Incontri ravvicinati
Accade poi, quando ci si va, di scoprire che quasi tutti i ragazzi parlano inglese e sfoggiano i telefonini dell’ultima generazione, di essere sorpassati dall’ennesima Fiat, di far spesa in un ipermercato francese (ci sono tutti) e di trovare McDonald’s ad ogni angolo.
Niente di peggio che annebbiarsi il cervello di stereotipi. Questo paese ex-comunista, è saltato piè pari nell’economia di mercato e il turismo di massa sta iniziando la sua pacifica invasione (quest’anno gli italiani erano ovunque).
Tutto ciò farà storcere il naso ai puristi del viaggio, a quella sorta di intellettuali dell’esplorazione che rimpiangono i vecchi tempi, quando, essendo gli unici a godere di tale privilegio, potevano stupire le masse con le loro “avventure” annacquandole magari con qualche balla qua e la. E allora giù anatemi contro il turista, specie infestante che globalizza, banalizza e mangia gli spaghetti alla bolognese.
Il viaggio è fuga? Anche. Si fugge dal mondo immaginato, quello raccontato dai giornali, TV o Bruce Chatwin di turno. Tutto cambia, nulla cambia. Ti fa schifo il Big-Mac? Allora non fermarti da McDonald’s. Vuoi vedere una foresta vergine? Allora devi andare in Polonia perché in Padania di verde ci sono solo degli stupidi adesivi attaccati ai cartelli stradali. Vuoi trovarti faccia a faccia con un alce? Allora devi andare in Polonia perché in Padania ci sono solo volpi e lepri che non possono iniziare a correre all’alba come il leone e la gazzella, perché sarebbero subito travolte da un Tir.
L’incontro ravvicinato con un alce è stato il momento più emozionante di questo viaggio. E’ avvenuto nel Biebrzanski Park Narodowy e più precisamente lungo il sentiero che dalla torre di osservazione di Góra Wilcza porta all’ingresso del parco a Grzedy.
Il Viaggiatore si affida al suo intelletto? Noi abbiamo bisogno anche di un po’ di culo. Il ritorno doveva avvenire costeggiando la palude, ma alla torre abbiamo incontrato un gruppo di olandesi che avevano già percorso questo tratto sprofondando letteralmente nel fango. Per ripagarli del favore che inconsapevolmente ci avevano fatto, li richiamo sulla torre dopo aver avvistato un alce nelle paludi rosse (Czerwone Bagno) a circa un chilometro di distanza. Non è stagione per vedere uccelli e mammiferi, fa troppo caldo. Appena rientrati nella foresta allunghiamo il passo (ci aspettano altri 10 km prima di tornare all’auto), lo sguardo è fisso sul sentiero e sul nostro corpo infestato di zanzare e tafani. Già! Per vivere una grande emozione bisogna pagar pegno; il nostro è stato il versamento di alcuni litri di sangue. Cosa vuoi che accada nella foresta paludosa già attraversata e probabilmente disturbata dal gruppo di olandesi che è partito alcuni minuti prima di noi? Ebbene, accade che ci sono due alci ai bordi del sentiero, le quali si accorgono della nostra presenza (e noi della loro) solo quando siamo vicinissimi. Un improvviso spostamento di rami mi fa alzare lo sguardo e al mio cospetto si presenta un sedere enorme (il culo di cui parlavo prima) mentre risale da un piccolo fossato. Come prima reazione mi chiedo cosa ci faccia un cavallo nella foresta, poi dopo essersi voltato verso di me capisco che è un alce. La fitta vegetazione crea una cortina, tra noi e l’animale; ciò m’impedisce di fotografarlo come si deve, ma nello stesso tempo lo tranquillizza facendolo restare sempre a meno di dieci metri di distanza. Passato lo spavento l’alce riprende a nutrirsi strappando le foglie, con la bocca, dai rami. Lo spettacolo è eccezionale, fatichiamo a prendere la decisione di allontanarci, però la strada da fare è ancora molta. Dopo aver percorso un centinaio di metri ci voltiamo e vediamo l’alce attraversare il sentiero, come se ci volesse salutare. Nonostante avessimo bisogno di una trasfusione, torniamo indietro e ci fermiamo ancora alcuni minuti ad ammirarlo.
La sera prima da un’altra torre di osservazione, situata nei pressi della strada che congiunge Osowiec Twierdza a Mezenin, abbiamo visto una femmina con due cuccioli ad un centinaio di metri di distanza. Poteva bastare. Non ci siamo accontentati e… abbiamo fatto bene.
Le premesse per la riuscita di questo viaggio ci sono tutte. Italia, ore 23. Rischio subito di perdere il tappo del serbatoio… Austria, ore 1. Si stacca un pannello di protezione del radiatore… Germania, ore 3. Un’auto ci supera. Dal finestrino posteriore lampeggia la scritta Stop Polizei che in tedesco significa “e mo so cazzi tua”… Repubblica Ceca, a pochi chilometri dal confine polacco. Mentre sto sorpassando un autobus, scoppia un pneumatico a quest’ultimo. Attimi di panico. Emilio Fede grida all’attentato ma appena constatato che sono rosso (di capelli, ma per lui è lo stesso) rettifica la notizia dicendo che si tratta di un guasto preventivo.
La prima destinazione in Polonia è uguale per tutti: il Kantor ovvero il cambia valute. Un’alternativa ai Kantor sono ovviamente le banche, come quella trovata a Danzica dove abbiamo cambiato ad un tasso più vantaggioso di quello esposto alle spalle della cassiera onesta (specie sopravvissuta solo qui). I prezzi sono ovviamente inferiori ai nostri, ma sono finiti i tempi degli affari d’oro. A chi sta pensando di portare a casa un T-Rex imprigionato nell’ambra per pochi euro, smorzi il suo entusiasmo: di ambra c’è né tanta, ma costa come da noi sempre che non ci si accontenti di quella sintetica.
Ottime ed economiche sono le birre locali, ma se dopo aver scolato alcuni litri di Zywiec avete la necessità di andare in bagno preparatevi ad una sorta di test psicologico; di fronte ad una porta con il triangolo e ad una con il cerchio rischiate di pi… addosso.
Il tenore di vita è inferiore al nostro, ma non si può parlare di povertà. Quando un ragazzino chiede di lavarvi i vetri guardategli prima i capelli. Se hanno le punte tinte di biondo è probabile che il moccioso cerchi solo qualche spicciolo per comprarsi di nascosto le sigarette.
In Polonia si può viaggiare in assoluta tranquillità. Il cattivo stato in cui spesso si trova il manto stradale invita a non eccedere nella velocità. La polizia con il telelaser idem. In compenso la segnaletica stradale è ottima. I parcheggi custoditi più che una protezione per l’autovettura sono una miniera d’oro per chi li gestisce. Il buon senso è l’unica precauzione richiesta.
Come sempre dormiamo sotto le stelle. I camping numerati, affiliati alla PFCC, sono di buon livello eccezion fatta per il n°218 (Gdansk Stogi). In alternativa è possibile campeggiare presso i molto spartani «Pole namiotowe» (namiot = tenda), generalmente siti all’interno o in prossimità di parchi e riserve naturali. Anche i privati mettono a disposizione dei turisti itineranti un praticello e una doccia (calda solo a patto di farla per errore in casa del proprietario com’è capitato a chi scrive).
Il primo camping è stato quello di Cieszyn, a pochi metri dal confine con la Repubblica Ceca, dove per 22 zl era “inclusa” la compagnia di un simpaticissimo Picchio muratore che saltellava sul tronco di un albero a fianco della nostra tenda.
Appena si giunge in Polonia si sente l’odore acre della storia che qui significa soprattutto seconda guerra mondiale. Qui è iniziata (Westerplatte a Danzica) e si è abbattuta con la forza di un uragano spazzando via città intere (Varsavia,…) e milioni di vite umane (Auschwitz, Birkenau, …). L’insurrezione di Varsavia del 1944 è ricordata e celebrata più della fine della guerra. La capitale è letteralmente tappezzata di lapidi commemorative dell’eroismo di tanti partigiani, reso vano dai calcoli politici degli infami alleati sovietici.
Quasi tutti i viaggi in Polonia iniziano dai campi di concentramento di Auschwitz e Birkenau. Di questa esperienza ci ha colpito in modo particolare la lettura infinita dei nomi delle vittime per altoparlante nel campo di Birkenau; ogni nome è come uno spillo che si conficca nella coscienza. Non è solo quello che si vede che impressiona, ma il pensiero di ciò che è accaduto, del perché sia accaduto e di ciò che potrà accadere, quando i seminatori d’odio che parlano di civiltà superiori, di guerre sante o preventive e di scontri di civiltà raccoglieranno sufficienti proseliti (voti).
In gran parte ricostruite dopo la guerra (ad eccezione di Cracovia) le città polacche a prima vista sembrano tutte uguali (forse per l’immancabile Rynek e gli edifici in mattone rosso). In realtà ogni città ha qualcosa di specifico da offrire, come per esempio Danzica. Il concerto d’organo nella cattedrale di Oliwa ci ha illuminati d’immenso. Per farsi un’idea di questo favoloso strumento basti pensare che è stato in grado di riprodurre il canto degli uccelli e da quanto abbiamo letto sarebbe in grado di riprodurre anche la voce umana.
Molti sono sorpresi nel apprendere che in Polonia ci sono 22 parchi nazionali più un numero indefinito di riserve naturali. La presenza del bisonte è stata uno dei principali motivi che ci hanno spinto a venire qua. Purtroppo l’esperienza di Bialowieza non è stata all’altezza delle aspettative. La riserva di ripopolamento del bisonte, di cui avevamo letto con grande interesse tutta la storia, c’è apparsa più come un banalissimo zoo che un’area specifica per la reintroduzione di una specie minacciata. In parte deludente anche la visita guidata (in inglese) nell’area speciale del Bialowieski Park Narodowy in quanto si è svolta per metà tempo al di fuori della stessa (chi se ne frega se Krusciov andava a caccia da queste parti!). Per mancanza di fiducia (erano scarse le probabilità di vedere il Bison Bonasus allo stato brado) abbiamo infine rinunciato ai sentieri nella parte settentrionale del parco. La foresta di Bialowieza è in ogni caso una meta unica nel suo genere e speriamo in futuro di avere un’altra occasione per “viverla” come si deve. Sempre che ci sia un futuro. Le minacce non mancano: dalle piogge acide, all’economia forestale nelle zone ancora da proteggere, fino alle questioni geopolitiche (al suo interno passa il confine con la Bielorussia e il governo polacco vorrebbe creare un corridoio largo 150 metri). Anche per il bisonte europeo i guai sembrano non finire mai. Se da una parte (Polonia) si è faticato non poco per la sua reintroduzione dall’altra (Bielorussia) si organizzano battute di caccia come si può vedere sul sito .
La Polonia è un santuario del birdwatching, ma Agosto non è periodo. Ci accontentiamo delle cicogne. Accontentiamo? Un palo della luce sì e uno no ospita un nido, in cielo se ne vedono a volte anche una decina volteggiare, nei prati seguono i contadini come fedeli cagnolini. Tutto questo per almeno tre quarti di Polonia. Io vivo vicino al Parco delle Bertone dove è in corso la reintroduzione della cicogna in Italia, e capita ogni tanto di vederne qualcuna nei campi vicino a casa, ma in Polonia non si può parlare di presenza bensì di affollamento. Come quello dei castori del Wigierski Park Narodowy dei quali però siamo riusciti solo ad ammirare gli effetti delle loro “rosicchiate”. Il Wigierski in compenso ci ha regalato lo spettacolo del Picchio (rosso maggiore?) che finalmente per la prima volta abbiamo visto tamburellare contro un albero (sembra che cercasse di infilare una ghianda in qualche cavità).
In Polonia sono presenti anche lupi, linci e orsi ma gli animali più feroci e aggressivi sono senza dubbio le zanzare e i tafani; Una spalmata di repellente dura circa 10 minuti dopodiché viene divorata anche la confezione. Se 60 punture sulle gambe (solo nella parte posteriore) unte di Off vi sembrano tante provate ad andare a Góra Wilcza.
Della famosa Mazuria, affollata di turisti e piena di specchi d’acqua pullulanti d’imbarcazioni, salvo solo il lago Luknajno con i suoi numerosi cigni (ci sono almeno due torri di osservazione raggiungibili percorrendo una strada sterrata da Mikolajki).
La natura in Polonia non è rappresentata solo dalla fauna ma anche da incredibili paesaggi scolpiti dal vento. Uno dei parchi più visitati (forse anche troppo in Agosto) è lo Slowinski Park Narodowy con le sue dune mobili. Raggiungere il mare Baltico attraversandole è eccitante anche se un po’ faticoso. Noi lo abbiamo fatto partendo da Rabka (vicino a Leba) e da Czolpino. Ultima tappa in terra polacca è stato il Gór Stolowych Park Narodowy (confinante con la Repubblica Ceca) dove è possibile osservare delle curiose formazioni rocciose in mezzo alla foresta percorrendo in auto la Droga Stu Zakretów e a piedi lo Szczeliniec Wielki. Quest’ultima fatica è stata premiata, al termine, con una gustosa fetta di pane spalmata con del lardo locale.
La religiosità di questo popolo è quasi imbarazzante per chi, come noi, da anni si è convertito al Dio denaro e considera la chiesa solo un serbatoio di voti. Centro della spiritualità polacca è Czestochowa dove è conservata la celebre icona della Madonna sfregiata, simbolo delle sofferenze del popolo polacco. Per poterla vedere bisogna entrare nella cappella a lei dedicata durante le numerose funzioni religiose (al termine delle quali viene chiusa in una teca) avendo cura solo di scegliere il giorno giusto (se c’è il Papa è probabile che non si riesca a vedere neanche il Santuario). Noi siamo arrivati alle 18.00 di un martedì qualsiasi e l’abbiamo potuta ammirare da vicino senza difficoltà. In un ristorante abbiamo conosciuto una signora di Lecce, giunta fin qui in pellegrinaggio con il marito, che ci ha omaggiato con due rosari fatti da lei ad uncinetto.
Non esistendo un’edizione italiana della guida Lonely Planet dedicata alla Polonia (quella inglese è già alla quarta edizione!?) mi sono limitato all’acquisto di Meridiani. Su Internet si trova tutto ciò che serve, dettagliato e soprattutto aggiornato, cosa rara nelle guide cartacee. Ottimi i libricini in italiano disponibili ad Auschwitz e a Wieliczka così come le mappe dei parchi nazionali reperibili presso le rispettive sedi. Indispensabile per la ricchezza della fauna presente in Polonia è il binocolo accompagnato da un buon manuale di birdwatching.
I turisti per culo sono Marco il pilota e il pianificatore (ovvero colui che ha dimenticato a casa la moca) e Sonia la diplomatica, in guerra perenne con zanzare e tafani ma abile a contrattare con i nativi pur non parlando la loro lingua (chi sa cosa pensavano, quando sentivano ripetersi sempre e solo «dzien dobry» ovvero buongiorno?).
La fuga è terminata, rientriamo nella prigione della quotidianità.