In Thailandia e Cambogia
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Si parte da Venezia con Qatar e con uno scalo a Doha di due ore, arriviamo a Bangkok alle 11.30 locali, dopo un totale di 14 h e mezza. Anche con una pastiglia, ho dormito poco, fa niente. I viaggiatori di nazionalità italiana, possono entrare nel paese con un visto turistico gratuito della durata di 30 giorni emesso direttamente all’arrivo in Thailandia. Sarà sufficiente esibire il passaporto con una validità superiore ai sei mesi e il biglietto aereo di andata e ritorno o di proseguimento del viaggio. C’è un modulo da compilare che viene timbrato e inserito nel passaporto. Verrà ritirato all’uscita. I turisti, per legge, sono tenuti a portare sempre con sé il proprio passaporto originale.
Col taxi raggiungiamo l’Hotel Luxx XL, un 4 stelle, dove Andrea era già stato. E’ un hotel boutique non centralissimo, ma almeno non è in zona trafficata. Dobbiamo attendere sino alle 14 per la disponibilità delle camere. Nel frattempo andiamo nel vicino parco, tra il verde, un fiumiciattolo, i varani, pesci grossi come balene, uccelli, ragazzi che giocano, altri che fanno un pic nic, e noi mangiamo per strada il famoso pollo fritto. Fa molto caldo e umido. L’Hotel, invece, è fresco e silenzioso e le camere sono comunicanti, eleganti e spaziose. Giusto il tempo di sistemarci e si esce col taxi: in 10 minuti siamo in centro.
Bangkok è la capitale, conta 6 milioni di abitanti e racchiude in sè i pregi ed i difetti delle grandi capitali del mondo. Il traffico è allucinante, tanto da spingere il governo a finanziare i taxi per impedire la congestione definitiva e continuativa del traffico. Per tale ragione, Bangkok è piena di taxi a prezzi veramente irrisori, non soltanto per gli stranieri, ma anche per gli stessi Thai, che guadagnano mediamente trecento euro al mese. Noi spendevamo circa 2,5€ a percorso. Esistono tre tipi di taxi: quelli a tassametro, gli abusivi che fanno prezzi a cottimo (e bisogna concordare di volta in volta) e i tuk tuk, caratteristici taxi a tre ruote, sullo stile dell’Ape Cross, ancora più economici, anche se più scomodi e soprattutto si respira l’aria inquinata.
Andrea deve comperare subito dei pantaloni corti, perché negli ultimi sei mesi è dimagrito di 23 kg e deve rifarsi il guardaroba. Bravo! Raggiungiamo un grande magazzino dove c’è un negozietto dove va sempre. La titolare lo ha riconosciuto facendogli i complimenti per la nuova silhouette. Potete partire per la Thailandia senza valigia e comprare tutto in loco. I prezzi sono notevolmente più bassi che in Italia. Se poi prendete marche come la Diesel, che produce tutto in Thailandia, i prezzi sono irrisori. Ma il massimo del guadagno, mi dicono, lo si ottiene facendosi fare i vestiti su misura. I vestiti di seta, di cachemire, di lino ripagano del costo del viaggio.
Da diversi anni la capitale thailandese è divenuta una importante meta per lo shopping a livello mondiale. In città si possono trovare sia i centri commerciali lussuosi che espongono articoli firmati dai migliori designer, che le bancarelle lungo le strade di un mercato, piene di prodotti esotici, tessuti colorati e gioielli fatti a mano. Bangkok propone così una vastissima scelta di prodotti per accontentare i gusti più disparati di chi ama lo shopping e la possibilità di contrattare i prezzi.
Bangkok è caotica ma affascinante, disordinata ma con angoli da lasciare senza fiato. È ricca di contrasti, fatta di baracche accanto a centri commerciali enormi. A Chinatown nel pomeriggio..frenetica, gioiosa, colorata: uno spaccato di vita che sembra appartenere ad un altra epoca. Chinatown è un quartiere da esplorare a piedi. Infatti, una delle sue strade strette, come Sampheng, sono percorribili solo dai pedoni. Tuttavia la maggior parte dei turisti non si interesseranno ad acquistare pesci seccati o erbe medicinali, ma saranno attratti soprattutto dai colori variopinti che abbelliscono questa strada storica aperta come una finestra sul passato.
Che mangiata di pesce stasera… ma con sapori inusuali. Gli spaghetti di soia non li avevo mai assaggiati, ma non ne vado pazza. La verdura, che piace tanto ad Andrea, si chiama morning glory e sembra di mangiare tegoline/spinaci: mai vista nè assaggiata. Io sono schizzinosa e spesso mi obbligo ad assaggiare. Andrea consiglia perché conosce i posti e sa aiutarci nella scelta del menu.
Avanti a dormire… troppe ore in piedi e sinora l’adrenalina ci ha visto pimpanti, ma domani è un altro giorno.
Lunedì 7 marzo 2016
Che dormita… Magnifico, come nuovi, non abbiamo sofferto del jet leg e dopo colazione abbiamo preso il taxi per raggiungere il Palazzo Reale di Bangkok, che è il simbolo della Thailandia. Ora è usato in rare occasioni istituzionali dai regnanti, è più che altro meta di migliaia di turisti (e di fedeli) che vogliono raggruppare in una mezza giornata gran parte delle meraviglie architettoniche della Capitale. Bisogna arrivare presto al mattino (apre alle 8), perchè quando arrivano i gruppi è impossibile girare, fotografare e godere di questo palazzo unico. Per visitare i luoghi sacri del Buddismo, come il Palazzo Reale, è necessario avere un abbigliamento idoneo, con gambe e braccia coperte (fino alla caviglia e al gomito circa). Una guardia ci indirizza verso un apposito guardaroba dove lasciando una caparra ci danno dei pantaloni da indossare sopra al nostro vestiario. Pagato il biglietto raggiungiamo il cortile centrale dove si trovano i palazzi di maggiore interesse e dove il re riuniva la corte e dava udienze. Fatto costruire da Re Rama V in uno stile misto tra il rinascimentale italiano e il thailandese classico ospita la sala del trono. E’ veramente un enorme complesso che rappresenta una città nella città: pagode d’oro, tetti arancioni, cortili, porticati e templi decorati con bellissimi stucchi dorati e affascinanti vetri multicolori. L’oro risplende su tutti i tetti e le statue, giganteschi yaksha (giganti mitici armati che sorvegliano tutte le porte di accesso al palazzo e molte dei passaggi interni) controllano mentre si passeggia e non si può fare a meno di fotografarli tutti: quello verde, quello rosso…. Si accede scalzi alla cappella reale e alla statua del Buddha di smeraldo, ma qui niente foto.
Si dovrebbe tornare con meno gente e fa un caldo pazzesco. Siamo disidratati e decidiamo di andare verso il fiume dove i mercati sono molto pittoreschi ed è piacevole passeggiare lungo il fiume con tanti ristorantini caratteristici. Troppo bello per non fermarci e lì abbiamo mangiato bene, dico bene, per un corrispondente di 2,5 euro a testa.
Ci muoviamo solo col taxi…il costo è irrisorio per noi! Guardate il tettuccio interno: è stato scritto e benedetto dal santone con preghiere e scaramanzie.
Lungo le strade ci sono grandi pannelli fotografici che rappresentano il re, sua Maestà Bhumibol Adulyadej, noto anche come Re Rama IX, asceso al trono nel 1946, è ufficialmente il più lungo monarca vivente in carica al mondo.
Abbiamo avuto un piccolo problema: non riuscivamo a prelevare col bancomat. Ho mandato una mail alla mia banca e ho risolto il problema in poco tempo perché la mia card aveva solo la possibilità di prelevare in Europa e Usa, mentre ora è mondo intero. Attenzione, peraltro, alle commissioni bancarie, perché si può prelevare molto poco e ogni volta, a seconda dell’istituto, vengono addebitate da € 2,31 a € 3,75. Quindi, se avete contanti, tanto vale cambiare agli sportelli.
E’ bello soffermarsi ad osservare gli ingressi dei templi meno frequentati, dove i fedeli pregano, bruciano incensi o offrono candele o frutta. Nei tempietti, fiori e offerte ad ogni angolo di strada, ed ho fotografato anche le danzatrici. Nel pomeriggio il godimento massimo dei miei uomini: 5 piani di elettronica al Pantip Plaza, nel centro di Bangkok: è un megastore con 600 negozi di elettronica, perfetto per chi vuole portarsi a casa un gadget hi tech a basso costo. Si trova nel quartiere di Pratunam. La prima volta che si va in Pantip Plaza si perde facilmente il senso dell’orientamento. Andrea già lo conosceva e mi ha portato in un laboratorio dove, in due ore, a $ 25 mi ha pulito perfettamente l’ottica della macchina fotografica. Lavoro perfetto: ne aveva bisogno estremo. Pomeriggio intenso di curiosità. Per strada vendono Viagra, Cialis e altri medicinali. Ce ne sono tante bancarelle e tanti acquirenti e mi domando chi ha il coraggio di assumere questi falsi medicinali!
A cena all’aperto, con una brezza che non ti fa sentire i 30°. Un giro ancora nel quartiere arabo, un ananas dolcissimo mangiato al salto, una strada con tante belle ragazze giovani prostitute e vari trans e di nuovo in hotel.
Martedì 8 marzo 2016
Si riparte da Bangkok e si viaggia in treno in scompartimento di terza classe sino ad Ayutthaya. Che spaccato di vita: gente che vende, che mangia, che beve, che ti fa posto, gente curiosa di questi tre turisti, con finestrini aperti e ventilatore al soffitto. Non si sta male. Di fronte a me c’è un poliziotto in borghese. Abbiamo speso € 1,5 a testa! Il percorso è di circa 80 minuti e si possono vedere i baraccamenti fuori città (lamiera ed eternit), la costruzione della nuova autostrada con progetto e direzione lavori mista italiana e i campi di riso.
Ad Ayutthaya un tuk tuk ci porta al vicino hotel, il Krunsri River, ottimo, con vista dall’ottavo piano del fiume dove scorrono barche, traghetti, chiatte. Abbiamo le camere comunicanti. La location è spettacolare. Pranzo veloce, ma il piccante è tanto piccante: è quello che ti fa prudere le orecchie. Nel pomeriggio, a piedi, raggiungiamo due templi, belli dall’esterno, ma sono già chiusi. Ci divertiamo a guardare i pesci ai quali i turisti danno da mangiare (sembrano patatine colorate). Sono così affamati che si concentrano tutti nello stesso posto, saltando uno sull’altro: uno spettacolo che fa quasi paura perché sembrano pirana. Col tuk tuk raggiungiamo alcuni siti dall’esterno, ma è già l’ora del tramonto e li visiteremo domani. Un aperitivo e poi al caratteristico mercato notturno: folklore puro di cibi cotti che si possono portare a casa (carne, pesce, verdure) o mangiare sul posto. Io ho mangiato pollo fritto e abbiamo speso il corrispondente di €2 a testa.
In Thailandia e Cambogia ci sono dappertutto ristoranti semplici in cui si può pranzare o cenare spendendo davvero poco. Che sia mattina presto o notte fonda non abbiate paura, di sicuro all’angolo della strada, sul cucuzzolo della montagna o su una placida spiaggia assolata c’è una bancherella ambulante che fa saltare sulla piastra del pad thai appena cotto, o forse cuoce alla griglia qualche coscia di pollo o dispensa ai passanti fresche bibite dai colori vivaci. Il primo contatto con le stranezze locali è stato ad Ayutthaya, nel mercato notturno vicino alla stazione. Passeggiamo curiosando tra abbigliamento e spezie, come in un normale mercato, quando vedo un signore vendere pietanze davvero singolari. In tre differenti vassoi c’erano bachi da seta, cavallette e larve, le tre varietà di insetti erano cotte e ben dorate, insaporite da salsa di soja e leggermente salati al palato, mi dicono, ma non fa per me. Per fortuna la frutta resta un alimento fondamentale a tutte le ore, nei mercati grandi bancarelle vendono decine di varietà esotiche ed anche il famigerato durian, il frutto più puzzolente che esista.
Mercoledì 9 marzo 2016
Alle 9 ci viene a prendere la signora del tuk tuk di ieri. Andrea aveva concordato la sua disponibilità per oggi e abbiamo una comoda signora auto. Lei ci ha accompagnato dalla 9 alle 13 a visitare 7 templi e in ognuno ci ha lasciato il tempo di vedere, girare, fotografare. Ottima scelta.
Ayutthaya, l’antica capitale della Thailandia è stata una delle città più importanti del tempo. La sua posizione a metà strada tra Cina, India e Malesia ha sviluppato gli scambi. Le navi europee, giapponesi e cinesi utilizzavano Ayutthaya come porto di commercio del legno, teak, avorio, pelli, seta, con il soprannome di ‘La Venezia d’Oriente’. Ayutthaya si trova su di un’isola alla confluenza di tre fiumi,circa a 70 km a nord della capitale. L’isola è il risultato di una sedimentazione secolare. Nel XIV secolo si trovava nei pressi del Golfo del Siam. Nel periodo di massimo splendore Ayutthaya aveva più di 1500 templi e 4000 statue, ma l’esercito birmano ha devasto la zona e hanno decapitato molte statue per dimostrare la loro potenza. Attualmente le rovine della città antica formano il cosiddetto “Parco Storico di Ayutthaya”, che è uno dei Patrimoni Unesco. Ad ogni tempio abbiamo pagato un’entrata di100 bath (circa €2,6).
Il caldo è secco, ma feroce… bisogna bere!
La prima tappa del nostro tour concerne il tempio che si trova a sud est rispetto al centro cittadino, il Wat Yai Chai Mongkhon: è uno dei templi più antichi, ma ancora oggi, nonostante l’erosione del tempo, mostra l’imponenza e l’importanza che ricoprì in passato. Quello che ci colpisce maggiormente di questo sito è il grande numero di statue che vi si trovano, tutte statue raffiguranti un Buddha magro, nello stile thai, seduto in meditazione e vestito di un drappo arancione. Una delle sue particolarità è senza dubbio il grande Buddha disteso lungo ben 7 metri, che si trova passeggiando per i viali.
La successiva tappa è un tempio tra i più moderni di Ayutthaya, il Wat Phanan Choeng, che ci accoglie con i suoi tetti colorati di colori brillantissimi. Le tegole di ceramica, come in Cina, sono molto utilizzate e questa è una delle ragioni per cui spesso i tetti sono lucidi e i colori delle tegole brillano al sole. Wat Phanan Choeng segna anche in nostro primo contatto con i fedeli e i monaci buddhisti, all’interno infatti un gruppetto di religiosi è intento alla preghiera, ragione per cui cerchiamo di disturbare il meno possibile. Osservare i monaci in raccoglimento contribuisce ad accentuare la sensazione di raccoglimento che questo luogo trasmette, sensazione che ci accompagna per tutta la durata della visita.
Wat Maha That: si traduce “grande reliquia” ed è uno dei templi buddisti più antichi e importanti in Thailandia. Gli storici ritengono che sia stato fondato nel XIII secolo e ricostruito nella prima metà del XIV.
Wat Maha That è costruito in laterizio e circondato da mura di mattoni e un fossato. Lo stupa principale (monumento funerario secondo la religione buddista). E’ nella caratteristica forma, a bocciolo di loto. Si crede contenga reliquie del Buddha. Questa zona è stata peraltro in parte distrutta dalle armate birmane con la decapitazione di molte statue di Buddha.Ma la particolarità di questo tempio è la testa di una statua del Buddha (caduta in terra dopo che il corpo venne distrutto) attorno alla quale sono cresciute le radici di una pianta che l’ha abbracciata.
Ed eccoci a Wat Ratchaburana: è uno dei templi antichi meglio conservati e la sua bellezza ci fa scordare la stanchezza per il caldo che dà spossatezza , gli alti stupa sono solo un contorno all’alta torre centrale edificata in stile khmer, a forma di pannocchia, presenta alla sommità della scala, nicchie contenenti Buddha scolpiti in piedi con una mano alzata.
Raggiungiamo quindi il Wat Chai Wattanaram, attraversando un ponte e ci si trova in una suggestiva posizione lungo al fiume Chao Phraya ed è una delle tappe più frequentate all’ora del tramonto quando il sole scende e gli stupa si tingono di rosso. È una delle maggiori attrazioni turistiche e uno dei templi più belli di tutto il paese. La costruzione del tempio iniziò all’incirca nell’anno 1630 e fu fortemente voluta dal re Prasat Thong che lo volle edificare in quella precisa zona in memoria di sua madre che nacque in quei luoghi. Lo stile che venne utilizzato per la costruzione fu lo stile Khmer che in quel periodo era particolarmente diffuso e apprezzato dai sovrani locali.
Eccoci a Wat Lokayasutharam. Oltre al complesso di Buddha reclinato Wat Yai Chaya Mongkol di Ayutthaya e la famosa Wat Pho a Bangkok, ecco questa grande scultura scolpita di Buddha disteso in cemento, chiamato Wat Lokayasutharam. Questo Buddha, la cui testa poggia su un fiore di loto, ha dimensioni di 37 metri di lunghezza e 8 di altezza. Questo luogo sacro è un centro di pellegrinaggio famosa in Thailandia, quindi è molto comune trovare persone che fanno offerte e pregano il Buddha. Anche Andrea ha fatto un offerta dei fiori di loto.
Ci spostiamo al Wihaan Mongkhon Bophit, un tempio dall’architettura mista tra antico e moderno, dove si trova una delle statue del Buddha più grandi di tutta la Thailandia, una splendida scultura in bronzo.
E, alla fine, con un caldo pestifero io e Andrea (Silvano ci ha aspettato sotto un albero) visitiamo il Wat Phra Si Sanphet, uno dei templi più suggestivi di tutto il paese, famoso per i tre stupa a forma di campana posti in fila al centro. Ricordo di essermi persa per lunghi minuti a vagare tra le rovine, cercando gli scorci e le angolature migliori per scattare una foto che mi ricordasse la bellezza di questo luogo, ma ogni passo sembra rivelare una visuale migliore, diversa, perfetta. Il risultato sono decine di fotografie scattate, quasi uguali tra loro eppure tutte diverse, tutte belle a modo loro e quindi non cestinabili. Wat Phra Se Sanphet tempio era il luogo scelto per firmare alleanze tra popoli e fu anche utilizzato come cappella privata della famiglia reale tailandese. Ai monaci non era consentiti l’accesso, tranne che non fosse su invito reale, per talune cerimonie.
Rientriamo in hotel per il pranzo (buffet ottimo) e dopo il meritato riposo ci facciamo portare nel pomeriggio dalla nostra tassista al mercato Floating Market, segnalato anche da Lonely Planet, ma che non consiglio assolutamente: una serie di negozietti di abbigliamento. Il posto è davvero costruito, sembra un parco a tema con tanto di musica di sottofondo. Super turistico, oltretutto non sono nemmeno presenti le barche che vendono merce, ma si tratta solo di case costruite su di un laghetto (che penso essere artificiale). Purtroppo ai miei occhi appare come una trappola per turisti. L’unica cosa diversa è una lambretta a 4 posti. Organizzano anche percorsi con gli elefanti. Povere bestie! Abbiamo resistito 15 minuti e poi ci siamo fatti riportare in hotel, dove, in piscina, abbiamo atteso il tramonto.
A cena vicino all’hotel senza infamia.
Prima di tornare in hotel siamo entrati in un supermercato. Divertente, perché, tra l’altro, c’erano le patatine con sapori sconvolgenti: al pesce, alle alghe, al miele e burro o…con cotenna di maiale fritta.
Giovedì 10 marzo 2016, si riparte da Ayutthaya e la nostra tassista ci accompagna sino all’aeroporto in 40’: si va in Cambogia con Air Asia. La signora è stata molto professionale, con un mezzo comodo, nuovo e la segnalo perché, senza dover utilizzare un costoso tour, è stata disponibile e il costo è stato molto corretto (cell. +66 0990060973). Parla bene l’inglese.
Ceck-in già fatto da Andrea su PC e si gira per il piccolo aeroporto in attesa della partenza delle 14.
Volo pieno senza problemi e alle 15.05 siamo già arrivati a Siem Reap: fa un caldo torrido. Ci si mette in fila per la concessione del visto che costa 30$ a testa e in 10’, con la foto che avevo portato da casa, lo abbiamo ottenuto su un modulo che ci avevano dato in aereo e che va compilato preventivamente.
The Cyclo d’Angkor Boutique Hotel ci ha mandato l’auto. E’ in posizione strategica, a metà strada fra Siem Reap centro e Angkor Wat, ma per andare in centro bisogna prendere taxi o re-mork (un tuk tuk più comodo). L’arredamento è molto particolare e di buon gusto in stile cambogiano, con boiserie e porte nere. Ho prenotato una suite familiare con due camere, un bagno e l’aria condizionata, che non può mancare. Ha anche una piccola piscina.
Ci consigliano di fare un breve tour, perché alle 18 è bello vedere il tramonto al tempio di Phnom Bakheng del IX sec., dedicato al culto del dio induista Shiva.
L’autista ci accompagna prima ad acquistare il ticket per visitare la zona archeologica di Angkor. Il pass con foto (fatta direttamente allo sportello) costa $20 per un giorno, ma concedono anche il pomeriggio precedente dalle 16.30. Noi, purtroppo abbiamo poco tempo e prendiamo solo per un giorno, ma ci sono 3 tipi di biglietti: giornaliero 20 $, per 3 giorni 40 $ e settimanale 60 $. Ogni biglietto è strettamente personale e personalizzato con una fotografia, pertanto non cedibile a terzi e viene controllato ad ogni tempio.
La scoperta di Angkor è dei francesi intorno al 1860. Per molti secoli i templi sono stati in balia della giungla.
Il pulmino ci porta quindi sino alla base della collina, poi a piedi dobbiamo raggiungere la cima su uno sterrato di circa 1 km. Non ho portato neppure una bottiglia d’acqua! L’ultima parte è in fila perché le persone che salgono con una scala in legno alla sommità ricevono un pass, che verrà riconsegnato al primo della fila al momento della discesa. In cima non possono arrivare più di 30 persone. L’entrata al sito, pertanto, è contingentata. Il tempio è in ristrutturazione. Facciamo appena in tempo a vedere il sole tramontare, anche se questo sunset lascia un pò a desiderare. Ancora un giro intorno e si scende . Entro 30 minuti è notte e cominciano a frinire in modo assordante le cicale.
Il nostro pulmino ci riporta in hotel: aperitivo, acqua (siamo disidratati), doccia e si riparte. Andrea conosce un ristorante, che era indicato nella mappa vicino al nostro hotel, ma gira e gira al buio, non riusciamo a trovarlo e nessuno lo conosce. Finiamo in un ristorante dove c’è una comitiva di tedeschi e mangiamo pesce e riso, pietanza – senza esagerare – dove ci saranno state 2 teste di aglio a testa e abbiamo speso in tre un totale 30$. Attenzione…in Cambogia tutto si paga in dollari!
Gelato e… a letto!
Venerdì 11 marzo 2016
Alle 8 si parte con l’autista e il pulmino di ieri. Si inizia dalla parte a sud per trovare meno gente e il driver ci accompagna ad ogni entrata e ci aspetta passo passo nel percorso di uno dei più bei siti del mondo. E’ un complesso enorme di templi, alcuni sono malridotti, ma altri lasciano a bocca aperta per la maestosità, l’eleganza dei bassorilievi, la commistioni tra alberi immensi che si insinuano nelle crepe dei templi, nel corso dei secoli. E’ Patrimonio Unesco dal 1992.
Assolutamente imperdibile. Il governo cambogiano ha stabilito che “nessun palazzo nell’intera regione di Angkor e Siem Reap possa superare in altezza quella della torre centrale di Angkor Wat”!
Il parco archeologico di Angkor è un concentrato unico di opere architettoniche religiose, urbanistiche e d’ingegneria idraulica peculiari per l’epoca in cui vennero realizzate e per la regione in cui si trovano e testimoniano una civiltà eccezionale che per secoli influenzò tutta la zona, compresa l’attuale Thailandia, il Laos e la Birmania. A tutt’oggi è il più grande complesso religioso al mondo! Ogni giorno una media di 40 mila visitatori provenienti da ogni angolo della terra visita Angkor.
In un’area di circa 90 chilometri quadrati, a nord della città di Siem Reap, sorgono circa 72 templi principali e molti altri secondari in rovina. Tra il IX ed il XV secolo questa zona fu il centro dell’Impero Khmer e ne ospitò le capitali, poi venne abbandonata ed invasa dalla giungla per essere riportata alla luce alla fine dell’ottocento, durante la dominazione francese. Ma l’area complessiva del Parco Archeologico di Angkor è molto più vasta, si estende su 400 chilometri quadrati e comprende altre centinaia di templi, santuari e siti lontani fino a 50 km dalla zona centrale. La parte principale è la zona dove sono concentrti la maggioranza dei templi più noti, intorno al più famoso: Angkor Wat. Ed eccoci all’entrata sud il “South Gate”, contornato da file di Dei e Demoni che sorreggono serpenti “Naga”della città fortificata di Angkor Thom.
All’interno della cinta muraria della città si visita il tempio-montagna Bayon, costruzione titanica di 10kmq effettuata da parte del re Jayavarman VII alla fine del XII secolo, esattamente al centro della città di Angkor Thom e famoso per i grandi volti di pietra che si affacciano dalle sue numerose torri. Alcune mura perimetrali sono finemente scolpite con vasti bassorilievi. La struttura è costruita prevalentemente in arenaria, una pietra relativamente facile da lavorare e da scolpire. I bassorilievi, lunghi decine di metri, raffigurano scene di guerra, scene trionfali o rappresentano semplicemente scene di vita quotidiana. Bayon è probabilmente il tempio più interessante e meglio conservato del complesso dei templi di Angkor Thom; è il tempio famoso per le ’214 facce di Buddha sorridente’ sulle 4 facciate delle sue torri. Angkor Bayon sembra stile gotico per le 54 guglie e i 214 giganteschi volti che ti guardano da ogni angolo. Molto è stato ristrutturato, ma tanto c è ancora da fare, attualmente da una equipe giapponese.
Ecco il Tempio di Baphuon, un importante tempio della serie “templi della montagna” così chiamati per la loro forma a 5 livelli ispirata al monte Meru, sacro alla religione indù, costruito nella metà del XI secolo e dedicato al dio indù Shiva. Sono ripide le scalinate necessarie per raggiungere la sommità dell’edificio. Bello il panorama sugli altri edifici e sulla giungla.
Poco oltre ecco la Terrazza degli Elefanti di oltre 300 m. e della Terrazza del Re Lebbroso, la prima fa parte della cinta muraria dell’antica città di Angkor Thom da dove il re Jayavarman VII si affacciava per attendere il rientro in città del suo esercito vittorioso, la seconda così chiamata secondo un’antica leggenda che narra di un re afflitto da questa malattia.
Prima di arrivare ad Angkor Wat ci sono altri piccoli templi che visitiamo, e di cui non ricordo il nome, e resti che ancora sono coperti dalle radici degli alberi. C’è tanto da fare ancora!
Ed ecco le immagini che tutti cercano e che hanno creato il vero “mito” d’Angkor… si celano dietro il muro d’arenaria lungo 3.200 metri che racchiude Ta Prohm, il gran monastero buddista che Yayavarman VII consacrò nel 1186 e che gli archeologi hanno volutamente lasciato quasi intatto, nello stato in cui fu ritrovato: giganteschi alberi sorgono fra l’intrico di torri santuario, enormi radici avvolgono le gallerie, folti arbusti germogliano dai tetti d’ogni costruzione e il visitatore non riesce più a distinguere l’opera dell’uomo dalle creazioni della natura. Angkor Wat, già riconosciuto dall’UNESCO come Patrimonio Mondiale dell’Umanità, è recentemente inserito tra le 7 Meraviglie del Mondo Moderno. Ta Prohm è anche famoso e chiamato dai locali “tempio di Tomb Raider” o “tempio di Angelina Jolie” in quanto utilizzato per girare il film Tomb Raider che vede l’attrice nei panni di Lara Croft.
E per finire, ovviamente, siamo ad Angkor Wat. Abbiamo già bevuto 2 litri di acqua a testa, ma siamo disidratati e stanchi morti per il caldo, ma dobbiamo ancora goderci quello che probabilmente è il più famoso e conosciuto tra tutti i templi di Angkor in Cambogia. Edificato dai Khmer quasi un millennio fa, il tempio rappresenta uno dei siti archeologici più grandi ed importanti del mondo, visitato ogni anno da milioni di turisti. L’accesso principale al grande tempio di Angkor Wat lo abbiamo visto arrivando con l’auto: è formato da un lungo terrapieno pavimentato in arenaria, dove si vedono le statue del mitico Naga, il serpente a sette teste protettore di Buddha, e quella del leone guardiano. Il tempio di Angkor Wat è circondato su 4 lati da un grande fossato pieno d’acqua, avente il perimetro interno di quasi 4 chilometri. Angkor Wat in lingua Khmer significa “Tempio della Città” e fu fatto edificare durante il XII secolo d.C. dal re Suryavarman II con lo scopo di creare un gigantesco mausoleo dove egli sarebbe potuto essere venerato dopo la sua morte, dedicandolo allo stesso tempo al Dio Vishnu. Percorriamo i vari cortili dell’immenso complesso archeologico e i corridoi con immensi bassorilievi che rappresentano prevalentemente scene religiose e funerarie. La struttura centrale del complesso archeologico è invece organizzata su tre livelli terrazzati, che permettono di accedere alla torre centrale(65 m. da terra). Al secondo livello sono presenti splendidi bassorilievi che raffigurano donne Khmer nei minimi dettagli. Il motivo della presenza massiccia di bassorilievi di donna scolpiti sulle facciate degli edifici di Angkor non è stato ancora spiegato con certezza dagli archeologi, ma pare che queste donne Khmer fossero delle vere e proprie divinità e che la loro presenza non abbia avuto solo la semplice funzione di decorazione.
Ogni descrizione ulteriore mi viene difficile. Questi luoghi sono da vedere e vivere. E’ la natura che vince sulla pietra, la natura che concede spazi all’uomo dimostrando di poterli riprendere quando vuole.
Abbiamo sofferto così tanto il caldo stamattina, che nel pomeriggio ci siamo rilassati in piscina .
Non prendetemi in giro ma stasera avevo bisogno di una PASTA arrabbiata…ne ho mangiata hg 1.20 all’Oasi Italiana, un ristorante italiano dove era già stato Andrea e segnalato anche da Lonely Planet. Buonissima… Poi in centro dove c’è di tutto: bar, ristoranti, musica, massaggi, negozi di tutti i tipi.
Siem Reap basa la sua economia essenzialmente sul turismo archeologico, sulla coltivazione del riso e sulla pesca lacustre praticata sul Tonle Sap. Indubbiamente è la città a più rapida espansione di tutto il paese, Siem Reap si è trasformata, nell’ultimo decennio, in uno dei maggiori centri turistici perché è il punto ideale per visitare i templi di Angkor ed oggi ha più di 170.000 abitanti.
Sabato 12 marzo 2016
Alle 8 un nuovo driver ci porta ad una ventina di km a sud di Siem Reap sul lago Tonle Sap per vedere le case galleggianti. La strada è asfaltata, tranne l’ultima parte che è sterrata.
Ed eccoci a Kompong Khleang per vedere un villaggio poco turistico con case su palafitte. I villaggi sono principalmente Khmer e contano circa 3000 abitanti in totale ed è riconosciuto dall’Unesco ‘Riserva della Biosfera’. Si tratta di 3 villaggi (Chong Khneas, Kompong Phluk e Kompong Khleang), costruiti su palafitte, su zattere galleggianti o su case-barca all’interno della piana alluvionale del lago di acqua dolce. Essendo il più grande bacino idrico del sud est asiatico, presenta un vivo ecosistema che ospita molti uccelli e altra fauna e dà da vivere alla popolazione locale, alcuni componenti della quale vivono in particolari case su palafitte nell’acqua. Una particolare caratteristica del villaggio avviene durante la stagione secca, quando il livello dell’acqua del lago è bassa e gli edifici a palafitta, per la mancanza di acqua, sembrano stare su dei trampoli alti fino a 6 metri. Quando arrivano i monsoni tutto si allaga, le strade vengono sommerse e la gente si muove solo con la barca. L’economia naturalmente è basata sulla pesca, e soprattutto sulla raccolta dei gamberi. Paghiamo $25 a testa, che per i locali è un enormità, ma è scritto in un cartello che è per aiutare la comunità.
Arrivati al canale, che poi sfocia nel lago Tonle Sap, sfrecciano decine di barche locali con i motori la cui elica ha un albero lunghissimo. Pescatori, donne e bambini a piedi nudi lavorano, giocano ma sempre molto silenziosi. La nostra navigazione dura circa un ora. Il livello dell’acqua è basso e bisogna stare attenti alle altre barche per l’onda e per lo spruzzo di acqua sporca (povera la mia macchina fotografica!), anche se il ragazzo che aiutava nella barca ha bevuto l’acqua del canale! Nel lago case galleggianti, una scuola, una barca bar e una ristorante. L’escursione è stata interessante perché racconta l’incredibile capacità di adattamento e di inventiva dell’uomo persino nelle condizioni più avverse!
Rientrando a Siem Reap ci siamo fermati in un paesino che aveva un mercato enorme. Come mi attirano questi luoghi: sono la parte vera, viva di un paese.
A cena ancora all’Oasi Italiana…pasta, pasta! e poi un giro in centro. Molta gente, molta musica rumorosa, poi manca la luce in tutta la zona e allora, dopo aver bevuto un drink, si torna in hotel col re-mork.
Domenica 13 marzo 2016
Puntualissimo arriva il pulmino prenotato da Andrea che ci porterà sino al confine del paese. Purtroppo il tempo è tiranno e dobbiamo lasciare la Cambogia e rientrare in Thailandia.
Per strada campagna, piccoli centri abitati, tante moto cariche e al confine ci aspetta un tizio dell’agenzia che ci ha fornito il pulmino che ci accompagna per il controllo di dogana e per il nuovo visto di ingresso in Thailandia (gratuito). Ce la sbrighiamo alla svelta e una volta entrati in Thailandia cambiamo driver e pulmino (comodissimo) e si percorre la strada nuovamente sulla corsia di sinistra.
La strada è scorrevole, il paesaggio non è monotono, anzi molto vario, e arriviamo all’isola di Koh Chang (isola degli elefanti) con facilità, dopo aver percorso con un vecchio traghetto ruggine il tratto di mare. Dopo otto ore e 420 km. ad un costo totale di 210 euro, siamo all’RC Grand Resort. Che albergo ho scelto: come i siori! Una suite familiare con terrazza con vista sulla piscina, il mare, le palme, due lettini e una grande vasca idromassaggio. Tutto l’hotel è meraviglioso. A pochi passi dalla sabbia bianca di Haad Sai Khao, ha sistemazioni a 4 stelle con connessione Wi-Fi e mette a disposizione una palestra, una piscina e 5 punti ristoro. Mentre Silvano e Andrea vanno a godersi un’ora di massaggio thai, io mi sono goduta il giardino, la piscina e il tramonto. Nulla da invidiare ai Caraibi.
Cena in uno dei tanti ristorantini lungo il mare, sul bagnasciuga, illuminati dalle candele o da luce soffusa.
E poi a letto, ma Andrea a metà notte, è andato a dormire in terrazza, un pò contrariato perché noi russavamo come treni. Di solito prendevamo due camere, ma questa è una suite grande, ma è a sala unica. In compenso le due notti successive abbiamo fatto i bravi.
Lunedì 14 marzo 2016
Mi sono alzata presto e ho lasciato gli uomini ancora a dormire: ero curiosa di vedere come si presenta l’isola lungo il mare perché Koh Chang ha ancora una delle poche foreste incontaminate in Thailandia. In effetti lungo il mare ci sono ville, casette, bungalow, quasi sul bagnasciuga, ma appena dietro c’è la giungla. L’isola, probabilmente per la sua vicinanza alla Cambogia, che fino al 1990 era guidata dal regime dei Khmer Rossi, ha avuto uno sviluppo rallentato rispetto al resto della Thailandia e forse questa è stata la sua fortuna preservandola da un’eccessiva urbaniz-zazione e mantenendola il paradiso naturale che è oggi. Bisogna poi dire che Koh Chang ed il suo arcipelago rientrano nel Parco Nazionale di Mu Koh Chang, un’area protetta di quasi 700 km quadrati che include sia le terre emerse che le acque circostanti, e ne fa ad oggi uno degli arcipelaghi più incontaminati della Thailandia. L’isola di Koh Chang è ricoperta per l’80% di foresta pluviale disabitata: gli insediamenti umani si concentrano lungo le coste, in particolare quella occidentale e meridionale.
Poi siamo andati a colazione: non tutto, ma di tutto come fosse un pranzo, in un ambiente molto elegante, ma noi abbiamo mangiato all’aperto, in riva al mare sotto le palme. Silvano fa colazione con uova, bacon, ciambelline, succo e caffè. Io ho bevuto 3 frullati favolosi. Che godimento!
Andrea ha deciso oggi di prendersi una giornata di relax e noi prendiamo una moto a noleggio per girare. Costa solo € 5 al giorno, con i caschi, ma non ha l’assicurazione: ocio, ocio! Volevano il passaporto a cauzione, ma non abbiamo voluto consegnarglielo, poi però hanno accettato $ 100. La benzina per lo scooter (gasoline) si trova in distributori atipici: lungo le strade in corrispondenza di bar e negozietti ci sono degli scaffali con allineate bottiglie contenenti il carburante (ad un primo sguardo mi erano sembrate bottiglie di whisky). Le strade non hanno molto traffico, ma hanno dislivelli paurosi con tornanti e curve di tutto rispetto e con pendenze del 25%. Siamo andati verso sud e ci siamo fermati in più punti lungo la costa. Non c’è una strada che fa il periplo dell’isola. Poco tempo fa era giungla e lo si capisce dal fatto che la strada è squadrata tra gli alti alberi e si incontrano elefanti e scimmie.
Abbiamo preso un caffè in un bar bellavista dove tutti erano un po’ fumati, ma si capisce perché arredato con le foto di Bob Marley. La vista su Bang Bao ci invita a scendere e a scoprire il classico villaggio di pescatori tailandese con la vita incentrata su uno stretto molo di tradizionali palafitte in legno e barche ormeggiate e un bel faro bianco. Oggi, peraltro, il turismo ha sostituito la pesca locale e il villaggio si è affermato come punto di partenza per la miriade di viaggi organizzati per esplorare l’arcipelago e per le immersioni.
Nel pomeriggio, mentre Silvano riposa, io e Andrea leggiamo ai bordi della piscina che attira e ci fa godere per la vista e l’ombra, mentre il mare è ‘piscio’: ha una temperatura di più di 32 gradi!
Altro giro con la moto nel pomeriggio andando verso nord, scoprendo piante nuove. La prima è quella della gomma: ho toccato il liquido bianco che sgorga: è lattiginoso e dopo qualche minuto si solidifica, lasciando una pellicola. Poi la papaia che in maturazione da verde diventerà gialla all’esterno e rosso/arancio la polpa all’interno. Andavamo in cerca della zona delle piccole cascate, ma la stagione secca le ha esaurite: niente cascate! L’isola è molto ricca di acqua e nelle zone interne, nella giungla, ce ne sono veramente tante, ma questa non è la stagione per godere dell’acqua fresca. In compenso, lungo la strada gli elefanti, le scimmie e fiori colorati tropicali meravigliosi.
Al rientro tutti e tre abbiamo fatto un massaggio stupendo da testa a piedi di un ora… come nuovi (abbiamo speso un totale di 22 euro con tre professioniste). Io torno anche domani.
A cena ottimo pesce, Andrea ha voluto anche le tagliatelle. Spesa totale, il corrispondente di 38 euro.
Martedì 15 marzo 2016
Favolosa colazione in riva al mare e poi, con Andrea e con due moto, siamo andati al Mu Ko Chang national Park per vedere la cascata Klong Plu Waterfall. L’entrata per noi tre è di 600 bath. Il percorso è piuttosto accidentato, con un sentiero lungo il fiume tra i sassi, dentro la giungla, ma Silvano si è fermato prima. Noi continuiamo e si arriva in 500 m. alla grande cascata, ma….purtroppo la stagione secca riduce di molto la portata dell’acqua, anche se alcune persone fanno il bagno lo stesso nelle pozze.
Continuiamo con la moto sino a sud dell’isola, alla fine della litoranea e dopo una bevuta al locale dei ‘fumati’ di Bob Marley, si scende nella parte più turistica, quella del molo e delle case galleggianti di Bang Bao, che Andrea non ha visto. Sulla strada, però, ci fermiamo a vedere le scimmie dispettose.
Un giro nel villaggio, ancora foto e foto e si rientra in hotel.
Avevo detto che la strada è pericolosa! Era appena accaduto un incidente con la moto ad una giovane coppia che stava scendendo in un tratto molto pendente ed è andata a sbattere contro il guard rail. Erano già arrivati i soccorsi per fortuna.
Nel pomeriggio relax in piscina e… ho fatto il bagno anch’io. Vi giuro che è un evento!
Io e Andrea nel tardo pomeriggio ci siamo fatti l’ultimo massaggio godimentoso, poi doccia e cena al Buffalo Bill. Cena costosa, ma a base di filetto di manzo australiano e ne valeva la pena (€ 88).
Mercoledì 16 marzo 2016
Facciamo l’ultima colazione in hotel e ci guardiamo intorno per assaporare ancora il paradiso terrestre.
Un pulmino comodissimo ci ha riportato a Bang-kok. In sei ore abbiamo percorso 300 km. e ci è costato un totale di €125: non male. Avevamo un driver molto bravo, di mezza età con pochi denti, anche se guidava come una freccia, sorpassando a destra e sinistra e utilizzando anche le corsie di emergenza. Giunti all’Hotel Luxx Kl (lo stesso di quando siamo arrivati) abbiamo lasciato i bagagli e siamo andati subito al centro commerciale dell’elettronica perché dovevo far vedere nuovamente la mia macchina fotografica perché dopo che abbiamo percorso il fiume in Cambogia lo zoom funziona male. Probabilmente gli spruzzi di fango hanno intasato il meccanismo. Ci vogliono 24 h, ma le abbiamo, per vedere se può mettere a nuovo l’apparecchiatura. Ora devo fotografare col cellulare. Nell’occasione Silvano si è sbizzarrito negli acquisti di batterie solari, batterie per cellulari, e io di un orologio che è un piccolo computer. Tutto costa poco: sembriamo indemoniati dalla smania di acquisti. Andrea, invece, tra pantaloni e magliette ha fatto fatica a chiudere la valigia. D’altra parte è dimagrito (bravo!), negli ultimi sei mesi, di 23 kg. e ha bisogno di un nuovo guardaroba.
Ho ripreso il cartellone che segna le strade di facile scorrimento segnate in verde e quelle intasate dal traffico indicate in rosso. Ma nel pomeriggio il traffico del centro è inverosimile: non ci si muove.
All’imbrunire i mercatini serali offrono da mangiare lungo la strada e la gente si siede lungo i viali con il traffico e smog per godere (??) il pasto serale.
Ottima cena indiana per noi stasera, poi un drink allo Zanzibar, dove in uno splendido giardino suonano e cantano veri professionisti.
Stanchi. Andrea resta, ma noi andiamo a cuccia. Prendiamo un taxi e andiamo nel nostro hotel che non è centralissimo, ma molto silenzioso. Bangkok è una città rumorosa, ma fascinosa. La gente è gentile, silenziosa, sempre disponibile e sono puntuali e precisi.
Giovedì 17 marzo 2016
E’ il mio compleanno: c’è poco da festeggiare!
Dovevamo andare a vedere il Buddha sdraiato vicino al Palazzo Reale che l’altra volta avevamo perso, ma quando abbiamo visto che il tassista non aveva capito e ci stava portando da un’altra parte, siamo scesi. La lingua è bastarda perché non si pronuncia come è scritto: la stessa parola con toni diversi cambia il significato. Abbiamo fermato un altro taxi, ma quando siamo passati casualmente davanti al mercato dei fiori: alt! Lo voglio assolutamente vedere. E’ un mercato enorme all’ingrosso di fiori, coroncine e preparati di fiori, colori e arte di composizione, oltre ad un altro mercato delle verdure che i contadini portano in città. Fiori e composizioni, frutta spesso sconosciuti sono tutti da fotografare. Andando a piedi verso Chinatown ci troviamo nei vicoli delle “‘robe elettroniche” anche semplicemente cavetti, fili elettrici, impianti stereo, casse, luci psichedeliche,GPS.
E’ l’ora di pranzo e molti mangiano sotto le frasche o gli ombrelloni. Non ho fame…!
Poi casualmente arriviamo in uno dei nove templi sacri reali buddista di Bangkok dal nome impossibile il Suthat Thepwararam:un’oasi di pace nel caos della città. Non è una costruzione antica in quanta iniziata nel 1807. Nel cortile interno non c’era nessuno e ci si può staccare dal mondo e godere del silenzio.
Ricuperiamo la macchina fotografica smontata e pulita e decidiamo di andare l’ultima sera a Chinatown perché è un vero e proprio ponte tra la cultura cinese e quella Thai. Immersa nei colori e brulicante di vita, Chinatown sembra quasi non fermarsi mai, se non per sorbire una zuppa fumante, o per intonare una preghiera nei templi locali. Purtroppo è un’ora di punta e il traffico è tremendo. I taxi si rifiutano di portarci. Alla fine solo un tuk tuk è disponibile. Saliamo e siamo già fermi dopo100 metri. Dobbiamo cambiare meta e Andrea pensa, come ultima serata a Bangkok, allo Sky bar con un aperitivo sul tetto del Mariott Sukhumvit al 49 piano con impareggiabile vista della città a 360°. Anche in questo caso siamo andati avanti a passo di lumaca e ci abbiamo messo forse un’ora per arrivare. Per fortuna è l’imbrunire e prendiamo un aperitivo brindando al mio compleanno, con una vista spettacolare sulla città. Ciao caotica, disordinata, inquinata, multietnica, ma affascinante città.
Che ridere…proprio sotto l’hotel c’è la fermata dello skytrain di Thong Lo. Attualmente c’è solo una linea, la blu, di 20 km., ma sono in progettazione altre tre linee. Con il traffico del centro sono sicuramente da utilizzare. Torniamo verso il quartiere arabo, ceniamo e poi in hotel da dove, con il taxi, raggiungiamo l’aeroporto.
Si parte con Qatar all’1.40 e lo scalo è sempre a Doha. Questo aeroporto è un hub internazionale con circa 20 milioni di passeggeri in transito in un anno. Purtroppo dobbiamo attendere 4 ore, ma a Venezia arriviamo alle 13.30. Che stanchi!
Alla prossima… è stato un bel viaggio, grazie famiglia!