In Islanda … a sorpresa!

Viaggio a sorpresa in Islanda, d'inverno, dopo aver cambiato meta, aspettato, e poi deciso di partire dopo l'11 settembre
Scritto da: fiorella_fiore
in islanda ... a sorpresa!
Partenza il: 11/11/2001
Ritorno il: 15/11/2001
Viaggiatori: tre
Spesa: 500 €
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Siamo stati in Islanda nel 2001, dopo l’11 settembre, quindi dieci anni fa, e allora andare in Islanda non era molto usuale… ecco quindi il mio diario di bordo di allora, lo mando perchè leggendo l’ultimo diario di viaggio pubblicato su T.p.C. mi è tornata la voglia dell’Islanda.

Il 28 settembre di quest’anno dovevamo andare a Capo Verde. Era stata una decisione molto ponderata, avevamo vagliato varie proposte finchè Miriam, mi aveva parlato di questo ultimo paradiso naturale dove le tartarughe vanno a depositare le uova, dove la gente è allegra anche se non possiede molto e dove il mare è limpidissimo e pieno di pesci.

L’11 settembre 2001 ha sconvolto il mondo e noi, come tanti altri, abbiamo disdetto il viaggio.

In questo mondo ormai definitivamente cambiato, con la paura di atti terroristici, della guerra, della fame e della disperazione entrate nelle case di tutti, anche di chi ha sempre fatto finta di non vedere e di non sapere, ci siamo ritrovati con l’ansia di non sapere che fare, di non sapere dove il mondo ci potrà portare.

Poi, consapevoli che non si può stare in attesa di qualcosa che forse (speriamo) non avverrà mai, come il buon vecchio Giovanni Drogo, abbiamo deciso di fare un viaggio, se capitava.

E’ capitato.

Miriam mi ha faxato alcune proposte che lei ha trovato interessanti ed io ho subito adocchiato quella che anche lei preferiva. Reykjavik, Islanda, 800 km. circa a nord della Scozia, sopra le Isole Faroer, distante appena 250 km – sopra Akureyri, capitale del nord, – dalla Groenlandia sul Mare di Danimarca. Il tutto ad un prezzo stracciato, in promozione.

Come non si poteva cogliere tale occasione?

L’abbiamo colta e ne abbiamo fatto venire voglia anche ad Elisa, bionda cara ragazza.

11 novembre

Alle 5 del mattino partiamo per Malpensa, bardati di tutto punto. Pioviggina. Arriviamo a Malpensa piuttosto in anticipo, perdiamo tempo per cercare il posteggio dove abbiamo la convenzione per lasciare la macchina, lo troviamo, posteggiamo e ci caricano su un pulmino con altre due persone. Durante il tragitto verso il terminal facciamo due discorsi con gli sconosciuti, che sono di Genova anche loro. Alla fatidica domanda “voi dove andate?” noi rispondiamo Reykjavik e loro “a Sharm”! Non si potrebbe essere più agli antipodi.

In aeroporto ci rechiamo al bancone dell’Alitalia, facciamo il check-in per Francoforte e poi aspettiamo. Alle 9,15 siamo in volo. Il comandante ci dà il benvenuto e ci preavvisa che ci sarà un po’ di turbolenza.

Non è così, per fortuna, prediamo due o tre scrolloni sulle Alpi e poi basta. Ci servono una colazione così così e verso le 10 siamo a Francoforte, da dove partiremo verso mezzogiorno.

L’aeroporto di Francoforte sul Meno è enorme, prendiamo navette, scale mobili, scale normali e finalmente siamo alla sala dell’imbarco. Fatto il check-in ci accorgiamo che siamo i soli italiani ad imbarcarci per Reykjavik. Meno male che c’è Elisa: il mio inglese è completamente arrugginito. Ci imbarchiamo su un Boing 757 (proprio quello delle torri, dice Elisa) e decolliamo. Ci servono un pranzo piuttosto buono dopo di che vediamo un telefilm ed un film (in inglese) guardando ogni tanto sotto per cercare di intravedere qualcosa ma ci sono solo nubi. Il comandante ci dice che nel nostro volo sorvoliamo Amsterdan, Aberdeen e l’Atlantico. Il volo corre via regolare ed alle 16,30, ora locale, (l’Islanda ha il fuso di Greenwich) atterriamo al Leifur Eiriksson International Aerport. Sbarchiamo e ci troviamo già in atmosfera natalizia: alberi di Natale e Babbi Natali sono sparsi per l’aeroporto che non è molto grande e piuttosto moderno. Mario ed Elisa vanno a raccogliere i bagagli, io mi fermo al cambio e mi faccio cambiare le lire in korone islandesi, poi li raggiungo. Usciamo e c’è il flybus che ci aspetta. Fuori c’è il sole, la terra è nera di lava, davanti all’aeroporto vi sono due monumenti, uno che si capisce benissimo che è un arcobaleno e l’altro che sembra un pinguino che esca dall’uovo: ci dicono che è la nascita del Concorde. Filiamo verso la capitale, insieme a tanta altra gente, cercando di capire com’è questa terra, terra di ghiaccio. L’aeroporto internazionale è a Keflanik, circa 50 km dalla capitale, raggiungiamo l’aeroporto nazionale dove raccogliamo altra gente e con un pulmino più piccolo ci trasportano al City Hotel, in Ranargate, il nostro albergo, in centro, piccolo, carino, bianco, all’interno tanto legno, tende chiare e scure, moquettes, una bella sala per la prima colazione. Alla reception c’è una ragazza gentile che ci dà le chiavi delle nostre camere. Ci diamo appuntamento a circa 20’ dopo per posare le valigie e riuscire. Quando scendiamo Elisa è giù che ci aspetta nella hall e usciamo. Sta cominciando a venire buio, ammiriamo le prime grandi finestre illuminate e decorate da vari soprammobili e da tende in pizzo che mi ricordano quelle in Olanda. Ci incamminiamo verso il centro, noi siamo quasi sul porto. La città è divisa dal fiume e da un grande lago, sul quale, scopriremo poi, vi sono cigni ed anatre. Cominciamo a guardare questa bella città, ampia, ben disposta, con tanto verde, sembra fatta a misura d’uomo. In centro non circolano gli autoveicoli e si può passeggiare tranquillamente. Decidiamo di fermarci per cenare e troviamo un bel localino Cafè Victor, del quale avevo letto su una guida. L’entrata è emozionante: è un locale, discreto, con luci soffuse, la candela accesa su ogni tavolo che crea una atmosfera molto intima, un grande specchio in fondo alla parete nel quale si riflette la luce delle candele. Siamo veramente contenti! Ordiniamo la cena ad un ragazzo piuttosto gentile (Mario ed Elisa un panino con dentro un sacco di cose, patatine fritte, salsine e verdure ed io una zuppa di pesce con pane caldo e burro). Beviamo la prima birra Viking e poi ordiniamo un caffè. Ci portano un thermos enorme! Qui in Islanda paghi la prima e la seconda tazza te la regalano! Noi ci scoliamo tutto il thermos. Dopo cena passeggiamo un po’, fa abbastanza freddo, poi ci dirigiamo verso l’hotel. Mi ficco a letto, senza lenzuola, e c’è un piumone delizioso che però ci fa morire dal caldo.

12 novembre

Oggi c’è la prima escursione: Laguna blu, prenotata direttamente in hotel. Facciamo una abbondante colazione. Nel buffet sono compresi yogurth, cereali, frutta, formaggio, salame, prosciutto, muffin, torte, latte, pane, burro, marmellata, aringa, pomodori, cetrioli e caffè o the o cioccolata. Guardando dalla finestra scopriamo che fuori nevica! Alle 9,40 passa il pulmino a prenderci e ci accompagna verso il bus terminal dell’aeroporto nazionale dove ci aspetta il pullman gran turismo che raccoglie tutti i partecipanti alla gita. Durante il tragitto vediamo the Pearl: sono 5 enormi serbatoi d’acqua delle sorgenti geotermali che riscaldano la capitale islandese, con un osservatorio e relativo fantastico panorama sulla città, grande piscina termale nella cupola panoramica con finto geyser e ristorante, e scorgiamo un termometro: segna -4°! Il panorama è stupendo con tutta questa neve che spicca sulla lava nera. L’Islanda è un paese relativamente giovane, con caratteristiche geologiche e geotermali notevoli, vi sono ancora oggi vulcani attivi, solfatare naturali, geysers, che gli islandesi usano per il riscaldamento e delle serre dove coltivano delle splendide verdure. La guida – rigorosamente in inglese – ci spiega che esistono due tipi di lava: i campi di lava, dove si formano i muschi e vi sono i licheni e la lava a blocchi, la a-a-lava, che posandosi assume queste forme sculturali incredibili. Con noi viaggia una squadra sportiva di Reykjavik ed i ragazzi sono in maglietta a mezze maniche! Arriviamo quindi a Laguna blu, Blue Lagoon. Lo spettacolo è stupefacente: l’acqua è straordinariamente azzurra in questo lago incastonato nella lava nera, con la neve bianca di contorno, i fumi di vapore caldo che fuoriescono dalla sorgente! Percorriamo il breve tratto di strada che separa il pullman dallo stabilimento: fa proprio freddo. All’interno veniamo separate dagli uomini (non è un lager), ci danno un braccialettino magnetico da metterci al polso e che ci serve da biglietto d’entrata e da chiave per l’armadietto dove riporre le nostre cose. Elisa ed io entriamo negli spogliatoi e ci mettiamo il costume, prendiamo l’asciugamano e ci dirigiamo, dopo aver fatto la doccia, alla piscina. Per entrare nell’acqua bisogna scendere diversi gradini, e l’acqua è caldissima. Percorriamo qualche metro finchè vediamo una vetrata con una porta che dà nella piscina, grandissima, all’aperto. Intanto Mario ci ha raggiunte. Siamo un po’ titubanti al pensiero di uscire, fuori nevica, e quando apriamo la porta ci investe una raffica di vento gelido, ma camminando con l’acqua fino al collo non si sente il freddo, per cui, invogliati da Elisa, usciamo. La sensazione è veramente stupenda. Cammino lentamente nell’acqua piacevolmente calda, soffermandomi in una grotta naturale di lava, mi dirigo verso il centro dove l’acqua è ancora più calda. E’ veramente stupefacente e la sensazione meravigliosa! Il terreno è morbido, ne raccolgo un po’ col palmo della mano: è di lava nera finissima, talco nero. Dopo i 10 minuti canonici (la guida ci ha raccomandati di non fermarci di più e di non saltare), ritorniamo al coperto e ci ridividiamo. Elisa ed io facciamo una bella e calda doccia, ci asciughiamo i capelli ed incomincia la vestizione: calzamaglia, calzoni, maglietta della salute, maglietta di cotone, termica in pile, giacca a vento, stivaletti di goretex , guanti e berretto! Sono vestita a strati cime le cipolle. Ci attardiamo poi a comprare acqua, bere caffè e comprare cartoline with stamps ed arriviamo per ultimi al pullman. Facciamo quindi un giro attraverso la distesa di lava di Hafnarfjorour, attraversiamo la penisola di Reykjanes con il suo incredibile faro sulla scogliera di lava nera battuta dall’oceano Atlantico, intravediamo chiesette e case coloratissime, cavalli che pascolano alla stato brado. Visitiamo il porto di Grindavik, villaggio peschereccio con attrezzatissime navi da pesca d’alto mare e poi ci portano a pranzare in un bel localino, self-service, dove prendiamo del buon pesce e dell’ottimo caffè. Ci fanno poi visitare un acquario con fauna locale dove c’è anche un museo del pescatore e scatto una grande quantità di foto. Durante il viaggio di ritorno Elisa riceve un messaggio sul cellulare che la informa di un altro attacco terroristico a New York! E’ caduto un altro aereo. Sono costernata, tutta la bellezza e l’allegria della giornata svaniscono d’improvviso. Ormai ha smesso di nevicare per cui torniamo verso il City Hotel ammirando il paesaggio tipicamente nordico con queste case colorate dai tetti aguzzi che spuntano dai brulli e muschiosi campi di lava. La mia testa però non è sgombra, l’evento che ci ha raccontato Elisa mi angoscia veramente. Più tardi, per fortuna, verremo a sapere che non è stato un atto terroristico ma, purtroppo, un errore umano a causare la tragedia per cui la cosa, anche se sembra incredibile, mi rassicura. Sono più o meno le 16 per cui sostiamo brevemente in albergo e poi di nuovo fuori. La prima visita è al porto con le sue navi d’alto mare, dove soffia un fortissimo vento e dove scatto tantissime foto. La nevicata della mattina ha reso praticamente eguali i prati ed i laghi per cui occorre porre attenzione nel mettere i piedi in quella che crediamo erba.

Qui a Reykjavik vi sono dei negozi con delle bellissime vetrine, colme di fiori, di addobbi natalizi, di statuine, di puffin (pulcinella di mare). Gli alberi, per lo più spogli, sono addobbati con le lampadine natalizie e tutto è molto bello.

Facciamo due o tre volte lo stesso giro intorno alla Cattedrale luterana – Hallgrimskirkja, che è architettonicamente interessante, illuminata nella notte, e poi troviamo finalmente la pizzeria che cercavamo dove gustiamo una buona pizza (che qui si paga secondo il diametro: 10, 12 e 16 pollici) con gamberetti, cozze e qualche altro pesce, beviamo una viking, degustiamo il solito caffè, parliamo attraverso la luce delle candele in un’atmosfera molto soft, rilassante e poi ci incamminiamo verso casa. Passiamo attraverso il parco, vediamo i cigni ed i germani, passiamo da un altro laghetto ed un signore esce di casa per avvisarci che lì c’è acqua, non terra, ripromettendoci di tornare domani. Dopo essere stata tutto il giorno col berretto la mia testa è ridotta ad un nido per cicogne! E quindi conio la dicitura, per intendere i miei ricci, “modello Giuditta 1”.

13 novembre

Oggi abbiamo la giornata a disposizione. Il tempo è un po’ nuvoloso ma non importa. Come al solito siamo equipaggiati piuttosto bene. Di questa stagione l’alba è verso le 9,30, il chiaro completo è verso le 10. Usciamo dall’albergo in questa luce tremolante con le luci nelle case, nei viali, nei parchi, accese. Vi è un fascino incredibile in tutto questo. Nel pomeriggio la luce solare si spegne verso le 17 e tutto torna a scintillare di luci colorate. Giriamo per la città, ormai la conosciamo.

Reykjavik – che vuol dire Baia fumante – è situata su una penisola, ad est è circondata da colline e catene montuose, non è molto grande, anche se estesa su un perimetro piuttosto vasto, ha un centro diciamo storico dietro il porto ed intorno ad una grande piazza, vi sono vari edifici e monumenti principali, chiese, abitazioni colorate risalenti alla fine del settecento, dell’ottocento ed ai primi del 900 e grandi edifici moderni sulla passeggiata verso est del porto. Fu fondata da Ingonfur Arnansson, un norvegese che nel 900 d.C. circa sbarcò su queste lande sulle quali avevano posato i loro piedi solamente dei monaci irlandesi in cerca di meditazione.

Attraversiamo un ponticello pedonale che collega le due sponde dello Tjornin che è ancora gelato e all’orizzonte, nella luce madreperlacea si staglia la sagoma bianca di una chiesa col campanile aguzzo.

Vi sono moltissimi alberi, tanti platani e betulle, abeti, grandi parchi e spazi vivibili e godibili dalla gente.

Visitiamo la cattedrale luterana, Hallgrimskirkja, molto chiara, limpida con uno stile gotico moderno pulitissimo e dove due ragazzi suonano Bach sull’organo e con tromba barocca per la delizia di Mario.

Saliamo anche sul campanile dove ci coglie, alle 12, lo scampanio delle campane che ci assorda, e da dove si gode di uno stupendo panorama della città. Sulla piazza antistante la statua enorme di Leifur Eiriksson detto anche Leifur il fortunato, che nel XI secolo pare abbia raggiunto Vinland ( il Canada).

Percorriamo la strada del porto, vediamo la scultura di una nave vikinga lungo lo specchio d’acqua, riprendiamo la salita verso la collina, perdo i guanti e me li ritrova una signora che me li porge gentilmente.

Passeggiamo ancora poi ci dirigiamo verso il museo vikingo dove ci mostrano come hanno fatto i vikinghi a raggiungere l’Islanda dalla Norvegia e da qui il Nuovo Mondo prima di Cristoforo Colombo. I reperti non sono un gran che ma l’esposizione e la ricostruzione dei luoghi è molto buona.

Apprendiamo anche che Erik il Rosso passò il suo primo anno di vita matrimoniale in una capanna qui in Islanda.

Scopriamo un negozio dove vendono prodotti italiani (olio a 50.000 lire la bottiglia), entriamo in un supermercato dove poi, la sera precedente la partenza, compreremo cioccolata, visitiamo una birreria dove compreremo birra da far assaggiare in Italia.

Ritorniamo poi il hotel dimenticandoci di riprendere la strana statua con la pietra in testa che avevamo già visto la sera precedente.

Di comune accordo abbiamo deciso che questa sera dovevamo festeggiare per cui andremo a cenare in un bel ristorante.

Scartiamo quello che, anche costoso, offre carne di puffin, e ci dirigiamo verso quello che ci aveva attirato passando dal centro informazioni turistiche.

E’ una casa antica, della fine del 1700, in legno scuro con le finestre bordate di bianco. Ai vetri ha tende di pizzo e tende pesanti a fiori azzurri.

L’interno è splendido: pavimenti in legno, tappeti, tavoli e sedie antiche, una sala – dove mangiamo – col pianoforte, ritratti di musicisti alle pareti, quadri, cornici dorate, cristalliere, fiori, piante. Anche le tovaglie – di pizzo crue – sono di un delizioso buon gusto così come i piatti e le posate.

Scopriremo poi di essere andati in uno dei più raffinati e rinomati ristoranti di Reykjavik, il Laekjarbrekka.

Mangiamo divinamente, crema di latte e crema di olive con panini buonissimi caldi, pesce affumicato, cotto alla brace, crudo, verdure strepitose, taccole, asparagi, ed un dolce divino, col kefir, la frutta di bosco ed il sorbetto di fragola! Segue un caffè espresso (detto così dallo scontrino) che è il loro solito caffè lungo.

Anche i bagni (due) sono arredati magnificamente anche se Mario dice che il bagno è color verde pisello! ed io ed Elisa ridiamo sonoramente.

Ritorniamo ancora passeggiando ed ammirando le costruzioni nordiche, tre Babbi Natali che si arrampicano sulla grande vetrata di una libreria ed andiamo a dormire.

14 novembre

Stamattina sveglia presto, alle 8,40 ci viene a prendere il pulmino per l’escursione alle Cascate di Gullfoss. Facciamo colazione e, vestiti come se si andasse a sciare, partiamo. E’ ancora buio ed il pullman attraversa la città ancora sonnolenta ed illuminata dalle luci artificiali. La prima tappa è a Hveraggeroi la cittadina delle serre riscaldata dal calore geotermico. Già da lontano si vedono dei grandi “contenitori” illuminati a giorno: sono le serre, dove gli islandesi coltivano verdure, fiori e piante. Dentro vi è un caldo africano con tante luci che sembra di essere nel Sahara, vi è odore di terra umida, scorgiamo tantissime piante, alberi, stelle di natale, e poi vi sono negozietti carinissimi dove vendono tante belle cose che Elisa ed io ci affrettiamo a comprare anche se già avevamo fatto shopping a Reykjavik in un gran bel negozio di cose tipiche ed alla manifattura laniera dove avevamo acquistato maglioni, guanti, calze, babbucce ricamate. Il pullman riprende quindi la sua corsa attraverso i campi di lava ed arriviamo in prossimità di un vulcano spento, scendiamo e andiamo a visitarlo. E’ veramente impressionante, questo cratere trasformato in lago, il cui nome è Kerio. Siamo sul bordo a fotografare finchè una raffica di vento non mi spedisce quasi giù per il pendio quindi di spavento e me ne vado. Riprendiamo il viaggio ed arriviamo alle cascate di Gullfoss, la cascata d’oro, che è stupenda! Sono due grandi salti basaltici ricoperti d’acqua che si incanalano in una fenditura piuttosto stretta, circondati da dirupi, distese di brughiera, rocce in gran parte ricoperte di ghiaccio. Il rumore della cascate è assordante ed il pulviscolo d’acqua fredda ci bagna copiosamente. Oltre al cappuccio della pile mi infilo anche quello della giacca a vento. Ci inerpichiamo sui sentieri per apprezzare il panorama a 180°, cado rovinosamente ma fortunatamente (ad un pelo dal bordo) sul sentiero viscido di fango, torniamo in basso per raggiungere le rocce basaltiche a strapiombo sulla cascata, continuo a scattare foto ed ora, conoscendo un po’ di più la macchina, oso anche qualche arditezza che speriamo venga. E’ veramente bello. Piuttosto bagnati ritorniamo verso il pullman che ci porterà nella zona dei geysir che vediamo sbuffare in lontananza. Ci fermiamo a pranzare, deliziosamente in un bel ristorante, tutto in legno, I giardini dell’ Eden, con vista sui geysir, dove ci prendiamo tante cose buone da un buffet costruito come una nave vikinga (salmone e agnello favolosi). Dopo pranzo andiamo ad ammirare questi fenomeni naturali di fuoriuscite di vapori, caratteristici di questa terra in costante subbuglio. Vi sono una decina di geysir che a turno eruttano vapore con una intermittenza che varia dai 5/6 minuti al quarto d’ora. Lo spettacolo è impressionante: quando erutta lo Strokkur, il più grosso, mi spavento veramente: il vapore esplode per un’altezza di oltre trenta metri. Lasciati i geysir ci dirigiamo verso il Parco Nazionale del Pingvellir, stupenda area naturalistica con brughiere, laghi, il più grande l’Oxara, che percorreremo in parte, colline (ricorda molto la Scozia), conifere e, meraviglia, la spaccatura della crosta terrestre. Qui all’incirca 20 milioni di anni fa la placca atlantica, a seguito di vari sconvolgimenti vulcanici e non solo, si ruppe, dando luogo alla formazione dei continenti, l’America del Nord e l’Europa. Fa impressione, questa faglia, l’Almannagja, lunga 7 km che si erge, nera di lava, continuamente ed intervallata da fossi e da una grande cascata verso ovest. In questo luogo incredibile 1000 anni fa si è riunito il più antico parlamento della terra, l’Alping, ed in questo lago (Oxara) vi è una polla detta Drekkingarhylun (vasca di annegamento) dove venivano affogate le donne colpevoli di incesto, adulterio e spergiuro. Agli uomini era riservata – si fa per dire – la decapitazione. Percorriamo tutti i sentieri che possiamo, saliamo e scendiamo ripide scalette di legno, tutto per cercare di immagazzinare il più possibile queste cose meravigliose che abbiamo davanti agli occhi. Nel lago che si estende sotto di noi, nel periodo estivo, vi è una grande affluenza di pescatori per la pesca alla trota ed al salmone. Riprendiamo quindi la strada verso casa, si fa per dire, e verso le 17, dopo aver ammirato una gran bella aurora con un baffo di luce color arancio, siamo nuovamente al City Hotel. Anche stasera ho il modello Giuditta 3 che però, facendo doccia e shampo, riesco più o meno a imbrigliare. Andiamo a mangiare in un caffè in una delle strade principali, il Cafè Paris, dove prendiamo delle buonissime crepes ai gamberetti e – libidine – delle torte buonissime, calorosissime, guarnite di panna e cioccolato che praticamente sarebbe meglio mi spalmassi direttamente sui fianchi. Segue il solito buon abbondante caffè. E’ l’ultima sera di questa bella vacanza e rimaniamo un po’ a chiacchierare piacevolmente seduti al tavolino di questo grazioso locale, alla luce delle candele, e stiamo veramente bene. Ci incamminiamo poi verso l’albergo assaporando per l’ultima volta (ma non si sa mai) le sensazioni ed i paesaggi che Reykjavik ci offre.

15 novembre

Sveglia, presto, alle 4. Piovicchia. Scendiamo nella hall con i bagagli e troviamo che ci hanno preparato la colazione! Come sono gentili questi islandesi! Beviamo un caffè e mangiamo qualcosa, arriva il pulmino e carichiamo le valigie. Arriviamo allo scalo nazionale e trasbordiamo sul pullman grande. Io salgo per prima, lasciando Mario ed Elisa a caricare le valigie. All’autista che mi chiede il biglietto rispondo che lo ha my daugther, mi correggo, my friend. Arriviamo all’aeroporto, imbarchiamo i bagagli, cambiamo i soldi, recuperiamo la tax free sugli acquisti, facciamo il check in e ci mettiamo in attesa della partenza che avviene puntualmente alle 7,35. A bordo ci servono la colazione, buona, leggiamo, guardiamo la tv ed a mezzogiorno circa siamo a Francoforte. L’aereo per Milano partirà alle 17,45 per cui andiamo a visitare Francoforte. Chiediamo informazioni e ci dirigiamo quindi verso la stazione dei treni regionali, facciamo il biglietto e saliamo. Ci hanno detto di scendere dopo 5 fermate e così facciamo. Dal sottopasso usciamo nel sole a Frankfurt am Main, fa freddo. E’ una bella città che unisce un centro storico veramente notevole a dei modernissimi grattacieli. Visitiamo il centro storico, la cattedrale, il Romer, alcuni viali, piazze, monumenti, mangiamo per strada – per non perdere tempo – un dolce buonissimo, passeggiamo ed alle quattro siamo nuovamente in aeroporto dove ci dirigiamo, avendo già fatto il check, all’imbarco. Decolliamo. Finalmente vi sono anche facce italiane, il nostro pilota è una donna e le battute maschiliste di Mario si sprecano, facciamo un insipido spuntino ed atterriamo perfettamente in orario.

Fine di un viaggio stupendo.



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