatoci gentilmente da lui. Ci ritroviamo padroni di un bellissimo appartamento in stile coloniale con 2 camere con bagno privato, salone, cucina e classica terrazza con le sedie a dondolo. La signora che gestisce questa casa particular, ci prepara anche una splendida cena di aragosta. Ci coccolerà per i 3 giorni in cui resteremo qui, senza nessun tipo di invadenza. Straordinaria. I prezzi? 40 cuc a notte per tutta la casa, 3 cuc a testa la colazione, 8 a testa la cena di aragosta. L’Hostal ha un suo sito, e ho visto che si trova anche su hostelbookers. Niente musica stasera a Trinidad. Siamo troppo stanchi. A domani.
4 aprile – PLAYA ANCON e TRINIDAD
Abbiamo voglia di un po’ di mare stamattina, e quindi via verso Playa Ancon. Arrivati al mare, dal Grill Caribe procediamo verso sinistra (a destra si arriva a La Boca) e andiamo avanti fino a quando non troviamo la spiaggia che ci aggrada. Sono tutte bene o male contaminate dagli alberghi e ognuna ha un parcheggio con l’omino che vuole un cuc. Arriviamo fino all’ultima (quella dell’Hotel Ancon), ma è troppo piena di ombrelloni e c’è troppo vento. Torniamo alla penultima e ci sistemiamo sotto un grande albero. La spiaggia è bellissima: bianca, con le palme, l’acqua è calda nonostante la brezza sostenuta. Si sta davvero bene, ma se cercate l’acqua perfettamente cristallina, non è forse il posto giusto. Comunque a me e ai ragazzi è piaciuta molto, mentre mio marito predicava e decantava l’acqua del Messico. Dopo aver mangiato delle pizzette comprate in spiaggia imbrogliando nostro figlio con il resto (monete da 5 pesos al posto di quelle da 1 cuc – attenzione), ci dirigiamo a La Boca per curiosare un po’. Ci sono punti di immersione prima di arrivare alle 4 case che formano il paesino di pescatori, dove c’è un ragazzo che aspetta all’ombra tra le rocce per arrotondare con lo snorkeling per i turisti. Qui si dovrebbero pescare le aragoste.
Doccia a casa e poi alla scoperta di Trinidad. Che incanto! La sua storia di centro per il commercio degli schiavi, il suo isolamento stradale fino agli anni ’50, ne fanno una città fascinosa e unica, preservata nell’intimo. Percorriamo le strade lastricate di ciottoli di fiume, ci inoltriamo e perdiamo tra le case colorate, ci affacciamo sulle piazze dense di vita. La musica è ovunuqe. Le persone cercano di venderti qualcosa o ti domandano del sapone, bene diventato prezioso, ma senza nessuna insistenza. Negli angoli più nascosti si preparano i galli per i combattimenti…
A casa ci aspetta un pesce gigantesco (una ricciola?) cucinato e decorato con gamberi dal fratello della signora Olga. Una prelibatezza. Dal terrazzo vediamo i ragazzi seduti per strada affilare i macete, lavorare oggetti di foglie di palma, mentre altri passano cavalcando a pelo, scalzi e a torso nudo. Sembra ancora il mondo colonialista di centinaia d’anni fa.
Da bravi turisti eccoci alla Casa de la Musica, seduti a tavolino a bere un pessimo moijto e ad ascoltare musica. La serata è calda e piacevole.Un gruppo di argentini seduti accanto a noi, si alza in piedi alla canzone “Comandante Che Guevara”. Turisti e cubani ballano ridicolamente insieme. Pensiamo all’Italia al freddo, per un attimo ai problemi lasciati in stand-by e siamo perfettamente felici. Per tornare nella notte è meglio portarsi una torcia, sia per gli improvvisi apagòn (black-out), sia per evitare le cacche dei cavalli sparse ovunque.
5 aprile – PARQUE EL CUBANO – TRINIDAD
La meta di oggi dovrebbe essere Topes de Collantes, magari fino a El Nicho. Il problema è il tempo. Ci sono tuoni e nuvole nere sulle montagne e la signora Olga e il fratello ci sconsigliano assolutamente di avventurarci perchè la strada con la pioggia può diventare davvero pericolosa. Ripieghiamo sul Parque El Cubano a pochissimi km da Trinidad. Alla fine è andata comunque bene: il parco è bello anche se non straordinario, i ragazzi si sono divertiti a fare il bagno sotto la cascata. La passeggiata tra ponti, sentieri e ruscelli vari dura circa 1 ora, poi si arriva alla cascata dove si può fare il bagno e si ritorna per la stessa strada. L’ingresso costa 6,50 cuc ai turisti, 20 pesos nazionali ai cubani. E’ compresa una disgustosa bibita al limone che viene offerta al ritorno.
Giriamo ancora per Trinidad, facciamo un po’ di acquisti, saliamo sul campanile per vederla dall’alto, e poi cerchiamo un ristorante per la cena. Stasera non voglio restare a casa, E’ l’ultima sera qui, e la voglio godere dall’inizio. Scelta sbagliata, come la mia famiglia non mancherà di farmi notare. I ristoranti sono tutti molto cari e molto turistici. Alla fine ce ne viene offerto uno a metà del prezzo. E’ quindi chiaro che i prezzi sul menu comprendono la provvigione per gli accompagnatori che portano i turisti. Visto che noi siamo da soli, il prezzo cambia. La cena però non è assolutamente all’altezza di quella della Casa Particular. Per consolarci, volendo anche un moijto come si deve, evitiamo la casa de la Musica e entriamo da Palenque de los Congo Real, dove il moijto è buono, anche se ancora più caro. Buona musica, con musicisti di ogni colore, che davvero rispecchiano il miscuglio di razze di questa cittadina. Un ultimo passaggio anche in piazza, sulla scalinata de la Musica, e, con molto rimpianto, finiscono le nostre giornate a Trinidad.
6 aprile – VALLE DE LOS INGENIOS – SANCTI SPIRITUS – MORON
Con la solita lentezza (difficile far alzare i ragazzi dal letto) ci mettiamo in macchina, e a una decina di km da Trinidad ci fermiamo alla Valle de Los Ingenios, la Valle dei Mulini per lo zucchero. Beviamo il succo della canna da zucchero per 1 cuc, poi facciamo un giro in macchina per la Valle, infine entriamo nell’antica Manaca Iznaga, vecchia tenuta che nell’800 ospitava 350 schiavi e ora è adibita a ristorante. Saliamo poi sulla sua torre, da cui si gode un verdissimo panorama. Arriviamo a Sancti Spiritu ad ora di pranzo, e ci fermiamo a mangiare pizzette vendute a 5 pesos cubani lungo la strada. Non sono affatto male. Sancti Spiritu ci sorprende: è una ordinatissima, pulita e tranquilla città coloniale. Le case sono restaurate e ridipinte, le strade spesso pedonali, Calle Cespedes e Piazza Serafin Sanchez quasi europee. Ci sediamo e fermiamo a chiacchierare con un anziano in carrozzella. Nessuno ci chiede soldi, nessuno ci importuna. Le bancarelle che vendono in pesos nazionali qui sono molto più numerose, e non fa strano a nessuno vendere anche agli stranieri succhi a 2 pesos, panini o patatine. Evidentemente la presenza dei turisti è rara, ma la cittadina merita. Del resto è stata fondata nel 1514 da Diego Velasquez, esattamente come Trinidad.
Subito dopo Ciego de Avila, dove facciamo un rapidissimo passaggio, foriamo una gomma. Mio marito, che credo non l’abbia mai fatto in vita sua, riesce a sorprendermi con un cambio di ruota quasi degno di un meccanico della Ferrari. Brevi attimi di fiato sospeso per la paura che anche la ruota di scorta sia bucata. A Moron, la casa prenotata da Trinidad non è disponibile (un classico) e il proprietario ci accompagna in un’altra, che io rifiuterei volentieri. Ma abbiamo la ruota di scorta da riparare, per cui è meglio non andare troppo per il sottile e cercare un gommista anzichè una casa migliore. La cena sarà buona, come sempre nelle case del resto, ma la signora farà la furbetta caricando una cena in più sul conto e 5 cuc in più su una delle camere. Della seconda cosa mi accorgo subito, ma della prima no. Inoltre il marito ci rifila per 2 cuc delle “sculture” fatte con le noci di cocco, dicendo di averle fatte lui. Le avremmo probabilmente comprate lo stesso, ma a Cayo Coco ne ritroveremo ovunque. Insomma, l’arte cubana di arrangiarsi a volte pende verso la disonestà. Com’è Moron? Per quanto ci riguarda, a parte come punto di transito per i Cayos, diremmo che è un posto proprio evitabile.
7 aprile – CAYO COCO, CAYO GUILLERMO
Riusciamo a partire presto, cioè prima delle 9. E io che credevo che il fuso orario ci avrebbe fatto saltare tutti fuori dal letto all’alba… Poco prima del terrapieno inizia un acquazzone tropicale: non si vede più niente. Dopo una mezz’oretta la pioggia cessa, ma il cielo resta minaccioso. Al posto di blocco, passaporti e 2 cuc per la macchina (altri 2 verranno chiesti all’uscita). Quest’opera del terrapieno, credo poco rispettosa dell’ambiente, anticipa quello che vedremo ai Cayos: il mare venduto al concetto più bieco di turismo. Anche noi daremo il nostro contributo passando una notte in un hotel all inclusive. Credevamo fosse l’unico mezzo per pernottare al Cayos, invece non è così: c’è un campismo anche per cubani poco prima di Playa Pilar a Cayo Guillermo, inoltre a Cayo Coco c’è il Sitio la Guira, una riproduzione di villaggio contadino che offre anche delle camere. Altra cosa non vera è che si possa arrivare ai Cayos solo in macchina, infatti sulle strade abbiamo incrociato più volte pullman della Astro.
A Cayo Guillermo prendiamo due bungalow al Villa Cojimar: 115 cuc ogni doppia in all inclusive. All’inizio ci sembra di stare benissimo: le camere sono belle e pulite, un po’ di comfort ogni tanto non guasta, e i più contenti sono i figli. La spiaggia apparentemente è da cartolina: palme fin sulla riva, colori tipicamente caraibici, ma a ben guardare quella schiumetta densa sul bagnasciuga sa proprio di cattivo smaltimento dei rifiuti organici. Anche le zaffate di fogna tra un bumgalow e l’altro parlano da sole. Immancabile buffet, drink a go-go con i soliti tedeschi che si fanno riempire taniche di birra… Dopo bagno, pranzo e passeggiata, siamo già sazi del posto e ci spostiamo a Playa Pilar, qualche km sulla destra dal nostro albergo. Paradiso! Passerelle di legno tra le dune e la vegetazione, poi la visione di sabbia bianca e acqua davvero cristallina. C’è un piccolo casotto che offre ombra gratis e lettini a 1 cuc. Al ritorno in albergo, due emozionanti avvistamenti: una grossa iguana ci attraversa la strada e sparisce tra le mangrovie, poi, proprio tra la vegetazione che fiancheggia l’ingresso della struttura, mi accorgo del rosseggiare di qualcosa. Fenicotteri! Sono più rossi di quelli della Camargue e sono un incanto… Niente è più strabiliante della natura. Per la cena in albergo, cerchiamo di stare attenti a ciò che ci viene propinato al buffet. Le attenzioni però non saranno sufficienti, perchè dall’indomani inizieremo a stare male uno dietro l’altro.
8 aprile – CAYO ROMANO – MORON
I ragazzi, tanto entusiasti all’inizio di questa nuova sistemazione al Villa Cojimar, non ne possono più e si chiedono come si possa resistere chiusi qui dentro per tutta una vacanza. Stamattina poi fa anche freddino, a riva il vento è forte, per cui facciamo un bagnetto in piscina e poi prepariamo i bagagli. Ci tolgono il braccialettino e siamo… liberi! Non avevamo mai fatto questo tipo di esperienza, ma difficilmente si ripeterà. A destra abbiamo Playa Pilar, a sinistra si va per cayo Coco. Presa la sinistra, con le proteste dei figli che volevano tornare a Playa Pilar, ci fermiamo dopo qualche km alla decantata Playa Flamencos, ma, sarà il vento forte che ha portato a riva una montagna nera di detriti, non ci viene voglia di restare. Km dopo km ci avviciniamo a Cayo Romano, percorrendo una strada meno curata di quella che attraversa Cayo Coco. La strada peggiora progressivamente, fino a trovare uno sbarramento a circa 20 km dalla meta. Ci scoraggiamo, ma un ragazzo, non si sa bene con quale autorità, toglie il paletto e ci fa passare. Breve sterrato, poi strada un po’ sconnessa ma tutto sommato accettabile, paesaggio primordiale tra mangrovie e uccelli. Quando si vede il faro costruito dai cinesi, bisogna girare sulla destra. Ancora sconfortante sterrato di 2-3 km, poi il premio. La spiaggia di Cayo Paredon Grande per me è addirittura superiore a Playa Pilar. Il nulla assoluto e sconfinato. Sabbia bianco-rosa, acqua di vetro, uccelli e nessun tipo di presenza umana. Solo noi a godere di tutto questo. Sulla strada del ritorno, quasi sul terrapieno, vogliamo fermarci al segnalato Parador La Silla, da dove si dovrebbero avvistare, secondo le guide, migliaia di fenicotteri. Nemmeno uno.
Tornati a Moron, ancora una volta la casa prenotata non è disponibile, anzi, all’inizio fanno pure finta di non esserci. Moron, oltre che brutto, è proprio un paese antipatico. Me ne vorrei andare e iniziare la strada per Remedios, ma purtroppo il malessere del figlio più grande ci costringe a fermarci nella prima casa particular libera. Ceniamo in un locale così chic da non accettare clienti in canottiera.
9 aprile – PARCO DI CAGUENAS (magari!), REMEDIOS
Questa sarà la giornata da dimenticare. Il parco di Caguenas a Jaguajay secondo le poche indicazioni trovate sul sito ufficiale, che lo indica anche come qualcosa che “da solo vale il viaggio a Cuba”, dovrebbe trovarsi a metà strada tra Moron e Remedios. Controllo anche su Google Maps, e infatti l’ampissima area è ben indicata. Dovrebbe essere semplice. Invece, arrivati dopo varie vicissitudini e in enorme ritardo a Jaguajay, grazie a fantasiose indicazioni, del parco non c’è traccia. Ma come è possibile: era enorme! Oltretutto viaggiamo senza una carta stradale seria, perchè all’autonoleggio hanno detto di non averne. Chiediamo informazioni ad ogni essere senziente incontrato sulla strada, ma veniamo mandati avanti e indietro, rendendoci conto che nessuno conosce questo parco. Quando, dopo circa 3 ore di giri inutili, un vecchietto, che continua a chiederci se siamo russi, ci spedisce convinto attraverso i campi, capiamo che è ora di desistere. Magra consolazione è che i ragazzi stanno male, quindi comunque non avremmo potuto fare granchè. Arriviamo a Remedios che è ormai pomeriggio, alla Casa Particular La Casona Cueto. Avevo letto buone recensioni, e devo confermare. Raccontiamo alla signora la nostra disavventura, e nemmeno lei sa di che parliamo. Le mostriamo allora le informazioni stampate da internet e lei, attraverso le foto, riconosce il parco. Purtroppo qui è conosciuto con un altro nome: rancho querete, e ci conferma che è qualcosa di straordinario, anche se in questo periodo è in secca. Ci dice anche che venendo da Moron non ci sono indicazioni sulla strada, invece ce n’è una venendo da Remedios, a circa 45 km. Deduciamo che, vista l’estensione, non può essere l’unico ingresso, comunque rimandiamo la visita all’indomani. Stasera la signora ci prepara una cena straordinaria: zuppa di aragosta e aragosta alla brace con contorni vari (12 cuc). Ceniamo nel salone della casa, attorniati da statue sacre, mobili antichi, ninnoli vari e fiori. Si vede che questa è una casa di ricchi: di solito le strabordanti decorazioni si limitano a peluche, pupazzi, cineserie e bidet usati come fioriere. Peccato non poterci godere la cena come meriterebbe: ormai stiamo male tutti e quattro. Le nostre camere sono comunicanti attraverso una pericolosissima scala a chiocciola (quante scale pericolose a Cuba!) e la nostra dà su un bel terrazzino da cui guardare le stelle. Dalla scala esterna si possono invece ammirare due simpatici maiali. 25 cuc a camera.
Diamo le chiavi dell’auto a un parheggiatore statale che la porterà nel parcheggio dell’hotel lì vicino per la notte e ce la riporterà la mattina per 1 cuc.
10 aprile – RANCHO QUERETE (PARCO DI CAGUENAS?) – CAYO SANTA MARIA
A 45 km da Remedios, sulla strada per Moron, ecco l’insegna in legno: Rancho Querete, area protetta, ecc, ecc. All’ingresso ci chiedono se abbiamo prenotato: la visita guidata dura 5-6 ore (anche con barche nelle grotte) e di solito si prenota il giorno prima dalle Case Particular. Questo la signora non ce lo aveva detto. Ci viene proposta una deludente camminata di 1 ora, specificando che in quella piccola zona si è in secca, come già sapevamo, da febbraio ad agosto. Confrontiamo le nostre foto con le grotte che siamo costretti a vedere senz’acqua, e in effetti il luogo ci sembra quello, ma confesso che, almeno io, il dubbio di non essere nel posto giusto ce l’ho ancora. Appena fuori, il nostro accompagnatore ci offre (1 cuc) il succo di una noce di cocco fresca e poi ce la spacca col macete per farcela assaggiare. Non piace a tutti.
Ora un po’ di mare, direzione Cayo Santa Maria. Secondo il signore che ci ha noleggiato l’auto, il posto di mare più bello di Cuba. A noi non piace: qui la cementificazione è ancora superiore a quella di Cayo Coco. Arriviamo all’estremità, dopo il solito sterrato, dove c’è Playa Perla Bianca, ancora libera, ma non ci fa impazzire. Il mare è trasparente, ma ci sono bottiglie e rifiuti sulle rocce. Poi oggi c’è parecchio vento e la temperatura è un po’ bassina. Del resto questo vale un po’ per ogni spiaggia: un conto è beccarla in un momento di bonaccia, un altro magari dopo una mareggiata… Infatti, basta superare le rocce (la spiaggia è divisa in due) e si scopre una parte di arenile più riparata e pulita, praticamente il paradiso.
Prima di tornare a Remedios, facciamo un giretto per Caibarien, paesino sul mare, dove i ragazzi fanno surf sul Malecon in un’acqua spaventosamente nera e piena di lattine e bottiglie varie. I Caraibi dei poveri.
Remedios si gira in poche decine di minuti. Si articola intorno alla bella piazza, con le solite viuzze di case basse. La gente è discreta e più riservata che altrove. Solo un signore approccia mio marito vicino all’auto, improvvisando una pulizia dei vetri. Quando arrivo io, mi chiede se ho una maglietta per sua moglie. Gli regalo una gonna a fiori e una maglia, mi abbraccia e bacia, rifacendolo ogni volta che mi riincontrerà. La sera, ancora provati dal malessere compreso nell’All Inclusive di Cayo Guillermo, non possiamo gustarci appieno l’ottima cena di carne e zuppe della signora Jenni. Che stress! Avessimo mangiato solo nelle case particular, probabilmente questo non sarebbe successo.
11 aprile – SANTA CLARA – RITORNO ALL’AVANA
Doveroso omaggio al Che. Prima il Tren Blindado, trattato come attrazione turistica, poi la visita più intima e commovente al Mausoleo e al Museo. Qui non si paga nulla, e questo è un segnale. Dal Treno alla Piazza dove sorge il Mausoleo, ci scorta un ragazzino in bicicletta, che sbarca così il lunario. Nel Mausoleo, a forma di grotta, riposano i resti di Che Guevara, circondati da quelli dei suoi compagni recuperati in Bolivia 30 anni dopo la loro morte. Solo i nomi di battesimo sui piccoli loculi. In un braciere arde la fiamma perenne e da una roccia sgorga continuamente acqua. Nel Museo, oltre alla ricostruzione storica della vita del Che, sono custoditi molti suoi effetti personali, compresi l’uniforme, la pipa, l’orologio. Io ho sentito un certo brivido e la lacrimuccia era in agguato.
Dobbiamo essere all’Avana in serata, però, anzichè ripercorrere l’autopista, cambiamo strada e ci dirigiamo verso Cardenas, Matanzas e la Via Blanca. La Via Blanca merita soprattutto per il vertiginoso ponte sulla Valle de Yumuri, circa 25 km dopo Matanzas verso l’Avana.
All’Avana ci aspettano per fortuna Renè e Lizzy, che ci portano a vedere due case libere per l’ultima notte e ci fanno scegliere quella che preferiamo. Poi si riconsegna l’auto, e di nuovo il noleggiatore riaccompagna mio marito. Siamo all’Hostal Zory, sempre su Calle 17 al Vedado, non eccezionale come la casa del nostro arrivo, ma buono. Buona anche la cena di aragosta per mio marito, e gamberi per noi.
12 aprile – L’AVANA – PARTENZA
Stamattina usciamo a piedi. Il Vedado, con il sistema di vie articolate in uno schema di lettere e numeri a scacchiera, è davvero facile da girare. In pochi minuti arriviamo alla Necropolis Colòn, cimitero monumentale davvero impressionante, e non solo per vastità. Mi metto pure a leggere i prezzi, vicino all’ingresso, delle prestazioni cimiteriali in pesos nazionali. Davvero convenienti, soprattutto la cremazione. Meglio cambiare aria e arriviamo alla spropositata Placa de La Revolution. Non è certo bella, l’avevamo già vista di passaggio, ma ora vogliamo passeggiarci un po’, per sentirci davvero all’Avana. Poco distante c’è la fermata del Bus Turistico, tratta T1. Aspettiamo un bel po’, perchè la frequenza è ogni mezz’ora. Il biglietto di 5 cuc si fa sul bus (non 3 come dice il sito), ed è qualcosa di davvero approssimativo. Niente auricolari, niente piantine. La signorina al piano di sotto blatera stancamente il nome del posto che si sta attraversando, ma solo quando ne ha voglia e senza altre informazioni. Attenzione agli alberi! Subito dopo la nostra salita bisognava tenere la testa bassa per non farsi decapitare! Comodo il bus solo per fotografare da un’altra prospettiva e per fare da taxi: lo usiamo per arrivare dal Vedado all’Abana Vieja e ritorno (il biglietto vale tutta la giornata). Siccome le linee sono 3, non ho capito se con un solo ticket si possono prendere tutte, ma credo di no. All’Avana Vieja è ora degli ultimi souvenir, comprese le bottiglie di rum che un ragazzo ci fa acquistare in un negozio dove, dice lui, comprano anche i cubani. Visto il prezzo, temevamo di aver comprato una porcheria, invece è buonissimo. A casa il taxi sta per arrivare per accompagnarci all’aeroporto. Doccia veloce (la signora ci ha lasciato una camera disponibile fino all’ultimo momento) e fasciatura delle bottiglie per far sì che non si rompano in valigia. Temiamo un po’ per il peso, ma miracolosamente, la valigia di mio figlio che all’andata pesava 21 kg, ora ne pesa 16 (?!?). Nessuna fila per uscire, un rapido sguardo all’indietro e la porta del controllo si chiude scattando dietro di noi. Niente timbri sul passaporto.
Ma ci siamo stati davvero a Cuba, o è stato tutto un sogno?