In Inghilterra tra Wessex, Devon e Cornovaglia
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Era quindi scontato che, prima o poi, mi trovassi a percorrere le strade dell’Inghilterra del sud-ovest alla ricerca dei paesaggi e delle sensazioni che la lettura mi ha trasmesso nel corso degli anni.
Itinerario: 8 giorni
Londra – Wells – Glastonbury – Tintagel – Newquay – St.Ives – Penzance e dintorni – Dartmoor National Park – Exeter – Lyme Regis – Salisbury – Stonehenge – Avebury – Lacock – Castle Combe – Londra.
Pernottamento
Abbiamo sempre pernottato in bed and breakfast; in media, il costo di una notte in doppia con bagno privato si è aggirato intorno alle 75 sterline. Non è poco, ma è inclusa la colazione all’inglese, che praticamente corrisponde a un pranzo (uova, salsicce, pomodori, funghi, bacon, pane tostato e marmellata, il tutto accompagnato da succo di frutta e the o caffè).
Questi sono i b&b che abbiamo utilizzato:
Glastonbury: Apple Tree
Newquay: Aquarius
Penzance: Chy An Mor
Lyme Regis: Booklovers
Ogbourne St.George: The Inn With The Well
Pasti:
Complice l’abbondante colazione (che a noi piace!), a mezzogiorno un po’ di frutta e uno yogurt sono stati più che sufficienti.
Per la cena ci siamo orientati sui pub, dove in genere sceglievamo un piatto unico (carne o pesce con contorno di verdure, le porzioni sono piuttosto abbondanti) e una pinta di birra (io chiedevo sempre se c’erano produzioni locali e mi facevo consigliare dall’addetto del pub).
Abbiamo apprezzato in particolare lo steak pie (stufato cucinato con la birra, e servito in una terrina ricoperta da una specie di pasta di pane, a volte accompagnato da verdure, altre volte le verdure erano all’interno con la carne).
Auto:
Noleggiata con la Hertz prima della partenza.
N.b. alla prenotazione avevamo scelto di inserire tutte le assicurazioni possibili e immaginabili e di non prendere il navigatore, per risparmiare (costava intorno ai 150 Euro a settimana). Ci è stata consegnata una Seat Leon nuovissima, con navigatore incorporato e che, quindi, non ci è stato addebitato.
Avevamo già sperimentato la guida a sinistra in un altro paio di occasioni e non abbiamo avuto difficoltà particolari. Le strade non sono larghe, ma bastano un po’ di attenzione e prudenza (che comunque non dovrebbero mai mancare).
6 agosto 2012
Partiamo di prima mattina da Malpensa con un volo EasyJet, e alle otto e venti siamo già sul suolo britannico. Ritiriamo l’auto e ci allontaniamo da Londra, per arrivare nel primo pomeriggio a Wells, accompagnati fedelmente da una serie di nuvole grigie che di tanto in tanto lasciano cadere qualche goccia di pioggia.
La maggiore attrattiva di Wells è l’imponente cattedrale, struttura centrale di un complesso di edifici ecclesiastici risalenti al medioevo. L’interno è piuttosto semplice, in contrasto con l’elaborata facciata occidentale, ornata da numerose statue. Un’ampia scalinata conduce alla sala capitolare, semplice e disadorna, e una scaletta a chiocciola ci porta alla famosa “biblioteca incatenata”, dove sono conservati libri e manoscritti risalenti alla fine del quindicesimo secolo. La biblioteca è aperta solo in alcuni periodi dell’anno o su appuntamento ma, dal momento che io questo non l’avevo capito, trovando la porta chiusa, busso. Ci accoglie una signora così gentile da farci entrare ugualmente: ci mostra la biblioteca, un locale lungo e stretto con numerose librerie a cui sono incatenati i preziosi volumi (in questo modo in passato, quando erano una rarità e un lusso per pochi, i libri potevano essere consultati senza il pericolo che qualcuno li rubasse), e ci lascia anche scattare delle foto.
Mentre andiamo verso l’uscita della cattedrale abbiamo un’altra piccola sorpresa: un coro sta provando dei canti sacri, e le melodie antiche e le voci limpide dei cantanti, unite all’architettura gotica della chiesa, creano un’atmosfera magica e solenne, che ci trasporta per un attimo indietro nel tempo, e restiamo ad ascoltare, incantati da tanta armonia e bellezza.
Passeggiamo un po’ in città, che è disseminata di grandi statue a forma di cigno (60 in totale, ma noi ne vediamo solo alcune), tutte diverse tra loro, in occasione del giubileo di diamante della regina, e vediamo le sorgenti da cui la città prende il nome, poi ci rimettiamo in marcia verso la meta successiva: Glastonbury, luogo di miti e leggende da tempo immemorabile.
Qui, si dice, Giuseppe d’Arimatea giunse portando con sé il Santo Graal e, conficcando nel terreno il proprio bastone, fece crescere un arbusto che fiorisce due volte l’anno (visibile nei pressi dell’abbazia). Sempre qui si narra che vi fosse la mitica isola di Avalon (identificata per la precisione con il Tor, un’altura alle spalle della cittadina), dove fu condotto re Artù ferito a morte.
È invece certo che questo luogo fosse già considerato sacro ai tempi dei Celti, in particolar modo per le acque rosse ferruginose che si credeva curassero svariati malanni. Oggi, i giardini che circondano il pozzo sacro (chalice well), sono un luogo tranquillo e piacevole e, nonostante la lieve pioggerella, passeggiamo tra i vialetti immersi tra alberi e fiori dai colori brillanti.
Successivamente, a qualche minuto di cammino, le rovine della Glastonbury Abbey (abbazia) ci accolgono con la loro imponenza. Anche qui la storia si mescola con la leggenda: l’abbazia è identificata come la prima chiesa d’Inghilterra, fondata da Giuseppe d’Arimatea in persona, nonché come luogo di sepoltura di re Artù e Ginevra (c’è perfino una lapide). In ogni caso, a giudicare dalla maestosità delle rovine disseminate in un prato immenso e verdissimo, l’abbazia doveva essere grandiosa e davvero spettacolare.
Ceniamo al George and Pilgrim, un antico pub nel centro di Glastonbury, prima di goderci il meritato riposo: siamo in piedi dalle quattro della mattina, e la stanchezza si fa sentire…
7 agosto 2012
Iniziamo la giornata con la più che nutriente colazione all’inglese, che consumiamo nella veranda che dà sul curatissimo giardino della casa. Anche l’interno del bed and breakfast, tipicamente inglese, è molto piacevole.
Gironzoliamo un po’ per Glastonbury, cittadina ordinata e fiorita. Sul prato antistante la chiesa percorriamo un cerchio di preghiera, poi passeggiamo senza meta curiosando tra il mercato e i negozi che vendono cristalli e articoli di ispirazione new age. Sinceramente, non riesco a percepire l’energia che, si dice, passi attraverso Glastonbury (pare sia collocata su una ley line, una “linea di potere”), ma ho la piacevole impressione di trovarmi in un luogo pacifico, tollerante, dove ognuno è libero di esprimere la propria fede, la propria spiritualità, senza alcun pregiudizio.
Decidiamo, a malincuore, di rinunciare alla scalata al Tor: un po’ perché piove, un po’ perché è solo il secondo giorno di vacanza e non voglio rischiare di compromettere la salute del mio piede destro, reduce da una frattura. A metà mattina, quindi, partiamo; destinazione, Tintagel, che desideravo vedere dall’età di sedici anni.
Arriviamo a Tintagel con un clima orribile: c’è un vento pazzesco, fa un freddo cane e piove a dirotto. Un po’ sconsolati, ci rifugiamo nel Visitor Centre, sperando in un miglioramento, anche se sembra alquanto improbabile: non si tratta delle solite nubi di passaggio, il cielo è completamente grigio, e a un certo punto appare perfino la nebbia.
Se si trattasse di un altro posto non sarei così amareggiata: è vero, la pioggia è fastidiosa, ma si può tranquillamente visitare una città al riparo di un ombrello. Il castello di Tintagel, invece, è arroccato su uno sperone roccioso, e vi si accede tramite un ponte e una lunga e ripida scalinata di pietra; con questo clima, percorrerla non è certo la cosa migliore da fare.
Certo che mi spiacerebbe andare via senza vedere il castello… Tintagel era una delle mete irrinunciabili di questo viaggio, e non sono neanche salita sul Tor per non affaticare il piede e poter visitare le rovine…
Dopo aver esaminato ogni millimetro quadrato del Visitor Centre ci ripariamo come meglio possiamo con i nostri k-way e ombrellini e facciamo quattro passi in paese, una lunga strada costeggiata da negozi per turisti. L’unico edificio degno di nota è l’Old Post Office, che decidiamo però di non visitare.
A un certo punto il vento cala e le gocce di pioggia si trasformano in minuscole pagliuzze d’acqua, quasi impercettibili. Senza aspettare un istante in più, ci incamminiamo verso l’ingresso del castello in cui, secondo la leggenda, è nato re Artù. Il percorso che dal paese porta al sito si può percorrere a piedi o, al prezzo di due sterline, con una jeep. Dal momento che è in discesa, optiamo per camminare.
Prima di affrontare la scalinata, mi soffermo alcuni istanti a osservare la sottostante spiaggia di ciottoli, incastrata tra le rocce scure, e mi torna alla mente l’inizio delle Nebbie di Avalon: “Anche in piena estate, Tintagel era un luogo tetro”. Confermo: il mare che ruggisce, la nebbia, la mancanza di colori e di calore danno l’impressione di essere finiti in un luogo particolarmente inospitale. Ma forse è proprio questo il fascino di questo luogo, e nel turbinio della nebbia è facile percepire l’eco dei miti e delle leggende che ne avvolgono la storia, che scivolano sul mare, che permeano le antiche pietre.
Del castello, sinceramente, non è rimasto un granchè, ma sono comunque soddisfatta di aver deciso di visitarlo. Con il sole sicuramente il paesaggio deve essere meraviglioso, ma anche con la pioggia devo ammettere che non è male, con la nebbiolina che contribuisce a conferirgli un aspetto misterioso. Inoltre, la quasi totale assenza di turisti è decisamente piacevole…
Torniamo al ponte e ci inerpichiamo su per una nuova scalinata, dove ci sono altre rovine ma meno imponenti delle precedenti e poi, per non farci mancare niente, visto che c’è la bassa marea scendiamo fino alla spiaggia e entriamo nella grotta di Mago Merlino. L’ultimo tratto della scalinata non è molto agevole e mi crea qualche difficoltà, ma in qualche modo riesco ad arrivare alla meta. Sarebbe stato un peccato limitarsi a guardare la spiaggia dall’alto! Però ho messo a dura prova il mio povero piede, che inizia a lamentarsi, e il ritorno in paese lo facciamo con la jeep.
Ci rimettiamo in marcia, direzione Newquay. Quando ho steso l’itinerario di viaggio, ho pensato che a Newquay, località di vacanza famosa per le belle spiagge e capitale britannica del surf, sarebbe stato piacevole trascorrere qualche ora in riva al mare. Visto il clima, credo che dovremo modificare il programma…
Arriviamo in città poco prima dell’ora di cena (che qui è intorno alle 19.00) e localizziamo velocemente il bed and breakfast, che ci lascia un po’ perplessi: la nostra camera è stata ricavata da quello che sicuramente in passato era il garage; la proprietaria però è cordiale, e il posto pulito, anche se non suggestivo come il precedente.
Dal momento che diluvia, facciamo un giro per Newquay in macchina e concludiamo la giornata in un pub molto carino, il Red Lion, nella zona di Fistral Beach.
8 agosto 2012
Che tristezza. Le previsioni davano sole per oggi, e invece ci risvegliamo con il medesimo clima di ieri. Dopo la solita colazione inglese, seguiamo il consiglio della proprietaria del b&b e ci incamminiamo verso il punto panoramico (a pochi passi di distanza) da cui si dovrebbero vedere le famose spiagge incuneate tra le alte scogliere, ma con queste nubi basse e la nebbia la vista è molto, molto limitata.
Mentre riflettiamo su come proseguire la giornata, però, improvvisamente smette di piovere e uno sprazzo di azzurro compare nel cielo… Rincuorati da questo inaspettato cambiamento climatico, iniziamo a passeggiare per la città che, pur non offrendo attrattive particolari, ci piace: è vivace, colorata e allegra, e senza rendercene conto camminiamo per quasi due ore, e raggiungiamo la famosa Fistral Beach, la spiaggia dei surfisti, davvero immensa, dove è in corso il Boardmasters. L’atmosfera è frizzante e festosa, e ci mescoliamo volentieri alla folla di sportivi e curiosi. C’è un sacco di gente: tra gli stand, che vendono mute e tavole, sulla spiaggia e in acqua, ovviamente sulle tavole da surf! Mai visto il mare così affollato! I concorrenti sono davvero una moltitudine. Ci soffermiamo un po’ ad osservare le evoluzioni degli sportivi (davvero bravi): il surf mi ha sempre attratto, pur non avendo mai provato a praticarlo.
Un timido raggio di sole ci accompagna lungo il tragitto di ritorno, durante il quale assaggiamo per la prima volta il Cornish Pasty, una grossa mezzaluna di pasta di pane (più o meno) proposta con vari ripieni (carne, verdure, formaggio e, più raramente, anche in versione dolce, con la frutta). Un po’ pesante, ma buono.
Il punto panoramico ora che le nubi si sono diradate ci appare in tutto il suo splendore, con l’erba di un bel verde brillante, i fiori colorati, le scogliere a picco sul mare blu, e le spiagge dorate, che iniziano ad animarsi. Rispetto a Fistral, che ha una diversa esposizione, c’è meno vento e il mare, decisamente più calmo, è affollato da numerosi surfisti (molti sono in gruppo, con un insegnante).
Lasciare Newquay un po’ mi spiace, mi piaceva questa atmosfera sportiva, ma per questa sera abbiamo prenotato un b&b a Penzance, e vogliamo anche fermarci a St.Ives, quindi è arrivato il momento di partire.
Avevo letto che in estate parcheggiare a St.Ives è impossibile, e non posso fare altro che confermare. Oltretutto sono tutte stradine strette e ripide, e la guida a sinistra non ci agevola di certo… in ogni caso, un vero colpo di fortuna fa sì che riusciamo a trovare un posto libero nel parcheggio più vicino al centro, risparmiandoci così al ritorno una lunga camminata in salita.
St.Ives, fulcro della vita artistica della contea e famoso per le gallerie d’arte, è molto pittoresco e pervaso da un’aria vacanziera decisamente diversa da quella di Newquay. Qui si respira un’aria di altri tempi, e tra le sue stradine acciottolate ritrovo le atmosfere di parecchi libri che ho letto e amato.
Al nostro arrivo c’è la bassa marea, e il porto con le barche in secca distese su un fianco e la spiaggia gigantesca sono molto suggestivi. Sto cercando l’inquadratura migliore per scattare una foto quando sento un uomo accanto a me chiedere a un altro il perché di numerose persone assiepate su una specie di piccolo pontile di pietra; istintivamente guardo anch’io nella direzione indicata e aguzzo le orecchie. “Ci sarà una foca”, risponde l’uomo, con noncuranza.
Immediatamente, raggiungo anch’io il pontile, ed è vero, la foca è lì e, probabilmente abituata alla presenza umana, nuota tranquilla accanto ad alcuni bambini (protetti da mute, l’acqua è fredda!). Non avevo mai visto una foca in libertà, e sono felice di questo incontro inaspettato.
Passeggiamo ancora un po’ per St.Ives prima di ripartire per Penzance, dove ci fermeremo tre giorni. Avvicinandoci alla cittadina, abbiamo modo di ammirare la Mount’s Bay dall’alto, con St.Michael’s Mount (una Mont St Michel in miniatura) ben visibile al centro.
Il bed and breakfast che abbiamo prenotato si chiama Chy An Mor, e ci piace ancora prima di varcarne la soglia. Una volta all’interno, ne siamo totalmente innamorati. E’ esattamente come immagino le abitazioni inglesi quando leggo: carta da parati alle pareti, moquette ovunque, profumo di legno e di cera. Inoltre, l’accoglienza è molto “british” e la posizione, a due passi dal centro e di fronte al mare, fantastica. Vorrei trasferirmi qui, almeno per un paio di mesi di vacanza…
Facciamo due passi, per iniziare ad ambientarci e per cercare un posto dove cenare. Le numerose dimore in stile georgiano e regency, disseminate nel centro storico, testimoniano il ricco passato della cittadina, dovuto soprattutto alle esportazioni di grano, stagno e sardine. L’Egiptyan House, in Chapel Street, è invece un curioso edificio, frutto del miscuglio tra una casa georgiana e un tempio egizio.
Ci sono parecchi negozi, alcuni dei quali dall’aria non proprio moderna, e svariati pub e ristoranti. Nel complesso, abbiamo l’impressione di trovarci in un luogo più autentico e reale rispetto a St.Ives, che da un certo punto di vista sembra perfino troppo perfetta per essere vera.
Ceniamo a base di fish and chips al Blue Snappa, un locale piuttosto moderno rispetto al tradizionale pub verso cui eravamo orientati, ma il cibo è gustoso e il personale gentile, e siamo quindi soddisfatti della nostra scelta. Quando usciamo, l’aria frizzante è profumata di mare, e le strida dei gabbiani ci fanno compagnia mentre torniamo al b&b.
Siamo qui da poco ma sento di poterlo già affermare con sicurezza: adoro questo posto!
9 agosto 2012
Svegliarsi di fronte al mare e senza pioggia è entusiasmante. Con le immagini e i ricordi di Mont Saint-Michel che ci ronzano nella memoria, ci dirigiamo verso Marazion, a pochi minuti d’auto da Penzance, per visitare St. Michael’s Mount.
Come la sua “parente” francese, anche questa baia è soggetta al gioco delle maree, che fanno sì che il Monte (il cui profilo è davvero molto simile a quello normanno) sia in alcuni momenti un’isola e in altri raggiungibile a piedi, lungo una strada lastricata.
Al nostro arrivo c’è l’alta marea e, in compagnia di un altro gruppetto di persone, saliamo a bordo di una barca a motore che in pochi minuti ci porta a destinazione.
Visitiamo il castello, che in origine era un’abbazia, e i giardini, che ospitano piante inusuali per queste latitudini. Osservando la baia dall’alto, si scorge chiaramente il nastro scuro della strada nascosta dal mare. Quando ritorniamo al porto, dopo quasi tre ore, l’acqua si è in gran parte ritirata e parecchie persone arrivano da Marazion a piedi, anche se in alcuni punti sono immerse nell’acqua fino alle ginocchia. E’ vero che c’è il sole, ma se penso alla temperatura dell’acqua mi viene freddo solo a guardarli, e quindi ritorniamo a Marazion con la barca.
Il molo da cui siamo partiti questa mattina adesso è incastrato in alto, tra degli scogli in secca, e la spiaggia, che già prima non era piccola, ora è immensa, e inizia a essere anche affollata, se così si può dire, visto la grande quantità spazio a disposizione: c’è chi passeggia, chi prende il sole, chi gioca a calcio, chi fa volare aquiloni… è un’immagine così diversa dalle spiagge italiane con le loro file di ombrelloni, più colorata, più disordinata se vogliamo, e, sinceramente, mi piace.
Nonostante l’appetito sia poco, ci lasciamo ingolosire da un Cornish Pasty, e lo mangiamo su una panchina di fronte alla spiaggia, facendo attenzione ai gabbiani. Come a St.Ives, anche qui ci sono numerosi cartelli che mettono in guardia da questi volatili, che pare abbiano l’abitudine di rubare il cibo.
Lasciamo Marazion e, oltrepassate Penzance e Newlyn, parcheggiamo lungo la strada (ci sono numerosi posti auto) e ci incamminiamo verso Mousehole, un grazioso villaggio famoso per le illuminazioni natalizie. La passeggiata, a picco sul mare, che conduce in paese, è piacevole, e il porticciolo, con le barche in secca e le colorate tavole da surf allineate e i bambini che giocano sulla sabbia, decisamente scenografico. E’ esattamente come immaginavo un paesino della Cornovaglia, e mi sento quasi a casa.
Concludiamo la giornata a Penzance, dove torniamo soddisfatti e, non l’avremmo mai detto, abbronzati (o, per meglio dire, rossi tendenti al viola).
10 agosto 2012
Quando ho preparato i bagagli, prima di partire, come sempre ho messo in valigia una farmacia al completo. L’unica cosa che non ho pensato di portare è la crema solare: mai avrei pensato di averne bisogno, in Inghilterra, ma ci svegliamo più rossi di ieri, e dal momento che c’è un bel sole e trascorreremo tutto il giorno all’aria aperta, come prima cosa faccio un salto da Boots e prendo una crema protezione 30 e un doposole.
Arriviamo a Land’s End, il punto più occidentale dell’Inghilterra, relativamente presto, e oltre a noi ci sono pochissimi visitatori. Ci lasciamo velocemente alle spalle il parco tematico tipo luna park e, dopo una foto ricordo accanto al cartello, ci incamminiamo lungo il sentiero sulla scogliera. E’ una giornata limpida e ventilata, che dona al paesaggio colori intensi e puri: il mare blu cobalto, con le sue onde candide e impetuose che si frangono sulle rocce scure, il celeste del cielo, in cui non si vede neanche una piccola nuvola, il verde dei prati… è bellissimo, ed è quasi con dispiacere che, dopo un’ora di cammino, iniziamo la discesa verso Sennen Cove, una manciata di case incastrate tra la scogliera e una grande spiaggia.
Nonostante sia davvero piccola, Sennen Cove è piuttosto animata. Complice la giornata calda e soleggiata, la grande spiaggia è decisamente affollata; la maggior parte delle persone è distesa al sole, ma ci sono parecchie persone anche in acqua, che nuotano o sulle tavole da surf, nonostante la quasi totale assenza di onde.
Raggiungiamo anche noi la spiaggia e ci fermiamo un po’, assaporando il calore del sole sulla pelle e l’atmosfera gioiosa e rilassata. L’acqua del mare, che naturalmente è freddina, mi sorprende con i suoi colori, che mi ricordano il mare della Maddalena. Inaspettato.
Mi verrebbe voglia di acquistare una muta (come i bambini!), noleggiare una tavola da surf e entrare in acqua… ma il mio lato freddoloso ha la meglio, e poi non faremmo in tempo a tornare a Penzance per l’escursione in barca che abbiamo prenotato per il pomeriggio.
All’ora di pranzo, anche se l’appetito non è molto, andiamo alla ricerca di un Cream Tea. Domani lasceremo la Cornovaglia, e non vogliamo andarcene senza avere assaggiato questa specialità.
Troviamo un tavolino libero in un piccolo locale di fronte al mare, e prendiamo un Cream Tea (tè, scones, burro e marmellata) e un Cheese Tea (tè, scones, burro e formaggio). Tempo fa avevo letto un libro, The Beach Cafè, che parla di una ragazza che lascia Londra e si trasferisce in un paesino in Cornovaglia, dove apre un locale sulla spiaggia (che, ovviamente, serve Cream Tea). Ecco, oggi qui a Sennen Cove mi sembra di essere in quel libro, è tutto proprio come immaginavo durante la lettura, la spiaggia, il villaggio, il locale, la gente, l’atmosfera. Questo è il mio posto, ancora più di Penzance e Mousehole, e vorrei non dover ripartire così presto… e invece è già arrivato il momento di rimetterci in cammino per tornare a Land’s End. Dall’alto della scogliera, guardo per l’ultima volta il villaggio e mi riprometto di tornarci e restarci più a lungo, in futuro.
Arriviamo a Penzance giusto in tempo per imbarcarci. Abbiamo prenotato un’escursione di due ore a bordo di una barca, su cui faremo il giro della baia alla ricerca di foche e altri animali (non bene identificati dal volantino pubblicitario, che parlava di “escursione faunistica”).
L’imbarcazione è piccola, e il mare agitato; non si riesce quasi neanche a stare in piedi per fare le foto, e in breve tempo l’esuberanza iniziale dei passeggeri diminuisce. Fortunatamente io vengo risparmiata dal mal di mare, e riesco ad apprezzare le bellezze della baia e di St.Michael’s Mount osservato da questo nuovo punto di vista. Vediamo una foca, gabbiani e altri volatili di cui non ho afferrato il nome, e un paio di aragoste, che il comandante della barca recupera dalle apposite gabbiette collocate sul fondale marino e che ci mette a due centimetri dal naso per consentirci di osservarle e fotografarle, prima di infilarle in un sacco accanto al timone. Che tristezza (senza contare che mi fanno una certa impressione: mi affretto a ringraziare e a riporre nella borsa la macchina fotografica, per far allontanare lui e le malcapitate bestiole il più velocemente possibile).
Tornati a Penzance, ci prepariamo per la cena. Su consiglio della proprietaria del B&B andiamo al Turk’s Head, il pub più antico della città: birra ottima, cibo gustoso e gente simpatica; nel complesso, una bella serata, peccato solo che sia l’ultima, qui in Cornovaglia.
11 agosto 2012
Lasciamo Penzance e la Cornovaglia di prima mattina, non notevole malinconia, mitigata leggermente dalla curiosità per le prossime tappe.
La meta di oggi è Lyme Regis, dove arriveremo dopo aver attraversato il Dartmoor National Park e dopo aver visitato la cattedrale di Exeter.
Superata Tavistock, che ci sembra una cittadina piacevole, facciamo il nostro ingresso nel parco. E’ un paesaggio di una bellezza aspra e selvaggia: colline spazzate dal vento e animali che scorazzano liberi nella brughiera, pecore, cavalli e pony che attraversano tranquillamente la strada, pascolano placidamente e si lasciano avvicinare e fotografare senza alcun timore. Nonostante il vento impetuoso, scendiamo più volte dalla macchina, e camminiamo e io scatto innumerevoli fotografie, consapevole che nessuna immagine saprà rendere pienamente giustizia a questo luogo.
Dopo la pace e la tranquillità del Dartmoor, Exeter ci accoglie con la vivacità di un sabato pomeriggio d’estate: strade e negozi affollati, e il prato antistante la cattedrale pieno di gente che legge, mangia, chiacchiera o che, come noi, semplicemente ammira l’edificio prima di accedervi.
L’interno è una meraviglia: la volta gotica ininterrotta più lunga del mondo è slanciata ed elegante, e impreziosita da bugne decorate. Degli specchi, montati su carrelli di legno, sono collocati lungo la navata, e consentono di osservare la volta comodamente.
Arriviamo a Lyme Regis nel tardo pomeriggio. Ho prenotato i B&B su internet a maggio, e trovarne uno libero, qui, è stata un’impresa ardua. Capisco il perché una volta arrivata: in questi giorni c’è festa, e inoltre domani, a pochi chilometri di distanza, si disputano le olimpiadi di vela. Il nostro B&B, già segnalato da altri Turisti per Caso, è in un negozio di libri usati: ci sono intere pareti ricoperte di volumi di ogni genere e forma (anche in camera); l’accoglienza è amichevole, la posizione buona (in fondo alla strada principale, proprio dove inizia la passeggiata sul mare), il prezzo economico.
Andiamo subito in spiaggia alla ricerca di fossili, che qui è un’attività piuttosto comune. Lyme Regis infatti, è situata sulla Jurassic Coast, dalle cui scogliere affiorano antiche formazioni rocciose a causa delle frequenti frane che causano l’arretramento della linea costiera, e pare che trovare dei fossili sia piuttosto semplice. Noi percorriamo la lunga spiaggia di ciottoli in lungo e in largo, ma non troviamo niente… forse sarebbe stato meglio partecipare a una delle frequenti escursioni organizzate, ma non importa: ci siamo comunque divertiti a giocare ai paleontologi! Notiamo che qui i fossili sono talmente onnipresenti che anche i lampioni lungo la passeggiata hanno la forma di ammoniti.
Dopo una passeggiata sul Cobb, un frangiflutti curvilineo che protegge il porto, e un giro in paese, ceniamo velocemente in un pub per poi goderci la festa. Assistiamo a una sfilata tipo carnevale, dopo di che percorriamo la passeggiata dove c’è musica dal vivo, in attesa dello spettacolo pirotecnico. E’ la prima sera, da quando siamo arrivati in Inghilterra, che ci troviamo in un posto così animato, e ci sembra un po’ strano, anche se è piacevole.
12 agosto 2012
Ripercorriamo la passeggiata sul mare, alla luce del giorno e senza la folla di ieri sera. Lyme Regis ci piace, con le sue cabine di legno colorato e l’atmosfera vacanziera, ma anche oggi è arrivato il momento di tornare a bordo della nostra Seat Leon e continuare il viaggio verso due delle mete che più mi stanno a cuore: Salisbury e Stonehenge.
Salisbury non delude le mie aspettative. E’ una città ordinata, tranquilla e, se possibile, ancora più ricca di fiori delle precedenti (che comunque non scarseggiavano). La cattedrale, poi, è davvero degna di nota, con la guglia più alta d’Inghilterra che svetta fiera sulla struttura di stile gotico primitivo inglese. L’interno è affascinante.
Nella sala capitolare è conservata una delle poche copie originali della Magna Charta, il documento con cui il re Giovanni Senzaterra riconosceva il principio secondo cui il monarca non è al di sopra della legge, mentre nella navata settentrionale si può vedere il meccanismo del più antico orologio funzionante del mondo. Mi incuriosisce maggiormente il plastico che riproduce la cattedrale durante la sua costruzione, un po’ perché l’architettura mi ha sempre affascinato, e un po’ perché mi riporta alla mente uno dei miei libri preferiti, I Pilastri Della Terra di Ken Follet, che oltretutto è ambientato proprio in questa parte d’Inghilterra e parla anche di questa cattedrale.
Lasciamo Salisbury per raggiungere il sito archeologico di Stonehenge, probabilmente il più famoso e importante di tutta la Gran Bretagna.
Muniti di audioguide (in italiano), percorriamo il perimetro del cerchio di pietre, lasciandoci avvolgere dal suo mistero. E’ tuttora ignota, infatti, la funzione di questo imponente cerchio di pietre, nonostante vi siano diverse teorie in proposito.
I visitatori sono veramente numerosi, ma la piana in cui sorge è così vasta, e il cromlech così monumentale, da avere l’impressione di essere in pochi.
Anche se il sito è visibile dalla strada, e l’ingresso costa quasi 8 sterline, consiglio vivamente di accedervi e di osservare con tranquillità questo luogo mistico e antico.
Il B&B di oggi, e purtroppo l’ultimo della vacanza, è in realtà una locanda con annesso un pub, è ed è frequentato da escursionisti. Si trova a Ogbourne St.George, un villaggio immerso nella tipica campagna inglese, ordinata, verde e tranquilla, lontano dai tradizionali flussi turistici, e la cosa, devo dire, mi fa piacere.
Ceniamo nel pub, dove alcuni ragazzi del posto sono impegnati a montare un grande schermo, e immaginiamo debbano proiettare qualcosa. Quando ci alziamo per tornare in camera e preparare i bagagli, ci spiegano che è per guardare la cerimonia di chiusura delle olimpiadi (che si sono svolte a Londra), e ci invitano a restare.
13 agosto 2012
E, infine, è arrivato l’ultimo giorno di questo viaggio, ma prima di partire abbiamo ancora qualcosa da vedere.
La pioggia che ci aveva accolto al nostro arrivo in Inghilterra questa mattina si è ripresentata, e ci dirigiamo verso Avebury sotto un cielo cupo e minaccioso.
Dopo una veloce sosta alla Silsbury Hill, la collina artificiale più elevata d’Europa e risalente al 2500 a.c., arriviamo a destinazione.
Il cerchio di pietre di Avebury è il più grande del mondo, e racchiude al suo interno una buona parte del paese. E’ meno spettacolare rispetto a Stonehenge, ma è anche meno frequentato e si può osservare più da vicino. Date le dimensioni e la sua collocazione in un’area ricca di tumuli e viali cerimoniali, si presuppone che fosse un sito più importante di Stonehenge.
Arriviamo a Lacock che inizia a piovere. Lasciamo l’auto nel parcheggio all’ingresso del paese (obbligatorio) e ci incamminiamo tra le vie fiancheggiate da case di pietra. Sembra davvero di essere tornari indietro nel tempo in questo paese il cui aspetto deve essere davvero cambiato poco nel corso dei secoli, e questo spiega come mai sia stato utilizzato come set per diversi film storici, oltre che per quelli di Harry Potter.
L’ultima tappa del viaggio è Castle Combe, che si definisce il più grazioso villaggio d’Inghilterra. Effettivamente è molto scenografico, con i cottage di pietra e il ponte medioevale sul fiume, ma la pioggia torrenziale non ci consente di apprezzarlo pienamente.
Percorriamo l’ultimo tratto di strada, che ci porta all’aeroporto di Gatwick, tristi per la fine del nostro viaggio, ma anche soddisfatti: abbiamo visto posti bellissimi, incontrato gente amichevole e ospitale e, contrariamente a ciò che generalmente si pensa, gustato piatti deliziosi.
Questo angolo d’Inghilterra resterà sempre nei nostri cuori e un giorno, chissà, magari torneremo.