India del nord… dagli occhi di una ragazza

Esperienze come questa aprono gli occhi e la mente... un viaggio alla scoperta di un Paese dai mille volti
Scritto da: marti98
india del nord... dagli occhi di una ragazza
Partenza il: 17/08/2011
Ritorno il: 31/08/2011
Viaggiatori: 2
Spesa: 3000 €
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Durante il viaggio in India del Nord, io, l’anno scorso tredicenne, ho avuto modo di crescere e rendermi conto di quanto sia vasto e meraviglioso il mondo nelle sue contraddizioni. Esperienze come questa aprono gli occhi e la mente e io voglio condividere con voi Tpc le sensazioni provate durante quei quattordici giorni.

Il nome “India” evoca una miriade di immagini: donne avvolte in sari dai colori accesi, templi che svettano nel cielo, incantatori di serpenti, maharajah dalle ricchezze favolose, giungle tropicali, mucche magrissime, bambini affamati dagli occhi supplicanti, un traffico sregolato e inimmaginabile, uomini d’affari che camminano accanto a poveretti… In realtà descrivere un Paese tanto vasto e pieno di contrasti in così poche parole non gli renderebbe giustizia; l’India è tutto e niente, è allo stesso tempo un vecchio saggio che sussurra agli emozionati ascoltatori i ricordi di un passato glorioso e un giovane che corre fiducioso verso l’aquilone del suo avvenire. Ci sono tanti aggettivi che si possono attribuire all’India, ma solo uno la descrive appieno: imprevedibile, come l’incontro/scontro con una cultura così diversa da quella occidentale. Solo chi è stato in questo paese dalle mille sfaccettature può ritrovarsi nelle mie parole, agli altri non resta che…prenotare subito un viaggio! Io sono Martina e ho solo tredici anni; sono emozionata e un po’ preoccupata per il mio imminente viaggio nel “paese delle meraviglie”, ma avrò modo di scoprire che non c’è nulla da temere nel confronto con una società differente. Alcuni episodi che riguardano la fame, l’accattonaggio, la povertà sconvolgono ma aiutano a riflettere e rendono più consapevoli, più decisi ad agire in prima persona. Io e mia mamma abbiamo organizzato il viaggio nei dettagli, in quanto siamo due donne sole (di cui una minorenne), affidandoci all’efficientissima agenzia indiana Namaste Tours, conosciuta al BIT di Milano.

1°/2° giorno Primo impatto con l’India: New Delhi

Atterriamo a New Delhi circa alle ore 10. Il viaggio in aereo è stato l’auspicio di un’esperienza indimenticabile: per un errore al check-in, siamo state spostate in Business class, dove abbiamo potuto riposare comodamente tutta la notte. All’aeroporto, grande, pulito, i controlli sono ancora più minuziosi di quanto ci aspettassimo. All’esterno ci attende l’autista con due ghirlande di fiori freschi e profumati; lui si chiama Jayapal e sarà il nostro “angelo custode”, fedele, sorridente, sempre pronto ad aiutarci, fino ad Agra. Subito il bailamme: il traffico di Milano nell’ora di punta viene sconfitto pesantemente dalla vivace caoticità di Delhi. L’ignaro turista viene immediatamente accecato dai vividi colori, frastornato dall’incessante rumore dei clacson, stordito dagli odori e dall’afa dell’agosto monsonico. Jayapal si destreggia nel traffico con la leggiadria di una ballerina, senza partecipare al nostro sgomento, e dopo un’ora giungiamo all’hotel Oberoi Maidens, una bianca oasi di pace rispetto al caos che ci circonda. Il tempo di mangiare e si va a visitare la capitale dell’India, incuranti del caldo e della stanchezza! Come succederà in quasi tutte le città, ci assiste una guida parlante italiano, in modo da permettere anche a me, appassionata della storia e della cultura dei popoli, di capire tutto. Visitiamo la meravigliosa Tomba di Humayun, patrimonio dell’Unesco e precursore dello stile del Taj Mahal, e il Qutub Minar, una Torre della Vittoria circondata da altri monumenti del XII secolo. Anche il secondo giorno è dedicato alla scoperta di Delhi e New Delhi, la città vecchia e la nuova capitale costruita dagli inglesi. Ammiriamo le mura del forte di Lala Qila e visitiamo la maestosa Jama Masjid, la più grande moschea dell’India. Dopo un giro in risciò tra le viuzze di Chandni Chowk, ci dirigiamo verso il colorato tempio Birla e quindi al tempio Bahà’i. Circondati da giardini verdissimi e molto curati, questo tempio a forma di fiore di loto dà modo di pregare ai credenti di ogni religione. La sera andiamo a mangiare al Bukhara, ristorante davvero particolare e consigliatissimo anche se un po’ caro per gli standard indiani, dove venne persino il presidente Obama.

3°/5° giorno La romantica Udaipur, i templi di Ranakpur e Mount Abu

Da New Delhi a Udaipur decidiamo di prendere l’aereo per far stare tutto l’itinerario in quindici giorni; Jayapal, che chiamiamo semplicemente Singh, ci precede in macchina la sera prima. L’aereo della Kingfisher Airlines è perfettamente in orario e in un’ora e quaranta siamo nella “Città Bianca”. Udaipur è la città più romantica dell’India: è circondata dai verdeggianti Monti Aravalli e sorge sulle sponde del Lago Pichola; i suoi edifici sono prevalentemente bianco pallido, rosa e crema. Sembra che la città rimanga sospesa nel tempo. Finalmente siamo arrivate in Rajasthan! Delhi è pur sempre una grande metropoli, non è dotata dello stesso fascino della vera India. Qui è un trionfo dei sensi, si intravedono i sari accesi delle donne intessuti con la più preziosa o modesta filigrana, le non proprio pasciute mucche attraversare placide le strade, le bancarelle esporre le mercanzie esotiche. Ci siamo volute concedere un soggiorno allo stupendo Taj Lake Palace, raggiungibile solo in barca: l’albergo spunta dal lago come un bianco sogno ad occhi aperti. Purtroppo la giornata non è delle migliori, ma c’era da aspettarselo considerando che siamo nel periodo dei monsoni. Nel pomeriggio visitiamo il City Palace, visita davvero interessante e meritevole, e facciamo qualche acquisto. Inoltre, incontriamo da vicino il principe di Udaipur, il figlio del maharana! La sera un violento acquazzone ci costringe a rimanere in albergo.

Il giorno dopo facciamo un giro del lago in barca; anche se il tempo è incerto, la vista di Udaipur rimane meravigliosa. Poi partiamo per una visita ai templi giainisti di Ranakpur, a circa un’ora e mezza di distanza. Durante il viaggio incontriamo un certo numero di mucche, capre e scimmie! I due templi a mio avviso sono meravigliosi, in particolar modo il più grande. Le colonne sono lavorate minuziosamente e la loro lucentezza è quasi abbagliante. Essi sono meta di pellegrinaggio degli abitanti delle zone rurali, che sono impressionati dai miei capelli chiari e intere famiglie, donne e ragazzi mi chiedono in continuazione di fare una foto con loro! Mi potrei montare la testa. Il quinto giorno partiamo per la località montuosa di Mount Abu, meta di vacanze per molte famigliole indiane. E’ un paesino carino, circondato dal verde, con dei bei templi giainisti e il lago, ma a posteri penso che la visita si sarebbe potuta saltare e dedicare un giorno in più ad un’altra tappa del tour. Soggiorniamo al Bikaner House, certamente non agli standard degli altri alberghi: è tetro, con delle camere enormi e per questo un po’ inquietanti, tanto da essere da me soprannominato la “casa degli orrori”, ma alla fine non è poi tanto male se non hai molte pretese.

6°/8° giorno La “Città Blu” e la “Città Rosa”

Lasciamo (non senza un pizzico di sollievo) Mount Abu e ci dirigiamo verso Jodhpur, la “Città Blu”, collocata nei pressi del deserto del Thar. Originariamente il blu doveva essere il colore dei brahamini, la casta dei religiosi, ma quasi tutte le case sono blu perché sembra che abbia il potere di allontanare gli insetti. Dall’alto del forte di Mehrangarh – il più bello del Rajasthan -, che sembra la continuazione dell’altura su cui è collocato, la città si distende come un mare. La visita al forte non si può veramente perdere sia per il suo museo sia per la splendida vista. Approfittiamo di Jodhpur anche per acquistare spezie e tessuti all’ombra della torre dell’orologio. Jodhpur è inquinata e caotica, ma le sue mura blu emanano un misterioso fascino a cui è impossibile resistere. Passiamo la notte all’Ajit Bhawan, molto grazioso, simile a un villaggio turistico. Impieghiamo ben sette ore di macchina per raggiungere Jaipur, ma per fortuna la curiosità per il bel paesaggio, i continui villaggi e le stranezze del traffico indiano alleviano il mio senso di nausea. Jaipur è il capoluogo del Rajasthan e viene chiamata la “Città Rosa”. La città venne dipinta di rosa, il colore dell’ospitalità, nel 1876, per dare il benvenuto al principe di Galles. Dormiamo alla Samode Haveli, veramente molto bella, dove assaggio il gelato indiano, chiamato kuffi: buono, ma devo ammettere che preferisco quello italiano! L’albergo è vicino ad una moschea, dunque cinque volte al giorno si sente il richiamo del muezzin, melodioso e un po’ triste. Il mattino dopo siamo riposate e pronte per andare alla scoperta della città. Per prima cosa ci dirigiamo al Forte di Amber, l’antica capitale, a 11 km da Jaipur. C’è la possibilità di salire sul forte sul dorso di un elefante indiano, ma dopo mi pento di questa scelta, perché i poveri animali vengono trattati malissimo e persino picchiati dai mahout (i guardiani), e il nostro mahout ignora le mie disperate suppliche a lasciare in pace l’elefante. Dopo vengo a sapere che essi sono anche costretti a camminare fino a Jaipur, al loro recinto; dunque consiglio vivamente di andare a piedi fino al forte, che non fa certo male, oppure in jeep. L’esperienza mi ha lasciato amareggiata, ma non mi sono lasciata rovinare la visita del forte e ho apprezzato in modo particolare la Jag Mandir, una sala ricoperta interamente da piccoli pezzi di specchi. Ritornati a Jaipur, andiamo al City Palace, dove scopro che l’attuale maharajah di Jaipur, che ovviamente non ha più potere politico, ha pressapoco la mia età. Dopo ci rechiamo all’osservatorio astronomico, il Jantar Mantal, pieno di strumenti bizzarri e…veramente spaziale! Abbiamo modo di osservare anche la facciata delicatamente lavorata a nido d’ape dell’Hawa Mahal, da dove le dame della famiglia reale potevano guardare lo svolgersi della vita quotidiana senza essere viste. Mi aspettavo un edificio imponente, invece è incredibilmente sottile, sembra quasi cartone. Per il resto della giornata ci siamo perse per i vicoli rosa di Jaipur.

9°/10° giorno La settima meraviglia del mondo moderno

Durante il tragitto da Jaipur ad Agra facciamo una sosta alla città fantasma di Fatehpur Sikri, costruita in stile moghul e abbandonata dopo pochi anni a causa della mancanza d’acqua. Siamo arrivati in Uttar Pradesh, lasciandoci alle spalle il Rajasthan. “Una lacrima di marmo sulla guancia del tempo”: così il poeta R. Tagore ha definito il Taj Mahal. Vederlo dal vivo è un’emozione unica, si prova una commozione profonda davanti a questo trionfo dell’architettura. E’ di un bianco così puro che sembra appartenere al mondo dei sogni. Fu edificato dall’imperatore moghul Shah Jahan per onorare l’amata moglie morta di parto. A fine pomeriggio siamo costrette a lasciare il Taj Mahal e provo una sensazione di acuta nostalgia. La guida ci porta in un bazar ben fornito dove posso mettere a frutto la mia abilità nel contrattare. Passiamo la notte all’hotel The Gateway, con vista sul Taj, molto consigliato.

La mattina dopo saliamo sul Forte di Agra, dove il malvagio figlio di Shah Jahan rinchiuse il padre, che si consolava ammirando dalla sua prigione il monumento alla moglie. Nel pomeriggio ci rechiamo nei luoghi dove secondo la leggenda visse Lord Krishna, una delle reincarnazioni del dio Vishnu, ovvero Mathura e Vrindavan. Qui ci sono molti bellissimi templi. Nel tempio degli Hare Krishna abbiamo ballato una danza molto vivace insieme ai credenti, mentre al Durga Temple siamo state quasi attaccate dalle scimmie che vi vivono! Inoltre, lungo la strada si notano enormi statue colorate degli dei. La sera andiamo alla stazione Tundla per prendere un treno notturno per Varanasi. E’ il momento di lasciare Singh e questo ci procura davvero molto dispiacere, perché è stato una figura indispensabile durante il viaggio e soprattutto un amico. La stazione è buia e tetra, il treno previsto per le 23.30 non arriva. All’una siamo ancora lì ad aspettarlo, ciondolanti. All’una e mezza finalmente giunge in stazione, straripante della più grande varietà di gente umana. Noi abbiamo due posti in prima classe, ma scopriamo che nella stessa cabina ci sono anche due uomini. La mamma si rifiuta di stare lì, io però, mezza addormentata ma comunque conscia di non aver altre soluzioni, mi avvio rassegnata verso il mio posto. Mentre lei non chiude un occhio tutta la notte, io cado in un sonno profondo.

11°/12° giorno Il sacro fiume Gange

La mattina scopro che il signore più anziano è un importante uomo d’affari, ma soprattutto è gentilissimo e cortese, e l’altro è a suo servizio! Dopo varie fermate, alle 11 arriviamo a Varanasi, alla stazione Mughal Sarai. Varanasi – chiamata anche Benares o Kashi – è la città sacra dell’India per eccellenza: qui scorre il fiume Gange e arrivano pellegrini hindu ma non solo da tutto il paese. Nel pomeriggio ci dirigiamo subito verso i ghats, grandi scalinate dove gli hindu cremano i morti. Le famiglie fanno di tutto per portare le salme dei morti nella città sacra; gli anziani vengono a morire qui e in passato ci sono stati persino episodi di suicidio. Durante la cremazione, distolgo lo sguardo. Varanasi è colma di gente, ma allo stesso tempo è impregnata da un’atmosfera di misticità. Non riusciamo a fare un giro in barca perché è il periodo di piena. Visitiamo vari templi e l’università. La sera partecipiamo alla cerimonia dell’Aarti: cinque giovani uomini lodano la dea Ganga con incenso, canfora, fiori e lampade e con la loro danza. Migliaia di lampade vengono poi immerse nelle acque del Gange. E’ un momento magico. Il giorno dopo ci alziamo alle 5 per andare a vedere l’alba sul fiume. Gli hindu si immergono nelle sue acque – cosa che dando un’occhiata alla sporcizia e contando che ci buttano le ceneri dei cadaveri noi occidentali non ci sogneremmo mai di fare – e pregano. Osserviamo rapite lo svolgersi della cerimonia quotidiana mentre il sole timidamente spunta dalle acque del Gange. Alla fine mi ritrovo con una tikka, un punto rosso sulla fronte che vuole essere una benedizione, e la consapevolezza di aver assistito a un rituale unico e commovente nella sua spontaneità. Torniamo all’hotel The Gateway e verso le 9 ci rechiamo a Sarnath, poco distante da Varanasi, centro di pellegrinaggio buddhista. Il museo archeologico e gli stupa attorniati da rovine buddhista sono molto interessanti. Il resto del giorno passeggiamo nei vicoli asfissianti ma pieni di fascino di Benares.

13°/14° giorno La fine del viaggio, purtroppo!

Alle 14.50 prendiamo un comodo volo della Jet Airways per New Delhi, dove giungiamo alle 16.20. Qui troviamo sorprendentemente ancora il nostro Jayapal ad attenderci! Per dare un giusto addio all’India ci rechiamo al Raj Ghat, il memoriale del “Bapu” (Padre) della nazione: Mahatma Gandhi. Mi fermo a riflettere davanti alla lastra di marmo nero che ricorda il punto dove venne cremato, porgendo il mio omaggio ad un Uomo di straordinaria determinazione e temperamento pacifico. Il quattordicesimo giorno il nostro volo verso le ore 12 parte per riportarci in Italia. Sorpresa: c’è un errore al check-in, finiamo ancora in Business class! Arriviamo con le valigie ancora più piene e gli occhi brillanti, felici di poter narrare ai nostri amici e al resto della famiglia la nostra incredibile avventura indiana. Noi siamo state costrette a viaggiare nel periodo dei monsoni, ma essendo il Rajasthan una regione arida non abbiamo avuto che due giorni un po’ piovosi. Dopo questo viaggio mi rimane la passione per il cibo indiano, speziato e piccante, gustosissimo! Abbiamo potuto constatare come la gente indiana sia sorridente, rispettosa e gentile, sebbene fossimo due donne non abbiamo avuto un benché minimo problema. Abbiamo potuto conoscere solo una piccolissima parte dell’India, con le sue bellezze e contraddizioni, ma dopo il viaggio mi sono rimaste fisse nella memoria soprattutto le esperienze positive. Dicono che l’India o la si odia o la si ama, io vi dico solo che non vedo l’ora di tornare per un secondo viaggio!



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