In Normandia e Bretagna passando per il Dorset
Il più bel ricordo della parentesi inglese? Decisamente Stonhenge, gita voluta con tutte le forze, 8 ore di viaggio totali fra andata e ritorno, pioggerellina tipica, e un bel caffè caldo da Starbuck’s. Molto bella la cattedrale di Salisbury: dentro c’è il più antico orologio funzionante del mondo.
Si va in Francia Destinazione Francia. A causa delle limitate disponibilità finanziarie abbiamo scelto (Elena si dissocerà sicuramente dall’abbiamo e comunque la traversata in traghetto sarebbe costata letteralmente una fortuna, se fatta in alta stagione!) di varcare la manica in treno, passando sotto all’Eurotunnel. Bellissimo e modernissimo, pulito senza -issimo e anche fresco senza -issimo (per via dell’aria condizionata malfunzionante solo nel nostro vagone!) l’Eurostar Londra Parigi, che in tre ore ci ha portate nella capitale francese. Vi assicuriamo che se il capotreno non avesse annunciato l’ingresso nel tunnel non ce ne saremmo accorte minimamente. E il fatto di non aver visto l’ingresso nelle profondità della terra ci ha sollevate non poco. Alla Gare du Nord di Parigi c’era una busta con il mio nome e dentro le chiavi di una magnifica Citroen Xsara Picasso che ci avrebbe scarrozzate per 8 giorni. Si parte subito per Giverny, il piccolo paese della Normandia che per tanti anni ha accolto il pittore impressionista Claude Monet. La sua bella casa, e soprattutto il bellissimo giardino della casa, ci portano indietro nel tempo di parecchi decenni. Non sapevo che Monet fosse appassionato di stampe e giardini giapponesi: oh no! è pieno zeppo di turisti giapponesi che vanno lì per le stampe!!! Fantastica la cenetta in una taverna in paese, molto impressionista. Ci mancava il buon vino, e anche la buona cucina.
Normandia Dopo Giverny, brevissima sosta nella vicina Vernon e poi via, alla volta delle due città principali, Rouen e Caen.
Rouen è la città di Giovanna d’Arco, con belle chiese gotiche, aiuole colorate, case normanne a colombages (come diciamo noi “a graticcio”) e una orribile chiesa, di questo secolo, dedicata all’eroina francese. Curioso che ci abbiano messo tanto a costruirne una, e per giunta brutta, a forma di fiamma. Caen è stata capitale del ducato di Normandia sotto Guglielmo il Conquistatore. Molti i suoi monumenti significativi: il castello feudale, il Museo delle Belle Arti, il Museo della Normandia,il monumento commemorativo dedicato alla pace “Un musée pour la paix”. Le Abbazie “Aux Hommes” e “Aux Dames”. Dell’Abbazia Aux Hommes interessante la Chiesa di St. Etienne, che conserva la tomba di Guglielmo e che ha salvato molte vite a tutti coloro che in essa avevano trovato rifugio durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale, successivi allo sbarco. Per la notte decidiamo di non cercare nessuna Chambre d’Hotes (B&B francese): il Best Western costa praticamente altrettanto ed è decisamente più… più… tutto. Cena fantastica in albergo: qui cominciamo il primo di tanti pasti tipicamente normanni a base di cozze, patatine fritte, formaggi e vino. Satolle e stanchissime ci auguriamo la buona notte. Da Caen a Bayeux e le Spiagge del D-Day (6 giugno 1944) Un po’ di storia: 1066, Gugliemo, figlio di Falaise, Duca della Normandia divenuto “Il Conquistatore ” e re d’Inghilterra, ritorna coperto di gloria dalla battaglia di Hastings (vedi anche il viaggio Inghilterra tennistica, in cui, fra uno scambio e l’altro, abbiamo visitato Hastings). Nove secoli dopo, un mattino del mese di Giugno 1944 gli Alleati sbarcano sulle coste del Calvados: comincia allora qui una sanguinosa battaglia ed un’altra conquista scritta in lettere di sangue, quella della libertà, raccontata dai musei, dai siti storici e dai luoghi che conservano la memoria del passato. Bayeux, prima città liberata della Normandia, tra l’altro molto graziosa, è anche la città che costudisce il famoso arazzo che illustra le imprese di Guglielmo il Conquistatore nella battaglia di Hastings: un unico pezzo di stoffa ricamata lungo circa 70 metri. Da professoressa di inglese l’ho trovato interessante e a tratti emozionante. Ma a noi interessava approfondire un po’ la questione dello sbarco, per cui abbiamo entusiasticamente lasciato Bayeux alla volta della costa, non più lontana di una decina di chilometri. Da ovest ad est le principali spiagge dello sbarco sono Utah, Omaha, Gold, Juno e Sword.Il sistema migliore per visitarle tutte è quello di seguire la costa. Puntiamo direttamente al cimitero americano di Omaha Beach, dove finalmente troviamo le prove che cercavamo. 9386 croci bianche su 70 ettari! Uno spettacolo da pelle d’oca, nomi e numeri di matricola incisi su un’infinità di croci, sotto alle quali riposano coloro che hanno sacrificato la vita per il bene dell’Europa. La prima domanda da non eroine è stata:”ma chi gliel’ha fatto fare?”, erano quasi tutti giovanissimi. Grazie a tutti.
Scendiamo sulla spiaggia, dove assistiamo ad un primo fenomeno di bassa marea. Una spiaggia profondissima, melmosa, paludosa. Ci ho meso quasi un quarto d’ora per arrivare a toccare l’acqua, torbidissima. Lungo il percorso una miriade di resti marini e vermi, lunghissimi, che a srotolarli ci si farebbe un maglione! Del porto artificiale americano di Arromanches non resta molto, ma è utile per capire i movimenti degli alleati dopo il primo attacco. Non siamo andate alla Pointe du Hoc, dove 225 soldati guidati dal Colonnello Rudder hanno compiuto il primo raid della mattina del 6 giugno.
Di lì andiamo a vedere la famosa Deauville poi il modernissimo Ponte di Normandia sulla Senna, a Honfleur: fantastico,sembra di stare sulle montagne russe di Gardaland. Ma alla fine del percorso ci chiedono 30 franchi! Passiamo la notte in una Chambre, e cominciamo a renderci conto dell’inutilità della costosissima guida alle Chambres di Francia: sono quasi tutte in posti inaccessibili e soprattutto già al completo, per via che la gente prenota in anticipo. Per fortuna ce ne sono molte altre, non comprese nella guida, con letti ancora vuoti.
Da Bayeux a Mont S.Michel Dopo averla vista in tante fotografie è stato bello scorgerla in lontananza dal vero. Mont S. Michel combina il fascino di una suggestiva costruzione medievale con la straordinarietà del fenomeno naturale per cui è nota: la marea. Parcheggiamo l’auto in un piazzale paludoso (mi torna in mente Omaha Beach) e dopo aver preso nota dell’ora in cui l’acqua avrebbe DI CERTO ricoperto l’area del parcheggio cominciamo il nostro pellegrinaggio verso l’abbazia. Non trovo paragoni adatti per far capire la densità di popolazione formicolante, sue giù per il paesino. Ci rintaniamo in un pessimo bar, non tanto affollato, da cui osserviamo la fiumana di turisti che scorre. Ma poiché eravamo lì anche per l’abbazia ci tiriamo su e ripartiamo. La guida è in italiano!!!, una simpatica e pienotta studentessa di lingue che ci guida nei meandri dell’abbazia raccontandocene la storia e le curiosità. Bellissima! Ma the best was still to come, bisognava attendere la marea, che fortunatamente quel giorno sarebbe arrivata ai massimi livelli, nel punto più alto avrebbe raggiunto i 15 metri di dislivello. Un’esperienza indimenticabile: all’ora indicata sentiamo un din don e l’annuncio di andare a togliere tutte le macchine dal parcheggio perché di lì a pochi minuti l’acqua avrebbe ricoperto tutta la zona. Noi nel frattempo ci eravamo messe al riparo sulla stradina sopraelevata che collega l’isola alla terraferma e di lì ci siamo godute lo spettacolo. Alla velocità di ben 13 km/h (molto più di quanto riesca a raggiungere nelle mie sporadiche sessioni di jogging!) l’acqua è arrivata e in non più di mezz’ora, e sotto agli increduli occhi dei turisti presenti, fra cui noi, ha trasformato Mont S.Michel in isola e l’area circostante in mare! C’erano addirittura dei tipi in canoa, e gommoni! Stiliamo una prima classifica delle cose visitate fino ad allora: Mont S. Michel balza istantaneamente al primo posto, seguito dal cimitero di Omaha Beach. Fra Normandia e Bretagna: da Mont S. Michel a St Malo, Carnac e Cap Frehel. Dopo St. Michel St.Malo non ci appare granché: troppa gente, sa di luogo famoso. Carina con i suoi bastioni che la circondano, ma non ci entusiasma. Avevamo pagato il parcheggio per due ore ma ce ne andiamo dopo una, regalando il biglietto ad una macchina di marchigiani.
È quasi ora di pranzo, decidiamo di andare a mangiare ostriche a Carnac, la patria mondiale di questi molluschi. Anche lì funziona il discorso della bassa marea, tanto che le barche vicino alla costa sono tutte sdraiate su un fianco, senza acqua sotto! Andiamo al mercato e ci mangiamo al volo, per 25 franchi a testa, una dozzina di ostriche a testa. Come aperitivo non c’è male, e per pranzo un piatto gigantesco a base di supergranchio e frutti di mare e crostacei crudi di ogni tipo! Siamo quasi al Nirvana. Tanto più che il conto non ci manda in fallimento.
La tappa successiva prevedeva una visita a Cap Frehel, suggestivo scenario naturalistico, riserva protetta, a strapiombo sul mare, famosa per i sentieri percorribili a piedi. Veramente bello, ma non avevamo abbastanza tempo per la passeggiata perché Elena aveva fretta di andare a Broceliande, la foresta di mago Merlino.
Il mistero dei tempi: da Broceliande a Carnac La Foresta di Broceliande, Paimpont per le carte geografiche, è quanto resta dell’antica foresta che copriva, secoli or sono, tutta la Bretagna centrale e, soprattutto, è la foresta delle leggende dei Cavalieri della Tavola Rotonda, della Fontana di Barenton e della Valle senza Ritorno dove Merlino si ritirò con la sua amante Viviana. Elena non sta nella pelle e ci iscriviamo alla lunghissima gita di otto ore che ci condurrà in quei posti magici. La gita, nel suo complesso, è massacrante ma val la pena farla anche solo per le leggende che di tanto in tanto la guida racconta. Ad un certo punto credo che Elena veda veramente il castello di cristallo che Merlino creò per la fata Viviana (agli occhi dei più un banale stagno) e mi preoccupo per la sua salute mentale.
A malincuore, più di Elena che mio, lasciamo Broceliande e ci dirigiamo verso Carnac, anche perché si stava facendo ormai notte e noi, come ogni sera, dovevamo andare urgentemente a cercarci un letto dove riposare le stanche, quel giorno davvero, membra. Arrivate a Carnac cominciamo a notare la differenza fra la Normandia e la Bretagna: qui i paesini sono veramente più tipici, quello che avevamo letto era vero. Carnac non ha una camera libera neanche a pagarla oro perché, scopriamo, oltre da essere un attrezzatissimo luogo di villeggiatura, è anche specializzato in cure talassoterapiche per cui è tutto piano zeppo. Non ci soddisfa la stanza senza bagno e con innumerevoli capelli su entrambi i cuscini che ci propone una signora dall’aria di navigata conduttrice di bordello e ringraziamo gli dei per averci fatto trovare un certo alberghetto non lontano dal paese, zozzo ma si può fare. Ennesima cena a base di cozze, patatine ed ennesima, pessima, ile flottante (perché io la ricordavo tanto buona? Mah!).
La mattinata è dedicata ai menhir. Carnac è il più importante insieme di architettura neolitica in europa, i suoi circa 3000 menhir sono organizzati in 4 gruppi: gli allineamenti di Mènec, quelli di Kermario, di Kerlescan e in fine quelli del Petit Menec. In tutti, è vietato camminare tra i menhir perché il passaggio della gente ha, in passato, provocato dei dissesti nel terreno danneggiando il tutto, ma si può guardare da non troppo lontano e ne vale ugualmente la pena. Non ci suggestiona come Stonhenge. Deluse, cerchiamo soddisfazione nell’Archeoscopio che con uno spettacolo abbastanza ben fatto nonché piacevole ci dice che praticamente sull’origine di queste costruzioni non si sa nulla. Averlo saputo prima avremmo risparmiato 60 franchi.
CURIOSITÀ SULLA BRETAGNA: la bandiera della Bretagna fu concepita dall’architetto Morven Marchal (1900-1963) nel 1923 e fu sventolata per la prima volta nel 25. È costituita da 9 strisce, 5 nere (le prime 5 regioni della Bretagna del Nord) e 4 bianche (le prime 4 regioni della Bretagna del Sud). In alto a sinistra c’è un quadrante con dei simboli su sfondo bianco. Fra le bandiere di tutto il mondo solo quelle della Bretagna e della Cornovaglia sono in bianco e nero.
BRETAGNA-LE MANS-PARIGI-LONDRA Da Carnac partiamo in direzione nord, verso Quimper, graziosissima cittadina, con le classiche case a graticcio, le chiese gotiche, ecc. Sulla piazza centrale c’è in corso un torneo di pallamano su sabbia! Ve l’immaginate su Piazza San Pietro, con il Papa che dà le formazioni? Ceniamo a Concarneau, romantica località marina il cui centro è racchiuso fra le mura di un antico borgo. Qui decidiamo di darci ai piatti bretoni ma con tutto lo sforzo possibile il sidro proprio non ci è piaciuto. Buone, invece, le gallette bretoni, crepes fatte con farina di grano saraceno, e quindi scure, e ripiegate in modo diverso dalle classiche crepes. Qualche regalino qua e là per amici e parenti e ci rimettiamo in marcia, stavolta sarà lunga, dobbiamo arrivare a Parigi. Unica sosta prevista a Le Mans. Bellino il centro antico, ma la gente dov’era? In Francia abbiamo capito che le feste, i francesi, le festeggiano, sparendo. Un caldo bestiale, soffocante. Ci sfamiamo in un bel ristorantino, le ultime, solite, cozze. Io, stavolta, mi butto sulla selvaggina. E birra, niente sidro. Ci dispiace aver lasciato la Bretagna, ma la vacanza è orami quasi conclusa. Nel tardo pomeriggio arriviamo a Parigi dove, per prima cosa, Elena mi porta allo Stadio Roland Garros: riusciamo ad entrare, ci delude moltissimo, facciamo qualche foto e ce ne andiamo.
Si fa ora di cercare la chambre, ma a Parigi è meglio rivolgersi a chi già conosciamo e torniamo al nostro fido albergaccio dietro agli Champs Elysées. È sempre una bettolona, ma ora rinnovata. Il costo è sempre lo stesso, le pareti un po’ più fresche. Ci riporta la mente a tre anni fa, quando vi trascorremmo il capodanno. Allora sì che era una gran schifezza! Passiamo la serata sugli Champs, felici di essere a Parigi, una delle nostre città preferite. Un caldo incredibile, ci fa da camera di decompressione prima di ritornare a Roma, dove, ci dicono,fa molto caldo.
Il giorno seguente è stato un giorno molto stancante e molto triste: lasciamo a malincuore (di entrambe, stavolta) Parigi e la nostra fida Picasso per reimboccare il tunnel che ci avrebbe riportate in Inghilterra. Da Londra abbiamo ripreso il treno per Stansted (l’aereo per tornare a Roma sarebbe partito la mattina successiva ma troppo presto per poter dormire a Londra) e di lì siamo andate a Henham, a 4 miglia dall’aeroporto, dove avevamo prenotato una stanza. Trascorriamo la serata al pub locale, uno di quei pub di provincia in cui si conoscono tutti, a lì chiacchieriamo con tutti che simpaticamente ci coinvolgono in un giro di scommesse per beneficenza su corse di cavalli finte. Sembra una fregatura invece è stata decisamente la serata più divertente dell’intera vacanza, e abbiamo pure vinto qualche sterlina.
Tornate al cottage scopriamo che, essendo antico, pende, compreso il letto. Dichiaro di essere felice per le mie vene, che sicuramente ne avrebbero tratto beneficio e addormentandomi, saluto la mia bella Inghilterra.