In Malesia alla ricerca di Sandokan
Domenica 7 e lunedì 8
Agosto è arrivato anche quest’anno e come solito si parte per un viaggio. Questa volta si va in Malesia incominciando dal Borneo. Ecco allora che ci troviamo ad affrontare circa 14 ore di aereo. Infatti lunedì 8, appena sbarcati a Kuala Lumpur, ci dirigiamo dalla parte opposta dell’aeroporto per fare la carta di imbarco e salire su un piccolo aereo dell’Air Asia che ci porterà a Kuching, la capitale del Borneo. Siamo stati molto fortunati ad aver trovato sul web questa compagnia low cost che abbiamo pagato solo poco più di Euro 50 andata e ritorno. Arrivati all’aeroporto di Kuching andiamo a ritirare la macchina precedentemente prenotata. E’ una bellissima auto di 9 posti con un bagagliaio capiente, almeno non dovremo portarci qualche borsone all’interno del veicolo. A questo punto la cosa principale da fare è trovarci l’albergo per la prima notte. La hall è molto accogliente e spaziosa, ma le stanze si riveleranno poco carine e non molto pulite, pazienza tanto ci fermeremo solo una notte. Siamo a metà pomeriggio e non vediamo l’ora di dare un’occhiata intorno. Ci dirigiamo verso il fiume passeggiando lentamente e incominciando a goderci la vacanza. Si fa buio ma è ancora presto, qui siamo vicini all’equatore e di sera fa buio prima che in Italia, però siamo stanchi e anche un po’ affamati per cui meglio pensare di trovare un ristorantino. Si avvicina una ragazza e ci chiede di dove siamo e se abbiamo bisogno di aiuto. Noi ne approfittiamo e ci facciamo consigliare un buon ristorante nei paraggi. Al di là del fiume dice e ci fa notare che siamo proprio sopra un molo e che basta scendere qualche gradino e la barca è lì pronta a portarci dall’altra parte e poi a riportarci quando saremo pronti a rientrare. Continuiamo a parlare e ci chiede cosa abbiamo intenzione di visitare l’indomani e noi rispondiamo che andremo al parco nazionale Bako e allora lì che ci spiega da che parte andare e su un foglietto ci traccia la piantina spiegandoci la prima a destra poi dritti poi girare a sinistra poi di nuovo a destra e così via fino a raggiungere la meta. Personalmente mi ero già persa alla seconda a sinistra ma per gentilezza l’ho ringraziata anch’io calorosamente. Siamo sull’altra sponda e non facciamo fatica a trovare il ristorante che ci ha indicato la ragazza. E’ una casetta in legno non molto grande ma accogliente. Dal menù non riusciamo a capire molto bene in quanto non conosciamo ancora il modo di cucinare malesiano, però non ci arrendiamo e ordiniamo scegliendo il cibo di base. Pollo al bambù c’era scritto e noi ci si aspettava del pollo insaporito col bambù e invece no la carne e le verdure erano cotte dentro il tronco del bambù precedentemente svuotato. Personalmente non mi ha fatto impazzire, ma ho gustato molto i gamberetti caramellati. Seguirono altre pietanze che non ricordo più ma sicuramente verdure al vapore in abbondanza. La cena è stata buona e abbondante e abbiamo pagato solo Ringgit 115 pari a Euro 30 da dividere in sei. La vacanza promette bene. Stasera a letto presto in modo di metterci al pari con le ore di sonno.
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Martedì 9
La colazione non è compresa nel prezzo della stanza e così decidiamo di partire per il Parco Bako, che dista circa km.20 da Kuching, e fermarci a prendere il caffè appena vediamo un bar che ci ispira. Allora la ragazza ieri sera ha detto sinistra poi dritto poi… non c’è un cartello neanche a pagarlo a peso d’oro, forse più avanti. La piantina della strada che ci ha tracciato arriva fino a un certo punto e poi oltre dobbiamo arrangiarci da soli. Adesso ho capito perché si è data da fare a spiegarci il percorso, sapeva che non avremmo trovato segnaletica alcuna. Non c’è niente da fare bisogna chiedere ai passanti e così faremo fino ad arrivare davanti al primo cartello che praticamente si trova all’entrata del parco. Finalmente siamo alla reception, consegniamo i passaporti affinché vengano visionati dall’impiegata e paghiamo il dovuto per l’entrata del parco e la barca che ci porterà nella giungla. Il barcaiolo è lì che ci aspetta, ma noi dobbiamo fare ancora colazione e non abbiamo nessuna intenzione di rinunciarci. Lì proprio vicino alla reception c’è una specie di bar e noi prendiamo posto. Non si sa di preciso cosa vendano e chiediamo loro se possiamo avere del caffè e del tè, dicono subito di sì e noi ci guardiamo intorno per cercare brioche o altri dolci, ma non vediamo niente del genere. Non è un problema in quanto ieri sera la ragazza ci aveva raccomandato di assaggiare le torte fatte in casa che avremmo trovato sulle bancarelle vicino al nostro ristorante e noi ne abbiamo preso una bella fetta e adesso ci torna buona. Il dolce sembra fatto di pan di Spagna tante coloratissime fette una sopra l’altra ma il gusto è diverso, ne facciamo sei parti e ce lo mangiamo con la bevanda calda che abbiamo scelto. Ecco adesso siamo pronti, saliamo sulla barca e andiamo a conquistare la foresta.
Scegliamo un percorso abbastanza breve che ci condurrà su una spiaggetta. Il sentiero si snoda attraverso la giungla molto fitta e ombrosa, a tratti è in ripida salita con gradini ricavati dalla terra scura e grosse radici che affiorano dal terreno e a tratti in dolce discesa e quindi pianura. Camminiamo lentamente uno dietro l’altra in fila indiana e l’umidità della giungla ci fa grondare di sudore. Attraverso una finestra, fatta di fronde d’alberi, intravediamo il mare poi la spiaggia e le scimmiette che alla nostra vista scappano via. E’ un bel vedere non c’è che dire. Purtroppo il bagno non si può fare, troppo poco tempo a disposizione e non possiamo tornare indietro con i vestiti bagnati, ci sarà un’altra occasione. Usciamo dal Parco e saliamo sulla nostra bella macchinona e partiamo. La meta è il Parco Similajau che dista da Kuching circa km. 700 e la strada è asfaltata ma piena di curve e neanche troppo larga per cui non è possibile farla in mezza giornata, quindi ci fermeremo prima a dormire da qualche parte. Giustamente Vanni è stanco di guidare e a Sarakei ci fermiamo a cercare un Hotel. Abbiamo preso due stanze a tre letti anche se l’albergatore furbo ci voleva refilare tre stanze una da tre e le altre due doppie. Non era tanto per il prezzo che comunque abbiamo pagato l’equivalente di Euro 32, ma il fatto di essere presi in giro. Comunque l’abbiamo spuntata noi, alla fine abbiamo scelto le stanze più carine e meno puzzolenti come quella a due letti. Adesso è bene fare un giro in cerca di un ristorante e proprio vicino al nostro Hotel c’è n’è uno cinese e noi entriamo. Il locale non è molto grande e c’è una decina di cinesi seduti intorno ad un grande tavolo rotondo che consumano la loro cena senza staccarci gli occhi di dosso e ridono. Si avvicina il cameriere, o il proprietario, con il block notes per prendere l’ordinazione e anche lui fa fatica a rimanere serio ma il suo è più un sorriso d’imbarazzo e non riusciamo a capirne il motivo. Certo che da queste parti se ne vedono pochi di turisti… infatti tutta questa ilarità è dovuta al fatto che non parlano altra lingua che la loro e i cinesini sapevano benissimo che il cameriere avrebbe avuto una seria difficoltà a capirci. Alla fine è andato tutto bene e abbiamo mangiato bene e poi a letto presto.
Mercoledì 10
La destinazione è Parco Similajau e ci arriveremo alle 2,30 del pomeriggio. Andiamo subito a registrarci e chiedere se ci sono delle stanze per la notte dentro il parco. Qui non ci chiedono il passaporto, ma si limitano domandare la nostra età. Scopriamo così che Gina entra nel parco gratis, noi che abbiamo superato una certa età paghiamo la metà e Elisabetta che ha solo 40 anni paga intero. E’ forse una iniziativa per far entrare più gente visto che non ne gira tanta. Naturalmente di stanze ce ne sono e noi scegliamo 3 camere da 2 letti nell’ostello, è una costruzione bassa e lunga sembra nuova appena finita, le stanze sono basiche, ma ampie e pulite. A due passi dal nostro ostello c’è la spiaggia e questo pomeriggio lo passeremo lì. Non è la spiaggia da sogno che ci si può aspettare di vedere in questo angolo del mondo però va bene, c’è la bassa marea e si vede il fiume che entra nel mare. L’unica cosa che manca su questa spiaggia è l’ombra e il sole è molto caldo, ma non ci lamentiamo. Mezza giornata di relax ci vuole proprio e ci fermeremo fino quando sarà l’ora di andare a prepararci per la cena. C’è un ristorante non lontano dal nostro ostello sempre dentro il parco e noi ci andiamo e da lì riusciremo a fotografare il tramonto rosso fuoco. Finita la cena vediamo arrivare il nostro barcaiolo, precedentemente contattato che ci condurrà sul fiume a vedere i coccodrilli. E’ buio pesto ci sono solo le luci della barca e la torcia del comandante che di tanto in tanto accende per farci vedere qualcosa come i coccodrillini appena nati. Sono proprio piccoli ci stanno nel palmo della mano e sembra strano che possano diventare così tanto grandi e pericolosi. Ad un certo punto il nostro barcaiolo ci fa guardare di fronte a noi, ecco, lì c’è un coccodrillo, lo si capisce da quelle palline rosso fosforescenti che sono gli occhi. C’è un po’ di delusione fra noi, speravamo di vedere qualcosa di più di due palline rosse ma questo è. Però, nonostante il buio si intravede una folta vegetazione con le fronde che a volte sfiorano l’acqua del fiume e allora ci proponiamo di rifarla l’indomani mattina con la luce per gustare la giungla che costeggia il fiume. Finita la breve crociera tutti a nanna.
Giovedì 11
Facciamo colazione a base di toast e marmellata nell’unico ristorante dei paraggi e poi partiamo per la crociera sul fiume. Certo di giorno è tutta un’altra cosa. Puoi vedere la vegetazione in tutti i suoi colori dal verde chiaro a quello più scuro e la varietà delle piante, ma quando si specchiano nell’acqua pulita è una meraviglia. Continuiamo a navigare per un po’ scattando foto e ammirando lo spettacolo della natura, poi a un certo punto vediamo una pianta che è caduta nel fiume, allora il barcaiolo si sposta sull’altro lato, ma avvicinandoci vediamo che anche dall’altra parte un tronco ostruisce il passaggio, praticamente siamo fermi e non ci resta che girare la barca e tornare indietro. Prima di scendere dal natante il barcaiolo immerge le mani nell’acqua e quando le tira fuori tiene stretti, uno attaccato all’altro, due grossi granchi di un colore verde scuro. Dice che si accoppiano soltanto una volta all’anno e questo è il periodo, e noi li abbiamo disturbati. Poco dopo vediamo sfrecciare nell’acqua un bel coccodrillo giovane proprio nel punto in cui ieri volevamo attraversare per andare nella spiaggia di fronte perché ombreggiata. Meno male che non l’abbiamo fatto, comunque nessuno di noi ha visto un cartello in giro che mettesse al corrente del pericolo. Dalla crociera siamo tornati presto e allora ci rimane il tempo per fare un giretto nella giungla. Scegliamo il percorso che arriva alla punta della baia. Attraversiamo il ponticello di corda e legno uno per volta per non farlo dondolare troppo e poi ci avviamo sul sentiero e ci immergiamo nella natura selvaggia. Abbiamo camminato per un po’ prima di accorgerci di aver sbagliato sentiero ma non importa va bene lo stesso. Stiamo ancora camminando quando sentiamo un rumore di foglie secche, più avanti Vanni e le altre compagne di viaggio chiamano me e Gina e ci urlano di stare attente perché sta arrivando una scimmia. Gina e io ci guardiamo in giro ma il rumore proviene da terra non dagli alberi, infatti un attimo dopo ci taglia la strada un grosso varano di colore verde. Il poverino ha più paura di noi e scappa in tutta fretta muovendo rapidamente le sue zampotte per allontanarsi da noi prima possibile. Camminiamo ancora un po’ e poi ritorniamo perché ormai è ora di riavvicinarsi a Kuching. La meta è Saratok e allora bisogna metterci in campo presto in quanto è piuttosto lontano. Saratok non è certamente una meta turistica perciò facciamo fatica a trovare sia l’hotel che il ristorante, e la gente, soprattutto i bambini, ci guardano con curiosità. Per l’albergo seguiamo il cartello che abbiamo visto all’entrata del paese. Naturalmente in questi posti dimenticati da Dio è difficile trovare alla reception qualcuno che parli Inglese, così ci tocca arrangiarci con segni e disegni, comunque ci siamo riusciti ad avere le stanze. Adesso siamo pronti per andare a cena, prendiamo la macchina e partiamo, ma dopo aver girato un po’ senza risultato alcuno chiediamo a una signora che passa di lì per caso. La poveretta si dà da fare a spiegarci la strada, ma troppo complicato e allora chiede di salire in macchina che ci accompagna lei, e così facciamo. Il ristorante non è certamente a quattro stelle, ma a noi va bene. Ci mettiamo seduti ad un tavolo e ci guardiamo in giro in cerca di un cameriere. Due tavoli più in là c’è un gruppo di malesi che ci guardano sorridenti e uno di loro ci fotografa… ma non dovevamo essere noi a fotografare loro? Purtroppo anche qui con l’inglese abbiamo qualche problema sull’ordinazione, infatti la pietanza che ci ha portato è sufficiente a chiudere un buchino e perciò dobbiamo ancora ordinare. La giornata è finita, si perde ancora un po’ di tempo al ristorante poi si torna in albergo.
Venerdì 12
Oggi il programma ci porta nei dintorni di Serian e Kuching. Partiamo presto in modo che si possa fare con calma. Cartina in mano, io come navigatore, lasciamo Saratok e andiamo a Serian. Arrivati a destinazione non lontano dalla cittadina sono segnate le longhouses e noi le andiamo a cercare. Seguiamo la strada indicata sulla cartina ma arrivati al punto dove dovrebbero essere non c’è niente. Più avanti c’è un blocco della polizia e noi chiediamo a loro ma non ne sanno di niente e ci mandano nel paese più avanti a chiedere ma nessuno lo sa. Prendiamo per una strada in salita e su finché non troviamo un vecchietto e chiediamo anche a lui, che ci manda in una stradina in fondo alla quale c’è un villaggetto e dice small longhouse e in effetti è piccola, massimo quattro o cinque porte, quella che cerchiamo noi ne ha circa 100. Lasciamo perdere abbiamo già perso troppo tempo, colpa della mia testardaggine, ma adesso dobbiamo andare al centro riabilitazione per gli orangutan. Puntuali alle tre del pomeriggio entriamo in questo parco sperando di riuscire a vedere gli animali in primo piano. Ecco siamo sicuramente arrivati perché vediamo un consistente gruppo di turisti ammassati su una specie di ponticello in legno. L’appuntamento per tutti era alle tre del pomeriggio in quanto a quell’ora e alle nove del mattina prendono il cibo perciò è facile vederli. Noi ci fermiamo un attimo prima del gruppo perché su un albero quasi alla cima ne avvistiamo uno e non ci sembra vero di essere stati così fortunati. Quando però ci uniamo al gruppo ci rendiamo conto che lì ce ne sono tanti e di tutte le età. A metà del tronco di un albero è stato costruito una specie di tavolo dove i guardiani mettono il cibo per loro, perciò si vedono bene in quanto il tavolo non è tanto lontano da quel ponticello sul quale ci troviamo. Sembrano degli attori che si esibiscono in uno spettacolo. Le braccia sono lunghissime, una mano è aggrappata ad un ramo di una pianta e l’altra nel ramo di quella vicina e si lascia dondolare come si potrebbe leggere su un copione. Poi alza una zampa e si aggrappa al ramo liberando il braccio che lo tende al guardino per avere la sua parte di cibo. Ecco adesso arriva il piccolo che emulando la madre allunga il suo braccino ricevendo una bottiglietta di latte. Beve con ingordigia il contenuto della bottiglia-biberon e quando l’ha finito non gli sembra vero perché la scuote e la torce per essere ben sicuro di averlo bevuto tutto. Il pasto dei grandi è costituito di frutta, ci sono tante fette di anguria, altro frutto che potrebbe essere mango poi papaia e una specie di canna che non si è capito se si trattasse di canna da zucchero, che ce n’è tanta o bambù. Ci attardiamo ancora un po’ a vedere le acrobazie dei vari soggetti e poi seguiamo la guardia nel fitto della giungla dove altri si stanno sfamando. Qui ce ne sono molti di più perché lo spazio è più ampio ma la vegetazione è talmente fitta che non si vede il tempo che fa. Siamo qui tutti con il naso all’aria a guardare e a fotografare gli orangutan ed è così interessante che non si ha voglia di staccarsi dal posto. Ma noi venendo al centro abbiamo letto un cartello che indicava le longhouses e stavolta le vogliamo vedere senza meno. Non sono vicine il cartello dice km 30, ma ormai siamo decise a vederle e ci andremo. Molto probabilmente sono le stesse che cercavamo stamattina anche se la cartina le segnava più sotto. Arriviamo al villaggio e ci rendiamo conto che sono molto più interessanti di come le immaginavamo. Non è una lunghissima casa con tante porte, ma tante case attaccate una all’altra con un unico grande terrazzo fatto di assi dove i bambini si trovano a giocare e i vecchi a sonnecchiare fuori dalla porta della loro casa. Siamo soddisfatti di quanto abbiamo visto adesso possiamo pensare alla sistemazione per la notte. Non ci conviene andare a Kuching a dormire molto meglio avvicinarci il più possibile alla meta di domani. Appunto per questo decidiamo per Bau, ma il paese è piccolo e si spera di trovare almeno un hotel. Inutile girare a vuoto meglio chiedere al benzinaio il quale ci accompagna addirittura, lui davanti con la sua moto e noi dietro. Sono proprio gentili i Malesi non solo ci ha portati davanti all’hotel ma è pure andato a cercare la proprietaria che al momento non c’era. Non è un granché l’albergo, ma ne abbiamo passati di peggio comunque le stanze sono ampie e pulite. La cena l’abbiamo consumata in quella specie di ristorante che si trova oltre il prato di fronte al nostro hotel. Poco dopo, lasciato il ristorante, ci ritiriamo ognuno nella propria stanza stanchi ma contenti. E’ notte fonda quando sentiamo bussare alla porta, io sento Gina che chiede chi è e Vanni che risponde di aprire e noi apriamo. Un uomo alla finestra dice Vanni, vedo Elisabetta che sta singhiozzando spaventata e capisco che si tratta della sua e di Mirella. Fortunatamente sopra a borse e borsoni avevano appoggiato dei sacchetti di una specie di plastica che solo sfiorarla crocchia così Elisabetta, che ha il sonno leggero, si è svegliata subito e ha visto l’uomo, ha cacciato un urlo e poi ha svegliato Mirella. Hanno poi chiamato Vanni il quale si è precipitato alla loro finestra guardando fuori in cerca dell’uomo, ma ormai se n’era andato, invece ha trovato una scala di quelle lunghe tipo vigili del fuoco proprio appoggiata al muro appena sotto la finestra le ha dato uno spintone e l’ha buttata a terra. Non c’erano dubbi qualcuno ha tentato di derubare le nostre due compagne di viaggio. Vanni ha svegliato anche noi per sapere se per caso avessimo avuto visite ma fortunatamente no perché di certo noi non ce ne saremmo accorte. Al mattino la nostra albergatrice appena l’ha saputo c’è rimasta proprio male. Spavento a parte alla fine è andato tutto bene.
Sabato 13
L’ultimo giorno nel Borneo, stasera saremo nella penisola Malese, però, abbiamo ancora tutta la mattina e intendiamo sfruttarla fino in fondo. Facciamo colazione, se così si può chiamare, nello stesso bar ristorante della sera prima e poi andiamo a visitare le grotte. La prima per la verità mi ha un po’ delusa, si chiama grotta del vento e la torcia è indispensabile in quanto è buio pesto. Ci sono delle stalattiti e stalagmiti non eccezionali e parecchi pipistrelli aggrappati alla roccia, non ho preso neanche una foto perché non si sarebbe visto niente. La seconda, chiamata grotta delle fate, invece è molto bella non è completamente coperta, anzi per lo più è a cielo aperto. E’ stupenda, ha la forma di un anfiteatro, ma molto verde con delle piante, scalette e sentierini, l’abbiamo girata tutta liberamente senza guida come invece è stato per la grotta del vento. Oggi è il compleanno di Vanni, gli auguri glieli abbiamo fatti subito al mattino, poi vedremo come festeggiarlo. Intanto dobbiamo avvicinarci all’aeroporto perché il nostro soggiorno nel Borneo è giunto alla fine e adesso siamo pronti a conquistare la penisola Malese. Lasciamo in aerostazione la nostra bella macchina che ci ha accompagnati in questi primi giorni del nostro viaggio e voliamo alla capitale, Kuala Lumpur, pronti per continuare la nostra avventura. Arrivati a Kuala Lumpur prendiamo un taxi e ci facciamo portare al quartiere cinese. Non ci conviene affittare subito una macchina in quanto nella metropoli ci darebbe fastidio, impossibile guidare nella capitale e parcheggiare poi… comunque le attrazioni principali sono le torri Petronas e il quartiere cinese e noi troviamo un hotel proprio all’imbocco di una via di questo quartiere. Siamo al 17° piano, e dal terrazzo della nostra stanza c’è una vista spettacolare e si vedono anche le famose torri. Ma adesso andiamo a mercatini di Cina Town. C’è un movimento incredibile, un mercato al quanto vivace, giriamo un po’ fra i vari banchetti fino a che non arriva l’ora di cena e poi ci fermiamo a mangiare in uno dei loro ristoranti all’aperto. Con tutto questo via vai di gente si respira un aria di festa. Giriamo a visitare, trattare e comprare fino a tardi e poi ci ritiriamo nella nostra stanza. Dico stanza perché è proprio una sola stanza in quanto non abbiamo prenotato e tutto l’albergo è già occupato, di libero c’è solo una stanza con 2 letti matrimoniali se però a noi va bene ci aggiungono altri 2 letti. Andiamo a vedere la stanza, sembra una piazza d’armi 2 lettini in più ci stanno benissimo, e accettiamo, l’unico disagio è il fatto di avere solo un bagno. Pazienza faremo i turni a fare la doccia. Intanto che ci siamo tutti ne approfittiamo per dare il regalo a Vanni per il suo compleanno. Si tratta di uno zainetto, ce l’ha suggerito Silvia perché il suo si è appena rotto. L’ha apprezzato molto e noi siamo contente. Finisce qui il primo assaggio della penisola e andiamo a letto soddisfatti.
Domenica 14
La sveglia non ha suonato. Ho puntato il mio cellulare alle sei per poter arrivare in tempo alle Petronas Towers, non so cosa sia successo, ma non ha suonato e Mirella ci ha svegliati alle otto. E allora tutto di corsa per recuperare il tempo. Silvia si è informata e per arrivarci bisogna prendere il treno. Per poco non facevamo come per la torre di Toronto in Canada. La sera sul nostro terrazzo si godeva una bella vista e sembrava che le torri fossero lì ad un passo e Vanni disse, seriamente, che ci si poteva andare anche a piedi. Fortuna che noi non ci siamo fidati perché infatti addirittura ci sono quattro fermate del treno prima di arrivarci. Ma adesso siamo di fronte alle maestose torri e cominciamo a fotografarle e ad ammirarle poi decidiamo di entrare a prendere i biglietti per salire. Niente da fare i biglietti per oggi sono finiti e noi non abbiamo potuto vedere la città dall’alto. Ci consola il fatto di averla vista sul terrazzo del nostro albergo. E’ ancora presto e dobbiamo decidere cosa fare. Per girare in città a piedi ci vuole troppo tempo e prendere un taxi per portarci in qualche quartiere il traffico è lento, decidiamo allora di tornare a China town.
Abbiamo trattato con un impiegato della reception del nostro albergo per un taxi che ci accompagni in aeroporto a noleggiare una macchina per proseguire il nostro viaggio. In aeroporto perché è più facile poi riportarla senza dover pensare a un altro taxi che ci conduca all’aerostazione con valige e borsoni. E poi entrare e uscire dalla metropoli è alquanto complicato… meglio l’aeroporto. Il programma di oggi è avvicinarci a Camerun Highlands. Piove che Dio la manda e abbiamo il tergicristallo che va al massimo, speriamo smetta per domani per poter visitare le piantagioni. Tanah è il villaggio all’entrata delle piantagioni e noi ci sistemiamo in un albergo. Piove sempre, ma un po’ meno, tutti sono attrezzati di impermeabili quelli leggeri e trasparenti, noi no ma non è un problema in quanto il nostro hotel è sotto i portici così pure negozi ristoranti e agenzie tutti sotto un unico porticato. Alla reception ci sono le business card delle varie agenzie tutte munite di fuoristrada per accompagnare i turisti a visitare la famosa zona. Ci rendiamo conto che noi con la nostra macchina non andiamo molto lontano perciò se vogliamo visitare le piantagioni dobbiamo appoggiarci a una agenzia. Paghiamo circa Euro 20 a testa e prenotiamo la jeep con la guida per l’indomani. Ora possiamo andare a cena in uno dei ristoranti sotto i portici. Certo qui la temperatura è cambiata, il caldo l’abbiamo lasciato alle spalle… qui dicono che domani ci sarà il sole e solo di sera si rimetterà a piovere. A noi fa comodo crederci e speranzosi ci ritiriamo nelle nostre stanze.
Lunedì 15
Facciamo colazione nel bar a fianco al nostro albergo e poi puntuali ci troviamo con la nostra guida pronti per la visita alle piantagioni di tè. Non è lontano rispetto al villaggio ma certo noi da soli ci avremmo impiegato parecchio prima di trovarle e comunque non c’è nessuno fai da te sono tutti con la guida. E’ uno spettacolo, una distesa infinita di piantine tutte verdissime che coprono pianure vallate e colline. Sono alte circa cm. 60/70 molto fitte, tipo siepi, profonde cm. 50/60, poi il sentierino. I sentierini una volta servivano alle persone per passare a raccogliere le foglie di tè, ma come ci hanno spiegato adesso fanno tutto con le macchine per poter essere concorrenziali, così non sappiamo come siano queste macchine in quanto la raccolta è già stata fatta. Abbiamo visto però come fanno a piantarle. C’è una collinetta che sembra una testa, per metà con i capelli ben pettinati e l’altra metà con i capelli arruffati. Ecco, lì c’è il ricambio delle piantine, strappano cioè quelle secche e piantano quelle giovani e fresche. Sulla strada vediamo degli operai all’opera e per terra, davanti a loro, tante piantine di tè ognuna in un blocco di terra tenuto insieme da un foglio di cellophane. Gli uomini usano un particolare bastone appiattito, se lo mettono su una spalla e alle due estremità appoggiano una o più piantine e con santa pazienza, senza fare oscillare il prezioso carico, salgono su fino alla collinetta dove altri operai sono pronti a riceverli e a interrare le piantine seguendo con precisione il disegno interrotto. Ci spostiamo da qui per andare a vedere in un altro posto sempre piantagioni, ma da una prospettiva diversa, personalmente non mi stancherei mai di ammirare questo panorama. Lasciamo le piantagioni, e la nostra guida ci porta a visitare un piccolo zoo contenenti piccoli animali che vivono in Malesia dai serpenti al camaleonte all’insetto stecco e dalle tante tantissime farfalle. Le farfalle sono, se così si può dire, in una casetta tutta in plexiglass trasparente ma noi entriamo per vederle da vicino. Ce ne sono di piccole e di grandi e di tutti i colori ma, visto che vivono poco, purtroppo anche per terra morte. E’ l’ora di pranzo e la nostra guida ci porta al ristorante vicino al nostro Hotel e ci dà appuntamento dopo un’ora e mezzo circa per proseguire la nostra gita. Finito il pranzo saliamo di nuovo sulla jeep e andiamo a visitare le piantagioni di fragole. Questa devo dire che mi ha un po’ deluso in quanto mi aspettavo una distesa a perdita d’occhio di piante, invece sono al coperto in grandi capannoni e dentro i vasi. La raccolta è già stata fatta e quindi si vede solo qualche fragola acerba. Andiamo via da questo posto per far visita agli Orango Asli un popolo antico che abita ancora nelle capanne lungo la strada che porta a Tanah. Con loro abbiamo giocato al tiro delle freccette e abbiamo fatto presto amicizia, è stato facile anche perché loro sono lì proprio per i turisti e sicuramente campano grazie a loro. Un giro in mezzo alla giungla per conoscere i fiori carnivori e la nostra escursione è finita. Per la cena torniamo allo stesso ristorante di mezzogiorno ma qualcuno di noi ha scelto la portata su una foglia di banano e da come lo mangiano deve proprio essere buono.
Martedì 16
Dopo colazione partiamo per l’isola di Langkawi. Anche oggi piove una pioggia torrenziale tanto da far fatica a vedere a breve distanza. Siamo fortunati però perché piove sempre quando siamo in macchina per una lunga distanza così ha tutto il tempo di sfogarsi lasciandoci poi girare a piedi senza ombrello. Alor Setar è la città da dove partono i traghetti per l’isola, noi seguiamo i cartelli fino a trovarci proprio a fianco alla stazione marittima. Andiamo subito ad informarci e abbiamo la sgradevole sorpresa che non imbarcano macchine. Ci allontaniamo e facciamo un giro in auto per pensare a cosa si può fare. Dove la mettiamo la macchina nel frattempo? E come faremo là sull’isola a piedi? Siamo fermi a un semaforo quando ci si accosta un ragazzo su una moto e ci chiede se vogliamo andare sull’isola di Langkawi. Come abbia fatto a capirlo non lo so, ma noi rispondiamo sì e lui ci chiede di seguirlo che forse riesce a risolvere il nostro problema dell’auto. Arriviamo in una piazzetta sterrata ci fa scendere e ci spiega che in quel caseggiato c’è l’ufficio per l’imbarco delle macchine e di provare a chiedere. Silvia ed io entriamo e chiediamo ma la signora è inamovibile, minimo cinque giorni di soggiorno sull’isola meno di così non si imbarca. Certo non hanno tutti i torti, se tutti portassero la propria auto sull’isola ci sarebbe un grande traffico però per noi è un dilemma. Il ragazzo ci dice che ci trova lui un parcheggio sicuro per due giorni e ci consiglia vivamente di andarci perché l’isola merita proprio. E lo dice a noi che prima ancora di partire per la Malesia e già sognavamo una bellissima spiaggia bianca su cui sdraiarci e prenderci il meritato riposo? Una volta arrivati sull’isola risolveremo anche il problema del mezzo di trasporto, un problema per volta. Tutti d’accordo ritorniamo alla stazione dei ferry e Silvia ed io, intanto che Vanni parcheggia, chiediamo all’impiegata per i biglietti ma la signora non solo ci stacca i biglietti ma ci prenota addirittura l’albergo per due notti e ci prepara l’indirizzo sulla busta da dare al taxista appena sbarcati. Meno male che di taxi ce ne sono di diverse dimensioni e non facciamo fatica a trovare il nostro, più che noi a trovare il taxista è stato lui a trovare noi. Così carichiamo i nostri bagagli sul pullmino e ci facciamo portare all’albergo. Bello l’hotel che ci ha consigliato l’impiegata della stazione marittima, è sul mare peccato però che non abbia la spiaggia. Poi abbiamo fatto mente locale e abbiamo capito che dopo tutto il prezzo ragionevole è dovuto a questo. E’ presto e allora andiamo a fare un giretto. Camminando lentamente arriviamo a un piccolo molo dove piccole imbarcazioni vengono cullate dalla lenta risacca. C’è una terrazza sul mare con una bella pianta grande che fa da ombrellone e sotto dei tavoli di legno alquanto grossolani con qualche sedia. Poco più in là, a fianco al sentierino che scende al mare, ci sono dei tabelloni con le foto dei posti più belli che si possono visitare via mare. I nostri occhi si sono fermati tutti sulla foto di una spiaggia bianchissima con sabbia finissima quasi come borotalco. Noi vogliamo andare lì. Non tarda ad arrivare un omino che incomincia ad elencare tutti i posti possibili da visitare con la barca, ma noi non vogliamo altro che andare su quella spiaggia e starci tutto il giorno. Veniamo ad un accordo ci porterà sull’isola dalle nove del mattino fino alle tre del pomeriggio per la favolosa cifra di Euro dieci a testa, per loro comunque è una cifra importante. L’omino ci fa promettere che l’indomani mattina puntuali ci facciamo trovare al molo. Si va bene, abbiamo risposto, ma non eravamo convinti fino in fondo e Vanni ci ha sgridate perché abbiamo fatto le cose troppo precipitosamente e, dato che l’omino ha voluto il numero di una delle nostre stanze, sicuramente non ci mollerà tanto facilmente. Non aveva tutti i torti, ma nessuno ha saputo resistere di fronte a una meraviglia del genere. Torniamo al nostro hotel che nel frattempo si è fatta l’ora di cena. E’ bello mangiare fuori sulla terrazza in riva al mare e con le candele… è molto rilassante e romantico ma questo possono dirlo solo Silvia e Vanni. Si conclude così la nostra prima serata sull’isola Langkawi.
Mercoledì 17
Abbiamo fatto colazione nel ristorante del nostro bell’albergo e poi ci siamo incamminate per cercare una agenzia per andare su una spiaggia, la più bella possibile. Scopriamo così che il nostro hotel ne ha una e che c’è una barca navetta che porta i clienti gratuitamente avanti e indietro. Bene allora siamo a posto e l’omino della sera prima ci aspetterà inutilmente, pazienza. Ci avviciniamo al barcaiolo e gli chiediamo se ci porta alla spiaggia e lui risponde che al momento è impossibile in quanto c’è la bassa marea e non si può uscire in mare, forse fra un’oretta. Sconsolati e tristi torniamo indietro incerti sul da farsi. Intanto che si parla su che cosa conviene fare vediamo davanti a noi, l’omino dell’agenzia del giorno prima che ci viene incontro sorridendo, ecco, dice Elisabetta, voi eravate pronte a tradirlo e lui invece eccolo qui che ci viene addirittura a prendere! Naturalmente l’abbiamo seguito e lui ci ha fatto salire sul pullmino della “ditta” e ci ha portato alla barca già pronta per noi, qui non c’è il problema della bassa marea e non si sa il perché, comunque partiamo verso la spiaggia da sogno. Ci vuole un momento prima di arrivare a destinazione, ma già da lontano la vediamo e più ci avviciniamo più i nostri occhi si riempiono di meraviglia. Sì è ancora più bella che nella foto. C’è un piccolo molo e la barca si accosta per farci scendere e da lì un fuoco di fila di foto. E’ un isolotto con una spiaggia bianchissima e pulitissima, non c’è nessuno ci siamo solo noi. Dietro la stupenda spiaggia tanta vegetazione e fra le piante una casa in legno ma è chiusa, forse si tratta di un bar ristorante ma non essendo stagione non apre. Noi abbiamo portato qualcosa da mangiare e da bere perciò non abbiamo bisogno di niente. Prendiamo posto sulla spiaggia, allarghiamo i nostri teli da bagno e finalmente ci godiamo il nostro meritato riposo. Non dura molto però perché dopo una mezzoretta circa arriva una piccola imbarcazione con una dozzina di giapponesi che li fa scendere proprio sulla “nostra“ spiaggia. I nuovi ospiti sono piuttosto rumorosi e fanno una cagnara inverosimile, non si mettono a prendere il sole e neanche entrano in mare. Sono quelli che hanno comprato la mini crociera intorno e nei dintorni dell’isola e si fermano una manciata di minuti per ogni sosta, il tempo di fotografare il posto e via di corsa verso un altro luogo. Infatti, poco dopo siamo di nuovo soli con la pace e la tranquillità che solo la natura al meglio della sua espressione può dare. C’è solo una barca in mare poco lontano da noi, è quella che ci ha portati e che ci riporterà indietro. Dentro, il nostro barcaiolo si gode il suo forzato riposo. Alle tre del pomeriggio il nostro tempo è scaduto e il natante si posiziona vicino al molo per sollecitarci. Arrivati a destinazione vediamo il solito omino il quale ci invita a salire sul van quello stesso del mattino per riportarci in hotel, ma noi ringraziando e dandogli una mancia, decliniamo l’invito in quanto volentieri facciamo una passeggiata. E’ ancora presto e non ci va di ritirarci subito in albergo, allora la soluzione è la spiaggia del nostro hotel. Stavolta il barcaiolo ci dice di sì e noi con già la borsa da spiaggia con tutto l’occorrente saliamo sull’imbarcazione contenti di vedere finalmente la famosa spiaggia dell’hotel. Accidenti che delusione! Non ha fatto molta strada, direi che è proprio dietro l’angolo. Fossi il proprietario dell’albergo mi vergognerei di chiamarla spiaggia. La nostra delusione certamente sarà dovuta anche dal fatto che arriviamo da una spiaggia molto bella, comunque sono due metri quadri di ghiaia color marrone scuro per niente attrezzati. Ci si meraviglia che il sole faccia capolino in un meandro di siffatto angolo del mondo. Pazienza, siamo contenti di come sono andate le cose, la bassa marea ci ha salvati da una brutta situazione. Siamo arrivati all’ora di cena e questa sera vogliamo cambiare ristorante. All’arrivo abbiamo visto un po’ prima del nostro hotel un agglomerato di case con bar e ristoranti ed è lì che vogliamo andare. Prendiamo un taxi e ci facciamo portare. Noi ricordavamo la strada molto più lunga invece è circa un km tanto che il ritorno lo facciamo a piedi. La nostra giornata di relax è finita, siamo contenti e soddisfatti, da domani si riprende il viaggio a pieno regime.
Giovedì 18
Oggi piano piano ritorniamo ai ritmi di due giorni fa. Finita la nostra ricca colazione, “offerta“ dall’hotel, ci mettiamo in piscina per goderci ancora un po’ di relax, ma è tutto inutile… ci guardiamo e poi decidiamo che non è il caso visto che non possiamo neanche fare il bagno. Tutti d’accordo andiamo a prendere un taxi, che stazionano poco lontano, e via che andiamo verso il ferry boat. Nessuno sa l’orario della partenza e nemmeno noi lo ricordiamo, aspetteremo poi fino a che arriverà l’ora. Arriviamo alla stazione piuttosto presto e aspetteremo un’ora e mezza. Alle dodici si parte e salutiamo Langkawi ancora una volta. All’arrivo Vanni e Silvia vanno a recuperare la nostra auto. Ci fermiamo a far benzina e a smangiucchiare qualcosa, la nostra meta è Kuala Kangsar dove si trova il palazzo del sultano del Perak. Appena arrivati come solito cerchiamo l’albergo per poterci liberare dei bagagli. Lo troviamo subito e alla modica cifra dell’equivalente di cinquanta Euro da dividere in sei. Andiamo subito in centro e a visitare il palazzo, purtroppo solo dall’esterno perché non è aperto al pubblico. E’ maestoso, grandissimo, bianchissimo con delle cupole di varie misure e a varie altezze il contrasto con il prato inglese che lo circonda lo rende ancora più prestigioso. E’ difficile smettere di fotografarlo dalle varie angolature… Per la cena andiamo in un ristorantino all’aperto. Va ricordato che in questo periodo c’è il Ramadan, noi ce ne dimentichiamo anche perché nessuno in queste due settimane ce l’ha fatto pesare, è roba loro e in questo non ci coinvolgono. Il ristorantino piano piano si riempie di clienti e il cameriere passa a prendere le ordinazioni. Viene servita in tavola la cena e tutti la guardano ma nessuno la tocca, dopo qualche minuti si sente suonare una sirena dopo di che tutti quanti si mettono a mangiare, il giorno è finito da questo momento incomincia la notte e possono gozzovigliare a volontà. Il giorno è finito anche per noi, ci attardiamo un po’ a chiacchierare ma quando ormai siamo rimasti soli salutiamo il cameriere e ci ritiriamo nel nostro hotel.
Venerdì 19
Malacca, l’ultima sosta prima del ritorno in Italia. Prendiamo un hotel vicino al quartiere cinese e il tempo di sistemarci e poi andiamo a visitare la città. La città in se è molto carina e direi anche a portata d’uomo. Noi ci dirigiamo verso la grande moschea. È molto bella vista dall’esterno, tenuta molto bene ma all’interno non si può andare in quanto c’è la funzione, però un fedele si avvicina a noi e ci dice di seguirlo… e noi lo seguiamo. Apre leggermente la porta, si mette un dito sulla bocca come a dire “silenzio“ e ci invita a guardare all’interno. I fedeli sono in ginocchio con la fronte che tocca il pavimento e ogni tanto sollevano la testa per poi tornare giù. Sono molto concentrati e di noi non se ne accorgono nemmeno, ma noi non ne approfittiamo, il tempo di dare un’occhiata e via. Ringraziamo il fedele che ci ha permesso di vedere l’interno e poi ce ne andiamo. In questa città ci sono anche dei templi Indù e noi ne visitiamo due. Anche questi sono belli e il mio pensiero va all’India visitata sei anni fa. Non è la sola nazione induista che ho visitato ma l’atmosfera e i profumi mi hanno fatto ricordare proprio lei, perché l’india è intrisa di spiritualità e misticismo che in pochi altri posti del mondo si può dire altrettanto. È arrivata l’ora di cena, oltre all’anima e al cuore va riempito anche lo stomaco. Non c’è bisogno della macchina, Malacca si può girare tranquillamente a piedi e noi volentieri lasciamo la nostra auto nel parcheggio. Ci avviamo verso il quartiere cinese capitanati da Vanni e Silvia, (io mi sarei persa) e in poco tempo lo raggiungiamo. Non è così vivace e brulicante di gente come quello a Kuala Lumpur però è sempre un piacere girare al suo interno. Intanto che giriamo guardiamo di un ristorante possibilmente all’aperto. Non ce ne sono tanti, probabilmente perché in realtà volendo si potrebbe mangiare acquistando le varie pietanze che cucinano in strada fra i banchetti di ogni tipo, è vero, però già a mezzogiorno facciamo un pasto frugale almeno alla sera volentieri ci mettiamo seduti a goderci anche un po’ di relax. Il ristorante che abbiamo scelto all’aperto è anche pizzeria e noi che non vediamo l’ora di farci del male veniamo in Asia a ordinare pizza per tutti. È molto probabile che abbiano un piccolo forno perché il cameriere ce ne porta una per volta e con un lasso di tempo fra l’una e l’altra piuttosto lungo però tutto sommato è buona e l’abbiamo mangiata con gusto. A fine cena giriamo ancora un po’ nel quartiere e poi ci ritiriamo nell’hotel.
Sabato 20
Oggi è proprio il giorno della partenza, però dato che il nostro aereo parte alle 23,30 possiamo permetterci di fare tutto con calma e visitare quello che ancora non abbiamo visto. Intanto vorremmo fare una crociera sul fiume per vedere la città da un’altra angolazione. Camminiamo lungo il fiume per cercare il molo dal quale prendere la barca. Non è stato difficile trovarlo quindi saltiamo sul nostro natante e partiamo speranzosi in una crociera emozionante. Si va via lentamente, non è una bellissima giornata però non piove ed è una temperatura giusta. Passiamo sotto ponticelli decorati color pastello, il fiume fiancheggiato da palazzi colorati con dipinti di figure umane anche molto più grandi della statura naturale e poi altri disegni colore su colore e in contrasto. È veramente spettacolare quello che si vede dal fiume, le case una a fianco all’altra in un prosieguo infinito, così sembra, i tetti a diversi livelli e poi fiori e piante, sui balconi alle finestre e alle entrate. È proprio molto carina questa città, riserva sempre delle sorprese. La crociera finisce, la barca si ferma e noi saliamo per una scala monumentale in sasso alla cui base ha una specie di terrazzo dove ci si potrebbe sdraiare a prendere il sole ma non adesso, adesso è occupato da un grosso varano e non ha nessuna intenzione di andarsene. La crociera ci ha regalato veramente delle emozioni e ne siamo contenti. Adesso è l’ora del risciò, contrattiamo ma sembra che abbiano il prezzo fisso, comunque sia ce lo possiamo permettere. Sul risciò c’è posto solo per due e allora ne prendiamo tre i più colorati e decorati possibili. Gli autisti ( il mezzo è una bicicletta ) ci spiegano che il giro dura un’ora perciò costa così tanto (Euro 30 in totale). Bene partiamo, è una vera bellezza essere trasportati così e ce la godiamo, peccato che pioviggina. Ad un certo punto ci fermiamo e ci dicono di scendere perché dobbiamo visitare un museo… e chi glielo ha chiesto? Ècco perché dura così tanto il giro… La seconda sosta è in un giardino dove vivono delle enormi piante secolari e qui volentieri ci fermiamo a guardarle e fotografarle. Terminato il giro ci sediamo sui gradini di un bellissimo palazzo comunale color rosa antico a decidere il da farsi. È presto per andare in aeroporto, pensando però al fatto che abbiamo l’auto da consegnare tutto sommato è meglio partire presto caso mai ci fossero dei problemi per la macchina. La nostra vacanza è terminata e siamo tutti contenti e soddisfatti, ora dobbiamo pensare alla prossima così la malinconia è sotto controllo.
Curiosità:
Km. percorsi: 2954
Linea aerea Malesia
Fuso orario: + 6 ore
Spesa totale: Euro 2000 circa
Ore di volo: 12 circa