In Oriente sottovoce e senza scarpe
Siamo in dieci, ma non tutti con lo stesso programma: partiremo in sei ed arriveremo in Birmania; da qui, attraverso la Thailandia dove ci raggiungeranno altri quattro amici ci sposteremo in Laos, a Luang Prabang in navigazione sul Mekong. Riposeremo infine le nostre stanche membra a Phuket dove faremo qualche giorno di meritato relax. I preparativi per il viaggio iniziano, come sempre, almeno due mesi prima ed anche stavolta acquistiamo un biglietto Emirates compagnia che, a nostro parere offre il miglior rapporto qualità-prezzo ( E. 828,00). Anche stavolta voleremo con un Airbus 380, l’aereo più grande del mondo! Abbastanza velocemente arriva il giorno della partenza e con l’adrenalina a palla, incrociamo le dita e speriamo che tutto funzioni! Abbiamo cercato di organizzare proprio tutto per ottimizzare al massimo i tempi e per venire incontro alle esigenze di tutti. Finalmente si parte e dopo un buon volo arriviamo a Dubai dove facciamo sosta per circa 4 ore. Scopriamo che, essendo passeggeri in transito e mostrando al transfer desk le nostre carte d’imbarco, abbiamo diritto ad un meal vaucher da spendere in alcuni ristoranti dell’aereoporto e così facciamo colazione gratis. Ancora un punto a favore di Emirates! Ripartiamo da Dubai ed arriviamo a Bangkok in serata. Il nostro hotel è lo Sky Bajoke con camere molto grandi ed una bellissima vista su una città che non dorme mai. Usciamo per assaporare il capodanno per le vie di una metropoli d’oriente, ma la stanchezza presto ci attanaglia le gambe e torniamo in hotel a dormire.
Il mattino seguente ci svegliamo di buon’ora e riconosciamo l’aria di Bangkok: è sempre “piacevolmente irrespirabile“, ma noi ci sentiamo a casa.
Oggi ci aspetta la visita della città e dei Templi. Facciamo un giro sui klong, i canali di Bangkok e visitiamo Wat Pho ,il Budda sdraiato, Wat Arun, il tempio dell’aurora e Chinatown.
Nel pomeriggio ci dirigiamo nella zona di Silom, dove incontriamo tante bancarelle che vendono prodotti copie di marche famose (borse, magliette, orologi). Facciamo qualche acquisto, è un divertimento contrattare con questi venditori che non appena si accorgono che ti piace un oggetto ti porgono subito la calcolatrice con digitato il prezzo e ti dicono di fare la tua offerta!
02/01/2013
Oggi visiteremo il famoso mercato galleggiante lungo il canale Damnoen Saduak nella provincia di Ratchaburi, a circa 80 km da Bangkok ed il mercato di Maeklong che si svolge sui binari della ferrovia. Una barca a motore ci porta tra i canali artificiali del mercato galleggiante e la nostra emozione stavolta è tutta nel cogliere le espressioni stupite dei nostri figli che per la prima volta assistono ad uno spettacolo così singolare!! Nel pomeriggio, rientrati a Bangkok, visitiamo il Palazzo Reale. E’ la terza volta che lo facciamo, ma ancora ci emoziona.
La sera andiamo a cena da Gusto, un elegante ristorante italiano. Domani si va in Birmania, una meta che ti aspetti ancora autentica, quasi incontaminata nella sua tradizionale dimensione orientale Il nostro tour avrà la durata di otto giorni ed è stato organizzato interamente da Teo che ha un’agenzia turistica a Yangoon. Ci è sembrato subito una persona molto seria ed affidabile, grazie anche alle numerose recensioni dei viaggiatori che lo hanno conosciuto. Un volo Airasia ci porta da Bangkok a Yangoon (E. 100,00) in un’ora circa. Teo ci sta attendendo in aereoporto e ci accompagna al nostro hotel (Panorama hotel) . La mattina seguente conosciamo la nostra splendida guida: si chiama Miò ed è il nipote di Teo. Parla perfettamente l’italiano ed è un ragazzo vivace, onesto, serio e disponibile.
Donne e uomini indossano il longyi, un pezzo di stoffa lungo fino alle caviglie e annodato in vita. Pochi giovani vestono con i jeans, i berretti da baseball e hanno tagli di capelli all’ultima moda spesso tinti di un colore che tende all’arancione.
Donne e bambini hanno spalmata sul viso una pasta gialla ricavata da un legno che si chiama thanaka. Serve come filtro solare e come maquillage.
Yangon è la ex capitale e una delle città principali del Myanmar. I marciapiedi sono occupati da bancarelle di generi alimentari (zuppe, frutta e verdura, riso, spiedini di carne, pesce essiccato), fiori, vestiti e souvenir. La gente mercanteggia, chiacchiera o semplicemente osserva l’andirivieni, spesso masticando una noce di betel che rende la loro bocca e i loro denti rossi.
Uno strano alternarsi di capanne e palazzi anneriti, aggrovigliati tra i cavi elettrici sospesi su pali improvvisati che alimentano una tecnologia che stride con la miseria. Qui il fiume è di macchine e sui marciapiedi stretti di persone, soprattutto commercianti e questuanti, non si sa mai da che parte girarsi. In cima a una collina svetta la Shwedagon Paya, un complesso di templi buddhisti costruito ca. 2500 anni fa. Lo splendore di questo luogo e la serenità che trasmette, induce a lasciare fuori dalle sue mura la frenesia, mentre le statue dei Buddha sorridenti e i mormorii dei monaci in preghiera, con la loro tonaca purpurea infondono una grande pace interiore. Cominciamo a camminare secondo il rituale intorno al maestoso stupa ricoperto di sfoglie d’oro che si innalza come una vera e propria montagna di luce. La sua sommità termina con un incredibile puntale sul quale sono state incastonate più di settemila pietre preziose, a simboleggiare la vittoria del Buddha sulle tenebre. Durante il percorso lo sguardo si perde fra le innumerevoli costruzioni che contornano la base della pagoda: eleganti cappelle con pinnacoli dorati, bianchi padiglioni con coperture cesellate, spaziosi loggiati che proteggono statue devozionali avvolte in drappi rossi. Molti fedeli camminano sulla piattaforma di marmo riparandosi dal sole con gli ombrelli, altri sono seduti per terra assorti nella preghiera, altri ancora portano offerte ai nat, gli spiriti della natura, che vengono onorati con fiori e incensi affinché concedano il loro benefico aiuto. Fra la gente comune non mancano le persone che hanno scelto la vita religiosa, dalle monache bambine abbigliate con tuniche rosa fino ai giovani monaci con le vesti drappeggiate.
Due giorni dopo, con un aereo arriviamo a Bagan, la città regale. Una distesa di migliaia di pagode di ogni foggia e materiale (oro, mattoni, pietra) sparse tra un bosco di chiome verdi che colano di radici. Qui il tempo non esiste e dalla bellezza ti viene solo voglia di piangere. Intorno sulla terra gialla, delicate silhouette dall’inconfondibile e dondolante cappellino, trattengono a fatica le redini delle vacche che arano le risaie o si rilassano sedute in quella posizione accovacciata e poco stabile. In effetti il fascino di una storia secolare ti avvolge subito nella piana di Bagan. Basta salire le gradinate di un tempio e spaziare con lo sguardo fra le innumerevoli costruzioni color terracotta che punteggiano il verde a perdita d’occhio. L’aria è fresca e pulita, il cielo sereno, il paesaggio stupendo; dal passato giunge un primo, rassicurante messaggio di civiltà e di bellezza. Poi incontri la gente comune: contadini in groppa a bufali dalle corna lunate, artigiani occupati nella lavorazione della lacca, tessitrici di stoffe sedute a massicci telai di legno. Il nostro albergo, Kumudara Hotel, è fantastico, come tutto ciò che ci circonda e la sera ceniamo “da Ignazio” un ristorante gestito da un italiano dove gustiamo pasta fatta in casa e gnocchi (tel. 09425029248- Main Road – New Bagan), accompagnati dalle fantastiche note di un pianoforte abilmente suonato dalla figlia del proprietario. Miò è sempre con noi, è veramente unico, protettivo, premuroso, sempre allegro e positivo, la guida migliore che abbiamo mai avuto!
A Mandalay, dove arriviamo con un altro volo interno della Air Bagan, rimaniamo incantati da Mahagandayon, dove i monaci, coperti da tuniche rosse, formano una lunghissima fila silenziosa per ricevere il loro pasto giornaliero. Domani si va a Heho e da qui al lago Inle, nello splendido stato Shan. Prima di dirigerci al lago andiamo a visitare la grotta Pindaya: la campagna appare suddivisa in ordinati campi rettangolari colorati di marrone e di verde. Sulla strada pochi mezzi motorizzati trasportano gruppetti di contadini o sacchi di prodotti agricoli. In un campo di terra rossiccia una famiglia sta trascorrendo la sua giornata di lavoro: il padre tiene in braccio il figlio piccolo, mentre la madre, aiutata dalla figlia maggiore, ripulisce il suolo dalle erbe, strappandole con le mani. Arriviamo alla grotta: all’interno, l’insieme di circa diecimila Buddha crea un’ atmosfera fiabesca: le statue dorate, talvolta di piccole dimensioni, talvolta di proporzioni gigantesche, sono disposte lungo un intricato labirinto in cui ti addentri con stupore e meraviglia. Un buddista devoto, se ne ha la possibilità, acquista una statua antica e la lascia come dono in questo santuario rupestre, contribuendo così ad accrescere il patrimonio di arte e di fede che vi è racchiuso. Ci dirigiamo all’imbarco e su una lancia a motore, dopo circa 1 ora di navigazione raggiungiamo la nostra destinazione, lo Sky Lake Hotel, un paradiso in mezzo all’acqua che ci accoglie a suon di musica. Ormai è quasi buio e percepiamo soltanto la meraviglia che ci circonda, ma il mattino successivo lo stupore e la gioia di trovarci in un posto così unico ci fanno sentire appagati.
Il Lago Inle è un luogo incantevole, gli abitanti si spostano in barca e coltivano gli orti galleggianti creati intrecciando alghe a foglie mischiate con terra. Le case sono costruite su palafitte. I pescatori rimangono in equilibrio su una gamba in poppa alle loro barche, mentre con l’altra stringono una pagaia. Dritti a prua, avvolgono il polpaccio ad un lungo remo e procedono sull’acqua oscillando ritmicamente. Spaventapasseri sbattuti dal vento, incerti se cadere, questi gondolieri da vicino sono solo leggeri danzatori senza fatica apparente. Pensiamo a Venezia anche procedendo tra le palafitte e i monasteri affacciati sull’acqua tra sterpi in fumo, improbabili ponti di bambù, monaci indaffarati e colori di gente che lavora, scambia, discute in un unico brulicante mercato. Siamo rimasti incantati a osservare con quanta abilità gettano le reti senza scomporsi.
Ogni giorno, a rotazione, in un villaggio viene organizzato un mercato di frutta, verdura e spezie. (è il mercato dei cinque giorni) Sulle bancarelle si vendono utensili di ogni genere e souvenir, marionette in legno, campanelle di preghiera, ciotole e piatti laccati. La gente viene a fare provviste in abiti tradizionali, le donne avvolgono la testa in sciarpe colorate o in teli di spugna. Siamo frastornati dai tanti colori; scattiamo centinaia di fotografie, ma siamo consapevoli che nessuna foto mai potrà rendere quell’atmosfera straordinaria e surreale.
A fatica lasciamo il lago dopo due giorni. Prendiamo un aereo per Tachileik e all’aereoporto con grande commozione lasciamo Miò, indimenticabile amico e compagno di tanti paradisi; esempio della cortesia, umiltà e generosità di un popolo che ci ha insegnato molto e che porteremo sempre nel nostro cuore. Sarà impossibile dimenticare la gentilezza, l’onestà, la serenità e la dolcezza negli occhi di tutti i birmani conosciuti che, vero miracolo in un mondo di furbi, ancora accolgono il turista senza secondi fini.
Attraversiamo la frontiera birmana via terra e siamo a Mae Sai, in Thailandia dove un van (già prenotato dall’Italia ) ci accompagna a Chiang Rai. Stasera incontreremo gli altri amici con i quali proseguiremo il viaggio. Appuntamento all’hotel Laluna Resort, (E. 38,00 a notte) un posto fantastico, dove siamo già stati, non senza aver fatto prima però, una sosta al Wat Rong Khun, il tempio bianco vicino Chiang Rai L’accecante candore e la sua indiscussa originalità trasmettono una grande sensazione di pace e tranquillità ai visitatori.
I nostri amici sono già arrivati, siamo partiti soltanto da dieci giorni, ma non vediamo l’ora di incontrarli. Decidiamo di festeggiare la serata di fronte ad una pizza e poi al mercatino notturno. Domani mattina partiremo per il Laos di buon’ora, in crociera sul Mekong.
Due van ci accompagnano a Chiang Kong; arrivati al fiume carichiamo le nostre valigie su una lancia sonnolenta che attraversando il Mekong ci conduce a Huay Xai, avamposto di frontiera in Laos. Abbiamo dimenticato il visto di uscita dalla Thailandia sul passaporto ed attraversiamo di nuovo il fiume per regolarizzare la nostra posizione, sotto gli occhi divertiti di alcuni laotiani che evidentemente assistono spesso alla stessa scena. Shompoo Cruise è il nome della nostra nave da crociera ed un marinaio ci sta aspettando per condurci all’imbarco, mentre noi sbrighiamo le pratiche per il visto. La nostra nave da crociera è in realtà una barca fatiscente ed anche piuttosto scomoda per ospitare 20 persone . Ci appropriamo di un tavolo e dopo aver colonizzato alcuni divanetti posti a prua della nave cerchiamo di goderci questa nuova avventura che ci condurrà a Luang Prabang in un giorno e mezzo. La sensazione di aver sbagliato mezzo di trasporto o ancora meglio qualità del mezzo di trasporto si impossessa subito di noi , ma ormai è troppo tardi e dobbiamo cercare di trascorrere al meglio il tempo necessario, senza annoiarci. Sulle sponde del Mekong le donne si recano al fiume con le ceste dei vestiti e per ore lavano.
Altre invece ruotano degli enormi piatti fondi, con dentro acqua, terra, sabbia e chissà, magari qualche granello d’oro, alla ricerca di qualche milligrammo di ricchezza. Al tramonto arriviamo a Pakbeng , un piccolo villaggio dove fermarsi per la notte in un hotel, dal quale non vediamo l’ora di fuggire. Il mattino successivo di buon’ora riprendiamo la nostra scomoda crociera e ci auguriamo di arrivare prima possibile perché fa freddo ed il cibo non ci piace. Acqua, vento, un pallido sole, tante ore insieme in mezzo al nulla, tornano alla mente le cose che contano; poco distanti dal porto case di legno, giardini con fiori mai visti, galli che danno il buongiorno, una foresta che osserva, quieta, le brune acque del Mekong.
Luang Prabang appare all’improvviso dietro un’ansa del grande fiume, splendida nella luce del pomeriggio, sospesa in una quieta coltre di grandi alberi e stupa dorati, letteralmente abbracciata dal Mekong e dal Nam Kham. Luang Prabang ci incanta, ci colpisce la sua semplicita’: i templi, poveri e scoloriti, così diversi dai loro scintillanti parenti thailandesi! Il palazzo reale, che si rivela di una modestia che non ti aspetti in una residenza di questo tipo!I vicoli, le nuove case stile coloniale, il mercato notturno pieno di colori.
La fede dimora nei templi e nei monasteri, che si ergono comunque e dovunque, anche e soprattutto nella povertà, nella quotidianità di una vita modestissima, fatta di una manciata di riso e di una giornata dedicata alla pesca per sfamare la famiglia per poi privarsi del cibo, così faticosamente conquistato, e offrirlo ai monaci che all’alba, preceduti dal consueto scampanellio, elemosinano una razione di riso.
Alloggiamo all’Hotel Saynamkhan River View, centrale, a due passi dalla strada principale, tranquillo , con belle stanze e apparentemente pulito, ma purtroppo pieno di topi che di notte affollano l’intercapedine e turbano i nostri sonni.
Il Laos e’ un po’ come un paese al di là del tempo, un posto fuori dal comune, tutto si muove al rallentatore senza urgenze particolari, senza la pressione di un orologio che ti impone il ritmo, senza il senso di colpa per non aver riempito la giornata. E’ la luce del giorno ad imporre il ritmo, tutto il resto è superfluo.
Un aereo della Bangkok Airways ci porta a Phuket e la fantastica Leam Sing Beach fa da cornice ai nostri giorni di relax.
Ogni viaggio è un bombardamento di immagini: le capanne sgangherate su provvisorie palafitte di bambù, i pesanti cesti sulle teste delle donne troppo rugose per la loro età, le biciclette straripanti di ogni cosa, i trafori lignei che campeggiano orgogliosi sui tetti dei monasteri buddisti come pizzi sollevati dal vento, il cibo insicuro tra le bacchette di legno , resteranno sempre dentro la nostra memoria; andate in Oriente, fatelo con grande attenzione: sottovoce, e per il rispetto che richiede… senza scarpe!
Il pomeriggio lo passiamo nella piscina dell’hotel… anche perché presto il pulmino passerà a prenderci per portarci in aeroporto. Il traffico è caotico, piove anche, però in un’oretta abbondante siamo al check in, senza problemi sbrighiamo tutte le formalità, e alle 01,05 rieccoci sul volo che ci riporterà a casa.
L’impatto con il traffico sull’autostrada ci riporta subito alla realtà… domani siamo pronti per tornare in ufficio!