In Oman tra montagne, deserti e wadi
1° Giorno 23 Dicembre : Italia -> Dubai
Diciamo subito che questa non è una vacanza “ruvida” come ci piace fare di solito, ma l’aver letto cose affascinanti sul territorio dell’Oman e dopo aver visto qualche documentario ci è venuta la voglia di vederlo. E non la si può nemmeno definire una vacanza economica, a meno di non farla in self-drive e campeggio, perché qui gli hotels sono solo di lusso.
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Si parte da Venezia con una giornata nebbiosa (ma va?), si sale su un ciccioso Boeing 777 e via. Servizio Emirates sempre impeccabile. Belle ragazze e servizio sempre oltre la media. Per me purtroppo i sedili sono sempre troppo piccoli, uffa!
Ad ogni modo si arriva a Dubai in circa 5 ore e mezza con 3 ore di fuso. Incontriamo il nostro referente che è una bella ragazza Romena, Corina, che in inglese ci dà le prime informazioni e arriviamo in breve all’hotel Ocean View, in Jumeirah beach, un 5 stelle molto bello e oggettivamente anche troppo lussuoso per le nostre abitudini, ma qui è tutto così, quindi… stavolta facciamo gli sboroni.
Dappertutto si è ultracoccolati, e che non ti venga in mente di fare qualcosa da solo!
L’agenzia che abbiamo contattato in Oman è la Muscat Holidays, consigliatia da amici che l’hanno conosciuta ad una fiera in Italia. Il titolare Samir parla correttamente l’italiano. Samir Elshafey General Manger – Muscat Holidays – Ph +968 24489600 – Fax +968 24485163 -Mobile +968 98972011-sales@muscatholidays.com-www.muscatholidays.com
2° Giorno 24 Dicembre: Dubai city tour
Colazione full, e mi domando come mai in vacanza venga subito voglia di fare colazioni da abbuffata, quando a casa al massimo si butta giù un cappuccino.
Oggi si parte per 9 ore di city tour. Siamo in un pulman di connazionali di Corinna, ma noi due siamo seguiti da un ragazzone camerunense alto 2 metri (Jeremiah) e riusciamo quindi ad avere la necessaria tranquillità a seguire le spiegazioni in inglese.
Il tour inizia da Bastakya, uno dei quartieri più antichi e tradizionali di Bur Dubai. Passeggiata attraverso le “sikka” (strade strette) e le belle torri del vento che ornano le residenze del quartiere storico originario. Il Museo di Dubai – situato nel forte di Al Fahidi, costruito nel 1800 – offre un’ottima opportunità per esplorare la storia della città antica. Attraversando il Deira Creek, a bordo di un Abra (barca di legno), si entra nei souk della città vecchia. Purtroppo il souk delle spezie era chiuso. Ci sarebbe stata la possibilità di sperimentare i sapori d’Arabia: sacchetti riempiti con diversi tipi di spezie, erbe ed incensi, provenienti da diverse parti del mondo. Si va quindi al souk dell’oro (Gold Souk), dove si trovano oltre 200 negozi che vendono gioielli d’oro, perle, diamanti e pietre preziose e dove non sai cosa e dove guardare. Jeremiah assicura che qui è tutto originale e certificato, poiché diversamente l’emiro s’incazzerebbe. Ma come si fa comunque a comprare qualcosa qui se non hai almeno un minimo di competenza in oro e diamanti?
Proseguendo il tour diamo un’occhiata da fuori a Little Venice, un passaggio davanti al Burj Al Arab, il famoso hotel (a 7 stelle) a forma di vela, il più lussuoso al mondo e uno dei simboli di Dubai, un giro sull’isola artificiale a forma di palma (Palm Jumeirah), un’altro simbolo di Dubai, con all’estremità verso il mare l’hotel Atlantis, uno dei più costosi al mondo. Si prosegue poi con il Dubai Mall (il più grande al mondo con i suoi 1200 negozi e una settimana per vederlo bene tutto) con all’interno un mega acquario anch’esso da record, al Burji Kalifa con la maestosità dei suoi oltre 850 metri di altezza (il più alto al mondo), lo skyline al tramonto, ecc, ecc.
Insomma tutto un record, tutto di più, tutto all’insegna dell’esagerazione a tutti i livelli. E mentre i residenti vivono con casa, acqua, luce, scuola, sanità gratis e di lavoro fanno “nothing”, un operaio edile, tipicamente indiano, lavora 7 giorni su sette 14 ore al giorno per si e no 300 euro al mese, un tassista guida per 12 ore, va a dormire poi guida per 12 ore e così via per 3-400 euro al mese. E sono solo due casi. Chi lavora negli hotel sta un po meglio perché ha vitto e alloggio gratis, un giorno libero la settimana, e qualche volta addirittura un mese di ferie ad agosto. Insomma tutti gli eccessi e i controsensi di una città che nel non lontano 1930 era solo un agglomerato di beduini, ma che nel 1960 ha scoperto il petrolio ed ora è tutta l’esagerazione che è, con cantieri dappertutto che continuano a costruire di tutto. Dubai sarà anche la sede dell’Expo 2020 (mi sa tanto che noi Italiani con l’Expo 2015 a Milano non faremo una gran bella figura). Ma il vantaggio di Dubai non è solo nel petrolio (un gran bel vantaggio), ma anche nel fatto che qui c’è uno solo che comanda: l’emiro. E qui la sua, dicono, lungimiranza fa sì che tutti i proventi della petrolio siano distribuiti alla popolazione, quella autoctona ovviamente. Gli altri lavorano e basta, quasi come schiavi, visti gli stipendi. E tutto quello che può servire a far entrare denaro nel paese viene fatto. Tassazione zero, sia per la manodopera che per le imprese (per noi Italiani è più che incredibile). Inoltre, apertura massima al mondo. Qui uno straniero, di qualsiasi nazionalità, per entrare nel paese prende semplicemente un visto: lo paga ed entra. Se un irregolare viene scoperto viene semplicemente mandato fuori del paese, e se non ha soldi per andarsene lo mettono a lavorare finché non si paga un biglietto di aereo per andarsene. Bello no? Tutto sommato, sia Corinna, Romena, che Jeremiah, Camerunense, sembra vivano più che dignitosamente qui e che siano sufficientemente soddisfatti del loro status. Ah, dimenticavo: la benzina costa circa 25 centesimi. WOW!
Aspettiamo sotto il Burji Kalifa lo spettacolo delle fontane danzanti, come al Bellagio di Las Vegas, quindi prendiamo un taxi e torniamo all’hotel.
Usciamo piu tardi a fare due passi lungo il Jumeirah walk e mangiamo messicano da El Chico, anche se purtroppo con birra analcolica (un’eresia, è vero, ma piuttosto di niente..).
Il walk è il luogo dei ristoranti, dello striscio e dove gli sboroni passano con Mercedes “ali di gabbiano”, Ferrari, Lamborghini, Mustang, Camaro e chi più ne ha più ne metta, tutti a sfilare mooooolto lentamente, per farsi vedere bene, dando ogni tanto una sgasatina da tamarro. Che sboroni!
3° Giorno 25 Dicembre: Abu Dhabi city tour
AAAAAGGGHHHH!! La bilancia dell’albergo! Bastarda! Mi ha traumatizzato la mattina presto! Non è possibile! Quella di casa è fuori di 4 kg.
Ma nonostante tutto, sempre colazione abbondante la mattina, con uova scrambled e prosciutto turco, oltre a tutto il resto.
Oggi sarebbe stata una giornata libera ma abbiamo prenotato con Jeremiah un city tour di Abu Dhabi, tanto per chiudere il cerchio e poter dire di aver visto tutto.
Arrivati ad Abu Dhabi visitiamo la moschea, immensa, bellissima, bianca, iniziata nel 96 e finita nel 2007. La terza più grande al mondo, dicono, dopo la Mecca e la Moschea Blu in Turchia. Accoglie senza problemi ben 30000 persone. Poi visitiamo un “museo”, e capiamo subito che quando parlano di museo intendono un posto dove vogliono vederti di tutto, quindi attenzione! Si va quindi al Marina Mall (cavolo: venire qui per visitare centri commerciali!) e saliamo sulla torre panoramica dove c’è un ristorante con pavimento girevole e si possono fare delle foto panoramiche della città. Tentiamo la visita all’Emirate Palace, l’hotel del sultano, che è, ti pareva, il più caro al Mondo, ma non riusciamo ad avere il permesso. Mangiamo vicino all’Heritage Center, dove sventola anche una bandiera che, ti pareva, è fra le più grande del mondo.
Siamo in pulman con 3 coppie Serbe che ci dicono che da Belgrado il volo per Dubai è costato solo 200 euro (noi 4 volte tanto da Venezia) e che per 6 giorni, compreso volo, hotel e vacanza spendono 1000 euro a testa. Incredibile. Sarebbe stato più conveniente andare a Belgrado, che con 5 ore di macchina ci arrivi, e prendere l’aereo lì.
Passiamo quindi per il Ferrari Park dove c’è il rollercoaster “Formula Rossa” che è, ti pareva, il rollercoaster più veloce al mondo. Non c’è il tempo per entrare ovviamente. Ci vorrebbe una giornata solo per quello, oltre a 50 euro di ticket. Un’area di pura Italianità, e un’opera fantasmagorica, ma allo shop Ferrari è comunque tutto esageratamente caro.
Torniamo verso Dubai, che tutto sommato ha più cose da vedere, anche se è come essere in una Las Vegas versione araba, e di tipico o tradizionale ha solo i maschi vestiti di bianco e le donne vestite di nero. Gli Emirates sono in ogni caso l’espressione dell’esagerazione alla massima potenza. Cosa faranno quando finirà il petrolio? Torneranno a guidare cammelli e a coltivare datteri?
Facciamo una passeggiata lungo la spiaggia, poi entriamo un po’ all’interno verso il marina, con la passeggiata lungomare, gli yacht parcheggiati sotto all’hotel e lo skyline notturno tutto attorno. Indubbiamente molto di effetto.
L’agenzia che ci ha seguiti a Dubai, delegata da Muscat Holidays, è la Style Tours e si è dimostrata più che adeguata.
4° Giorno 26 Dicembre: Dubai -> Muscat
Partiamo la mattina presto dall’aeroporto di Dubai, dove dimenticavo di dire, c’è il duty free numero 1 al mondo (ti pareva), e in un’oretta di volo arriviamo all’aeroporto internazionale di Muscat. Subito una bella coda, lentissima, per acquistare il Visa. Forse c’era il modo di farlo prima, magari online? Boh. Per scrupolo chiamiamo Samir al telefono, ed è lì fuori ad aspettarci. Negli Emirates entri in un’attimo, nonostante transitino migliaia di persone, e può entrare chiunque. Qui invece solo con un aereo c’è una coda infame e se anche solo sei passato per l’Israele e hai il timbro sul passaporto son cavoli e non ti lasciano entrare.
La coda è snervante, più di 1 ora solo per il visa, e poi c’è un’altra bella coda per il controllo passaporti. Eh già, mi sa che gli Emirates non li batte nessuno. Incontriamo la nostra guida Aladino, che parla molto bene italiano e ci spiega tante di quelle cose che non riusciamo a stargli dietro, e con lui facciamo il city tour di Muscat. Siamo subito colpiti da come si presenta la città: pulita, ordinata, traquilla, con meravigliosi contrasti di colore fra le case bianche candide, le sfumature di marrone-rosso-ocra delle rocce, il blu del cielo terso, oltre che del mare dove lo si incontra. Da subito scorci da cartolina con fantastici colori e contrasti per delle bellissime foto.
Pranzo in ristorante sopra al Sultan Center, un centro commerciale. Visita al Museo Bait Al Zubai, sito all’iterno di un elegante palazzo (a suo tempo privato) dove viene illustrata dettagliatamente la storia del paese.
Con fotografie, mobili, gioielli maschili e femminili, armi, costumi, oggetti di uso comune e domestico, e con belle riproduzioni dei fortini più importanti raccontano in qualche modo il paese dalle origini ad oggi
Si continua in direzione del palazzo del Sultanato, Al Alam Palace, e dei forti portoghesi del 16° secolo di Jalali e Mirani. L’ultima visita della giornata è il Souq di Muttrah, uno dei più antichi del paese. E’ formato da un labirinto di vicoli coperti di tettoie e illuminato da lanterne, con centinaia di botteghe ricche di monili d’argento, spezie, tessuti, pietre e oggetti di antiquariato, anche se i souk che abbiamo visto in Marocco erano ben altra cosa in confronto. Aladino ci spiega con dovizia di particolari della gente, del posto, dell’Islam – con tutte le sfumature e le particolarità che noi occidentali manco conosciamo – e di tutto quello che siamo andati a visitare.
Dopo la visita del Souk rientriamo all’hotel Ramada, un 4 stelle stile business dove si sta piuttosto bene, ma per il ristorante bisogna accontentarsi.
5° Giorno 27 Dicembre: Muscat -> Nizwa, Al Hamra, Misfat Al A’briyeen, Jebel Shams, Tanuf
Sveglia alle 6. Incontriamo la nostra guida Sulaiman e partiamo per Nizwa, che dista 1 ora e mezza di strada da Muscat. Traversiamo un territorio aspro e brullo, quasi lunare, fatto di montagne e di sassi di tutte le tonalità del marrone, con case e villaggi sparsi qua e la. Le strade sono sempre eccellenti, addirittura invidiabili, e quando la guida ci dice che alcuni lunghi tratti sono nuovi e fatti in soli 3 anni ci viene in mente, chissà perché, la Salerno-Reggio Calabria.
Nizwa, antica capitale dell’Oman, è oggi è una delle principali attrazioni turistiche del paese grazie ai suoi palazzi storici e la sua imponente fortezza caratterizzata dall’enorme torre conica. Fu costruita nel 17° secolo dall’Imam Sultan Bin Saif Al Ya’aruba per difendere la strada che portava verso l’interno e ancora oggi domina l’intera area. Per poter godere della magnifica vista della città si sale sulla torre attraverso una scala interna sbarrata da una solida porta di legno e metallo. Per andare alla fortezza passiamo per il souk dove al venerdì ha luogo un grande mercato con la vendita all’asta di bovini e capre.
Ripartiamo e passando per Al Hamra ci dirigiamo verso il villaggio di Misfat Al A’Briyeen.
Questo antico insediamento è situato sulle montagne ed è caratteristico per le vecchie case arroccate sulle rocce e per i “Falaj”, i tipici canali di irrigazione che trasportano l’acqua su tutte le terrazze coltivate, con un intreccio di diramazioni e di chiuse. Veramente molto carino.
Torniamo ad Al Hamra dove visitiamo la parte vecchia, con le case fatte di fango e sassi, ormai quasi tutte diroccate e disabitate salvo qualcuna sistemata alla meno peggio e abitata da indiani. Puntiamo quindi per Jebel Shams (Montagna del sole), che con i 3075 metri è la cima più alta dell’Oman, e percorriamo una bella strada sinuosa in mezzo alle montagne fino ai quasi 2000 metri del viewpoint dove si apre il Wadi Ghul, il grand canyon d’Arabia.
Scendiamo e ci fermiamo a mangiare in un localino indiano, molto ma molto essenziale, sempre ad Al Hamra.
L’ultima visita della giornata è riservata alle rovine di Tanuf, antico villaggio dove le abitazioni sono costruite con il fango, distrutto da bombardamenti della RAF (tralascio i cenni storici recenti).
Ci dirigiamo quindi, per il giusto riposo, all’hotel Golden Tulip, che ha qualche annetto ma è sempre un 4 stelle di tutto rispetto, con un atrio immenso, camere ampie e piscina mega. Crolliamo in un sonno profondo per recuperare la recente serie di alzatacce.
Cena all’hotel, a buffet bordo piscina, ma mangiare a 10 gradi non è il massimo. Chissà che non ci venga la maledizione del Sultano (sarebbe lo “sguaragnao” di Tutankamon, ma qui siamo nel sultanato, quindi …).
6° Giorno 28 Dicembre: Jabrin, Bahla, Birkat al Mawz
Partenza per il forte di Jabrin, dove la maggior parte dei soffitti è decorata con splendidi dipinti con motivi islamici. Arrivo a Jabrin per la visita del castello, costruito nel 17° secolo e divenuto sede della cultura omanita, è considerato il più bello tra i forti del paese. La costruzione di questo castello fu pensata in maniera eccellente e il panorama di cui si può godere salendo sulla cima del palazzo è davvero impressionante. Ci spostiamo verso Bahla per ammirare l’imponente forte, dichiarato patrimonio Unesco. Sempre a Bahla Suleman ci porta a visitare una fabbrica di terrecotte, vecchia di molte generazioni, dove vediamo alcune persone intente a preparare la terracotta e un anziano che con la sua manualità sta creando un grande vaso. All’esterno vediamo le vasche di preparazione dell’argilla e un grande materassone di argilla molliccia, di almeno 5 metri per due spesso 15 cm, pronto per essere lavorato e che sembra una enorme torta al cioccolato. Comperiamo qualcosa, a prezzi irrisori considerato il lavoro che c’è dietro. Gli stessi manufatti sono comperati ad un prezzo ancora inferiore dai commercianti, e venduti poi nei mercati turistici di Muscat a prezzi molto ma molto maggiorati.
Il programma sarebbe finito qui, ma chiediamo di poter vedere qualcos’altro. La guida ci porta quindi a vedere il villaggio di Birkat al Mawz (letteralmente “piscina di banane”), perché in passato si coltivavano banane. Ora il bellissimo palmeto è di palme da datteri, più remunerativi. Ci sono 2 gruppi di rovine, adagiati ai piedi delle montagne, ai bordi del palmeto e anche un forte, chiamato Bait al Redidah, ben restaurato.
Si tratta di un sito di rovine come quelle di Tanuf ma la location di questo posto è secondo me migliore. Le forme delle montagne, i gruppi di case, il palmeto: bellissimo e da cartolina. Percorriamo le stradine interne al palmeto, e la sensazione di pace e benessere che si prova all’ombra delle palme e con canali d’acqua dappertutto fa venir voglia di abitarci.
Dalla montagna nasce una notevole vena d’acqua che scorre ad appena 17 metri di profondità e viene poi imbrigliata nei tipici Falaj, i canali di irrigazione, che qui sono vecchi di 2000 anni e che sono patrimonio Unesco.
7° Giorno 29 Dicembre: Sinaw, Bidiyah, Wahiba Sands
Dopo colazione partenza verso sud est in direzione del villaggio beduino di Sinaw, breve visita e proseguimento per Ibra per una visita delle rovine. Si notano le vecchie porte in legno decorate. Pranzo in ristorante locale, un fast-food gestito come sempre da indiani. Non oso pensare come siano le cucine, ma pensiamo a mangiare qualcosa e basta. Successivamente partenza per raggiungere Bidiyah, località da dove si entra nel deserto delle Wahiba Sands e dove c’è il campo Arabian Oryx. Il Wahiba Sands, descritto come il “mare di sabbia”, è una immensa distesa di dune di color arancione, alcune con un’altezza di più di 100 metri, che si estendono dal Nord al Sud del paese. Questo deserto è anche la casa delle tribù beduine famose per la loro ospitalità e per la loro conoscenza del territorio, ma che non incontriamo. Facciamo un giro con un 4×4 per un po’ di scorribande fra le dune, con le discese verticali a capofitto, già provate nel deserto del Namib, e dopo un breve percorso si arriva al campo. Siamo all’Oryx Camp, un agglomerato di casettine tutto sommato niente male, ma che non è dentro al deserto, come era il campo tendato in Marocco.
Solito svenimento a letto e prima del tramonto risalita delle dune per aspettare il sunset, con un big pickup Toyota Tundra (american size) con il motore 5.7 V8 benzina che urla come una bestia, arrampicandosi su per la duna. Dopo il tramonto tutti i fuoristrada si buttano a capofitto, come pazzi scatenati, in verticale giù dalle dune. Cena e serata sotto le stelle.
Post Scriptum: ad onor del vero, le dune dell’Erg Ghebbi in Marocco, lasciando pur fuori dalla competizione le dune del Namib in Namibia, sono ben altra cosa! Continuo senza volerlo a fare confronti con il Marocco, che fin qui dà parecchi punti all’Oman. Diciamo che Marocco batte Oman 5 a 2.
8° Giorno 30 Dicembre: Wadi Bani Kalid, Sur, Ras Al Hadd & Turtle Beach.
Ripartiamo direzione Wadi Bani Kalid. Facciamo il pieno di benzina, per noi avvilente: 124 litri per 14 Rial (0,114 al litro), vale a dire un mega pieno per soli 28 euro.
Capisci quanto poco costa la benzina all’origine e quanto invece la paghiamo noi (inutilmente visto i servizi che riceviamo in cambio).
Entriamo nelle montagne percorrendo una bella e sinuosa strada con addirittura l’illuminazione pubblica (in mezzo al nulla!) finché arriviamo al wadi, praticamente dentro la gola della montagna. Ci sono enormi massi dappertutto e Sulaiman ci dice che solo il mese scorso c’erano ben 5 metri d’acqua che hanno sradicato tutto, tanto che vediamo sul greto del torrente i ponti di ferro, che fungevano da passerella, tutti contorti. Il posto merita sicuramente di essere visto. Iniziamo a risalire il corso del torrente, con le sue piscine naturali incuneate fra enormi massi. La voglia di un tuffo era tanta, anche perché l’acqua era tiepida. Peccato non aver portato l’asciugamano perché mi sarei fatto volentieri un bel tuffo.
Il contrasto fra le pozze d’acqua color turchese, i massi e la montagna color marrone e il cielo blu terso, garantisce delle foto fantastiche.
Ci dirigiamo quindi verso Sur, paese di pescatori e di fabbricanti di barche tipiche chiamate Dhow. Oggi rimane solo un cantiere, che fabbrica solo su ordinazione. Ci lavorano solo indiani e Sulaiman ci racconta che sulle brochure turistiche vengono invece mostrati operai omaniti con il loro tradizionale camice bianco. Una farsa! Gli indiani lavorano tutto a mano, con immensa fatica e senza alcuna sicurezza. Altro che legge 626! Per fare un Dhow ci voglio da 8 mesi in su, a seconda delle finiture. E trasportano enormi tronchi in decine di persone, senza gru o altro. Una faticaccia da schiavi, per uno stipendio di 160-200 euro lavorando 14 e più ore al giorno 7 giorni su 7. Li vedo trasportare un pesante tronco lungo molti metri in 8 persone che si incitano a voce e ne interpreto lo sforzo fisico. Vedo a terra delle grosse travi, destinatie allo scheletro della barca, di almeno 40×40 cm per 8 metri e non riesco ad immaginare quante persone siano necessarie per spostarle, oltre alla fatica necessaria. Qui compero un modellino di Dhow, fatto ovviamente tutto a mano, e spero di non dimenticarlo poi all’aeroporto di Dubai, come mi è successo ad agosto con una replica del Bounty comperata a Mauritius!
Con la nostra guida continuamo a parlare del paese, della gente, degli usi e costumi e dopo alcuni giorni di stare insieme, forse perché ci vede partecipi e sensibili alle diversità sociali, si lascia andare e ci spiega come stanno veramente le cose qui. Sembra tutto bello ma in realtà il popolo viene mantenuto ad un livello di vita basso, mentre i regnanti e la classe dirigente sguazza nel lusso e con i più alti privilegi. Non come in Qatar o negli Emirates, dice, dove l’emiro condivide e distribuisce alla popolazione la ricchezza locale del petrolio. È sicuramente migliorato rispetto a quando l’Oman era un paese chiuso, e ora c’è l’istruzione gratis e la sanità pure – ma per avere buone cure si deve andare sul privato o negli Emirates – ma manca ancora moltissimo. Non c’è né libertà di parola né di stampa, e tutti tendono a dire sempre che va tutto bene e che sono contenti solo per paura, mentre di fatto sono insoddifatti perché tenuti ad un livello sociale basso.
Anche se qui chi lavora veramente duro è l’operaio indiano, per 120-200 euro, un omanita con un buon lavoro prende 3-400 euro di stipendio, e molti di quelli che vivono lontano dalle città fanno la fame. Il popolo omanita è però fatto di gente tranquilla e non ribelle, e pertanto si adatta ed accetta, o subisce, la situazione.
Eh sì, le medaglie hanno sempre due facce. Col cavolo che è come avevamo letto da qualche parte che un omanita ha diritto ad uno stipendio governativo di base.
Mangiamo a Sur, in uno dei soliti onnipresenti locali gestiti da indiani. Gestito, ma quasi sempre di proprietà di un omanita. Qualsiasi attività di uno straniero deve qui usufruire per forza di uno “sponsor”, cioè di un omanita che metta il suo nome e che in cambio, senza fare niente altro, prenderà dei proventi dal gestore dell’attività.
Arriviamo qundi al Turtle Beach Resort, un insieme di capannine sulla spiaggia. Più che adeguato, e in un’ottima location. Qui tira una forte brezza, ma in ogni caso non è freddo. Attendiamo la sera per l’uscita a vedere le tartarughe deporre le uova sulla spiaggia. Sulle mie sono un po’ restio a questo spettacolo perché mi sembra poco “ecologista” andare continuamente a rompere le scatole a questi poveri animali, ma se questo contribuisce a far sì che questo lembo di spiaggia sia ben preservato allora ci sta. Qui ci sono 2 pezzi di spiaggia tutelati e protetti, ma tutta l’area è comunque frequentata dalle tartarughe, e purtroppo spesso la popolazione fa incetta di uova se non addirittura di tartarughe adulte per mangiarle!
Arriviamo sul posto, dove un ranger ci spiega un po’ la cosa: quando arrivano, come fanno, cosa fanno, ecc, ecc. Siamo però in bassa stagione per l’arrivo delle tartarughe. In questo periodo sono perlopiù in altri mari, verso la Malesia, le Filippine, ecc. Se in aprile-maggio non sai dove mettere i piedi sulla spiaggia da quante tartarughe ci sono verso le 9 di sera, e da quante migliaia di cuccioli escono dalla sabbia verso le 4 di mattina, oggi le probabilità di trovarne anche una sola sono basse. Da qualche giorno nessuna, dicono. Attendiamo più di un’ora che un altro ranger dalla spiagga faccia un segnale per muoversi ed andare, ma purtroppo non siamo fortunati. Ci siamo solo goduti una trentina di cuccioli di poche ore, tenuti dentro ad una baccinella prima di liberarli in mare, e che facevano una tenerezza… Torniamo quindi al resort e la giornata finisce qui.
9° Giorno 31 Dicembre: Qalhat, Wadi Tiwi, Wadi Shaab, Bhima Sinkhole, Quriyat, Muscat.
Si rientra a Muscat seguendo la panoramica e tortuosa strada costiera. Si sosta nell’antico porto di Qalhat nei pressi di Sur, uno scorcio molto bello. Poco dopo prendiamo la gola del Wadi Tiwi, dove proseguiamo a piedi all’interno del piccolo gruppo di case per poi risalire un po’ il corso d’acqua. Questo wadi non è stato purtroppo un granché, a causa dello scarso livello dell’acqua. Porca miseria: eravamo venuti in Oman immaginando arrampicate sulle montagne con il 4×4 per vedere un sacco di wadi, e l’unico decente visto finora è stato il wadi Bani Khalid. Poco dopo un photostop alle gole del Wadi Shaab, che non visitiamo perché bisognerebbe passare in barca a sull’altra sponda per poi proseguire a piedi e in alcuni punti immergersi in acqua per proseguire. Riprendiamo la bella e nuovissima strada costiera in parte scavata fra le montagne e tutta inredibilmente con illuminazione stradale da Sur a Muscat. Considerando un palo della luce ogni più o meno 50 metri, vuol dire che sui 240 km di percorso ci sono quasi 5000 lampioni. Incredibile! E sono stati offerti dal figlio del più grosso riccone omanita, importatore di Toyota, BMW e altro e a quanto pare filantropo, tanto che anche la nuova moschea di Muscat, in costruzione, è pagata da lui. Sosta alla piscina naturale di Bhima Sinkhole e poi proseguimento per il villaggio di pescatori di Quriyat per visitare il suo ottocentesco forte e la torre di guardia. Un bel villaggio di pescatori, calmo e tranquillo, con le sue case bianche riflesse sul mare blu e con alle spalle le solite montagne dalle sfumature marroni bruciate dal sole. Arrivo a Muscat in Hotel, ancora al Ramada Plaza.
Facciamo poi una passeggiata lungo l’ampia spiaggia della città, dove la gente va a passeggiare o a fare fitness.
Mangiamo, purtroppo e per modo di dire, in hotel. Siamo noi e un’altra coppia di “disperati” che si fanno l’ultimo dell’anno cosí triste nel ristorante dell’hotel, a mangiare per modo di dire e a brindare con acqua naturale e 7UP. Sarebbe stato meglio non avere la mezza pensione, almeno si poteva andare da qualche parte, al limite in uno dei tanti coffee shop.
10° Giorno 01 Gennaio: Muscat -> Khasab, penisola del Musandam.
Torna a prenderci Sulaiman e prima di andare all’aeroporto facciamo una visita alla moschea di Muscat, fortunatamente prima che arrivino le orde barbariche scaricate dalle navi da crociera.
Come sempre una costruzione sfarzosa – ma non lo sono pure le nostre chiese? – con marmo dappertutto, lampadari immensi di cristallo e oro, mega tappeto fatto in Iran, zona per gli uomini, ampia, immensa, sfarzosa e zona per le donne, piccola, semplice, essenziale, diciamo sul retro, dalla porta posteriore. La solita differenza islamica di trattamento delle donne rispetto agli uomini. È estremamente difficile per noi comprendere questo. Possiamo farci un’opinione, esprimere un giudizio ma non emettere una sentenza. Trasferimento quindi all’aeroporto e partenza per Khasab, un piccolo porto nel nord dell’Oman, nella penisola del Musandam, con di fronte l’Iran. Qui siamo gestiti dalla Musandam Sea Adventure Travel and Tourism (www.msaoman.com), che si dimostrerà veramente all’altezza. All’arrivo incontriamo Jussef, un giovane di 32 anni, che ci porta a visitare il castello fortezza di Khasab e di Qayadh. Da qui partiamo per un tour in 4×4 (un mega Toyota Sequoia american size), prima verso il fiordo (Khawr) di Najid, a 24 km a sud est di Khasab, da dove si ammira un favoloso panorama sull’oceano Indiano, poi dentro alle montagne nelle zone del Jebel Harim, percorrendo una fantastica pista che si snoda tra bellissime formazioni calcaree fino all’altopiano di Sayah. Una bellissima scenic dirty road dove oltre alla bellezza delle montagne e delle strette vallate si possono vedere le abitazioni in pietra della gente che abita da secoli questi posti. In questo territorio le case, fatte con le pietre, sono costruite nei posti più impervi, spesso appiccicate alle ripide pareti delle montagne. Oltre a pascolare capre riescono a coltivare frumento o riso in piccole terrazze rubate al terreno sassoso, e la vita qui deve essere tuttora veramente dura. Oggi sono ‘fortunati’ perché l’acqua (questi monti sono aridi e non ci sono sorgenti) viene portata dai camion e hanno anche la corrente elettrica oltre ad una strada da poter percorrere, ma in passato non era cosí. Raccoglievano l’acqua piovana in vasche costruite con le pietre e quando andava bene riuscivano a farsela bastare anche per 8-10 mesi, ma per il resto dell’anno andavano a prenderla ogni giorno a Khasab con gli asini, impiegando tutto il giorno per traversare un territorio veramente aspro dove non c’erano strade ma solo impervi sentieri sassosi. Una pausa a 1500 metri dove le rocce sono piene di fossili, anche relativamente grandi, e dove una grossa pietra presenta due impronte che dicono essere di dinosauro. Saliamo fino a 1600 metri, dove si apre uno scenario veramente unico e un panorama da cartolina. Peccato essere qui per cosi poco tempo, e peccato non essere io a guidare su e giu per queste piste. Mi ricordano lo Shafer Trail nello Utah.
Un’escursione che ripaga una buona parte del viaggio in Oman, ma per poter approfondire veramente bene questi luoghi e le persone che vi abitano sarebbe necessario più di qualche giorno. Consigliamo veramente almeno 3-4 giorni in quest’area.
Per la cena l’agenzia ci fa una sorpresa programmando un barbecue sulla spiaggia. Incuriositi, saliamo su una barca e, nel buio più totale, puntiamo verso il mare. L’acqua mossa dall’imbarcazione si accende creando una scia luminosa, per effetto di microorganismi fosforescenti, con un effetto a dir poco scenografico, essendo anche una notte senza luna.
Superiamo un promontorio ed arriviamo su una piccola spiaggia, attrezzata con tende, illuminazione con generatore, bbq con dei bei pescioni in cottura, pentole varie, un grande tappeto con dei cuscini, per star sdraiato fronte mare a guardar le stelle. C’è una famiglia di filippini, residenti nei pressi di Los Angeles, che pernotterà qui e ceniamo insieme scambiandoci opinioni e consigli su altri posti del mondo visitati o ancora da vedere. La cena è stata la migliore mai avuta fin qui, e la location e l’atmosfera sono sicuramente state fuori del comune. Proprio una bella serata.
Pernottiamo presso l’hotel Atana, che fino a 3 giorni fa si chiamava Golden Tulip, un 5 stelle che risulta essere il migliore della zona, con terrazze sulla baia attorniata dalle montagne. Tutto molto bello.
Non abiamo fatto in tempo a vedere le preistoriche pitture rupestri di Wadi Tawi, che vedremo domattina prima di imbarcarci per la crociera sul dhow.
11° giorno 02 Gennaio: Khasab, penisola del Musandam
Oggi la giornata è dedicata alla crociera in dhow, ma prima andiamo a vedere le preistoriche pitture rupestri di Wadi Tawi, una stretta vallata sassosa con un villaggio pieno di capre.
Ci imbarchiamo quindi sul dhow, con tappeti a coprire tutto il ponte della barca e tutti scalzi spaparanzati su cuscini. Purtroppo il cielo è grigio e questo non fa risaltare come dovrebbe i colori del mare, del cielo delle montagne. La crociera prevede delle fermate per lo snorkeling e il pranzo a bordo. Ogni tanto si incontrano i delfini, e le barche cominciano a manovrare come matte facendo dei grandi cerchi veloci o navigando in coppia per muovere le onde ed invogliare i delfini a surfarci sopra. Divertente, per noi e anche per i delfini che pare cerchino proprio queste situazioni per giocare con le barche. Il fiordo è incastonato fra le montagne e lungo il suo corso incontriamo 5 piccoli villaggi di pescatori e qualche abitazione isolata. Una vita non troppo facile qui. Ci chiediamo come e con cosa vivano qui, che ci sono solo sassi e nient’altro che sassi. Complessivamente il tour è di una cinquantina di chilometri e dura circa 6 ore. Ne è valsa sicuramente la pena perché il fiordo è molto bello, e vivere cosí la barca non è stato niente male. Ceniamo all’hotel, direi piuttosto bene.
12° giorno 03 Gennaio: Khasab -> Muscat -> Salalah
Maremma maiala! Oggi c’è un cielo blu da urlo. Chissà come sono i colori e i paesaggi della montagna di ieri e il fiordo senza cielo grigio. Peccato! E con il volo alle 13:30 e poi 4 ore di stop a Muscat la giornata sarà purtroppo sprecata. Vorrà dire che se un domani saremo di passaggio per Dubai ci prenderemo qualche giorno e una macchina a noleggio – tanto sono solo 2 ore di strada – per rivedere bene bene il Musandam, che ne vale sicuramente la pena. Arrivo e trasferiemnto all’hotel Marriott, un 5 stelle ultralusso. roba da 240 euro a notte in sù. Oggettivamente troppo. Però in Oman o così o pomì, visto che non c’è un’offerta di hotel medi, o meglio ancora di B&B. Niente altro da dire.
13° giorno 04 Gennaio: Salalah
Avremmo dovuto aspettare fino alle 3 del pomeriggio per partire con il city tour della città di Salalah, ma sinceamente non ci andava di cazzeggiare inutilmente, così chiamiamo la guida Alì che ci venga a prendere prima. Leggendo sulla guida (la Bradt, in inglese) sembra che ci siano molte cose da vedere e quindi chiediamo ad Alì di lasciar perdere il tour della città di Salalah (specialmente il museo che contiene una grande roccia con le tracce dei piedi del cammello del profeta Saleh! Ma dai!) e di andare invece in giro per il territorio, anche pagando un supplemento. Andiamo quindi sulla cima della montagna, a vedere dall’alto il panorama, vediamo il Sinkhole, il wadi Darban che purtroppo senza acqua dice poco nulla, mangiamo un po di riso e carne di cammello in un capannino di un indiano sulle montagne (la cosa più folk), vediamo Taqah da sopra un’alta scogliera dove il paesaggio è anche bello, ma, come diciamo noi in veneto “struca-struca” (stringi-stringi) non c’è che poco più di una mazza da vedere. I colori più belli, il verde lussureggiante, l’immensa cascata del wadi Darban si vedono solo verso settembre, quando ci sono le piogge monsoniche che portano acqua e vita, e non ce l’avevano detto. Oggi è tutto arso e brullo, cavolo! Visitiamo il sito di Sumhuram, dove ci sono le rovine di un palazzo attribuito alla regina di Saba, sulla cima di una piccola collina che si affaccia sul porto di Khor Rowri, e niente altro. OK. Vediamo anche il Gravity Point, un punto in collina dove l’auto messa in folle va avanti da sola in salita (cercare su internet, ma sembra essere solo un effetto ottico) ma poi null’altro.
Prima delle 4 siamo già rientrati in hotel e per tutto ciò dobbiamo pagare anche la bellezza di 75 rial per il day trip fuori programma. Porca puttana! Speriamo che almeno domani ne valga la pena. Ma che cavolo ci vengono a fare qui i turisti, che costa tutto un’ira di Dio, quando ci sono posti in giro per il mondo che costano metà, se non meno, e ti offrono parecchio di più?
Il “Quarto Vuoto” non lo vediamo perchè è troppo lontano, le spiagge costellate da palme da cocco, banani e alberi di papaya, sono solo spiagge con le palme, la tomba di Nabi Omran va beh, l’Heritage Suq, il nuovo suq e il suq dell’oro da ciò che abbiamo visto finora non sono manco paragonabili a quanto visto in Marocco. Insomma, almeno per il momento, Musandam a parte, Marocco continua a battere Oman 5 a 2.
14° giorno 05 Gennaio: Salalah, Escursione a Taqah, a Mirbat e a Mogshail
Percorrendo la strada costiera orientale sostiamo al villaggio di pescatori di Taqah, dove visitiamo il piccolo forte. Procedendo lungo la strada costiera all’ingresso della cittadina di Mirbat si visita la moschea santuario di Bin Ali, teologo musulmano del XIV secolo. La visita della parte occidentale della regione inizia con la tomba del profeta Giobbe, a circa 30 km a nord ovest di Salalah, sita su una collina isolata affacciata sulla città dove si giunge percorrendo una panoramica strada. Fa un certo effetto vedere branchi di cammelli al pascolo su queste colline arse. Siamo abituati ad associarli alle dune di sabbia, ma qui hanno la stessa funzione del bestiame bovino: da latte e da carne. Facciamo un breve tour di Salalah, il palazzo reale, le farm reali e la corniche, le coltivazioni di palme da cocco, papaia, banana, mais verdure. Entriamo nel mercato del pesce e della carne, ma qui nessuno si vuol proprio far fotografare, uffa!
Si procede lungo la strada costiera occidentale fino alla baia di Mogshail, dove l’oceano Indiano si abbatte sulle falesie. Lo scenario qui è bello, niente da dire. Un bel posto da villeggiatura. Fa strano vedere la superfice del terreno marrone scuro come bruciato dal fuoco, mentre la roccia sottostante – lo si vede bene dagli scavi della strada e su quasche parete scoscesa – è di un bianco candido che fa luce, ed il contasto è molto bello. Scendiamo sulla scogliera dove ci sono i soffioni – dei budelli che dal mare salgono sopra le sogliere e dove l’acqua sbattuta con forza dalle onde risale in superfice creando come dei geyser – ma purtroppo il mare non è sufficientemente forte e da quei buchi sentiamo solo il cupo gorgogliare del mare e un forte soffio d’aria che ti alita addosso. Anche qui cammelli un po’ dappertutto, persino con i piedi in acqua. Ci fermiamo a vedere un albero del franchincenso, dove incidendo la corteccia si vede fuoriuscire la resina lattiginosa che profuma come quella dei pini. Prima di rientrare passiamo a vedere una sorgente, la cui acqua entra nei falaji, scende dalla montagna e traversa anche la residenza reale. Anche qui un bel posto da picnic, e anche da bagno visto che la temperatura dell’acqua è tutto sommato tiepida.
Rientriamo all’hotel, con Alì che comincia ad avere il calo della palpebra, e la giornata finisce qui. Una bella birra a bordo piscina, tassativamente non prima delle 6 per rispetto all’Islam, una doccia, cena e fine tour del Dofhar.
15° giorno 05 Gennaio: Salalah -> Muscat
Trasferimento per l’aereoporto e partenza per Muscat, arrivo in hotel al Crown Plaza, sempre 5 stelle. Oggi relax e soggiorno mare.
16° giorno 07 gennaio: Escursione a Rasqat e Wadi Bani Awf
Partiamo prestino e la giornata è splendida. Ci viene a prendere Faisal, un ragazzone 28 enne. Questo tour lo abbiamo fatto da soli, primo perché non ci andava di cazzeggiare una giornata e secondo perché leggiamo che il Wadi Bani Awf è uno dei più bei wadi del paese, e noi purtroppo non l’avevamo in scaletta con Muscat Holydais. Puntiamo verso nord per oltre 150 km (come andare a fare una gita a Cortina da Venezia) seguendo la superstrada costiera, per poi girare in direzione Rustaq. La strada di accesso al wadi si trova alcuni km prima della cittadina. Si entra nella bella vallata seguendo il corso del fiume, in questo periodo in secca e con il letto ghiaioso e piatto che sembra un’autostrada. La vallate è già da qui molto bella, con alte montagne color marrone scuro, paeselli con case bianche, qualche palmeto e il cielo azzurro splendido. Finalmente, avanti alcuni km, in prossimità di Al Bardah, finisce l’asfalto e la strada diventa interessante (a me piacciono da morire le dirty roads, e piu son dissestate più mi diverto). Si prosegue praticamente sul letto del fiume, anche se stanno costruendo una nuova strada, che sicuramente asfalteranno e che toglierà il bello dell’off-road, fino a Az Zammah, dove ci si ferma per dare un’occhiata al punto di uscita dello snake canyon, una stretta ed alta gola, una vera e propria crepa fra le montagne. Questa si insinua fino a diversi km più a monte con un percorso strettissimo, e molto pericoloso quando piove. Se sul letto del fiume dove siamo ora l’acqua puo salire anche di 1 metro in un’attimo (se c’è stata pioggia a monte) mentre dentro allo stretto canyon può salire di molti metri ed essere impetuosa da non lasciare scampo. La guida ci mostra le foto di un suo amico che ha dovuto abbandonare la sua Lexus 4×4 a seguito di un flash flood, e l’acqua era ai finestrini! Un locale racconta che 10 giorni fa sono morte 6 persone, facendo la discesa a nuoto del canyon.
Da questo punto la strada comincia ad inerpicarsi stretta e ripida, scavata e rubata ai fianchi delle montagne. Gli scenari sono quanto di meglio potevo aspettarmi. Le ripide montagne, la strada dissestata, i precipizi, le strettoie, la vista dall’alto del punto di inizio dello snake canyon. Ho già esaurito da un po’ gli aggettinvi superlativi, e continuo a ripetere a rotazione bello, nice, amazing, beautiful, wonderful, fantastic. Se potessi guidare io dovrei cercare aggettivi super-superlativi, e immagino che questa strada la rifarei almeno 3 volte. Proseguendo si arriverebbe al Jebel Sham e ad Al Hamra, dove siamo stati giorni addietro. Dopo parecchi km di pista arriviamo al bellisimo villaggio di Bald Sayt, incastonato (è l’aggettivi giusto dato che è un gioiellino) in una vallata, con le case arroccate, la piccola torre di avvistamento, le molte terrazze coltivate di varie tonalità di verde, le capre e il bel palmeto. Un posto da cartolina. Parcheggiamo davanti alla scuola e facciamo una “passeggitata in centro” su per le viuzze in mezzo alle case. La nostra guida scambia alcuni convenevoli con un giovane, una specie di cantilena fra i due (è usanza che entrambi chiedano, con una tiritera, come sta la famiglia, genitori, moglie, figli, ecc), e questo ci invita a casa sua per un caffè. Accettiamo ovviamente molto volentieri ed entriamo, scalzi, in una stanza con tappeto e cuscini. Ci si siede a terra e si scambiano delle parole. Ci vengono offerte arance, mele e datteri, oltre poi ad un caffè omanita, con il cardamono. Un bel momento di condivisione di vita omanita, ovviamente senza nessuna donna in vista. Dopo alcuni scambi di parole ci accomiatiamo tentando di lasciare qualcosa in cambio, che però in alcun modo viene accettato. Speriamo di non averli offesi con il nostro tentativo di offerta, anche se la guida dice di no.
Iniziamo la discesa della montagna, ed ora mi trovo con il finestrino a valle e posso fare un sacco di foto che in salita non avevo potuto fare. Mi sarebbe piaciuto proseguire per Al Hamra, ma non ci sarebbe il tempo. Mi sa che ho fatto più foto qui che nel resto del viaggio, e fortunatamente il tempo è stato fin qui ideale, perché ora cominciano in lontananza a formarsi nubi scure che promettono pioggia. In qualche punto, anche molto stretto e con vista sul precipizio, incontriamo altri fuoristrada che stanno salendo, oltre ad un paio di Caterpillar che stanno sistemando la strada, e che sembrano dei grossi ragni su questa stretta stradina. Andiamo vicino alla moschea in mezzo al paese, ci sono due sorgenti di acqua calda da cui parte un canale che passa attraverso dei bagni, prima per gli uomini e poi per le donne (ovviamente!), dove ci si può immergere nell’acqua calda, terapeutica (immergo una mano e stimo sui 50 gradi). L’ultimo si prende le lavature dei primi!
Invertiamo la rotta e puntiamo verso Muscat. Ci fermiamo a Nakal dove ci sono altre sorgenti calde. Un posto gradevole dove la gente viene a fare picnic, a lavare l’auto (tassativamente senza detergenti) e fare i bagni caldi, e dove immergendo i piedi in acqua ti ritrovi decine di pesciolini che ti fanno il pedicure con un piacevolissimo e simpatico solletico. Fico! Visitiamo anche la rocca, una bella e grande costruzione, ben restaurata, poggiata su una collinetta di roccia, con molte stanze e torri poste su più liveli, con scale e scalette di qua e di là da sembrare quasi un labirinto. Forse la rocca più carina fra quelle che abbiamo visto.
17° giorno 08 Gennaio: Muscat -> Dubai -> Venezia
Fine della vacanza. Che fortuna, oggi piove. Se fosse stato ieri non avremmo potuto (sarebbe stato sconsigliato) fare il Wadi Bani Awf.
Per finire, forse mi pentirò di non aver accettato l’offerta di due cammelli e 2 polli in cambio di Manu. Magari era l’occasione giusta, ma oggettivamente mi sembrava pochino.
Ciao e al prossimo viaggio, nord ovest degli USA.