India: dove il tempo si è fermato
LUNEDI’ 24 MAGGIO: Affermare che ci siamo riposati è del tutto un eufemismo: un’afa incredibile, un’intensa luce ha squarciato la camera già all’alba, la melodia ritmata di una banda musicale di passaggio sotto l’hotel accompagnata dai clacson di un traffico già impazzito nelle prime ore del mattino, hanno fatto da cornice alle già poche ore di sonno. Alle 10.30, con circa mezz’ora di ritardo, è decollato l’aereo che ci ha portato a Varanasi. Il biglietto lo abbiamo acquistato direttamente sul sito della Kingfisher, una delle maggiori compagnie indiane low cost, al prezzo di 45€ a persona. All’uscita, un addetto della Puja Guesthouse era ad attenderci per condurci nell’intricato groviglio di vicoli dove è situato l’hotel. Con 1500 Rps al giorno, abbiamo alloggiato in una camera con ventilatore senza pretese, posta al terzo piano dello stabile, ardua da raggiungere per via delle ripide scale. Vista sul Gange, il piccolo terrazzino è ingabbiato onde evitare spiacevoli visite da parte di numerose scimmie che bazzicano in zona. Tutto ciò non è servito a tenere lontano un piccolo topo che, penetrato nella stanza si è diretto subito verso il sacchetto dei biscotti. Nella struttura questi innocui roditori sono di casa e sono considerati quasi sacri! Nel prezzo è compresa anche una buona colazione consumabile nella panoramica terrazza, anch’essa affacciata sul fiume sacro. Buona anche la cucina. Shiva, il proprietario, è una guida turistica, come testimonia il suo tesserino, conosce molto bene la propria città e quindi ci siamo affidati a lui per un tour di circa 3 ore e mezzo (700 Rps) comprensivo di un giro nel labirinto della città vecchia, il Golden Temple, non visitabile all’interno in quanto l’ingresso è riservato solo agli hindu, il Nepali Temple (10 Rps a persona l’ingresso) con le sue figure erotiche e il Manikarnika, il Ghat principale delle cremazioni, dov’è severamente vietato effettuare riprese e fotografie. In cima alle scalinate vi è una grossa vasca, dove l’acqua, dice un’antica leggenda, sembra sia il sudore della divinità Shiva, impegnato a recuperare un orecchino lasciato cadere da sua moglie Parvati. Tutt’intorno, enorme cataste di legna, abitate da furetti, mucche e capre che lasciano ovunque i segni dei loro passaggi. Un giro in barca al tramonto (150 Rps) è sicuramente una cosa turistica ma ne vale la pena, anche perché del fiume si può assistere meglio alle cerimonie di adorazione della Madre Ganga che si svolgono sui Ghat principali. Dopo un’ora e mezza eravamo di ritorno in guesthouse, non prima che Shiva ci portasse da un amico che, offrendoci una coca cola, ha cercato senza successo di venderci copriletti, sciarpe e tovaglie! Dopo la cena in terrazza (il massimo che abbiamo speso nemmeno 300 Rps) finalmente il meritato riposo!
MARTEDI’ 25 MAGGIO: Sveglia alle 4.45! All’alba ci attende il giro dei Ghat in barca. Con un pizzico di ritardo la donna con cui Shiva si è accordato, è passata a prenderci e ci ha affidato a suo figlio, un dodicenne simpatico e carino che si è affannato per tenere i ritmi dei barcaioli più adulti. A differenza della sera, il giro in barca mattutino evidenzia la vita quotidiana degli abitanti di Varanasi, intenti già dalle prime ore, non solo al rituale bagno, ma a lavare i panni, a sguazzare nell’acqua come fossero al mare, ad eseguire esercizi di yoga o ad effettuare la puja (offerte o preghiere). Il tour si è concluso nel giro di poco più di un’ora per sole 150 Rps. Al rientro in guesthouse, una buona colazione ed un paio d’ore di meritato riposo. Non abbiate, però, anche voi la pessima idea di uscire nell’ora più calda della giornata, a mezzogiorno le strade ed i vicoli di Varanasi vi sembreranno ancora più sporchi e maleodoranti ed i fastidiosi venditori davvero insopportabili! Con Shiva ci siamo dati appuntamento alle 15 nell’hall per un’escursione di un paio d’ore a Sarnath, a 12 Km da Varanasi. Oltre alle 700 Rps pattuite con la nostra guida, altre 400 sono servite per andare e tornare con un pittoresco tuc tuc. Sarnath è il luogo dove il Buddha pronunciò il suo primo sermone. Molto interessante è il museo (10 Rps a persona, vietato introdurre apparecchi video-fotografici) dove sono conservate antichissime rappresentazioni dell’Illuminato ed il maestoso capitello a 4 leoni, simbolo di potere, risalente al III secolo a.C. Ed appartenente alla colonna di Ashoka, i cui resti giacciono nel parco adiacente. Per accedere a visitare il sito si pagano ulteriori 100 Rps a persona, altre 20 se si intende utilizzare la videocamera; i monasteri vennero rasi al suolo dall’avvento dei mussulmani ed oggi l’unico segno tangibile dell’importantissimo sito buddhista rimane il maestoso Dhamekh Stupa con i suoi 34 m di altezza. Onestamente da Sarnath ci aspettavamo qualcosina di più! La cosa più caratteristica è stata immergersi nell’impazzito traffico cittadino, dove in assenza di un codice stradale regna l’anarchia, in mezzo alla strada si trovano pedoni, mucche, risciò che trasportano l’impossibile, il tutto contornato da continui colpi di clacson ed uno smog insopportabile! Alla sera, dopo una passeggiata, abbiamo cenato sulla terrazza del ristorante The Dolphin a Mandir Ghat: qui rispetto alla guesthouse i prezzi sono più elevati ma il cibo è buono e si riesce a gustare anche della fresca birra. Si è concluso così il nostro “pellegrinaggio” nella città sacra. Né ci siamo immersi, né abbiamo bevuto l’acqua del Gange (non ci è mai venuta in mente l’idea…) ma almeno possiamo dire, come vuole la credenza hindu, di essere stati almeno una volta nella vita a Varanasi!
MERCOLEDI’ 26 MAGGIO: Dopo una travagliata notte per via dell’afa, ci siamo rilassati in terrazza con un’ottima colazione, ignari di tutto ciò che ci sarebbe accaduto. Intanto, nel preparare gli zaini abbiamo scoperto che Mickey, come avevamo soprannominato il topolino, era riuscito a scovare il nascondiglio dei biscotti, ma il peggio doveva ancora arrivare! Giunti all’aeroporto, il nostro volo AirIndia Varanasi-Khajuraho, prenotato sul sito della compagnia a 40€ a persona, era stato cancellato per motivi tecnici, che a noi rimarranno sconosciuti per sempre. Avevamo 3 soluzioni: 1 imbarcarci sul volo per Delhi e una volta giunti nella capitale boh…?! 2 trascorrere altri due giorni a Varanasi in attesa del prossimo volo il venerdì, ma la stessa AirIndia non ne ha saputo confermare la certezza…qui funziona così! 3 raggiungere Khajuraho in taxi. Questa è l’India e senza farci prendere dallo sconforto abbiamo intavolato le trattative per giungere alla meta in taxi, non prima di concedere una breve intervista ad un’emittente indiana, che, venuta a conoscenza del nostro problema, non ha esitato a farci qualche domanda, il tutto ripreso dalla telecamera! Così per 6500 Rps, circa 110€ , siamo partiti alla volta della città del Kamasutra, consci del fatto che null’altro avremmo potuto fare, dato che a Khajuraho ci aspettava Baba, il driver della compagnia India Karni, contattata via internet che da lì alla fine del tour ci avrebbe accompagnato nelle città e nelle strutture alberghiere da noi scelte, alcune delle quali già pagate. Quindi l’unica soluzione era essere a Khajuraho il prima possibile! Facile a dirsi…per compiere 400 Km abbiamo impiegato 9 ore! Ci è stato raccontato che tante persone, piuttosto che rifare una seconda volta un viaggio del genere preferiscono non tornare più a Khajuraho. Strade da vero e proprio terzo mondo (se uno non vede non può capire le condizioni…), numerosi attraversamenti di villaggi dove per transitare servono veri e propri miracoli, aggiunti alla poca dimestichezza dell’autista (ha sicuramente imbroccato la strada più lunga per poi chiedere continuamente le indicazioni stradali ai passanti….) hanno fatto in modo che alle 21.30 giungessimo finalmente a destinazione. Una volta accompagnati in hotel (www.hotelsuryakhajuraho.com 500 Rps al giorno senza colazione e 100 di tasse), dopo una tanto sognata doccia, fatta conoscenza con Baba, siamo corsi al ristorante per rifocillarci dato che il distacco da cibo e acqua aveva ormai superato le 10 ore!!! E qui, una volta di più, malediciamo Mickey che si è “impossessato” delle nostre uniche provviste.
GIOVEDI’ 27 MAGGIO: Dopo una buona colazione al ristorante La Terrazza (cucina multietnica), proprio di fronte al parco archeologico, siamo entrati a visitare i famosi templi di Khajuraho (250 Rps a persona e 25 per usare la videocamera). Qui sono raggruppati i templi del gruppo occidentale. Questi splendidi ed imponenti monumenti sono stati dichiarati dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità e sono nella maggior parte ispirati al Kamasutra. Moltissime scene di orgie, in alcuni casi anche con animali, ricorrono lungo le facciate di questi templi costruiti dalla dinastia dei Chandela. Sono davvero imperdibili, meravigliosi! Peccato, per noi, questo caldo incredibile (oggi ha toccato i 47°C!) che non ci ha permesso di goderne la bellezza fino in fondo, come realmente meritano. All’uscita ci siamo incontrati con Baba e con Reetesh, un giovane locale molto simpatico ed intraprendente, presentatoci dal nostro driver. Reetesh parla un discreto italiano ed organizza viaggi non solo a Khajuraho e dintorni. Disponibile ad ospitare in casa, con il denaro che guadagna, oltre a pagarsi gli studi di guida turistica, piano piano sta mettendo su un piccolo edificio che diventerà una guesthouse a conduzione familiare. Dopo un po’ di riposo nelle ore più calde della giornata, eccoci ancora con la nostra coppia di amici per visitare i templi della zona sud e orientale. Qui sono presenti sia monumenti hindu che giainisti molto belli (anche se non si possono di certo paragonare a quelli del complesso occidentale); Reetesh ci ha spiegato molte cose interessanti e ci ha fatto notare come in ogni tempio un guardiano stipendiato dal governo sia a protezione 24 ore su 24 onde evitare gli innumerevoli saccheggi avvenuti negli anni scorsi. Dopo essersi rifocillati all’ Agrasen Restaurant (cucina indiana, cinese e continentale, di fronte, affianco al nostro hotel, vi è la versione vegetariana, entrambi nominati dalla Lonely), Reetesh ci ha accompagnato nel suo villaggio per comperare dei souvenir; qui, infatti, i prezzi sono più bassi rispetto agli shop in centro città e l’incasso va solo ed esclusivamente a persone native di Khajuraho. Varcare la soglia della sua accogliente casa è stata però l’emozione più grande: abbiamo conosciuto la sua famiglia e sul terrazzo, sotto una luna quasi piena, gustando un ottimo thè, ci ha illustrato i suoi progetti futuri. Passeggiando per le strade del villaggio vestite a festa, Reetesh ci ha aggiornato sul progetto scuola per i bambini, sui problemi e le caste in cui è divisa la popolazione. Un pittoresco corteo matrimoniale ci ha permesso di conoscere molte usanze dello sposalizio, fra cui le impronte dei promessi lasciate sul tempio in segno di fedeltà per tutta la vita. Davvero una bellissima esperienza! Dopo essersi recati allo Shiva internet, non lontano dai templi principali, dove è possibile usufruire di Skype, con i ristoranti della città ormai chiusi (in bassa stagione abbassano le serrande alle 10 di sera) abbiamo colto l’occasione per gustare dei favolosi succhi e dell’ottima frutta nell’unico banchetto ancora aperto nel mercato vicino l’hotel.
VENERDI’ 28 MAGGIO: Salutato a malincuore Reetesh, siamo partiti alla volta di Orchha (circa 4 ore). Attraversando la bellissima porta d’ingresso del villaggio si arriva immediatamente nel cuore del piccolo mercato, posto ai piedi dei 2 tra i principali monumenti, il Raj Mahal ed il Chaturbhuj Temple. Proseguendo per l’unica strada della cittadina si arriva direttamente all’albergo prescelto, il Sunrise Hotel. Vista la bassa affluenza di turisti in questa stagione, con 1000 Rps abbiamo affittato la “suite” con aria condizionata, ventilatore e la possibilità di fare il bagno in una grande vasca. Secondo i loro standard si potrebbe giudicare una stanza pulita…naturalmente non è così per i nostri. Viste le sue dimensioni Orchha non offre molta varietà di ristoranti. Seguendo l’opinione della Lonely, la nostra scelta è caduta sul Ram Raja, posto all’inizio del ponte che conduce ai palazzi. Serve davvero pelo sullo stomaco viste le condizioni igieniche, ma possiamo garantire che i 2 biryani vegetariani erano davvero ottimi ed economici. Il Jehangir Mahal ed il Raj Mahal sono stati i primi monumenti che abbiamo visitato (250 Rps a persona più 25 per la videocamera). Il custode vi accompagnerà (e non gratuitamente) in un viaggio indietro nel tempo, illustrandovi le bellezze di questi palazzi, per metà di architettura mussulmana (moghul) e per metà hindu. La perfetta simmetria delle costruzioni, la piscina e le vasche dove il marajah amava immergersi o le piste dove solitamente si ballava, gli splendidi portoni o le sale affrescate fanno si che questi due palazzi siano una tappa obbligatoria per chi transita da Orchha. Con lo stesso biglietto si ha diritto di visitare anche i templi della città, ma visto che oramai eravamo fuori orario (chiudono alle 17) ci siamo fatti compilare una manleva per poterli visitare il mattino dopo. Alle 20 riapre il Ram Raja Temple, sulla piazza del mercato, l’ingresso è gratuito e al suo interno si può assistere alle curiose funzioni religiose. Ormai era ora di cena e dopo aver stretto amicizia con gli splendidi bambini del villaggio, dirigendoci all’Hotel Shees Mahal, nel giardino del palazzo, addirittura la gente ci fermava per presentarsi e per fare una foto insieme, proprio come delle vere attrazioni! Il ristorante è davvero elegante, storico e molto pulito, ottimo il cibo; naturalmente con tutti questi punti a favore il prezzo è leggermente maggiorato, ma finalmente una cena con la C maiuscola! All’uscita una splendida luna piena ci ha permesso di immortalare i palazzi baciati dal suo fascio di luce.
SABATO 29 MAGGIO: Il servizio dei ristoranti indiani è molto lento per cui prendete in considerazione sempre un tempo maggiore rispetto a quello che pensate. La nostra colazione si è protratta più del previsto ed alla fine è rimasto davvero poco tempo per visitare i rimanenti templi. Ci siamo dedicati così al Chaturbhuj Temple, il più imponente, che con la sua bellezza sovrasta il Ram Raja Temple. Un locale, per 100 Rps, ci ha aperto le porte che conducono, salendo per i ripidi gradini, sul tetto, dove si ha una meravigliosa vista della città. A tenerci compagnia, appollaiato su una guglia vi era uno splendido esemplare di avvoltoio. Abbiamo salutato Orchha un po’ rammaricati dal fatto che per visitarla per bene sono necessari 2 giorni, ma il nostro unico problema era che oggi dovevamo raggiungere sicuramente Gwalior, avendo già pagato un acconto all’Hotel Surbhi (prenotato tramite www.viamundis.com a 900 Rps). La città della fortezza è molto caotica e sporca, fa da sé che, appena arrivati, saremmo scappati immediatamente. E’ sicuramente meglio visitare il forte in una giornata, per poi tornare a Orchha o proseguire per Agra. Depositati i bagagli e rinfrescati per bene, siamo partiti alla volta del palazzo medievale dominante la città. Appena si varcano le mura si rimane avvolti da un’atmosfera particolare, sembra impossibile che fuori possa esserci una città così poco accogliente. La vista che si ha da lassù è semplicemente mozzafiato. Quando si arriva ai piedi del Man Singh Palace, troverete la biglietteria (100 Rps a persona e 25 di videocamera). Il maestoso palazzo è fantastico. Proprio dalla porta si trovano le guide che, presumiamo, obbligatoriamente, vi accompagneranno nel tour. Chiedete esplicitamente di Samar Singh ben 17 anni di esperienza all’interno del palazzo, parla un inglese comprensibile e alla sua professionalità abbina un’innata bravura per la fotografia. A noi ha quasi svolto un servizio fotografico negli angoli più caratteristici del palazzo! Contrattate sul prezzo, tenete conto che la cifra giusta si aggira più o meno sulle 100 Rps all’ora. Armato di una pila tascabile ci ha condotto nei sotterranei narrandoci storie e aneddoti del Palazzo, la sua storia prima e dopo l’avvento dei moghul, da come il marajah sceglieva una tra le sue 9 mogli per la notte di passione, al primo tipo di telefono inventato in India o meglio ancora nel mondo. Attraversando una stanza infestata di pipistrelli siamo risaliti per ammirare le bellezze esteriori. Il palazzo una volta era ricco di diamanti e specchi, completamente saccheggiati con l’arrivo dei mussulmani. Dal primo sistema di aria condizionata a come i musicisti dovessero suonare per le regine senza però osservarle, pena la decapitazione, le spiegazioni di Simar ci hanno davvero entusiasmato. Dopo aver visitato gli altri templi principali, ci siamo congedati dalla nostra guida ed abbiamo raggiunto Baba, non prima di aver ammirato la bellezza delle sculture nella roccia, nella parte occidentale del forte, anch’esse mutilate dai mussulmani e restaurate recentemente da un’equipe di archeologi inglesi. Ricordiamo, anche se non vi abbiamo assistito per questioni di tempo, che tutte le sere all’interno del forte si svolge uno spettacolo di luci e suoni. Prima di rientrare in stanza ci siamo concessi 2 deliziosi mango juice in un piccolissimo negozio affianco all’hotel, che hanno praticamente sostituito la cena, visto che il ristorante dell’hotel non è molto fornito ed inoltre, essendo una zona non turistica, il personale non parla neanche inglese.
DOMENICA 30 MAGGIO: Nonostante sia situato a meno di 100m dall’ingresso est del Taj Mahal, il Sheela Hotel (www.hotelsheelaagra.com) non è estremamente dispendioso (almeno in questa stagione); 600 Rps a notte, con ventilatore, l’antenata dell’aria condizionata ed un bel cortile dove trascorrere le ore meno calde della giornata. Baba ha contattato un suo amico, che per 400 Rps, ci farà da guida in questi 2 gironi ad Agra. Dopo aver fatto conoscenza con Neim ci siamo recati all’Agra Fort. Il forte rosso, com’è soprannominato, è una splendida costruzione di 20m di altezza per più di 2 Km di lunghezza! L’ingresso è di 150 Rps a persona più 25 di videocamera, tenete conto che visitando e il Taj Mahal e l’Agra Fort lo stesso giorno, con il biglietto del primo usufruirete di uno sconto di 50 Rps sull’ingresso del secondo. Queste mura in arenaria rossa racchiudono più di 1000 stanze, la costruzione fu iniziata dall’imperatore Akbar. La vista che si ha sul Taj Mahal è davvero suggestiva; addirittura, nel punto dove vi è un famoso trono si ha l’illusione ottica che più ci si allontana più il Taj si avvicina a noi! Tutto intorno al forte, un ormai prosciugato fossato, un tempo era occupato da coccodrilli e serpenti; l’enorme cortile, già più di 400 anni fa, era innaffiato da un sistema di irrigazione a caduta, quasi come oggi viene usato nelle nostre risaie. Nonostante lo stile sia moghul e quindi non distante dai palazzi visti precedentemente, siamo rimasti davvero soddisfatti della visita. Tornando all’hotel, Neim ci ha chiesto di visitare un museo di strumenti musicali indiani, proposta accettata da noi. Il tutto si è rivelato un mini concerto in nostro onore nel tentativo di venderci, dopo, tutto il bazar…! E qui è giusto aprire una parentesi: non pensiate, soprattutto chi ama viaggiare liberi come noi, che avere un autista significhi indipendenza; il vostro driver avrà sempre un amico da presentarvi che non fungerà solo da guida ma cercherà con svariati aneddoti di condurvi in negozi o ristoranti (a volte anche contro il vostro parere) dove trarrà in seguito dei profitti. A cena, contro i loro pareri, ci siamo fatti portare al ristorante Dasaprakash, in Gwalior Road (segnalato dalla Lonely), ottimo cibo a prezzi medi. Baba non ha potuto aspettarci (non sappiamo se ciò sia dovuto al fatto che ancora non conosciamo fin dove arrivano i suoi doveri o se si sia irrigidito per non aver accettato il ristorante da lui proposto…) e così con 50 Rps siamo saliti su un tuc tuc che ci ha riportati in hotel.
LUNEDI’ 31 MAGGIO: Sveglia alle 5.15, è il gran giorno! Il Taj Mahal ci aspetta! Le visite iniziano già al mattino presto quando comincia a sorgere il sole. Per acquistare i tickets (750 Rps a persona) bisogna necessariamente recarsi al west gate. La macchina fotografica non necessita di un sovrapprezzo mentre per introdurre la videocamera bisogna pagare 25 Rps e le riprese sono consentite solo all’ingresso del cortile che si affaccia sul Taj Mahal, dopo di ché, bisogna depositarla nel guardaroba. L’impatto è straordinario, la perfetta simmetria dell’edificio e il candido color bianco del marmo con cui è costruito, sembrano rendere il Taj Mahal l’unica cosa immacolata in un paese dimenticato da Dio. Ad ogni angolo, 4 minareti pendono volutamente, in maniera che non crollino sul mausoleo in caso di terremoto. All’alba il Taj è veramente suggestivo e le gemme che ornano le sue facciate brillano riflettendo i tiepidi raggi del sole. Internamente ci sono meno cose da ammirare, sicuramente non passano inosservati i numerosi jali (lastre di marmo lavorate con una precisione straordinaria) che circondano la tomba di Mumtaz Mahal. Un solo peccato, le vasche vuote, causa pulizia, nei giardini monumentali, che non ci hanno permesso di ammirare la famosa immagine del Taj riflessa nell’acqua. Dopo il breakfast ci siamo recati con Neim e Baba al mausoleo di Akbar a 20 Km dal centro di Agra, dopo aver superato un’area super trafficata ed intasata. Presentando il biglietto del Taj Mahal avrete uno sconto di 10 Rps, pagandone così 100 a persona. Sicuramente, avendo negli occhi ancora lo splendore del Taj, farete un po’ più di fatica, ma la tomba del più importante imperatore moghul merita davvero di essere visitata. Oltre alla straordinaria architettura è davvero curioso constatare come, ad esempio, due persone riescano a parlare (uno in un angolo il secondo in un altro) filtrando la voce attraverso i muri! L’unico fastidio è l’incessante richiesta di denaro da parte di chiunque. Non necessariamente si è obbligati a lasciare le proprie scarpe fuori dai templi, nessuno può impedirti di tenertele in mano, evitando così, di pagare una persona affinché “le controlli”. Ad Agra, secondo quanto ci è stato detto a Khajuraho, l’AirIndia, avrebbe dovuto risarcirci il mancato volo, peccato che qui non esiste neanche un ufficio della compagnia! Un terribile presentimento ci sta assalendo! Tornando verso l’hotel per il meritato riposo ci siamo fermati al Taj Cafè, anch’esso nominato dalla Lonely, locale economico e dal buon cibo. L’appuntamento con “la strana coppia” è alle 17; la visita pomeridiana è stata l’Itimad-Ud-Daulah, detto anche Baby Taj. Carino, niente a che vedere con il “fratello maggiore”, sicuramente non è un’attrazione imperdibile. Ci tenevamo molto a poter rivedere il Taj Mahal, motivo per cui siamo entrati al parco Mehtab Bagh (100 Rps), sulla sponda orientale del fiume Yumana River, da dove se ne ha visione celestiale. Il sole che tramontava ha regalato al Taj dei colori tenui straordinari. A godere di questo spettacolo non saremo state più di 10 persone! E con il cinguettio dei numerosi uccelli in sottofondo, possiamo affermare sicuramente questo, ad oggi, è stato l’unico momento di pace assoluta vissuto in India! Tornati all’esterno del parco, dribblati i numerosi venditori ambulanti, siamo risaliti in auto e costeggiando le fatiscenti baraccopoli, abbiamo fatto ritorno nella caotica zona di Taj Ganj. Dopo aver pagato adeguatamente la nostra guida (500 Rps per i 2 giorni trascorsi insieme) ci siamo incamminati in hotel fra le orde selvagge di tuc tuc e moto che sfrecciano nelle strette vie del quartiere. Cena nel tranquillo giardino dell’hotel, buon cibo, prezzi modici e se volete una birra, niente paura, un cameriere inforcherà la bicicletta e ve la andrà a recuperare chissà dove!!!
MARTEDI’ 1 GIUGNO: Oggi partenza per il Ranthambore National Park. In origine avevamo optato per il Corbett, ma Baba ci ha consigliato questo in quanto è sicuro che si vedano le tigri. Sulla strada vi è Fatehpur Sikri, un antica città che per un breve periodo è stata la capitale dell’impero moghul. Il driver vi lascerà nel parcheggio sottostante, dovrete raggiungere la fortezza in tuc tuc. Non date più di 100 Rps ma soprattutto non pagate il vostro accompagnatore finché non vi avrà riportato alla vostra auto. Secondo noi, potete visitare la bellissima città servendovi di un libro, risparmierete ma soprattutto eviterete noiose questioni con le insistenti guide; ci è stato raccontato che in molti per convincere il turista pattuiscano un prezzo ridicolo per poi alzarlo notevolmente al momento del pagamento! Per raggiungere la bella moschea in stile indo-persiano, dovrete uscire dal palazzo ed affrontare una lieve salita dove i numerosi venditori vi assaliranno nel tentativo di rifilarvi qualcosa. Addirittura arriveranno a barattare alcuni dei loro gadgets per avere i vostri biglietti d’ingresso. Non riuscivamo a capire tutto questo interesse, ci sarà addirittura chi vi dirà che è un collezionista. La verità è che, con un tortuoso rigiro tipico indiano, questi ragazzi li cedano in cambio di un compenso alle guide, le quali li rivenderanno alle biglietterie e queste ultime risparmiano sulla stampa di nuovi ticket! Non meravigliatevi se all’ingresso di qualche sito vi verrà consegnato un biglietto senza la matrice tratteggiata, avranno sicuramente mille scuse da raccontarvi! Ora capiamo come mai Neim, “casualmente”, di è dimenticato di restituirci tutti i nostri biglietti che “gentilmente” prendeva per noi ai botteghini. Raccontiamo tutti questi espedienti perché non è carino essere raggirati da persone che avrebbero di che ringraziarvi dal momento che li state facendo lavorare e guadagnare. Ricordate che, chi affronterà questo viaggio come noi per la prima volta, per molte persone che avranno a che fare con voi sarete solo dei polli da spennare! Giunti a Ranthambore, siamo andati immediatamente al Raj Palace Resort, l’hotel consigliatoci da Baba. Contrattando alla reception, vista la bassa stagione, abbiamo ottenuto uno special price di 3100 Rps a persona comprensivo di un safari e 2 notti con mezza pensione. 6200 contro i 10000 che avremmo speso al Corbett! Bravo Baba!
MERCOLEDI’ 2 GIUGNO: Oggi è il giorno del safari, lo aspettavamo da tanto tempo ma stranamente non ci batte il cuore come quando lo abbiamo fatto in Africa. Nel frattempo è passata a trovarci la maledizione di Montezuma, come la chiamano in Messico….non c’è da meravigliarsi, sapevamo che prima o poi sarebbe arrivata! Un buon rimedio naturale è un mix di riso e curd (una salsa di latte e yogurt, per noi occidentali sembra impossibile ma è proprio così), possiamo assicurare che se non risolve il problema almeno calma i dolori di pancia. Alle 5.30 siamo pronti per partire. Il gipsy (un suzuki a 6 posti) puntualmente è passato a prelevarci. In alta stagione vengono organizzati anche i canter (pullmini scoperti a 20 posti), sicuramente più economici ma che, viste le dimensioni, non arrivano fin dove riescono le jeep. Se si intende usare la videocamera si deve pagare un sovrapprezzo di 200 Rps. La vegetazione in questa stagione è piuttosto secca e i corsi d’acqua sono totalmente prosciugati. I primi animali avvistati sono stati l’antilope, la gazzella, le scimmie e i numerosi pavoni. Ma qui l’attrazione, la vera star, il felino che tutti sognano di vedere, è lei, la tigre. Abbiamo avvistato le sue impronte, le abbiamo seguite fino a ritrovarci in una strada senza sbocco, ma di lei nulla, solo le tracce. Poi mentre cominciava a sorgerci un po’ di dubbio, eccola, acquattata in mezzo agli alberi, in un luogo, dove solo l’occhio attento ed esperto della guida è in grado di arrivare. Si riuscivano ad intravvedere solo le caratteristiche righe del suo mantello ma non a delineare precisamente il suo profilo. La nostra attesa è stata alla lunga premiata e seguendo i suoi continui spostamenti ce la siamo ritrovata proprio di fronte, a meno di 10m dalla nostra jeep. Il suo passo leggiadro e i suoi denti aguzzi , la sua mole imponente, il gattone era lì davanti ai nostri occhi, solo per noi. Sublime! Una volta avvistata la tigre, l’escursione si può considerare terminata; per chi come noi ha ancora negli occhi il safari vissuto in Africa non sussiste decisamente paragone, anche perché non c’è stato nemmeno il tempo di fotografare gli altri animali avvistati. Le guide ci hanno detto di sentirci fortunati, tante uscite terminano senza neppure aver avvistato le impronte della tigre! Una volta riaccompagnati i turisti ai propri hotel (il safari vero e proprio dura poco più di 2 ore) viene quasi esplicitamente richiesta la mancia, se non avrete la fortuna di vedere la tigre potrete sicuramente non elargire nessun tipo di ricompensa. Al pomeriggio le nostre non perfette condizioni fisiche e i 45°C non ci hanno permesso di svolgere un ulteriore safari. Se contatterete il tourist office , da dove partone le jeep, avrete la possibilità di risparmiare fino a 400 Rps rispetto al prezzo imposto dagli hotel. Dopo un po’ di riposo ci siamo concessi un’oretta di internet in un negozietto vicino all’hotel. Per la prima volta nel nostro soggiorno indiano, abbiamo finalmente usato una linea di connessione veloce.
GIOVEDI’ 3 GIUGNO: Ciao ciao Ranthambore! Oggi si parte per Jaipur, la capitale del Rajasthan, la città di Baba. Alle 8 siamo già in macchina per affrontare le quasi 4 ore di viaggio e la dissenteria non ci da tregua… Giunti a Jaipur, per prima cosa siamo entrati nell’ufficio dell’AirIndia per avere notizie sulla nostra situazione; l’impiegata, dopo aver mandato una mail all’ufficio generale, ci ha consegnato un numero da chiamare per saperne di più: speriamo bene! Com’è consuetudine la famiglia di Karni tiene molto a conoscere i propri clienti, e così eccoci catapultati nella sua casa-ufficio. Il boss attualmente è proprio in Italia per affari, così a fare gli onori di casa ci hanno pensato la moglie e le loro due figlie. Terminata la visita, Baba ci ha accompagnato in un tour della città in auto. Davvero stupendo è Amber Fort, una fortezza sulle alture di Jaipur. Dopo le foto di rito abbiamo fatto ritorno verso la città rosa, non prima di un’indesiderata e forzata tappa in una gioielleria. Evidentemente gli autisti hanno ordini precisi di effettuare qui una fermata, ma noi preferiamo i caratteristici mercati, e così, eccoci accontentati per un giro nel disordinato e sporco mercato della città vecchia. Tra il fango, in uno zig zag tra risciò e tuc tuc parcheggiati in maniera selvaggia, questo mercato è suddiviso in zone, si va da quella di frutta e verdura ad arrivare agli shop che più interessano a noi turisti. Ormai era ora di cena e così siamo rientrati presso la guesthouse consigliataci da Baba, il Sunder Palace, in Ajmer Road, fuori dalle vecchie mura (www.sunderpalace.com). Finalmente una struttura davvero accogliente; le stanze pulite si raggiungono attraverso corridoi arredati dal proprietario con gusto e in stile indiano. Nel giardino a piano terra si possono consumare i pasti isolandosi dal frastuono cittadino. I prezzi della sola camera in questa stagione vanno dalle 500 alle 700 Rps. A tarda sera, per la prima volta dal nostro arrivo, un bel temporale ha rinfrescato l’aria.
VENERDI’ 4 GIUGNO: L’appuntamento con Baba è alle 9: si parte per Delhi. Sette ore di viaggio per affrontare i 355 Km che separano Jaipur dalla capitale, sempre più allo stremo delle forze. Arrivati a Delhi abbiamo immediatamente raggiunto l’Ajanta, l’hotel prenotato dall’Italia (www.ajantahotel.com), nei pressi della stazione ferroviaria, una zona in via di restauro o demolizione (non lo abbiamo capito) che si è presentata ai nostri occhi come se fosse reduce da un terremoto. L’hotel invece, è molto bello, internet veloce, sala pranzo a piano terra con un buon servizio (a differenza di come dice la Lonely) ed accoglienti stanze con tv e frigo bar. Baba ci ha dato appuntamento per il giorno dopo, oggi siamo liberi di fare quello che realmente vogliamo. Vista l’ora abbiamo deciso di non allontanarci troppo, raggiungendo così Connaught Place, non lontano dall’hotel, in tuc tuc. Se decidete di visitare un determinato bazar, raccontate agli autisti di questi trabiccoli a 3 ruote che dovete incontrarvi con un amico e non che volete fare shopping, altrimenti vi porteranno in altri negozi da cui traggono profitto! Da Connaught Place partono molte arterie ricche di bazar. Dopo uno sfrenato shopping, eccoci di ritorno in hotel per una cena quasi da ricoverati in ospedale a base di riso in bianco e patate bollite!
SABATO 5 GIUGNO: Con 250 Rps a persona si ci può sbizzarrire con un’ottima colazione a buffet. Alle 8.30 Baba è già fuori dall’hotel che ci aspetta. Caricati gli zaini nel bagagliaio, eccoci pronti per affrontare l’ultima giornata indiana. La prima sosta è stata Old Delhi. Jama Masjid è la moschea più grande in India, può accogliere più di 25000 pellegrini. L’ingresso è gratuito, si paga l’utilizzo foto o videografico 200 rps. Se non volete essere avvolti in ridicole “tovaglie” a pagamento, ricordate che l’uomo necessita di pantaloni lunghi e la donna di maniche lunghe. Con 50 Rps si può raggiungere la sommità di uno dei 2 minareti e godere della vista (è un po’ difficile vista la cappa di smog che attanaglia Delhi). La moschea merita sicuramente una visita, peccato solo che la via di accesso con le sue vasche ornamentali, sia ormai una discarica a cielo aperto abitata da senza tetto. Proprio di fronte vi è il Red Fort, coi suoi 2 Km di estensione delle mura. Vista la somiglianza con l’Agra Fort e leggendo che ormai dentro non restano che ruderi, abbiamo optato per un giro nei pittoreschi mercati che contornano la zona. Percorrendo la lunga via perpendicolare a Lahor Gate si costeggia il caotico Kinari Bazar fino a raggiungere all’estremo opposto il mercato delle spezie e lì vicino Cloth Market, dedicato soprattutto ai tessuti. Terminato il giro Baba ha dovuto dare il meglio di sé per poter uscire da quello che stamattina era un ordinato parcheggio. Pranzo al Pindi, in una zona bene di Delhi, dove una bottiglia d’acqua costa 4 volte gli altri ristoranti, dove sicuramente non ci avrebbero mai visti se non ci avesse portato Baba! Nel pomeriggio si siamo dedicati alla parte nuova della città, New Delhi. Dopo una visita veloce all’India Gate, una grande porta d’ingresso della città che non offre alcunché di interessante, eccoci alla tomba di Humayun, un bellissimo tempio fatto erigere dalla prima moglie dell’imperatore. Tutto intorno un enorme parco permette ai visitatori di rilassarsi lontano dall’impossibile traffico della metropoli. Ci sarebbe piaciuto tanto visitare il museo sul Mahatma, ma ormai non avevamo più abbastanza tempo per arrivare entro le 17, orario di chiusura. Così l’ultimo scorcio di tempo a nostra disposizione lo abbiamo passato nei negozi di Khan Market, tra venditori abusivi di occhiali da sole e chiavette usb, in cerca degli ultimissimi regali. Risaliti in auto ci siamo diretti all’aeroporto. Con una foto ricordo ci siamo congedati da Baba e abbiamo fatto rientro in Italia, forse mai così contenti di rivedere la nostra Genova…
…Si perché pur essendo preparati psicologicamente, pur sapendo già in partenza cosa avrebbero visto i nostri occhi, l’India ci ha colpito davvero e sicuramente ci hanno appassionato di più altri viaggi. L’India è ricca di magnifici templi e grandiosi palazzi, un tempo tempestati di pietre preziose, ma il ricordo che si porta a casa è ben altro. E’ difficile giudicare un paese strozzato dalla miseria e dalla sporcizia, dove l’impossibilità di curare delle malattie , per noi innocue, costringe milioni di persone a trascorrere la propria esistenza nella totale disabilità, dove i bambini passano quelli che dovrebbero essere gli anni più belli, sopravvivendo nudi lungo le strade a lavorare, a elemosinare, a fare i propri bisogni in cumuli di immondizia, tra gli animali che brucano spazzatura. Le case, se così si possono chiamare, sembrano ciò che resta di un terremoto, capanne con tetti costruiti con la cacca di mucca essiccata, dove non c’è acqua, luce, fogne. La vita quotidiana si svolge ai bordi delle “strade”, tutto intorno ai pozzi, dove si ci lava, si fa il bucato, dove si dissetano gli animali; dai finestrini dell’auto i nostri occhi registrano tutto, dapprima stupiti, fino, purtroppo, ad abituarsi a questa triste normalità. Tutte queste persone, o meglio, tutte le persone che non hanno interessi economici con i turisti, sono davvero oneste, nessuno ha cattive intenzioni, al contrario, si è quasi un’attrazione. Questa è la nostra India, un pezzetto di mondo che ci portiamo a casa, sempre e comunque un’esperienza, difficile da consigliare, sicuramente non ai deboli di cuore. Sinceramente non sappiamo neanche noi se questo è stato un addio o un arrivederci ma siamo stati contenti di tornare alla civiltà, dove tutto in confronto sembra pulito e bello, dove l’aria sembra “di montagna” e le nostre orecchie hanno trovato un po’ di tregua, Ma in quella parte di mondo, il terzo mondo, si continua a dormire sul ciglio di una strada, arrangiandosi in ogni modo per poter mangiare, qualsiasi cosa, mentre qui viviamo nello spreco, circondandoci di cose davvero superflue…
CONSIGLI UTILI:
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