Indocina 2
Compriamo la lonely planet in francese, quella in italiano non esisteva ancora. Marzo 1998, andiamo alla fiera del turismo,il b.I.T., come ogni anno per cercare cartine, mappe, e quant’altro. Lo stand del Vietnam è minuscolo, non danno cartine, e l’unica persona presente non parla ne inglese, ne italiano. Parla vietnamita, russo e un francese terrificante. Iniziamo bene.
Metà luglio 1999, con la nostra fida malaysian airlines (per i prezzi bassi) partiamo da Milano, atterriamo a kuala lumpur e attendiamo il volo per Saigon. I bagagli li avevamo già instradati da linate per Saigon.
Partiamo. Il volo non è dei migliori, solo nubi. Iniziamo la discesa e il cielo si apre, vediamo Saigon dall’alto, il fiume omonimo, i pochi grattacieli e l’aeroporto: beh…l’aeroporto è veramente come nei film! Tanti bunker in cemento armato lungo la pista, parecchi hangar sempre in cemento e aerei militari e contraerea un po’ ovunque! Atterriamo in Vietnam. Sulla lonely planet c’era un avvertimento: diverse persone erano state multate per possedere la guida della lonely sul Vietnam; infatti il libro è proibito nel paese per le critiche che riporta verso il regime comunista. Lo nascondiamo infondo al bagaglio a mano. Dogana. Mi fanno aprire lo zaino, mi fa tirare fuori tutto. La lonely la lascio sul fondo. Il doganiere mi prendo la zaino ci guarda dentro e tira fuori la guida, la sfoglia e la rimette dentro….Andiamo a ritirare i bagagli. L’aeroporto è piccolo e i nastri per i bagagli sono solo 3. Non ci possiamo sbagliare, anche perché il nostro era l’unico volo in arrivo in 3 ore.
Siamo in 8 turisti, tutti gli altri erano vietnamiti senza bagaglio.
Aspettiamo. Dopo 1 ora ci dicono che i bagagli sono andati a hong kong! Telefoniamo alla malaysian airlines, e ci assicurano che i bagagli saranno entro 2 giorni a Saigon. Ci ripagheranno le spese per i generi di prima necessità, spazzolini, sapone, asciugamani…ecc. Dobbiamo tenere le ricevute. Le ricevute in Vietnam????? Facciamo intanto conoscenza con gli altri turisti, 2 francesi molto altezzosi e scusatemi il termine, stronzi come solo loro sanno esserlo, che molliamo immediatamente, e 2 ragazzi bolognesi, uno alto e magro e l’altro basso e grasso, e una coppietta di romani.
Usciamo tutti e 6 dall’aeroporto, che è molto lontano dal centro città, prendiamo 2 taxi e partiamo verso il district one. Ho chi minh ville, come è chiamata oggi la città è divisa in vari distretti. Il distretto centrale, district one è chiamato Saigon., il district two è chinatown… Nel D1 c’è un quadrilatero di vie che è il ritrovo dei turisti con lo zaino, una sorta di kao san road di Bangkok 30 anni fa. Senza i negozi di tatuaggi, senza truffatori, senza bordelli, insomma con una atmosfera ancora simpatica. Troviamo un albergo, gestito da cinesi (ovunque gli alberghi in asia sono gestiti da cinesi! È incredibile!), molto pulito, personale simpatico…e ci danno anche degli spazzolini confezionati, shampoo, sapone, dentifricio, il tutto per 15 dollari a camera.
Andiamo a fare un giro , i 2 bolognesi spariscono, restiamo con i due romani, ceniamo per il quartiere turistico e ce ne andiamo a letto presto.
Risveglio. Telefoniamo a malaysian airlines. I bagagli sono a kuala lumpur. Forse arrivano domani.
Giriamo per la città. Attrattive zero. Non è rimasto quasi nulla di interessante. Uno strada a 10 corsie, ridicolo per il numero bassissimo di auto che girano, taglia in due la città, e porta sino alla piazza principale di Saigon. Un bel palazzo coloniale è sovrastato da una bandiera vietnamita enorme e da un ritratto di ho chi min che domina tutta la piazza. Veniamo assaliti da decine di ragazzini che con la scusa di venderci cianfrusaglie ci infilano mani in tasca, negli zaini….Riusciamo a fuggire verso il fiume. Qua stanno edificando 4/5 grattacieli, in modo di poter assomigliare anche loro alle moderne metropoli asiatiche. L’area del porto è molto fatiscente, con orrendi bateaux mouche sullo stile parigini che portano i turisti (vietnamiti) in giro per il fiume, con musichetta orientale e pranzo a bordo. C’è anche un minuscolo luna park, completamente arrugginito. Nel nostro piano di viaggio, saremmo già dovuti partire questa mattina per il delta del mekong…invece siamo inchiodati qua.
Giriamo, giriamo…ma non c’è veramente nulla da vedere. Finiamo per tornare nella zona turistica e ci mettiamo a curiosare tra i negozietti. Passiamo in albergo e la malaysian ha lasciato un messaggio. I bagagli saranno in aeroporto domani mattina all’alba, con il volo delle 10.00.
Iniziamo così a decidere come muoverci verso nord.
I nostri amici fecero tutto il viaggio con il treno, da Saigon ad hanoi. Ci impiegarono un mese. Noi abbiamo solo 20 giorni. Troviamo così una agenzia di autobus, la sinh cafè. È molto affollata, un impiegato parla italiano e ci illustra le varie possibilità. Accettiamo solo noi e i romani. I bolognesi si trovano bene a saigon…mah. Il nostro pacchetto comprende tappe in varie località tra Saigon e hanoi. Con viaggi in pullman da 20 posti, una guida che parla in inglese. Il vantaggio è che la sinh cafè ha ogni mattina un autobus che percorre le varie tappe. Quindi ci si può fermare quanto si vuole in ogni località. Lo svantaggio è che alcune tappe sono anche di 18/20 ore consecutive! La sera andiamo a mangiare in un localino vicino al fiume, mangiamo anche abbastanza bene, una cucina molto simile a quella della thailandia. Uno dei 2 bolognesi ci dice che è un po’ in apprensione per il ritiro dei bagagli….Alla fine ci spiega che lui ha nello zaino quasi mezzo etto di fumo! Lo guardiamo allibiti. Ogni tre metri infatti veniamo avvicinati da uomini che ci offrono qualsiasi tipo di droga più le loro sorelle, mamme e zie! Sembrava di essere in marrakesch express: “sei l’unico idiota che porta del fumo in marocco (Vietnam)”!!!!!!! Sveglia presto, si va tutti e 6 all’aeroporto. Ci chiariamo subito. Noi entriamo e i due bolognesi entrano in aeroporto 5 minuti dopo, e non ci rivolgiamo la parola sino a quando si uscirà.
Il volo è già atterrato. L’aeroporto è vuoto, tranne una cinquantina di militari e doganieri. Prendiamo i bagagli, ce li perquisiscono e andiamo a far finta di cambiare dei soldi al exchange.
Arrivano i bolognesi , pigliano gli zaini, vanno in dogana, e un doganiere gli fa aprire tutti i bagagli. Fruga, rifruga, tira fuori un sacchetto del duty free-shop di Francoforte, dentro ci sono 2 stecche di marlboro, le da al bolognese e inizia a frugare. Loro due sorridono, parlano con il doganiere, ridono tutti e 3, si salutano e escono dall’aeroporto. Li raggiungiamo.
Iniziamo a credere che sia un ballista clamoroso. Torniamo in albergo. Andiamo nella stanza dei bolognesi e sul letto c’è un pezzo di haschich enorme. Piatto, alto 1 millimetro, delle dimensioni esatte di una stecca di sigarette!!!! Abbiamo ancora una giornata da trascorrere in questa orrenda città; giriamo per il chinatown…poco o nulla, mangiamo, e la sera andiamo a cercare l’hard rock cafè di Saigon.
Io personalmente odio quel genere di locali, ma molti me ne avevano parlato come se fosse totalmente diverso dagli altri. Fatichiamo parecchio a trovarlo, ma alla fine eccolo: in una vietta minuscola, buio pesto. Una porticina con una insegna di 1 metro quadrato e un vietnamita enorme sulla porta.
Entriamo. Unica sala. Non più di 50 metri quadrati. Un bancone minuscolo, tra prostitute al bancone, truccate da Salvador dalì, un tavolo da biliardo, due americani di 50 anni totalmente ubriachi che massacrano il panno verde, 20 foto di Saigon pre-guerra alle pareti, luci soffuse e musica da film porno di russ meyer.
Sfidiamo i due americani, che anche se ubriachi ci massacrano. Ma ci offrono loro da bere! Facciamo una partita tra di noi, i bolognesi parlano con le prostitute delle condizioni atmosferiche del sud del Vietnam….E beviamo troppa birra.
Usciamo. È notte fonda, i taxi sono spariti e restano solo i risciò. Ne arrivano 2. Saliamo in 3 per risciò. Lungo il tragitto abbiamo una cantilena persistente nelle orecchie “ hey man, do you want cocain, heroin, marjiwana, extasy, crack…do you want young girl, fat girl, old girl, 2 girls, a boy…” il tutto ripetuto allo sfinimento.
Arriviamo dopo circa mezzora all’albergo. Litighiamo con i pusher/ciclisti. Vorrebbero la cifra pattuita per ogni persona trasportata. Li mandiamo gentilmente a cagare e ce ne andiamo.
Il mattino dopo partiamo per 2 giorni nel delta del mekong, dopodiché ritorneremo a Saigon per ripartire con la sinh cafè per il nord.
Prima di salutare i bolognesi che invece vanno verso il laos, gli chiede, perché mai avessero portato tutto quel fumo in Vietnam, dove la marjiwana è una pianta infestante. Come dicono i bolognesi fa lo sborone “il mio è il più buono del mondoooo, il mio è il miglioreeee…me lo sono portato anche in costa rica e a santo domingoooo.” Ci invita a provarlo.
Andiamo tutti e 6.
Aveva ragione lui! Inizia finalmente il viaggio.
3 ore di pullman. Siamo circa 20 persone, molti europei (francesi, belgi, norvegesi e tedeschi) e diversi cinesi di hong kong e una coppia di vietnamiti che fuggirono a san diego negli states al salita al potere dei comunisti, e che per la prima volta tornano in Vietnam.
Arriviamo infine a cantho, cittadini in mezzo al delta.
Qui il mekong s divide in due rami principali, ciascuno largo diversi chilometri e in migliaia di canali minuscoli.
Saliamo su una long boat. Mi tocca il posto davanti.
La barca si impenna, giriamo per i canali; è veramente incredibile, non ci sono praticamente strade, tutto avviene sul fiume, arriviamo ad un mercato galleggiante, enorme con centinaia di barche di tutte le dimensioni, caricano scaricano di tutto, animali vegetali, oggetti metallici, un vero mercato sull’acqua. (altro che quello falsissimo di damnoen saduak in thailandia!), giriamo per un po’ lì, senza mai scendere a terra. Poi arriviamo su uno dei due rami principali. A malapena si scorge la riva opposta. Il tempo si guasta, si alza il vento e di conseguenza le onde. Iniziamo la traversata. Dal mio splendido punto panoramico mi becco per circa 1 ora una secchiata d’acqua in faccia ogni 20 secondi. Sono immediatamente fradicio. Anche gli altri sono un po’ bagnati. Inizio a tremare per il freddo, lo zaino con gli abit per questi 2 giorni e in autobus, il resto è alla sede della sinh cafè a Saigon. Giriamo a piedi per una zona rurale tra i canali, ci sono diversi campi minati ben segnalati e decine di enormi crateri di bombe sganciate dagli americani. Non avrei mai immaginato che potessero avere un diametro del genere. Enormi, decine di metri, profondi 4/5 metri. Allucinante.
Ci vengono mostrati alcuni dei cunicoli che i vietcong utilizzarono, e ci fecero vedere l’ingresso ad alcuni di queste grotte artificiali. Dei buchi minuscoli dove un occidentale medio non riuscirebbe mai ad entrare.
Riprendiamo a girare in barca. Ho sempre più freddo. Ci rifermiamo ad un villaggio, c’è un negozio di vestiti. Compro una maglietta. Rossa, con una stella gialla enorme in mezzo, la bandiera comunista del Vietnam, e di 8 taglie più piccola di me! Faccio schifo! La giornata passa in questo incredibile posto, veramente unico. Capanne a palafitta sui canali, bambini nudi che si lanciano dagli alberi, altri che con le liane giocano a tartan, donne che con l’acqua del fiume fanno di tutto, alcune si lavano, altre riempiono le giare per bere, altre lavano i piatti, i vestiti…il mekong da a loro tutto. Probabilmente anche parecchie malattie visto che è un po’ inquinato. La guida ci offre del cocco e dell’ananas, lavato nelle acque torbide del fiume…mangiamo sperando in bene.
Assistiamo ad uno stupendo tramonto sul mekong e ci dirigiamo verso mytho, la cittadina dove dormiremo e dove il pullman ci ha preceduti. Dobbiamo attraversare l’altro ramo principale del mekong. Nessuno vuol far cambio di posto con me. Per fortuna il vento è sparito e mi piglio solo poche secchiate di acqua addosso.
Mytho fa schifo. Come cantho, come Saigon.
Decrepita, lurida, zozza, umidissima, un caldo infernale, zanzare come elicotteri.
Nemmeno quest’anno abbiamo fatto la profilassi antimalarica e ci cospargiamo così di unguenti vari anti insetti. Non serve veniamo sbranati.
Arriviamo all’albergo, ci vengono presi i passaporti, cosa normale in Vietnam. Ce li ridaranno alla partenza, prima li portano alla stazione di polizia per registrare la nostra presenza.
Ci dividiamo, restiamo in 4 e andiamo in un ristorante. Le ragazze non riescono a mangiare nulla. Noi 2 omeni veri e duri ci sforziamo. Una porcheria. Cito ancora Marrackesc express: “ho mangiato veramente, ma veramente…male!” Facciamo un giretto. Le strade sono alla francese, con i bordi laterali che pendono verso i marciapiedi. Solo che il delta del mekong è piatto, non è in pendenza come Parigi. L’acqua ristagna e dai buchi della fogna escono dei topi grossi come gatti, a decine. I ragazzini del posto li inseguono sulle biciclette e li bombardano di sassi.
Andiamo a dormire.
La camera e un cubo di metri 2.50×2.50. Ci stanno giusto due lettini singoli. Problema: abbiamo la zanzariera ma è matrimoniale. Soluzione: sollevo uno dei due letti e li affianco.
Risultato: mi resta in meno la sponda del letto, tutto il resto si sfasci a e cade in 10 pezzi per terra.
Conclusione: dormiamo in due in un letto da bambino con la zanzariera e con la compagnia di una famiglia di gechi che urla versi per tutta notte. Per migliorare il tutto, l’unica finestra di 40 cm per 30 cm è esattamente alla altezza di uno dei 2 lampioni di tutta mytho. Come avere un neon dentro il letto. In più zanzare e ragni ovunque e un caldo pazzesco. Non abbiamo praticamente dormito.
Albeggia.
Sveglia alla vietnamita.
Gentile membro della famiglia che gestisce l’albergo che a calci bussa su ogni porta urlando frasi incompresibili.
Scendiamo, recuperiamo i passaporti, ci danno la colazione al sacco…al sacchetto…alla bustina.
Dentro: un uovo sodo e mezza banana! Risaliamo sul pullman. Giriamo ancora nei dintorni per tutto il giorno, mai in barca però.
La guida è un 50enne molto in gamba, ci spiega qualsiasi cosa in un buon inglese.
Alla fine si siede vicino a noi e ci racconta un po’ della sua vita.
Lui è di Saigon, e da ragazzo combattè con gli americani contro i comunisti per 3 anni. Poi persa la guerra lo mandarono in un campo di rieducazione per 5 anni. A pane e acqua e 15 ore di lavor nei campi. Per 5 anni.
Quando lo liberarono era una larva, senza casa, famiglia e lavoro.
Guidò il risciò per parecchi anni finchè riscì ad entrare 3 anni fa alla sinh cafè grazie al suo buon inglese.
Ci disse che praticamente tutti i guidatori di risciò, i delinquenti, gli spacciatori e i poveri sono ex militari che combatterono dalla parte sbagliata. Anche ora che il governo vietnamita permette un minimo di libera impresa a loro è proibita, come è da sempre proibito l’essere assunti in una azienda pubblica. E questo in uno stato comunista vuol dire non avere mai un lavoro.
Disse: “è la nostra punizione”.
Arrivammo a saigon al tramonto. Il giorno dopo iniziavamo la nostra lente salita al nord.
Prima tappa: Dalat.
Via, si va; il pullman è più grosso, siamo circa in 30, una decina dei quali sono gli stessi del mekong.
Il viaggio è all’inizio molto noioso, risaie, risaie, e dopo le prime 80 mondine con il classico cappello conico…tutto diventa monotono.
Poi la strada inizia a salire, la vegetazione cambia, si arriva in montagna. Si sale, si sale per ore.
Alla fine c’è dalat. La perla del Vietnam, il posto deove i francesi e poi gli americani venivano a trascorrere le or vacanza.
Il clima è splendido, all’ombra serve una felpa, al sole si cuoce, ma c’è sempre del vento freco.
Ci dicono che ogni tanto di inverno nevica! La cittadina ha conosciuto tempi migliori, di sicuro! La pianta urbanistica è quella frances, ci sono alcuni palazzi di stile liberty, ma tutto un po’decrepito.
Nel mezzo della cittadina c’è un laghetto e a fianco….La tour eiffel. Uguale, grossa 1/3 ma uguale! Francesi!!! Il mattino seguente prendiamo a noleggio 4 moto con relativi guidatori, qui si fa così.
Ci scarrozzano a velocità folli su vecchissime peugeot dalle ruote lisce.
Se dalat non è un granchè, l’are intorno è meravigliosa. Montagne ricoperte da pinete, laghi blu e ovunque terra argillosa rossa. Girammo parecchio, anche nelle valli vicine, tutti posti splendidi.
Ci portano in un tempio. Moderno abbastanza orrendo, ma la vista e incomparabile. Conosciamo qui una coppia di francesi che erano anche loro sull’autobus della sinh. Sono marsigliesi, molto simpatici e atipici. La sera si uniscono anche due ragazze norvegesi e in 8 giriamo per la cittadina. Di notte, aiutata dal buio, sembra quasi bella. Con decine di ristoranti e bar. Alcuni anche alla moda.
Il giorno dopo riaffittiamo i nostri bikers e giriamo tutto il giorno su altre montagne e altre valli.
Andiamo a vedere come si produce la seta. Dall’allevamento dei bachi sino alla produzione. Il tutto con tecniche ferme a secoli fa.
Il pomeriggio lo dedichiamo alla visita della crazy house.
È un albergo. L’ha progettato e costruito la figlia dell’attuale leader maximo del Vietnam.
Il nome è azzeccato; consiste in una serie di edifici ispirati dal libro di carrol alice nel paese delle meraviglie. Edifici a forma di enorme albero, con scale impossibili, stanze dalle forme folli, finestre a 12 lati, ragnatele di metallo al posto degli infissi, un camino a forma di aquila, una vasca sormontata da un orso di 3 metri, il tutto colorato da un pazzo.
Il tutto fa ridere, architettonicamente è uno scempio. L’albergo non ha mai aperto, anche paerchè i prezzi sono altissimi e non è mai stato totalmente finito. L’avesse fato un vietnamita qualsiasi sarebbe già nei campi di lavoro….Ma la figlia del presidente….Tutto può.
Alba, sveglia alla vietnamita e via si riparte verso nha trang.
Lungo il tragitto ci fermiamo su una collina che domina l’intera pianura, e dalla quale si vede in lontananza il mare. In cima ci sono 3 templi kmher, sullo stile di angkor. Rossi e ben tenuti. Molto belli.
Arriviamo all’ora di pranzo a nha trang. La rimini vietnamita. La portocervo vietnamita. La Portofino vietnamita…insomma è l’unica stazione balneare del Vietnam.
Spiaggia infinita, quasi 10 km di lunghezza, larghissima, lungomare, campi di beachvolley, palme, una fila interinabile di circa 150 alberghi e gli immancabili 5 grattacieli orrendi in costruzione.
Mare! Prendiao un albergo, anche un po’ caro, ci prendono i passaporti e via…mare.
La spiaggia è affollatissima, tutti vietnamiti. Ma nessuno lavora? Entriamo in acqua, veniamo aggrediti da centinaia di minuscole meduse. Infatti siamo gli unici in mare.
Usciamo sconfortati e chiediamo ad una famiglia vicino anoi spiegazioni. Ci dicono che da qualche giorno la marea e le correnti portano tutte queste meduse a riva, e che se vogliano fare il bagno dobbiamo andare alle isole che si vedono in lontananza; ormai per oggi è tardi.
Andiamo noi, i romani e i francesi al ristorante….Uno a caso e troviamo…i bolognesi. Sono lì già da diversi giorni, e ci dicono che ci resteranno per un bel po’. Si mangia bene, le ragazze sono belle, ci sono le discoteche….Hanno trovato la loro rimini.
Mai più visti.
La sera andiamo in una agenzia di viaggi. Chiediamo di comprare 6 biglietti per le isole.
Ci spiegano che ci sono 2 tipi di barche, identiche, che partono contemporaneamente. Una costa 10 dollari, l’altra 12. Gli chiediamo la differenza. Una è per i giovani, una per i vecchi. E ridendo ci da i biglietti per quella dei giovani. 12 dollari. Sospettiamo la truffa.
Ore 8.00 imbarcadero (un’asse di legno che da uno scoglio porta al barcone).
Il mezzo è un enorme vecchio peschereccio riadattato. Con due ponti aperti, tutto in legno.
Batte bandiera di bob marley. Una enorme bandiera giamaicana con su la faccia di marley e una enorme folgia di marjia a fianco! Si parte siamo circa 50 persone. Asiatici, americani ed europei, tutti turisti. Ci offrono un caffè all’americana, una fetta di torta di mele e pi si continua a navigare per circa 2 ore. Dopodiché….La follia.
Appare una vietnamita sui 50 anni, vestita come rambo, con cappellino militare, mimetica e anfibi. Capelli lunghi, e innumerevoli orecchini e tatuaggi. Urla in inglese frasi che gli americani vicino a noi ci chiedono cosa ha detto.
Fa un monologo di 10 minuti, poi presenta il suo uomo, un francese più giovane di lei, con solo un perizoma capellone e tatuato.
Finito lo show, si dirige verso uno stereo grosso come un baule, alza il volume al massimo e parte jamming dei wailers a tutto volume.
Restiamo tutti un po’ allibiti. Sale dal ponte sotto un marinaio con un catino enorme pieno di acqua, dentro ci sono decine di lattine di birra, bottiglie di rhum…gli inglesi e gli americani si lanciano a capofitto, in 20minuti metà barca è ubriaca. Europei ed asiati mantengono un certo contegno.
Passa un’altra ora, gli asiatici sono anche loro tutti ubriachi.
L’uomo della vietnamita pazza inizia rollare canne a più non posso, tirando fuori l’erba da un sacchetto della spesa pieno. Le rolla, e le lancia a tutti. Giuro che ha continuato così tutto il giorno.
Dopo 10 minuti (noi) europei eravamo conciati anche peggio degli altri.
La giornata è continuata così, con momenti di follia:gara di tuffi dal piano superiore, pranzo in acqua ognuno con un salvagente e il francese (che ha interrotto il suo lavoro solo in questo momento), che spingeva in mare un grossissimo scatolone di politisrolo con dentro birre, cocco a pezzi, fette di ananas….Risaliti sul barcone, c’era il pranzo: pesce appena pescato e cotto su una griglia, con pomodori reschi, baguette croccanti…! Le isole….E chi se le ricorda! Sembravano carine.
Le donne inglesi hanno poi aperto le danze, sfociate in una danza tribale. Siamo tornati a nha trang al tramonto, alle 6 di sera, dopo 10 incredibili ore.
In barca conoscemmo una coppia di olandesi simpaticissimi, erano in viaggio di nozze, 3 mesi di viaggio di nozze! Avevano già fatto 1 mese in thailandia e Cambogia, ora ne facevano 1 in Vietnam, poi sarebbero andati in Indonesia.
Lui era un masaggiatore. Si era laureato in Norvegia dove esiste l’unica università di medicina con corsi di laurea in massaggi, era poi tornato a Utrecht dove aveva aperto uno studio. Ne aveva poi aperti altri in olanda, a zurigo e voleva aprirne uno a milano.
Loro erano già da diversi giorni a nha trang e ci portarono al loro ristorante prferito.
Una figata! In riva al mare, un capanno, e per ognuno un piccolo forno con la griglia e carbonella rovente sul tavolo; ci siamo mangiati di tutto: pesci freschi, marinati al cocco, marinati al limone, marinati allo yogurt, pollo, cozze, tutto alla griglia. Per un conto ridicolo.
Ci diamo appuntamento per l’indomani per andare a fare un giro in moto.
Affittiamo 3 moto e partiamo in direzione di my son, un centro archeologico a 50km a nord, nel mezzo delle montagne.
Dopo circa 20 km l’olandese finisce la benzina! Siamo nel nulla.
Partono lui e il romano e tornano sino al paese più vicino.
Si riparte, troviamo la deviazione per my son, sono 30 km di sterrato che diventano poi un sentiero.
Passiamo per dei paesaggi incredibili, prima incontriamo una mandria di bufali che dei bambini bagnano con l’acqua delle risaie per alleviarli dal caldo, poi finiamo dentro una enorme salina. Decine di bacini grossi come campi da calcio e centinaia di uomini e donne, con i loro cappelli tradizionali che spazzolano il sale verso enormi cumuli alti anche 10 metri.
In qualche modo arriviamo a my son.
Paghiamo l’ingresso al sito che è patrocinato dall’unesco come luogo patrimonio dell’umanità, e entriamo.
È un piccolo altopiano circondato da un anello continuo di alte montagne, l’unica via di entrata è la ripida velle dalla quale noi siamo saliti. Dentro ci sono circa un centinaio di pagode e tempietti in stile kmher. Molto ben conservati. Il caldo era pazzesco. E non avevamo acqua.
My son divenne famosa durante la guerra perché era già stata completamente dissotterrata e restaurta e nonostante ciò i vietcong la usarono come deposito per armi, mine e mombe; gli americani non ci pensarono sopra e bombardarono per 2 giorni tutta la valle. Quello che rimane oggi è il 10% dell’area originale, ed è stato quasi tutto ricostruito.
Vinti dal caldo ripartimmo verso la spiaggi di doc let, secondo la guida la più bella di tutto il Vietnam.
Altri 30 km e arrivammo. Una bella pineta di pini di mare, e poi una spiaggia di una decina di chilometri, di sabbia bianca; il tutto solo per nooi 6.
Ci mettemmo sdraiti, bagno, e poi ci addormentammo tutti.
Ci svegliamo ci guardiamo intorno. Ci sono circa 200 ietnamiti di ogni età che ci osservano a circa 10 metri da noi. Non volgiono nulla, ci guardano.
Dopo un po’ siamo anche in imbarazzo. Ci sembra di essere allo zoo…e capiamo come devono sentirsi le tribù del nord della thailandia o i garifuna dell’hondura quando li bombardavamo di fotografie nei nostri viaggi precedenti.
Non fa piacere, comunque restamo lì.
Arrivò una vecchietta. Sembrava una pergamena stropicciata e bruciacchiata. Vecchissima. Inisieme a lei 3 figlie.
Si siedono a fianco a noi e ci fanno capire che ci vogliono fare un massaggio.
Le 3 donne accettano e le 3 figlie iniziano a. Massaggio, taglio delle unghie, colore alle unghie, talgio dei peletti delle gambe tramite un filo di nylon, altro massaggio alla testa….
Io sono indeciso, il romano accetta, l’olandese si allontana.
Il romano finisce sotto le grinfie della nonnina.
Lui è grosso, molto grosso, è un ex giocatore di serie A di football americano.
Lei è minuscola, magrissima, non sta impiedi, ma è campionessa di tortura con le mani.
Lo spezza, lo gira, lo martella, lo picchia, lo schiaccia, lo calpesta, lo piglia a schiaffetti sulla pelata, gli schiaccia la schiena con i piedi, gli passeggia sulla pancia. Noi ridiamo, lui impreca. I 200 vietnamiti dietro di noi ridono.
Raggiungo l’olandese e gli chiedo perché se ne fosse andato.
Ci dice che lui guadagna tantissimo ogni autunno quando la gente torna dalle vacanze in asia e si fa rimettere in sesto da lui dopo essersi fatta massaggiare da gente del posto in spiaggia. Era irritato perché sua moglie si stava facendo fare anche lei il massaggio.
Finita la tortura la famiglia dell’inquisizione se ne, ma ormai il ghiaccio è rotto, arrivano nell’ordine dei venditori di cocco, venditori di calcolatrici, venditori di cappelli a cono, venditori di marionette, venditori di sigarette, a pacchetto e singole, venditori di accendini……saliamo in moto e torniamo a nha trang. Ritroviamo i francesi e le norvegesi e andiamo tutti insieme al ristorante della sera precedente; il romano ha male alla schiena! Alba, si parte, direzione nord, verso hoi an.
La guida ne parla come un posto impedibile, e tutto il paesino è patrimonio dell’umanità.
Ed hanno ragione. 20 stradine in croce, casette basse al massimo di 2 piani, antiche, molto antiche, coloratissime e quasi tutte ristrutturate, con i loro tipici balconcini in legno. Templi, pagode, un antico ponte (ponte dei giapponesi) coperto, tutto in tek.
Ci sono decine di ristorantini, bar e soprattutto almeno 30 negozi di sartoria.
Si entra si sceglie un abito da una rivista di moda, anche occidentale, oppure si porta una camica o un paio di pantaloni, prendono le misure, si scegli il tessuto, cotone o seta morbidissima, i colori e si contratta il prezzo. Il giorno dopo tutto è pronto. E costa pochissimo. Io presi 2 paia di pantaloni di cotone con tasche laterali, una camicia alla cinese, una giacca stile mao, il tutto per 15 dollari.
Non male.
Le donne scomparvero per circa 20 ore, svolazzando da una sartoria all’altra. Noi uomini ci piazzamo in un baretto splendido guardando passare le pochissime auto francesi dell’anteguerra, scolaresche in divisa, buoi e carretti…il tutto ad un ritmo lentissimo.
Girare per le strade è una gioia, alberi altissimi fanno ombra, uccelletti di mille colori svolazzano ovunque, niente traffico, pace e silenzio.
Sembra una vera oasi di tranquillità.
Restammo 3 giorni, nonostante si giri il paese in non più di 4/5 ore.
Mi è rimasta nel cuore hoi an. Un posto magico, simile nella bellezza ad antigua in Guatemala, con in più i vantaggi di non avere ne traffico ne turismo.
La pace in terra.
A malincuore ripartimmo, anche in ritardo, facendo infuriare il guidatore della sinh cafè. Le donne dovevano aspettare che fossero finiti i loro vestiti. Più o meno come quantità paragonabili ad un corredo da sposa. Si va, abbiamo davanti molte ore per arrivare a huè.
Durante il tragitto il tempo diventa tremendo. Sapevamo che c’erano state della alluvioni nella zona di huè e che erano morte diverse persone.
Oltretutto il nostro progetto di fare 4 settimane in Vietnam era già fallito. La mia ragazza voleva andare al mare, e il mare in Vietnam non è il massimo. Avevamo così deciso di ridurre a 3 le settimane in Vietnam e di andare poi alle perhentian in Malaysia, delle isole meravigliose dove vi eravamo già stati 2 anni prima. Arriviamo infine a huè, diluvia, tutto allagato. Prendiamo la decisione e convinciamo i romani a seguirci. Corriamo in taxi all’aeroporto di danang a pochi km. Prendiamo il primo volo che va a Saigon.
Di huè e dei suoi bellissimi palazzi non abbiamo visto purtroppo quasi nulla; le sue torri, templi…tutto in macchina e di corsa. Sotto un diluvio tremendo. Peccato.
Volo Vietnam arilines. Modernissimo airbus a300, in aereo in 5. Noi 4 e un cinese.
Atterriamo in piena notte a hanoi. Taxi, troviamo l’immancabile albergo cinese (ottimo, si chiama fortune hotel) in pieno centro , pulito, e economico.
Usciamo per mangiare. Hanoi è bella, tutta un’altra cosa rispetto a Saigon. Elegante, con bei parchi e enormi laghi in centro, molte case coloniali francesi ben ristrutturate….Un unico problema.
Stavamo girando dentro un quartiere di negozi quando la luce è sparita. Su tutta la città.
Ci siamo istantaneamente persi tutti e 4. Dopo mezzora la luce è tornata e pian piano ci siamo rincontrati. Le donne erano dentro i negozi, dove grazie alle candel riuscivano a fare acquisti, noi a cercarle per la strada! Saliamo su un taxi e chiediamo al taxista di portarci ad un buon ristorante.
Entriamo. Cani. Cnai a pezzi ovunque. Usciamo. Entriamo nel successivo. Cani.
E così via. Eravamo nel quartiere dei ristoranti di carne di cane.
Ci siamo affidati alla lonely planet e abbiamo cenato tranquillamente.
Il giorno dopo giriamo, vediamo il memoriale di ho chi min, sulla falsariga di quello di leni a mosca, giriamo per i bei parchi e per i quartieri coloniali, shopping di tazze e piatti in tek, e la sera andiamo a vedere il teatro delle marionette sull’acqua.
Ero abbastanza contrario, poi sono uscito contentissimo.
È un’arte antichissima che viene mantenuta viva solo ad hanoi. Il palco è allagato e tutte le marionette si muovono su di essa, con battaglie navali e spruzzi d’acqua sul pubblico.
Troviamo la sede di hanoi della sinh cafè. Cerchiamo di organizzare una 3 giorni alla baia di ah-long. Il personale è scorbutico, parlano un inglese tremendo. Ci avevano avvisato. Al nord a scuola insegnano il russo! E l’inglese quasi nessuno lo conosce. In più il turismo è concentrato nel centro-sud del paese e quindi i nordvietnamiti non sanno trattare con i turisti. Per peggiorare il tutto il regime comunista ha permesso lo sviluppo della proprietà privata e delle imprese libere solo in alcune aree, tipo la cina. E tutte queste zone sono nel sud del paese. Mi dissero che volevano tentare di mantenere il nord sano, duro e puro, verso i principi del comunismo! La sostanza è che al centro sud stanno decisamente meglio che al nord.
Si riparte. Lasciamo i bagagli al fortune hotel,e con degli zainetti partiamo per ah-long.
Il viaggio non è ligno, circa 3 ore e mezza.
Mi aspettavo l’incredibile…invece una delusione. Bruttissimo tempo, due cittadine orribili costruite sui due lati della baia, il mare sporco, una desolazione.
L’albergo non potevamo scegliercelo. Era già preso a hanoi. Cosa che detesto.
Il pullman ci scarica in una piazzetta del paese. Un viet ci dice di seguirlo. Siamo più di 50 prsone, delle quali il 70% almeno turisti vietnamiti di Saigon. Si mettono in fila e seguono il capo muta.
Saliamo per le colline, per mezz’ora.
Arriviamo in uno dei classici edifici vietnamiti. Quasi una torre. Quattropiani per 40 metri quadrati per piano. Non ci fanno entrare. Ci dividono i vietnamiti da una parte gli stranieri dall’altra.
Iniziano a dare le chiavi ai viet, non attendiamo. Finiscono i vietnamiti. Finiscono le camere. Siamo rimasti in circa 10 occidentali.
Si litiga.
Si urla I tedeschi se ne vanno.
Restiamo noi 4.
Rilitighiamo.
Urliamo.
Alla fine facciamo quasi a botte con l’albergatore, dei passanti ci dividono.
Lui prende e se ne va. Torna poco dopo con un suo amico. Temiamo il peggio. Invece ci fa cenno di seguirlo. Dormiremo a casa di suo fratello.
Casetta verticale, saliamo all’ultimo piano. Arriviamo all’ultimo ballatoio, ci sono due porte chiuse, noi andiamo a destra i romani a sinistra.
Entriamo.
! una unica stanza con un intera pareta di circa 5 metri di vetro. Affacciata sulla baia, ed essendo in collina si può ammirare tutta la bellezza di questo posto.
Ci sono 3 letti, due bagni e la cucina! I letti puliti, i pavimenti che scintillano. Non fosse per il divano fucsia e per le tende a drappo che incorniciano la vetrata sarebbe un gioiello.
Stiamo disfacendo i nostri zainetti quando sentiamo delle urla, prima in vietnamita, poi in romanesco; usciao e c’è un mezza rissa tra l’intera famiglia di vietnamiti e il nostro amico romano.
Facciamo un po’di calma.
I viet se ne vanno e chiediamo chiarimenti. Ci fanno entrare nella loro stanza: è praticamente una tomba matrimoniale. Minuscola, ma pulita. C’è una finestra coperta da un tendone fucsia. Ci dice di sollevarlo: è murata! Gli diciamo se vogliono dormire nella nostra suite, ma non apprezzano.
Alle 8.00 abbiamo il barcone che ci porterà in giro per la baia. Andiamo al molo. Siamo in pochi. Molti barconi e pochi turisti. Meglio così.
Si parte, la velocità è nulla, solo per arrivare alla baia ci impieghiamo 2 ore.
Conosciamo 2 ragazze ed un ragazzo di bergamo, e pian piano giungiamo dentro la baia.
Per chi non avesse mai visto un documentario o il bellissimo film con la deneuve “indovina”, la baia di ah-long è una area di mare piuttosto grande dove si trovano circa 1700 isole e faraglioni alti anche più di 200 metri. Tutti con pareti a picco sul mare. Un labirinto. Ci sono anche decine di grotte, alcune visitabili, e molto belle, niente approdi, niente spiagge. Solo mare e roccia verticale ricoperta da vegetazione.
Imperibile. Vale da sola un viaggio in Vietnam.
Giriamo ore e ore e non ci si stanca mai.
Il giorno seguente pure, coprendo una zona più a nord.
Un posto magico.
Ci pentiamo di avere il volo per la malesia il giorno seguente, ma ormai è troppo tardi per spostarlo di 48 ore.
E così ripartiamo, solita trafila aeroportuale, e andiamo in malesia… Ci torneremo. Sia io che mia moglie vogliamo tornarci, per vedere praticamente tutto il centro nord del paese che abbiamo mancato. Rivedere bene huè, dien bien puh, le zone tribali del nord, la pagoda dei profumi…..Ci torneremo.
Ciao paolo-milano