In missione sul Rio delle Amazzoni
All’aeroporto di Boavista, oltre ad un disumano tasso di umidità, ci attendono i Padri missionari, con in testa Padre Antonio, che ci portano direttamente alla casa missionaria dove staremo per pochi giorni, giusto il tempo di ambientarci in questa nuova realtà. I ritmi sono piuttosto lenti: passiamo le ore ad ascoltare gli appassionanti racconti di vita dei missionari, Padri e laici, a mangiare la frutta esotica (papaia, banane, cocco ma anche acerola, pitanga, frutto del conte, ecc.) che abbonda nel parco che circonda la casa missionaria in riva al maestoso Rio Branco, a giocare a calcetto e a fotografare e filmare le scene di vita quotidiana (iguane, colibrì, camaleonti, pappagalli e fiori compresi), e gli edifici dell’attigua scuola professionale. Tutto questo mentre continua, quasi ininterrottamente, a piovere. Le nostre sortite in città sono rare anche perché ci dicono che non c’è molto da visitare. Sulla piazza centrale si affacciano tutti gli edifici più importanti, dalla residenza del governatore, al palazzo di giustizia, al Parlamento e alla cattedrale. Man mano che ci si allontana dal centro, ai palazzi e alle case signorili subentrano i quartieri poveri, costellati di baracche, di strade dissestate (ecco perché sono numerosi i negozi di ricambi per auto e di materiali edili) e di scoli dell’acqua pieni di rifiuti. Al termine del periodo di ambientamento il gruppo degli 11 italiani si divide in 4 sottogruppi, destinati a vivere esperienze tra loro abbastanza diverse: tre persone vanno tra gli indios della savana, tre tra gli indios della foresta, due rimangono in città e quattro si trasferiscono sul Rio delle Amazzoni. Io sono in quest’ultimo gruppo, assieme a Padre Angelo e ad una coppia di sposi, Marco e Roberta. La meta è Itacoatiara, una cittadina di circa 90.000 abitanti, 300 km a est di Manaus, capitale dello Stato Amazonas. Nessuno dei missionari presenti a Boavista ci sa fornire indicazioni su Itacoatiara. Alle 4:50 dell’11 agosto partiamo in macchina alla volta di Manaus, 800 km a sud di Boavista, lungo la BR 174, la mitica transamazzonica, una sottile striscia di asfalto che taglia in due la foresta amazzonica e che in alcuni tratti presenta delle buche che a volte assomigliano tanto a delle voragini. Per questo la guida di Fratel Juan Carlos, il nostro missionario-autista spagnolo, diventa in questi tratti obbligatoriamente all’inglese, ossia con marcia sulla corsia di sinistra ma anche a zig-zag. Ai lati della strada ci sono numerose fazendas (le tipiche fattorie brasiliane), tratti di foresta bruciata (e non certo per autocombustione), vacche e cavalli al pascolo. Dopo essere passati sulla linea dell’equatore (con sosta obbligatoria per le foto-ricordo a fianco del monumento celebrativo) e attraversata l’area protetta indigena del popolo dei Waimiri-Atroari, alle 17:00 arriviamo a Manaus dove siamo cordialmente accolti dai missionari della Consolata che gestiscono la parrocchia di Santa Luzia. A Manaus passiamo un paio di giorni da turisti, uno a fare il giro in battello a vedere l’Encontro das Aguas, ossia il punto dove il Rio Negro e il Solimoes s’accompagnan, andando a formare il Rio delle Amazzoni, che qui chiamano Rio Amazonas. Per chilometri e chilometri le acque di questi due fiumi non si mescolano e il Rio Amazonas è bicolore, nero e marrone! Dal punto di vista turistico Manaus non sembra offrire molto (da segnalare solo il Teatro Amazonas e la cattedrale), a meno che non si sia amanti dello shopping: negozi di vestiti, calzature, elettronica, musica e strumenti musicali ecc… A tal ultimo proposito, Padre Angelo compera un chitarra che ci servirà una volta arrivati ad Itacoatiara. Lungo le affollate vie del centro si incontra gente che dice (meglio, urla) di voler comperare oro, persone con sotto il braccio “fascine” di antenne televisive telescopiche in vendita, ma anche venditori di bicchieri di semplice acqua naturale contro il fastidioso caldo umido di questi giorni. Ne approfittiamo anche per imbucare tutte assieme le settecento e più cartoline destinate a chi aveva versato un’offerta a sostegno delle attività dei missionari [n.B.: il grosso di queste cartoline è arrivato contemporaneamente a destinazione in Italia già ai primi di ottobre (di alcune di queste invece non si ha ancora notizia), mentre, per esempio, quelle per i benefattori messicani, svizzeri o polacchi sono arrivate a destinazione solo ai primi di settembre…].
Dopo la due giorni a Manaus il 13 agosto ci spostiamo ad Itacoatiara, assieme a Padre Antonio che rimarrà con noi, e ci farà da traduttore, fino al 18 agosto. Più che una città, Itacoatiara è un forno ed è vivamente sconsigliato uscire di casa nelle ore centrali del giorno. Siamo accolti da Padre Miguel, spagnolo di Siviglia, e Padre Luizinho, pugliese, che ci accompagna a visitare la sua parrocchia, una mega baraccopoli alla periferia della città. Prima di rincasare andiamo a comperare le amache su cui dormiremo nei successivi 15 giorni. Infatti per le due settimane seguenti la nostra dimora sarà l’Ycamiaba (che significa, guarda caso, amazzone), una bagnarola di legno di proprietà della parrocchia di Silves, un ridente paese sulle rive dello stupendo lago Canaçarì, praticamente un’ansa del Rio Amazonas, prima tappa della nostra visita pastorale presso le comunità stanziate sulle rive dell’immenso fiume. Durante i due fine settimana siamo ospiti nella casa paroquial (la canonica) di Silves, 3700 abitanti e una decina di automobili in tutto (qui si spostano a piedi o in moto). La nostra guida a Silves e alle altre comunità sparse lungo il lago Canaçarì è Cilene, carina e valente impiegata della curia che si occupa di tutto, tranne che, ovviamente, di celebrare la messa e i sacramenti, mentre sua cugina Lucia ci prepara lauti pasti a base di carne e pesce. Il nostro compito è infatti quello di sostituire Padre Miguel, celebrando messe e somministrando sacramenti (in primis battesimi). Durante i giorni feriali l’Ycamiaba, pilotata dal mitico Raimundo (l’unico amazonense con gli occhi azzurri) e con a bordo anche il simpatico Marcio (giovane incaricato dal vescovo bergamasco di Itacoatiara di accompagnarci nella nostra visita), approda presso le piccole comunità (massimo 70-80 persone ciascuna) che vivono in un pugno di baracche di legno con tetto in eternit sulle rive dell’Ilha do Risco (letteralmente Isola del Rischio), una delle numerose isole del Rio Amazonas che da queste parti è profondo più di cento metri e largo… beh non lo so visto che in certi punti non si vede da una riva all’altra! Il programma giornaliero si dipana uguale e diverso ogni giorno.
Uguale perché: la sveglia è sempre all’alba quando la luce del sole ci colpisce, ancora distesi sulle nostre amache stipate all’interno della barca, attraverso le maglie delle zanzariere poste alle finestre per tentare di difenderci dai carapanà (come sono qui chiamati i nugoli di zanzare); il pranzo presso le comunità visitate è sempre alle 11:30 a base di pesce, riso, fagioli e acqua del fiume (naturalmente senza alcun filtraggio o depurazione di sorta) dopo aver conversato sui temi che stanno più a cuore ai membri della comunità; la messa cantata (accompagnata dalla chitarra comperata a Manaus) con 5-6 battesimi per volta è sempre nel primo pomeriggio preceduta da un po’ di catechesi; il rientro in barca verso le 16:00 – 16:30 per prepararsi alla cena ed evitare di essere ancora in giro al tramonto, pieno di stupendi colori ma anche di zanzare assatanate; la nanna alle 19:30 visto che è vivamente sconsigliato tenere la luce accesa quando il sole è sceso sotto l’orizzonte (ma è fantastico osservare attraverso le zanzariere il “pigolare di stelle” delle lucciole e i rumori della natura come i tuffi nell’acqua degli animali e i salti dei pesci sulla superficie del fiume).
Diverso perché in ogni comunità abbiamo scoperto qualcosa di speciale, abbiamo sentito e più o meno capito (data la nostra molto approssimativa conoscenza della lingua locale) storie di vita tipiche di ogni comunità, e vissuto particolari episodi, come l’uccisione di un caimano jacarè (una specie di coccodrillo) da parte di un signore ubriaco che, trovandoselo sulla sua strada, l’ha colpito in testa con una pedata (e al quale ho dovuto scattare due foto ricordo), o la battuta di pesca al piranha in un fantastico lago all’interno dell’Ilha do Risco a bordo di piccole canoe di legno e muniti di rudimentali canne da pesca e come esca interiora di gallina e poi anche gli stessi piranha fatti a pezzettini (e per cena frittura di piranha a bordo dell’Ycamiaba, non male direi). Naturalmente molti sono anche gli aspetti comuni a tutte le comunità: lo stile di vita molto semplice, l’alimentazione a base di pesce e dei frutti spontanei della foresta, l’allevamento di vacche da latte magrissime e scarsamente produttive, gli animali domestici (cani, gatti, oche, galline, maiali ecc.) lasciati liberi di scorrazzare tra e sotto le baracche (rialzate rispetto al terreno in previsione delle piene del fiume), i tanti bellissimi bambini incuriositi dalle nostre fotocamere e videocamere digitali nelle quali si potevano subito rivedere, la radio quale unico mezzo di comunicazione con il mondo urbano con la quale ascoltare, per esempio, la messa alla domenica (visto che Padre Miguel riesce a visitarle solo una volta l’anno) e poi il campo da calcio, il principale se non l’unico passatempo per i bambini e i giovani di ambo i sessi, le promesse elettorali da marinai dei politici locali (ci sarebbe molto da raccontare su questo aspetto!), la scarsa alfabetizzazione, e l’emigrazione dei giovani verso la città in cerca di fortuna.
Alla fine di questa nostra visita pastorale sul Rio delle Amazzoni facciamo ritorno, stanchi e un po’ provati nel corpo ma rinnovati nello spirito, ad Itacoatiara e poi, in taxi, nuovamente a Manaus dove ci raggiungono gli altri giovani che erano restati in quel di Roraima tra gli indios della foresta e della savana e nei quartieri poveri di Boavista. Passiamo alcuni giorni tutti assieme in una fattoria alle porte di Manaus: di giorno a raccontarci le esperienze vissute e a scambiarci impressioni su quanto avevamo visto e sentito con gli occhi e col cuore ma anche a giocare a pallavolo o a nuotare in piscina (sì, perché i missionari oltre a pregare ed evangelizzare si ritagliano dei momenti di svago), di notte a vegliare sulle nostre amache combattendo contro le dannate zanzare. All’inizio di settembre poi, chi in macchina chi in corriera, facciamo ritorno a Boavista da dove prendiamo l’aereo per l’Italia (a proposito, se prendete un aereo della Varig, la compagnia di bandiera brasiliana, pregate intensamente affinché parta in orario…) giungendovi il 4 settembre più o meno pronti a ricominciare ognuno la vita di sempre… o quasi, e con molti episodi da raccontare ai nostri amici e parenti nonché a tutti quelli che vorranno sentirci ripetere la fantastica esperienza missionaria di fratellanza e condivisione che abbiamo vissuto, con l’auspicio che a qualcuno di loro venga voglia di attraversare a sua volta l’oceano per scoprire e vivere una realtà tanto diversa dalla nostra, anche solo per un mese.