In Laos, fra dignitá e pace
PAESE POVERO, IL LAOS, MA DIGNITOSO.
UN SENSO DI PACE ALEGGIA NELL’ARIA E TI PERVADE OVUNQUE, NON SOLO NEI TEMPLI.
É DIFFICILE STABILIRE SE SIA MERITO DELLA FEDE O DELLE DURE IMPOSIZIONI DEL REGIME COMUNISTA MA IN LAOS NON C’É PROSTITUZIONE (anche se le donne sono fra le più belle del sud-est asiatico) NÉ ACCATTONAGGIO (anche se la povertà é tanta): C’É ORDINE, PULIZIA, TRANQUILLITÀ.
COSÌ IL LAOS ED IL SUO POPOLO TI CONQUISTANO, CON UN SORRISO, CON UNA PAROLA, CON UN GESTO GENTILE.
E NON SANNO CHE IL RICORDO DI TUTTO CIÒ SARÀ PER TE UN DONO IMPORTANTE.
GRAZIE LAOS! (HOP-GIAI)
Venerdì 7 Dicembre 2007 (Szilvásvárad – Budapest – Bangkok) Il nostro viaggio comincia alle cinque di un freddo pomeriggio ungherese. Il nostro amico Arpad ci accompagna in macchina all’aeroporto di Budapest. Alle 23:00 ci imbarcano sul volo diretto Budapest-Bangkok della Malev. Al check-in abbiamo chiesto di destinare i nostri bagagli direttamente a Vientiane e, anche se per la tratta successiva eravamo in possesso solo di una prenotazione effettuata via internet con la Laos Airlines, la nostra richiesta é stata accettata. Questo ci permette di evitare il passaggio del controllo passaporti in Tailandia! Il volo é tranquillo ed il servizio accettabile.
Sabato 8 Dicembre 2007 (Bangkok – Vientiane) Dopo circa 10 ore comincia la discesa sulla capitale tailandese. Alle 15:30 locali atterriamo, in perfetto orario. Il nuovo aeroporto di Bangkok, secondo me, non é così accogliente come quello di prima… É un pó freddo, ma i gusti sono personali. Ci rechiamo al terminal del transfert e proviamo a telefonare al numero datomi dalle linee aeree laotiane. Ma non ci si capisce – accidenti all’inglese parlato dagli asiatici. In tutti i casi non c’é problema, poiché troviamo il banco del check-in, dove paghiamo i biglietti e riceviamo le carte d’imbarco. {NDR: Era più semplice del previsto… Chissà perché ci hanno detto di telefonare?!?} In aeroporto perdiamo Matteo e Carlotta che però ritroviamo nella sala d’imbarco. Li hanno fatti entrare, anche senza documenti e carte d’imbarco, perché hanno detto di aver perso papà e mamma (…Che ridere!) Alle 18:40 siamo già sull’aereo, un bel MA 60 ad elica, con una cinquantina di posti. Oltre ai passeggeri c’é pure una zanzara. Il capitano sta parlando da mezz’ora: speriamo che non stia pregando. Alle 19:00 l’aereo ad eliche decolla e vola… Non molto in alto ma vola! Il servizio e la cena in compenso sono ottimi. Atterriamo alle 20:20 e dopo venti minuti siamo già fuori dell’aeroporto con bagagli e visti alla mano. Prendiamo un taxi per 6 dollari e ci facciamo portare in centro, nell’albergo prenotato via Internet, il Malinamphu, albergo molto piacevole {NDR: In assoluto il miglior rapporto qualità prezzo trovato in Laos}. Dopo nemmeno un’oretta siamo a spasso. Già dall’aeroporto, Vientiane ci ha colpito per la sua pulizia, il suo ordine, la sua modernità. Ci aspettavamo una città misera, caotica, sporca, invece abbiamo trovato una città dove si respira dignità. Dopo aver prelevato al Bancomat {NDR: Ce n’é ovunque} ci dirigiamo sul lungo fiume. É sabato sera ed é pieno di gente. C’é anche una festa nel ristorante dove ci fermiamo a bere una birra. Siamo sulle rive del Mekong ma, stranamente, non c’é nemmeno una zanzara. Ci fermiamo ad ammirare la gente che balla. La coreografia é particolare, ballano in maniera soave, elegante e dolce. Muovono molto sinuosamente le braccia e le mani, anche gli uomini. Vorremmo anche mangiare qualcosa ma ci dicono che ormai le cucine sono chiuse, soggiungono: “Maybe tomorrow…”. Nessun problema, sul lungo fiume é pieno di bancarelle che offrono cibarie d’ogni genere, così possiamo già assaggiare le specialità locali. Per stasera ci accontentiamo di un paio d’involtini primavera ed un quartino di pollo alla griglia niente male. Verso mezzanotte andiamo a nanna.
Domenica 9 Dicembre 2007 (Vientiane) Quando ci svegliamo scopriamo che i rumori di ieri sera, che ci hanno tenuto svegli per una ventina di minuti, provenivano dalla stanza dei nostri figli ai quali é caduto un angolo del letto… Hanno tentato di aggiustarlo cercando di reinserirlo nella sede… Ma non riuscendoci hanno pensato bene di staccare anche l’altro angolo in modo da non dover dormire storti. É l’arte di arrangiarsi. Facciamo colazione nello splendido giardino dell’albergo, pieno di fiori, aiole, piante e ninfee; poi partiamo alla scoperta della capitale del Laos! Affittiamo un tuc-tuc per un paio d’ore e ci facciamo portare alla Pagoda Phat That Luang, il più importante Monumento Laotiano, simbolo sia del Buddismo sia della Sovranità. Bellissimo ed imponente, il Phat That appare come un aggregato di pinnacoli dorati. Seconda tappa il Patuxai, “l’Arco di Trionfo” laotiano. Saliamo anche sulla cima, da cui si gode un’ottima vista. Il tempo é splendido. Nei giardini circostanti c’é un’enorme fontana, dove a suon di musica, sprizzano flutti d’acqua, a varie altezze. Sembra una danza. I giardini e la fontana sono ben curati. La pulizia, l’ordine e la dignità di questa piccola capitale, continua ad affascinarci. Ci facciamo per ultimo lasciare al Mercato Talat Sao, dove non possiamo trattenerci dal fotografare il parcheggio, con centinaia e centinaia di moto-scooter disposti in ordinatissime file. Il mercato é enorme. Vi si vende ogni genere di merce, dai tessuti alle lavatrici, dall’oreficeria all’alta tecnologia. Vi sono anche bancarelle di cibo e negozi di parrucchiere. All’esterno, una fila di laboratori artigianali d’oreficeria, ti permettono di ammirare la tecnica di ceselli ed incastonature su oro e argento. Visitiamo anche l’adiacente e modernissimo centro commerciale, dove acquistiamo scarpe Adidas e Converse per una decina di dollari. Dal mercato proseguiamo a piedi per gli enormi viali di Vientiane, ricordo dell’epoca francese. Non c’é traffico anche perché é domenica. Ci fermiamo a bere qualcosa in un bar-ristorante e poi andiamo a fare un paio di foto al That Dam, il più antico stupa di Ventiane, la cui leggenda vuole che al suo interno riposi, dal 1928, un grande Drago. Andiamo poi a visitare il Sisaket. Splendido tempio del 1818, é uno dei pochi siti religiosi risparmiati durante il saccheggio da parte dei Siamesi. Nel portico che corre tutto intorno al tempio, oltre 2000 piccole immagini del Budda sono custodite in piccole nicchie scolpite. Da lì ci dirigiamo sul lungo fiume, passando davanti all’ex-palazzo Reale, ora sede governativa, ed al tempio di Haw Pha Kaew, adibito a Museo, ma oggi chiuso. Scegliamo, intorno a mezzogiorno, un piccolo ristorante sulle rive del Mekong. I tavoli sono posti sotto piccoli gazebo. Alcuni hanno sedie all’europea, altri cuscinoni bassi. Al centro tavola troneggiano salsine, una più puzzolente dell’altra… (ahi ahi… Il pesce fermentato!), di cui noi, però, possiamo fare a meno. La zuppetta con gamberi saltati ed insaporita con coriandolo, é ottima! Spendiamo nove dollari in quattro. Dopo pranzo, facciamo una breve sosta alle toilette pubbliche (molto ben tenute) dove, rinunciando allo scontrino, facciamo anche la felicità della gestrice! Proseguiamo sul lungo fiume, pieno di bancarelle, che vendono dipinti, acquarelli e disegni a carboncino. É strano osservare che, in una città così pulita e così ordinata, il letto del Mekong sia considerato una discarica. Infatti sembra quasi che abbiano gettato giù dalla sponda del fiume tutti i rifiuti raccolti per le strade della città! Ci rechiamo al Tempio di Wat Si Muang, uno dei templi di Vientiane più frequentato dai fedeli. É pieno di gente e d’offerte… Banane, fiori, frutta. Assistiamo ad un rituale nel quale un monaco annoda dei braccialetti bianchi ai polsi di alcune coppie {NDR: Scopriremo più tardi che é simbolo di protezione}. La Lonely Planet dice che in questo tempio c’é un Budda, seduto su di un cuscino che, se viene sollevato tre volte, esaudisce il desiderio di colui che lo solleva. Giriamo intorno al tempio diverse volte… Ma del Budda sul cuscino nessuna traccia! Notiamo solo il simbolo fallico! Usciti dal tempio di Wat Si Muang prendiamo un tuc-tuc per il Tempio di Wat Sok Pa Luang, citato dalla Lonely Planet fra le cose da non perdere, sito dove concludere il pomeriggio in tutto relax magari concedendosi una sauna e un buon massaggio alle erbe. Così descritto, lo immaginiamo fantastico ma, ahimè… Altro non sembra che un luogo abbandonato… In un parco incolto, senza nemmeno l’ombra di massaggi o saune.
Facciamo una breve chiacchierata con un giovane monaco. Assistiamo ad un rito di preghiere del quale non capiamo nulla… E alla fine, delusi, ce ne rientriamo in albergo.
Il resto della famiglia va a nanna.. {NDR: Jet lag?} mentre io cerco di organizzare un’auto privata per domani. Compro anche una bottiglia di vino Laotiano (vinificato dalle more!) ed una bottiglia di whisky locale che stasera, prima di uscire dall’albergo, ci berremo in compagnia di un tedesco (ns. Vicino di camera) e di una coppia malese, non più giovane, ma molto simpatica.
Alle 19:30 sediamo in un bel ristorante adiacente alla Piazza Centrale, per l’aperitivo. Nella piazza centrale Nam Phu, c’é anche un ristorante italiano, che però tralasciamo. Per questa sera abbiamo scelto di andare al Tamnak Lao. Prendiamo un tuc-tuc e ci facciamo portare al ristorante, ma lo troviamo chiuso, pertanto non ci resta di meglio da fare che ritornare in centro. {NDR: Così abbiamo fatto una piccola escursione by night prima di cena!!}. Decidiamo di mangiare al ristorante dove abbiamo bevuto l’aperitivo poco fa, il Khop Chai Deu. É ancora strapieno ma ci trovano un posto in terrazza. Bene. Il servizio é lento… Molto lento… Direi lentissimo, ma siamo in Asia! No stress. Dopo aver ordinato da bere arriva un cameriere e ci posa sul tavolo un invitante piatto d’involtini primavera… Subito, Carlotta ed io, ne prendiamo uno (pensando fosse per l’aperitivo) ma il cameriere ritorna agitato… “Excuse me… It’s not for you…” al che rimettiamo a malincuore l’involtino nel piatto che il ragazzo si affretta a portare ad un altro tavolo! Ordiniamo anche del vino rosso francese. Mangiamo benissimo. Personalmente assaggio il Tom Yam Pa (zuppa di lime e chili con pesce). Una squisitezza! Assaggiamo anche il Lap (carne tritata con erbe aromatiche e succo di lime). L’insalata di papaya invece, da quanto é piccante, é quasi immangiabile. Alle 22:00 finiamo la grande abbuffata. Matteo, che ha ordinato tre piatti e li ha mangiati tutti, riceve in premio un dolce offerto dalla casa. Budino di riso con latte di cocco e grani di mais! (niente d’eccezionale). Assaggiamo anche il Lao-Lao, distillato di riso, tipo vodka. Conto totale 31 usd in quattro… Assolutamente ridicolo per quello che abbiamo consumato! Dopo cena andiamo in un Night Club. Sono presenti solo locali, ovviamente. C’é un’orchestra con nove elementi e tanta gente che balla! Anche Giampaolo ed io facciamo un balletto. Matteo e Carlotta invece si limitano ad osservare le movenze dei ballerini laotiani. Beviamo due birre, due whisky e compriamo anche due pacchetti di sigarette. Totale del conto: 6 dollari meno il 15% di sconto … Forse si sono sbagliati??? No! É tutto OK! Alle 23:30 il locale chiude quindi ce ne andiamo a nanna. {NDR: Chissà perché ci hanno fatto il 15% di sconto? Non lo sapremo mai!}
Lunedì 10 Dicembre 2007 (Vientiane – Lago di Ang – Vang Vieng)
Alle 6:30 sveglia. Oggi si parte per Vang Vieng con Tappa al Lago di Ang. Le cascate di Nan Toa Tat Kuh ce le hanno sconsigliate poiché é molto che non piove e sono in pratica asciutte. Alle 8:10 siamo già in viaggio con l’auto recuperata ieri tramite l’albergo alla cifra di 75 Usd per la giornata. Oggi per le strade di Vientiane c’é più traffico. In uscita dalla città ci fermiamo a fare benzina, e poi dal gommista! Vila, il nostro autista é simpatico ma parla poco inglese. Anche la periferia di Ventiane é pulita, case più che decorose sono allineate lungo la strada, alcune direi molto belle. Le indicazioni stradali sono fatte molto bene e tutte in due lingue. Le strade sono in buono stato e la guida é, generalmente prudente. Per strada incontriamo centinaia di bambini che si recano a scuola, con la loro divisa pulita e la borsa a tracolla. Carlotta mi fa osservare che, tutto sommato, nei paesi comunisti vivono spesso meglio che in altri limitrofi. Il suo riferimento cade su Cuba, in raffronto alla Repubblica Dominicana. Sottolinea il fatto che fin’ora non abbiamo visto mendicanti, né prostituzione, né tanto meno bambini sporchi o malvestiti. Sono persone dignitose. Povere, sicuramente, ma dignitose. Ci fermiamo al mercato del paesino di Ban Ilai. Mercato pittoresco e ben ordinato. Compriamo dei lychees. Il Phat Hung (quella specie di gonna che usano le donne laotiane annodata in vita) non sono ancora riuscita a comprarla. Fino adesso mi hanno chiesto sempre delle cifre esagerate.
Verso le 10:30 arriviamo a Ban Na Kheun, delizioso villaggio sulle sponde del Lago di Ang, sviluppato in lunghezza, con decine di localini affacciati sulle acque calme del lago. Il lago di Ang é molto bello anche se la gita in barca (10 usd) é abbastanza superflua, almeno che qualcuno non sia particolarmente interessato a vedere la diga. Il lago infatti, é artificiale e tutte le ‘isole’ che spuntano in mezzo al suo bacino altro non sono che le cime delle colline appartenenti alla valle che fu inondata nel 1971. Ancora adesso ci sono foreste di teak, sul fondo, che fino a qualche tempo fa recuperavano, applicando poi delle tecniche di stagionatura particolare. L’attività principale, comunque, é la pesca. Turismo non deve essercene molto, per lo meno straniero; anche a giudicare dal fatto che, per organizzare il giretto in barca, siamo stati noi a dover importunare la gente del luogo per trovare la persona giusta. Non c’é alcuna presenza né d’insidianti procacciatori d’affari, né di cartelli! Alle 12:30 ripartiamo. Anche se qui c’erano invitanti locali per pranzare, decidiamo di portarci più avanti. Ci fermiamo a Phon Hong. Il posto non é il massimo ma almeno risparmiamo tempo. Assaggiamo un Red Curry! Giampaolo invece si tiene sempre sul Fried Rice, cosí non sbaglia! Assaggio anche la “M150”, una specie di Gatorade laotiano, bevanda abbastanza disgustosa. Ma me l’ha offerta Vila, il nostro autista e mi sembrava poco carino rifiutare! Ci sono parecchi turisti asiatici in questo ristorantino. Ripartiamo e proseguiamo verso Vang Vieng. Lungo il percorso notiamo molte ville in legno, alcune magnifiche. La strada comincia ad innalzarsi fra le colline ed é sempre più bella. Attraversiamo foreste di teak e giungla. Ad un certo punto il nostro autista ferma la macchina, prende dei soldi, due sigarette, una barrettina di cioccolato, e scende. Sosta merenda? No… Porta queste offerte ad un Budda, custodito in un piccolo tempio a ciglio strada. La strada riprende a salire e, fra boschi e giungla, i villaggi si fanno via via più semplici. Le case in legno lasciano il posto a capanne di paglia e palafitte in bambù. Costeggiamo ed attraversiamo torrenti. Dai ponti, le immagini sono fiabesche.
Arriviamo a Vang Vieng alle 15:30. Cerchiamo di farci portare in una guest house segnalata sulla Lonely Planet ma non la troviamo. Decidiamo quindi di fermarci in un bar della via centrale, e lasciamo libero Vila! Matteo ed io ci avventuriamo alla ricerca del luogo dove pernottare. Scopriamo che la cartina della Lonely Planet é completamente sbagliata, non c’é un indirizzo al posto giusto… Pertanto l’abbandoniamo ed andiamo a naso. Troviamo un paio di guest house niente male, a soli 5 dollari a camera, ma le scartiamo perché prive di veranda o balcone (essenziale per me che al mattino mi sveglio presto e non so mai cosa fare). Troviamo, finalmente, l’Orchid Guest House ma é piena… Alla fine optiamo per una sistemazione a 20 usd a camera ma veramente molto bella, con terrazza sul fiume. Recuperiamo il resto della famiglia e ci sistemiamo. Poi facciamo un giretto in paese. Vang Vieng é strapiena di turisti. Tutti giovani, probabilmente attirati qui dalla possibilità di fare rafting, tracking e tubing… E magari anche dalla Happy Pizza (pizza speciale con aggiunta di una non ben definita sostanza stupefacente). Prenotiamo il tubing per domani pomeriggio (discesa libera sul fiume con camere d’aria) e le biciclette per domattina. Ci fermiamo a prendere un aperitivo mentre i ragazzi vanno in perlustrazione alla ricerca di un ristorante per stasera. Alle 20:30 andiamo a cena al Rising Sun. Ordiniamo una Happy Pizza in quattro (così per vedere l’effetto che fa). Giampaolo però é all’oscuro di tutto… Siamo venuti a cena con i berretti in testa poiché ci era sembrato di capire che facevano una promozione per i clienti che portavano il cappello: bevande gratis ad ogni pietanza… Ma ci dicono che la promozione é per Natale. {NDR: Certo che non siamo solo noi ad aver capito male, perché il locale é pieno di turisti con cappello in testa!}.
Quando arriva l’Happy Pizza la taglio accuratamente in quattro parti uguali. É il ns. Antipasto. Giampaolo l’assaggia e dice “Buona… Perché ne abbiamo ordinata solo una?”. E noi cominciamo a ridere. Non so se é l’effetto della pizza ma Matteo, Carlotta ed io, dopo un quarto d’ora, siamo presi da una irrefrenabile voglia di ridere. E più cerchiamo di stare seri… Più ci viene da ridere! Giampaolo invece é serissimo, anzi, ci guarda con aria interrogativa. Dato che la ‘Happy Pizza’ l’ha mangiata anche lui (ma é l’unico che non sapeva cos’era) deduciamo che deve essere semplicemente un fatto psicologico, non si spiega diversamente… Fatto sta che noi ridiamo per tutta la sera! {NDR: Racconterò la cosa a Giampaolo il giorno dopo… Ma non verrò creduta…} Dopo cena, facciamo due passi in paese e scopriamo che solo il ristorante dove eravamo noi era pieno di gente… Compriamo un paio di pankakes con banana e cioccolato e, piano piano, rientriamo in albergo (sempre ridendo). Prima di addormentarmi leggo il capitolo del Laos, tratto dal libro “Bambini d’Oriente” di Corrado Ruggeri. Mi soffermo a riflettere sul fatto che il regime proibisce l’accattonaggio e la prostituzione. Forse é per ciò che non si tocca con mano la miseria? Ma Corrado Ruggeri aggiunge anche che la fede, la loro fede, é così forte che non si piega nemmeno di fronte al denaro facile. E con questa teoria mi addormento. Questo pensiero mi fa stare meglio, mi fa sentire il profumo della dignità. Quella dignità che in Laos é di casa!
Martedì 11 Dicembre 2007 (Vang Vieng)
Alle sette mi godo l’alba dalla terrazza della camera. I colori sono bellissimi. Facciamo colazione in un bar del centro dove conosciamo un italiano con i capelli biondi e rasta, tanto che non ci sembrava nemmeno un italiano. Chiacchieriamo un pó e quando ci salutiamo ci dice che, se oggi facciamo tubing puó essere che ci si incontri, dato che stamattina ha un colloquio di lavoro e, se lo assumono, inizierà oggi stesso a lavorare in uno dei bar sul lungo fiume! Divertente… Ritiriamo le nostre biciclette a noleggio e partiamo! La prima tappa é alla grotta di Kép Palem. Dopo circa ottocento metri a piedi nella foresta, comincia una memorabile arrampicata sulle rocce. La grotta non é illuminata ed il percorso interno non é nemmeno semplicissimo pertanto, all’uscita, decidiamo che questa é la prima e l’ultima grotta che visitiamo oggi. Na. Proseguiamo con le biciclette lungo la strada sterrata che porta ai villaggi delle tribù Hmong, che però di “Hmong”, al giorno d’oggi, hanno conservato solo il nome d’origine e i laboratori di tessitura. Compriamo anche una sciarpa di seta. La zona comunque é stupenda, con fiumi, torrenti, ponticelli in bambù e montagne che si innalzano a cerchio tutt’intorno. I bambini si bagnano nel torrente e l’eco delle loro gioiose grida di saluto, ci segue al ritmo delle nostre pedalate! SABAIDEE!! Verso le 11:00 decidiamo di riprendere la via del ritorno ma facciamo confusione con la cartina, sbagliamo strada e ci perdiamo nelle campagne. Pertanto arriviamo a Vang Vieng quasi alle 13:30, stravolti, dopo aver percorso una ventina di chilometri sotto un sole terrificante. Giusto in tempo per mangiare qualcosa al volo, mettersi il costume e partire per il ‘tubing’! Con un tuc-tuc ci portano circa a quattro o cinque chilometri più a monte e ci lasciano su una spiaggetta ghiaiosa. Ci consegnano una camera d’aria a testa, due sacchetti impermeabili (?!?) per riporre i vestiti e poi ci dicono di sederci dentro la camera d’aria e lasciarci trascinare dalla corrente.. Giampaolo si siede troppo a riva e quindi rimane lì, arenato. Dovrà spostarsi più al largo. Non é che comunque si vada veloci… Anzi il percorso é quasi annoiante. Io, che già temevo rapide e forti correnti, non ho da fare altro che rilassarmi! La prima tappa-bar é solo a cento metri dal punto di partenza. E lì che si fa? Si beve… Birra, whisky, cuba libre… Chi ha già bevuto abbastanza, può provare l’ebbrezza di fare jumping nelle fresche acque del fiume e, infatti, ce ne sono parecchi che si lanciano (quindi non é necessario che lo facciamo noi!). La seconda tappa é appena più in là e ci fermiamo anche lì poiché a Matteo si é sgonfiato, quasi completamente, il gommone! Ma lì non ci possono aiutare per cui proseguiamo fino al terzo bar… Dove, guarda caso, troviamo il ragazzo italiano di stamattina! Lì ci riparano il gommone e intanto, fra una chiacchiera e l’altra e nonché per brindare alla neo-assunzione, beviamo ancora qualcosa (finiremo mica con l’ubriacarci?). Ripartiamo, decidendo di non fare più tappe poiché il sole nella valle é calato e comincia a fare freddino… Durante il fluttuante ritorno, una gioiosa comitiva ci affianca e ci chiede se abbiamo delle sigarette così, per estrarre le sigarette dal sacco impermeabile (?!?), finisce che bagniamo tutto… Dopo una mezz’oretta ci fermiamo su una spiaggetta dove abbiamo avvistato un tuc-tuc! Fa troppo freddo e quindi rinunciamo all’ultimo tratto. Per pagare (molto rispetto al servizio offerto ma giustamente approfittano del turista semi-assiderato) non abbiamo soldi a sufficienza… Ora ci faranno scendere? Ma in definitiva mancano solo 30 centesimi di euro, che mi presta un francese del gruppo! Arrivati in albergo ci precipitiamo sotto la doccia calda. Qui in albergo prenotiamo i biglietti per il Minibus di domani, destinazione Luang Prabang per 11 usd a testa. Abbiamo provato a contrattare una macchina per 80 dollari ma non ci siamo riusciti, minimo ne volevano cento. É strano che i trasporti siano così cari in Laos, perfino in Ungheria dove la benzina costa quasi il doppio e la manodopera non parliamone, si riesce a contrattare trasporti per cifre più ragionevoli. Per cena scegliamo un ristorante all’angolo della strada principale e, dopo una partita a biliardo, andiamo a nanna. Certo che Vang Vieng non é il Laos, quello vero. Non é il paese del sorriso. Sembra piuttosto un enorme campus di giovani in cerca di avventura e divertimento! Mercoledì 12 Dicembre 2007 (Vang Vieng – Luang Prabang)
Sveglia presto e preparazione degli zaini. Gli indumenti di ieri pomeriggio sono ancora tutti bagnati fradici. Facciamo colazione in paese e preleviamo del denaro al Bancomat {NDR: Questi prelievi si riveleranno ad altissimo costo, poiché in loco ti addebitano due usd per ogni prelievo, con un massimo prelevabile di 70 usd, poi la banca di casa ti addebita una percentuale per il prelievo di contante all’estero, che nel nostro caso é solo dell’1% ma con un fisso di quattro usd. Alla fine, per ogni prelievo di 70 usd ci siamo accollati un costo di quasi nove usd } Partiamo alle 9:00 con il minibus turistico. Siamo in dodici e cinque ore di viaggio ci separano da Luang Prabang. Sarà il nostro ultimo spostamento via terra, qui in Laos. La strada é spettacolare e attraversa valli e montagne. Lungo il percorso si incontrano diversi villaggi Hmong, sicuramente molto piú caratteristici di quelli intorno a Vang Vieng, che abbiamo visitato ieri e che, essendo stati probabilmente inquinati dal troppo turismo, hanno perso parte delle loro tradizioni. Qui, tranne i bambini che di ritorno dalla scuola, sfoggiano la loro divisa scolastica bianca e verde, tutti gli altri vestono gli abiti tradizionali. Gli abiti sono neri intercalati da righe di vivaci colori. Sono gli Hmong a strisce. Peccato che siamo in bus e non ci possiamo fermare. Dopo un paio di tappe per toilette e beveraggi, verso le 12:30 ci fermiamo a pranzo. Mancano solo 60 chilometri. Al ristorante c’é tanta gente, per la maggior parte locali. Carlotta ordina una zuppa buonissima! Un’altra cosa positiva, che si nota in Laos, é l’assenza di discriminazioni sociali. Anche la gente ricca ha, a suo modo, un grande senso di rispetto per quella più povera. Perlomeno é una sensazione. Alle 15:00 arriviamo a Luang Prabang. La stazione dei bus si trova ad un paio di chilometri dalla città pertanto prendiamo un taxi collettivo (tuc-tuc spazioso…). Ci facciamo lasciare al Tum-Tum Restaurant, di proprietà di un’ungherese che gestisce anche delle guest houses, purtroppo piene. Matteo ed io quindi, con Lonely Planet alla mano, andiamo in perlustrazione per trovare un alloggio. Ma i prezzi non sono quelli indicati dalla guida. Molto molto più alti. Troviamo addirittura una guest-house che vuole rifilarci una camera, senza finestre e con letto incastrato tra due pareti alla “modica” cifra di 20 usd, senza colazione. No grazie. Proseguiamo e… Dopo un paio di guest-house over booking, un paio di Hotel a 100-150 usd a camera, troviamo una sistemazione a 26 usd, con colazione, in una pensione niente male. A Luang Prabang non noleggiano più le biciclette. Ci spiegano che, qualche mese fa, ci sono stati dei problemi con dei turisti e da allora la polizia ha messo il veto. {NDR: Allora esiste anche la polizia?… Perché da quando siamo in Laos non abbiamo visto nemmeno un poliziotto.. Se non che siano tutti in borghese}. Usciamo a fare due passi sulla riva del Mekong. A venti metri dal nostro albergo c’é una serie di ristoranti, veramente caratteristici. Ognuno ha la propria terrazza sul fiume, tavoli ben apparecchiati e illuminazione romantica. Troviamo un mercatino di prodotti artigianali in una delle vie traverse del centro. É il mercato notturno. Ci aspettiamo dei prezzi altissimi, dato il contesto di questa cittá turistica, invece… Sorpresa! Qui ci sono i migliori prezzi di tutto il Laos! Persino al mercato del paesino sulle rive del lago Ang i “pha nung” (le gonne tipiche laotiane) costavano il doppio!!! Quindi ci buttiamo negli acquisti: borse, tracolle, monili, copri-cuscini, sciarpe in seta. Non contrattiamo neppure, dato che tutto ci sembra a buon mercato. Persino le sciarpe in seta, tipo quella che ho comprato ieri nei dintorni di Vang Vieng presso una casa privata, qui costano la metà… Le venditrici inoltre, quasi tutte donne, sono dolcissime. Passiamo poi in un agenzia per prenotare la barca per dopodomani, con la quale, lungo il Mekong, cominceremo l’avvicinamento al confine tailandese. Spiego all’impiegato (che poi si rivelerà il figlio del proprietario) che vogliamo fermarci un giorno in più, prima della tappa di Pak-Beng, per andare a visitare il paesino di Hongsa. Lui conferma che é un’ottima idea ma che purtroppo dobbiamo pagare la tratta intera fino a Pak-Beng, e non é detto che il giorno dopo, su un’altra barca ci considerino validi gli stessi biglietti. Ok… No problem… Non sará una differenza di prezzo abissale. Ripasseremo domani pomeriggio. Per cena scegliamo uno degli invitanti ristoranti adocchiati prima sul Mekong. Romantico ma fa un freddo pazzesco. Di zanzare nemmeno l’ombra, con questo clima saranno in letargo… Per scaldarci lo stomaco ed eliminare l’umidità assorbita dal fiume, andiamo a bere un digestivo in un bar del centro. Lì conosciamo un cameriere che parla qualche parola d’italiano (ma molto bene l’inglese) e che ci racconta che é stato mantenuto agli studi per quattro anni da una famiglia milanese. Sulla strada di rientro ci offrono anche marijuana… Ma come?! … A una famiglia?! Va bene che abbiamo assaggiato l’Happy Pizza l’altro giorno… Però tutto ha un limite. Con un paio di coperte in più ci mettiamo a nanna! Giovedì 13 Dicembre 2007 (Luang Prabang) Sveglia alle cinque, per la gioia dei miei familiari… Ma dobbiamo andare a vedere la processione dei monaci! Alle 5:10 scopro che la porta, che dal nostro corridoio va alla reception, é chiusa a chiave… Come faccio ad andare a svegliare i micetti? Cerco altre uscite. Nulla… Allora mi decido e busso! Arriva subito uno dei ragazzi della reception, scusandosi… E mi apre. Per andare nell’ala della camera di Matteo e Carlotta devo attraversare la hall, che é piena di materassi per terra con buona parte del personale che, pacificamente, dorme. Dall’altro lato della hall ci sono invece tutte le scarpe disposte in ordinate file e, dall’angolo opposto, fa capolino il televisore, ancora acceso! Chiude il quadro una motocicletta ed un paio di biciclette rimessate all’interno.
Alle 5:40 siamo già per strada. C’é la nebbia e fa un freddo notevole. Matteo é rimasto a dormire… Ci ha detto di fare le fotografie così poi le vede… Siamo usciti senza saper bene cosa dobbiamo fare né dove dobbiamo andare ma non c’é problema, perché già fuori della guest house ci sono le venditrici di cibo per i monaci che ti dicono dove andare, ti noleggiano il tappetino per inginocchiarti per terra e ti spiegano pure cosa devi fare. Così ci rechiamo sulla strada principale, stendiamo il nostro tappetino e… aspettiamo. L’atmosfera é così diversa da quella che mi immaginavo o da quella descritta da Corrado Ruggeri nel libro che sto leggendo… Che mi pervade un senso di delusione. I monaci arriveranno solo alle 6:20. Intanto la strada é un brulicare di venditori di cibarie e noleggiatori di stuoie, nonché guide turistiche, che accompagnano gruppi di viaggiatori, spiegano loro dove sedersi e cosa devono fare. Sbarcano anche interi pullman, già forniti di vassoietti con cibi e spuntini… Dov’é finita quell’aurea mistica narrata da tanti? Dove sono i laotiani che ogni mattina, inginocchiati a terra e privi di scarpe (perché anche il marciapiede dove transitano i monaci, in questo momento, diventa sacro) offrono il cibo ai monaci? Qui ci sono solo turisti, vocianti, armati di macchine fotografiche e telecamere. Anche quando arrivano i monaci, tutti in fila, scalzi e silenziosi, l’atmosfera non cambia molto. Cerchiamo di concentrarci sul significato di questa processione ma, in mezzo a centinaia di flash e scatti fotografici, non é così facile. Solo loro, i monaci, riescono a mantenere la loro espressione asettica, lo sguardo perso nel vuoto. Alla fine anche Carlotta ed io cediamo al richiamo della vanagloria del turista e ci facciamo fotografare, anche noi, mentre lasciamo cadere pugnetti di riso e bocconcini avvolti in foglie di banano, nelle ciotole dei monaci. Alcuni monaci scartano del cibo e lo mettono in secchi di plastica, che saranno destinati ai bambini più poveri.
Alle sette Carlotta ritorna a dormire, mentre Giampaolo ed io andiamo a visitare il Tempio di Xieng Thong, il più antico tempio di Luang Parabang, risalente al 1500 e resistito anche agli attacchi dei vietnamiti. Nel padiglione interno é custodita la carrozza funeraria reale. Passeggiamo un pó sul lungo Mekong, andiamo a fare un paio di fotografie alla confluenza dei due fiumi e poi contattiamo un barcaiolo, per organizzare una breve escursione sul fiume, nella mattinata. Andare alle grotte di Pak Ou non ci interessa, pertanto organizziamo qualcosa nei dintorni. Alle nove rientriamo in albergo, facciamo colazione tutti insieme e poi andiamo all’imbarcadero. Le acque del Mekong sono molto basse in questo punto, tanto che ci insabbiamo un paio di volte. Il cielo é completamente coperto, c’é ancora la nebbia e, nonostante abbiamo indossato tre strati di maglie e maglioni, sentiamo ancora freddo. Prima tappa il villaggio di Ban Xieng Maen, villaggio posto di fronte a Luang Prabang, la cui fondazione risale al XIV secolo. I ragazzi salgono a visitare il tempio di Wat Chom Pet, che di per se non é molto interessante ma dalla cui sommità si dovrebbe avere un’ottima vista su Luang Prabang. Però é ancora nuvoloso, così non si può godere nemmeno della vista. Gli altri templi li lasciamo stare… Facciamo invece un bellissimo giro nel villaggio! A partire dal Wat Chom Pet, il primo tratto é sconcertante, sporcizia e incuria totale. Quando inizia il centro abitato però, tutto assume un’aria diversa. La strada centrale é addirittura pavimentata ed ai lati vi sono abitazioni di legno, negozi e piccoli bar locali. C’é anche una festa, di matrimonio supponiamo, ma non c’é nessuno che parla inglese quindi non riusciamo a capirci. All’ingresso ci sono due damigelle ed una bella casetta in miniatura appoggiata su un tavolino. Probabilmente é un simbolo augurale. Intanto le nuvole si sono diradate ed é uscito un bellissimo e caldissimo sole! Assistiamo al pestaggio di un bambino, da parte della sua mamma (meno male che avevamo appena finito di dire che qui i bambini sono trattati bene). Siamo testimoni anche di una feroce litigata fra due gatti che, prima si rincorrono avanti e indietro, poi salgono sul tetto di una casa, si azzuffano e nella foga della lotta, precipitano a terra. Fra miagolii e grida, a quel punto esce una signora dalla casa sottostante, piglia una ciabatta e la lancia sui gatti, colpendoli. Uno scappa a sinistra, l’altro a destra. {NDR: Peccato che non avevo la telecamera pronta perché sarebbe saltato fuori un bel video… Tipo i clip che si scaricano su internet dal sito ‘gatti pazzi’}. Regaliamo un pó di penne ai bambini che ci girellano intorno, curiosi. Infine riscendiamo alla banchina, dove c’é il nostro barcaiolo che ci aspetta, e ripartiamo. Verso mezzogiorno ci facciamo lasciare a Sud della città, vicino alla pagoda di Pha Bath Thai. In pratica ci scarica su un tratto di spiaggia deserta, anche pittoresca ma… La risalita della sponda del fiume si presenta alquanto ardua. In cima troviamo un ragazzo con un tuc tuc. Ci dice che é il figlio del barcaiolo e, avvisato dal padre che eravamo scesi in questo punto, voleva sapere se ci serviva un passaggio in centro. Ma no, grazie, siamo scesi qui proprio perché vogliamo andare a mangiare al ristorante segnalato sulla Lonely Planet come il migliore della città, che deve essere proprio da queste parti.
Da queste parti… In teoria, perché in pratica camminiamo sotto un sole cocente per quasi un’ora prima di raggiungere il sospirato ristorante che, sorpresa… Non esiste più! {NDR: La Lonely Planet comincia a scocciarmi!}. Ripieghiamo su un altro ristorante lì vicino, che poi scopriamo essere il ristorante di un bell’albergo, solo che noi siamo entrati dalla parte esterna. Il ristorante é molto piacevole, immerso in un rigoglioso giardino e con un’ampia terrazza, circondata da un laghetto di ninfee. Il cibo non é eccellente, é di gran lunga migliore nei piccoli ristoranti a gestione famigliare. Dopo pranzo prendiamo un tuc-tuc, per recarci in centro a visitare il Palazzo Reale ma, ahimè, il conducente (che per altro é simpatico e gentile e per portarci ha anche scaricato sul marciapiede quattro bomboloni di gas) non parla una parola d’inglese e non capisce niente. Gli mostro però la cartina al che lui annuisce. Ma sul tuc-tuc noi chiacchieriamo e ci distraiamo perciò quando si ferma, scendiamo, paghiamo, ringraziamo e… Solo dopo qualche frazione di secondo ci rendiamo conto che siamo alla fine del promontorio, dall’altra parte del Palazzo Reale. Ma lui é già sparito all’orizzonte. É tardi e siamo stanchi quindi prendiamo un altro tuc-tuc che, contrattando, riusciamo a pagare altri tre usd. {NDR: É incomprensibile perché qui in Laos i trasporti siano così cari. …Se non fossimo stati in ritardo sarei andata a piedi! Inoltre non sono nemmeno molto intelligenti, poiché se abbassassero le tariffe, almeno sui brevi percorsi, lavorerebbero almeno il doppio. L’altra stranezza é che quando chiedi un taxi o un tuc tuc ti fanno i prezzi a persona, e non a tragitto.. Penalizzazione assoluta per i nuclei familiari!} Intorno alle 15:30 entriamo al Palazzo Reale. Il Palazzo, per essere stata la residenza reale, non é poi così grande. Carlotta si informa subito e chiede agli inservienti dove dormivano i figli (dato che ne avevano cinque). Le mostrano una stanza ma non la convincono. Molto strano che i figli di un re dormissero in cinque, tutti nella stessa stanza, come lei e suo fratello. I decori sono molto belli, soprattutto gli ornamenti a mosaico del salone d’ingresso, che hanno visto all’opera per la sua realizzazione ben otto artigiani per quattro anni di lavoro. Interessante anche la collezione dei regali che il re ha ricevuto da capi di stato di gran parte del mondo. Fra questi, degno di nota é la miniatura del Lem con il quale, dall’Apollo, gli americani sono scesi sulla Luna nel 1971. C’é una dedica di Nixon, a fianco ad una piccola bandiera del Regno del Laos.
“Questa bandiera, emblema del vostro stato, é stata da noi portata sulla Luna, adesso ve la rendiamo impregnata dell’atmosfera lunare, come augurio di prosperità” Altro che prosperità… Dopo nemmeno sei anni furono mandati in esilio in una remota località del Nord del Laos, si dice rinchiusi in una caverna, dove, nel giro di qualche anno, perirono di stenti e di malattie non curate.
Dopo la visita decidiamo di salire sulla collina di Phu Si ma prima ci sediamo in un bar a bere qualcosa di fresco. La salita alla collina non é così faticosa come viene descritta dalla Lonely Planet. Sono solo 300 scalini che, anche salendo adagio, ci si impiega al massimo un quarto d’ora. I primi cento gradini sono i più ripidi. Noi ovviamente siamo saliti con grande anticipo così dobbiamo aspettare il tramonto per quasi un’ora. Dato che non abbiamo piú fretta, ci incamminiamo verso l’albergo a piedi giacché dobbiamo anche passare dall’agenzia per i biglietti del traghetto di domani. Ma arriviamo in albergo senza trovare l’agenzia.
Torniamo indietro… Ma non la vediamo lo stesso… Forse é chiusa? O forse era più verso il centro? Comunque, Giampaolo ed i ragazzi tornano in albergo ed io mi offro volontaria per andare a cercare l’agenzia fantasma. La trovo (era proprio a fianco al palazzo reale), faccio i biglietti (12 usd a testa), e mi dicono di passare di lì domattina, verso le 8:00, che ci accompagnano loro alla barca, per i posti. Ottimo. Hop-giai! Al rientro in albergo trovo Matteo e Carlotta al bar che chiacchierano con un ragazzo sud-africano e bevono birra. La chiacchierata gli fa bene per esercitare l’inglese… ma la birra?!? Al bar dell’albergo noto anche che ci sono due coppie, che ieri mattina erano sul nostro minibus da Vang Vieng! Strano… Non li avevamo ancora visti {NDR: per forza non li avevamo visti, se rientriamo in albergo alle undici di sera e usciamo alle cinque e mezza del mattino é difficile incontrare qualcuno…}.Per cena scegliamo un ristorante assurdo, dove spendiamo parecchio e mangiamo anche male! Anzi malissimo, dato che la sottoscritta avrà anche dei problemi. Avevo ordinato la zuppetta che mi era piaciuta tanto a Vientiane… Ma qui, anche se é il ristorante tradizionale più antico di Luang Prabang, la zuppetta era pessima. Dopo cena andiamo a nanna perché siamo tutti cotti.
Venerdì 14 Dicembre 2007 (Luang Prabang – Tha Suang – Hongsa) Sveglia alle sei. I pargoli devono essere chiamati per ben due volte poiché non danno segni di vita! Io non sono al massimo delle mie forze ma sopravviveró, come sempre. Matteo non trova più le sue ciabatte. Tutti si fanno in quattro… Gliene portano a vedere a decine… Ma tutte piccine (laotiane). In effetti, nella fila ne sono rimaste un paio molto simili alle sue e dello stesso numero… Probabilmente un turista le ha confuse con le sue. Nelle guest house, in quasi tutto Laos, bisogna lasciare le scarpe fuori… Però la prossima volta credo proprio che ce le porteremo in camera in mano… Dopo colazione ci incamminiamo verso il molo. Compriamo dell’acqua ed un paio di birre {NDR: Cosa perfettamente inutile dato che sul barcone vendono acqua, birra e bevande varie}. I panini invece li abbiamo ordinati in albergo. I signori dell’agenzia ci accompagnano alla barca e ci aiutano a salire (si sale attraverso un’asse di legno posta fra il barcone e la banchina). Poi mi ritirano i biglietti e mi dicono che me ne riportano altri nuovi perché questi non vanno bene.. (!?) Il barcone é nettamente superiore alle nostre attese, sedili di pelle reclinabili, servizio bar (the caffè… Etc). Meglio così. Prima della partenza della barca, arriva di corsa il figlio di quello dell’agenzia e mi consegna i nuovi biglietti. Mi accerto con il comandante che abbiano capito bene che noi dobbiamo scendere prima di Pak Beng, ovvero a Tha Suang, poi mi rilasso. Alle 8:40 il barcone parte e… Alle 9:00 il barcone si ferma… Perché il motore “s’é …Rrott!”. Ma non c’é problema perché l’equipaggio armato di chiavi inglesi e martelli, nel giro di dieci minuti lo ripara. Sul barcone non c’é molta gente, una dozzina di turisti stranieri ed altrettanti locali. Il tempo é nebbioso come ieri mattina, sembra quasi che piova da tanta umidità. Fa freddissimo. Carlotta affitta una copertina (pensa che servizio!!) e si mette a dormire. Verso le 11:00-11:30 esce il sole ed il paesaggio diventa una meraviglia. Il Mekong in questo punto si restringe. La vegetazione é lussureggiante e, a tratti, le sponde del fiume lasciano posto a distese di sabbia, talmente bianca che sembra di essere su una spiaggia caraibica. Alcune rocce abbelliscono il paesaggio. Ma non ci sono uccelli. Zona non buona per il birdwatching! Il Mekong deve essere particolarmente basso in questo periodo perché le barche fanno un sacco di giri strani, a volte procedono a zig-zag, probabilmente per aggirare i banchi di sabbia. Certo che se già adesso il livello é così basso, fra un paio di mesi avranno delle notevoli difficoltà a navigare. Abbiamo modo di assistere al passaggio delle barche ‘veloci’… Meno male che non abbiamo preso una di quelle. Sono piccoli motoscafi che sfrecciano ad una velocità incredibile, zompando sull’acqua ed emettendo un rumore assordante… La nostra barca invece procede lentamente, fra rocce giungla e sparuti villaggi di pescatori. I ragazzi sono sprofondati nel sonno.
Qualche rara fermata per far scendere o salire qualche passeggero locale, normalmente carico di sacchi, sacconi e borse, spezza la monotonia del nostro viaggio. É incredibile come donne così esili, riescano a portare sulle spalle sacchi da almeno 50 kg. Anche i bambini aiutano. In questa stagione secca inoltre, risalire le sponde del fiume richiede molta fatica, poiché ripidissime ed alquanto scivolose. Chiedo nuovamente quando si arriva a Tha Suang. Mi rispondono verso le 16:00… Ne deduco che deve avere accumulato ritardo, poiché alle 16:30 doveva già essere a Pak Beng. Un signore laotiano, che mi ha chiesto dove andiamo ed al quale ho spiegato di voler fare una tappa a Hongsa, mi rassicura indicandomi una ragazza e dicendomi… Quando scende lei, scendete anche voi! Lei va a Hongsa. Alle 16:20 arriviamo al porto (?!?) di Tha Suang. Scendiamo… E scende con noi anche un’altra coppia di turisti. Bene, così Giampaolo é più tranquillo e non pensa che lo portiamo in un posto selvaggio e fuori dal mondo. Il villaggio é costituito da una decina di case a palafitta ed una strada che scende quasi fino al fiume. Alla fermata dei tuc-tuc c’é una coppia olandese, che sta facendo il tragitto al contrario. Sono arrivati stamattina da Pak Beng e proseguiranno verso Luang Prabang. Sono qui da quasi sei ore perché il pick up ha detto loro che partiva solo quando arrivava la barca (nemmeno fossimo scesi in 30!!). Ci dicono che per portare solo loro, aveva chiesto circa 40 dollari… (un pó eccessivi per un tragitto di 30 chilometri. La coppia che é scesa dal nostro barcone invece é slovena. I trenta chilometri che separano il porto dal villaggio di Hongsa si riveleranno un’odissea… Un’ora e mezza di strada fra buche, tornanti, precipizi. Arriviamo a Hongsa con il buio (tanto per cambiare). Ci facciamo portare alla Jumbo Guest House, dove scendono anche gli olandesi. Le camere sono belle, anche se il bagno é in comune. Costano otto dollari con colazione. Va bene a tutti tranne agli sloveni che vanno a cercare qualcosa a meno… Bho?! In Ungheria per otto dollari in due non ti danno neanche la colazione… La proprietaria (da appena 6 settimane) é tedesca… E che ci fará mai una tedesca a Hongsa? Ci spiega che ha collaborato con il Centro per la tutela degli elefanti per qualche anno. Poi é vissuta in Laos per un periodo abbastanza lungo, ed alla fine ha scelto di rilevare questa guest house. Monica ci chiede se vogliamo che ci cucini degli spaghetti alla carbonara… NO GRAZIE {NDR: Per una critica della cucina come me, il pensiero di mangiare degli spaghetti alla carbonara, cucinati in Laos da una tedesca, non mi attira proprio}. Organizziamo con lei il trekking sugli elefanti per domattina (non abbiamo molto tempo, dato che domani pomeriggio dobbiamo riprendere la barca..). Gli olandesi scelgono il percorso nella giungla mentre noi scegliamo di andare al paese di Vieng Kaew, dove c’é la fondazione per la tutela dei pachidermi. Per cena andiamo in un ristorantino lì vicino dove però, purtroppo, non sanno cucinare. Fa niente… Tanto io non sto ancora bene da ieri sera. Dopo cena, con Monica, stappiamo (finalmente) la bottiglia di vino di more che ho comprato a Vientiane e che mi porto dietro da giorni… Matteo e Carlotta invece, vanno in discoteca con il ragazzo che lavora per Monica, Nin. Chiacchieriamo un pó con Monica. Mi fa leggere il libro delle firme, fatto con una carta speciale che ricavano dallo sterco degli elefanti. Con questa attività finanziano in parte il centro. {NDR: A casa ho un album delle fotografie realizzato con una carta simile… Vuoi vedere che é sterco d’elefante e io non lo sapevo? Si imparano sempre cose nuove}. La camera ha la parte superiore tra il muro ed il soffitto… Completamente aperta senza zanzariere. Zanzare non ce n’é sicuro, perché fa freddo… Ma speriamo che non ci siano altri rappresentanti della fauna laotiana… Sabato 15 Dicembre 2007 (Hongsa – Tha Suang – Pak Beng) Dato che il trekking con gli elefanti l’abbiamo organizzato per le 10:00, stamattina si poteva dormire un pó di più, ma ci svegliamo presto. I ragazzi invece, che sono rientrati a mezzanotte, li lasciamo dormire. Andiamo a vedere il mercato, dove Monica ci ha detto che a volte si trovano anche i tartufi. Ma oggi non ci sono… Sigh.. {NDR: Pensa un bel fried rice with eggs con una grattatina di tartufo sopra… hmmm). Compriamo dei fazzoletti di carta (merce molto rara da queste parti) e delle sigarette. I prezzi delle sigarette ci stupiscono.. Lo stesso tipo di sigarette pagato a Vang Vieng 1 usd, a Luang Prabang 0,80 usd e successivamente 0,50 usd… Qui costa 0,30 usd! Forse fra poco ce le regaleranno! Dato che Monica ci ha detto che il taxi con cui collabora per portarci nel pomeriggio al porto di Tha Suang vuole 40 dollari, ci rechiamo anche alla stazione dei bus, dove contrattiamo un pick up per 20 usd. Rientriamo, svegliamo i ragazzi, facciamo colazione e, intanto arrivano gli elefanti (con 40 minuti d’anticipo). Dico a Monica di disdire il suo taxi perché ne ho trovato uno a 20 usd. Matteo e Carlotta ci raccontano della serata di ieri sera. Discoteca casalinga ma divertente. Hanno fatto amicizie, scattato un sacco di fotografie ed anche ballato! Alle 10 circa partiamo per il trecking sugli elefanti. Matteo ed io su un elefante e Giampaolo e Carlotta sull’altro (così equilibriamo il peso). Gli elefanti sono simpatici ma parecchio indisciplinati. Ogni tanto si fermano e sgranocchiano il loro fogliame e rametti preferiti. Il nostro prende anche strade alternative, passa nei campi, gioca con i tronchetti di legno… Ad un certo punto arriviamo di fronte ad un ponticello di bambù. Matteo ha dei dubbi che regga il peso dell’elefante. Ma il conducente insiste per farlo passare di là. Tranquillizzo Matteo dicendogli che lui lo saprà certamente meglio di noi! Ma l’elefante retrocede, e guada piuttosto il torrente! {NDR: Intelligente! … L’elefante.} La gita dura due ore. Mi auguro che i 27 usd per elefante finiscano in buone mani. In teoria dovrebbero essere fondi per il Centro. La campagna che ci circonda é idilliaca. É veramente uno splendido altopiano. Certo che questo paese potrebbe diventare una località molto turistica. Per chi ama la natura, il trekking o la mountainbike sarebbe un posto ideale. Ma qui di turisti, a parte le due coppie conosciute ieri, non ne abbiamo visti. Il villaggio di Vieng Kaew é delizioso, pulito, ordinato, con tante case in legno rosso-chiaro, chiamato palissandro del Laos. Al ritorno ci attendono 5 chilometri a piedi sotto un sole cocente. Proviamo a fare l’autostop… Ma non si ferma nessuno {NDR in verità saranno passate due automobili in mezz’ora} Circa a metà strada Carlotta però, stanca di camminare, ferma un motorino. Gli chiede “Hongsa? I go with you… Hongsá?” Si fa capire a gesti .. sale e… Scompare all’orizzonte. Sta imparando a viaggiare! Matteo la imita (in questo caso però sarò io a fermare il motorino..). Giampaolo ed io arriveremo a piedi. Arrivati alla Jumbo guest house troviamo Monica, Nin ed il tuc-tuc di ieri che discutono… Lei gli dice che noi abbiamo trovato un mezzo a metà prezzo… Lui non sente ragione… Andranno avanti mezz’ora… Noi intanto prepariamo i bagagli ed andiamo a mangiare qualcosa dove non sanno cucinare ma… Non c’é molta alternativa. Quando torniamo Monica ci dice che é tutto risolto… Ci porta lui per la stessa cifra e gli altri sono giá stati avvisati. Arriviamo al porto intorno alle 15:30 e ci sediamo sulla riva del Mekong. Aspettiamo la barca per Pak Beng. Ci dicono che arriva alle 17:00… Strano, ieri sera é arrivata alle 16:20 ed era già in ritardo… Un gruppetto di ragazzini gioca sulle rive del fiume e un signore sta facendo il bagno. Una donna ci si avvicina e ci chiede se vogliamo una barca privata per andare a Pak Beng mentre intanto arriva il signore, che si stava lavando, e ce la propone per 100 usd… Disegnando la cifra sulla sabbia. {NDR: Ci avranno preso per americani? Magari a causa della camicetta a fiori di Giampaolo?} Poi un conducente di una speed boat (che sicuramente deve rientrare a Pak Beng), ci propone un passaggio per 7 usd a testa (28). No grazie… Sulla speed boat non ci saliamo nemmeno gratis! Comunque, verso le 16:00, arriva il traghetto. Mentre i locali sono impegnati a caricare e scaricare decine di sacchi di riso, granaglie, ed altro, mostriamo al “controllore” i biglietti di ieri. Ci dice che non vanno bene. Sono validi solo fino a qui, non fino a Pak Beng. Ok, no problem, quello dell’agenzia mi aveva avvisato che non tutti accettano i biglietti con la tratta del giorno prima… I ragazzini che prima stavano giocando sulla spiaggia adesso stanno aiutando a scaricare la merce. Caspita, ci saranno bimbetti di cinque o sei anni che riescono a portare sacchi di zucchero da 20 kg.! Saliamo sulla barca e facciamo i biglietti fino a Pak Beng per cinque dollari a test. Il capitano della barca intanto mi chiarisce che non é una questione di validitá tra una barca e l’altra ma é che i nostri biglietti sono stati pagati solo fino a qui, non fino a Pak Beng. Mi mostra anche la cifra scritta sopra… 88000 kips, circa 8 dollari. {NDR: Hai capito i furbetti dell’agenzia di ieri?! Quando mi hanno cambiato i biglietti al mattino hanno scalato la differenza del percorso da Tha Suang a Pak Beng… Peccato che non me l’abbiano anche ridata la differenza…} La barca non ha niente a che vedere con quella di ieri. Qui le panche sono tutte in legno e scomodissime, ci consola il fatto che il percorso é breve.
Alle 17:00 siamo ancora in navigazione lungo l’interminabile Mekong, fra le solite spiagge bianche, le familiari rocce affioranti a pelo d’acqua, le migliaia di merci che vengono caricate e scaricate ad ogni tappa e la dolcissima gente che ti saluta dalle sponde. In questo barcone, c’é ancora meno gente che in quello di ieri ma in compenso c’é un turista italiano in solitaria, col quale scambiamo due chiacchiere! Arriviamo a Pak Beng che é quasi buio. Anche qui c’é una ripida sponda da risalire. E mentre il resto della mia famiglia é già giunto sulla strada, io sono ancora lì, arenata nella sabbia. Meno male che interviene un robusto asiatico a darmi una mano. Facciamo i biglietti per l’ultimo tratto di domani a 10 usd (in totale quindi ne abbiamo spesi 27). Chiediamo se c’é una barca che parte prima delle nove… Ma ci dicono che non c’é. Peccato, volevamo essere sicuri di riuscire ad entrare in Tailandia domani sera, poiché data la lentezza del traghetto, se partiamo alle 8:30 arriveremo quando sicuramente la frontiera é già chiusa… (chiude alle 18:00) Proseguiamo lungo la strada asfaltata di Pak Beng e ci fermiamo al terzo albergo sul lato sinistro. La camera doppia con colazione bagno privato, televisione e terrazzino costa 8 usd ed é anche bellina, pulita e confortevole. Mentre sono alla reception passa una coppia, proveniente dalla Tailandia e diretta verso Luang Prabang e chiede quanto costa una camera. Alla loro risposta 8 usd se ne vanno delusi.. Perché é troppo cara {NDR: Mi piacerebbe vedere come faranno a Luang Prabang!} Ci danno anche la pila, poiché dopo le 22:30 non c’é luce. Pak Beng, che mi immaginavo una grande e viva cittadina, non é altro che una striscia di 400 mt di strada, lungo la quale si aprono, ristoranti, guest-house, negozi, e si conclude con un grande mercato posto sul lato sinistro. Per cena scegliamo un ristorante proprio carino dove mangiamo benissimo, con un servizio perfetto ed un ottimo lao-lao, omaggio della casa. Il cameriere si deve essere innamorato della Carlotta perché le fa dei sorrisi smaglianti… e si occupa del nostro tavolo come con dei vecchi clienti habitué. Dopo cena i ns. Figli vanno in camera a scrivere il diario di viaggio. Noi ci beviamo ancora un lao lao e poi rientriamo in albergo. Ci sediamo sulla terrazza (praticamente on the road) e chiacchieriamo con un olandese single che dorme nella stanza a fianco a noi ed é molto simpatico. Dopo un pó ci raggiungono anche Matteo e Carlotta e così ci facciamo un sacco di risate. Domenica 16 Dicembre 2007 (Pak Beng – Huay Xai) Mi sveglio prestissimo e vado a fare un giro all’animatissimo mercato. Faccio un pó di fotografie, anche al Mekong. Dopo colazione andiamo alla barca con i nostri panini e qualche bottiglia d’acqua. Partiamo alle 9:00, in ritardo di mezz’ora e giusto in tempo per perdere la speranza di passare la frontiera Tailandese in serata. Sul barcone (sempre a panche in legno) oggi siamo 14 turisti e 15 laotiani, compreso l’equipaggio. Quello che stiamo facendo noi deve essere un itinerario poco gettonato poiché nel senso opposto i barconi sono stracarichi, arrivano a portare anche 110 passeggeri. La navigazione sul Mekong é sempre piacevole e rilassante ma due giornate intere sostengo siano un pó troppe… E se non avessimo spezzato il viaggio con una tappa a Hongsa, ci sembrerebbe ancora meno sopportabile. Alle 14:00 il Mekong scorre sempre, e sempre in senso contrario. Il sole é ancora alto nel cielo e noi… Non ne possiamo più di questo viaggio infinito… ! Non sappiamo né dove siamo né quando arriveremo. I laotiani non ne sanno molto più di noi… Ci dicono intorno alle 18:00 (forse riusciamo a passare la frontiera???). Verso le 16:30, sulla sponda Ovest del fiume cominciano ad apparire belle case, pali dell’elettricità stile occidentale ed una strada che costeggia il Mekong! É la Tailandia. Cominciano anche a svolazzare alcuni uccelli che durante tutto il viaggio, non abbiamo mai scorto. Arriviamo a Huay Xai solo alle 19:00… Al buio completo. Attracchiamo presso un’altro barcone e così, passando di barca in barca, finalmente, dopo quasi 11 ore d’interminabile navigazione… tocchiamo la terraferma. HOP GIAI LEI LEI!!! Prendiamo, insieme ad altri, un taxi collettivo per il centro, poiché non é vero che dal molo ci sono solo 400 metri di strada, come segnalato dalla Lonely Planet; ma ce ne saranno almeno 1500!. Cerchiamo un albergo vicino al punto di frontiera. Il primo é chiuso, il secondo é pieno… Finiamo alla Friendship Guesthouse, dove troviamo una camera a quattro letti con bagno (almeno così definito). Ha però una bella terrazza affacciata sulla via centrale. Io esco per vedere se riesco a telefonare in Myanmar, per avvertire colui che dovrebbe attenderci al confine Tailandese domani mattina, che arriveremo solo intorno alle 10:00… Ma non ci sono posti telefonici pubblici. Vogliono vendermi delle schede… Ma io dopo cosa me ne faccio? Piuttosto provo con il mio cellulare ma… Tanto non mi risponde nessuno. Intanto che passeggio, scovo un ristorantino con terrazza sul Mekong, proprio incantevole, dove più tardi, riunita la famiglia, ci recheremo a cena. Ordiniamo una specie di barbecue “fai da te” {NDR: Ci ha ricordato tanto la Cambogia}, Ci portano a tavola una specie di piastra a forma conica, riscaldata da braci. Poi arrivano piatti da portata con carne, pesce, uova, verdure, tagliolini. Dapprima cuociamo la carne, poi nel sughino della carne, diluito con acqua, cuociamo i vermicelli con le verdure, aggiungiamo anche l’uovo e condiamo con coriandolo fresco. Pasto piacevole e divertente! Qui a Huay Xai non fa nemmeno freddo e non serve neanche il maglioncino. Alle 23:00 andiamo a nanna.
Lunedì 17 Dicembre 2007 (Huay Xai – Chang Kong – Mae Sai) Alle sei mi sveglio e dopo una doccia quasi fredda vado sulla terrazza! Qui assisto ad uno spettacolo meraviglioso. La processione dei monaci! Ma questa non é per turisti, come a Luang Prabang. Questa é naturale e spontanea. Qui non ci sono venditrici di cestini di cibo, non ci sono locatori di stuoie, non ci sono vocianti turisti né flash da tutte le parti. Sono solo una decina i monaci, come una decina sono le persone inginocchiate a bordo marciapiede, a piedi nudi ed intente ad offrire il cibo… I monaci a loro volta, in gruppetti di due o tre, ricevuta l’offerta di cibo, intonano una preghiera in coro. É bellissimo. Questa sarà l’ultima immagine vera del Laos che mi porteró dentro e che mi seguirá oltre i confini!. E questa immagine é un grande dono, uno splendido regalo d’addio! Grazie Laos!, Dopo aver fatto colazione, alle otto meno cinque siamo già davanti al check point della frontiera Laos-Tailandia, che aprirà puntuale alle otto! Il controllo in uscita é velocissimo, poi prendiamo una barca che ci traghetta al di là del Mekong. Sulla barca un ragazzo ci cambia gli ultimi kips rimasti. e così lasciamo il laos, il paese delle belle donne, delle insalate piccanti, della pace e dell’onestà. lasciamo la vita sul fiume, le città turistiche ed i villaggi poveri ma ordinati. lasciamo i sorrisi dei bambini e la cordialità della gente. lasciamo questo popolo dignitoso. lasciamo i monaci arancioni e scalzi con le loro ciotole mezze piene o mezze vuote. lasciamo tutto lì, dove forse un giorno ritorneremo.