Il Veneto oltre Venezia: l’itinerario perfetto fra cultura e svago

Due giorni nel Veneto Orientale, l’altro Veneto, quello conteso fra il mare e la terraferma, dove – che sia passeggiando, degustando o stando seduti –, il vólto di questa regione rivela i suoi tratti più storici e identitari: il Piave, l’arte, i paesaggi, il legame con la terra e quello con il cielo, dai filari di vigneti che costeggiano i casali e i corsi d’acqua, alle calli e il teatro veneziani. Venezia è un punto fermo, un miracolo a pelo d’acqua, un pianeta attorno a cui orbita la bellezza e lo spirito di questo ritaglio di paradiso, il Veneto Orientale. Venezia, però, non è da sola; vissuta e attraversata durante questo itinerario, sarà anzi un punto di approdo e di ripartenza, perché da lei si arriverà e da lei si ripartirà, verso un territorio circostante che è tutto da scoprire e da conservare.
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Seguendo il fiume: storia e enogastronomia
Quella del Veneto Orientale è una terra di fiumi che guardano il mare, di pianure dove l’occhio si perde e l’orizzonte è basso, e in cui, a un osservatore attento, non sfuggirà un particolare: la mano dell’uomo e la natura procedono da tempo fianco a fianco, in totale armonia. Il Sile e il Piave modellano e recintano il territorio, e sul loro corso si alternano piccoli comuni, aree naturali e archeologiche, aziende agricole e vinicole.
Uscendo dalla provincia di Treviso, dove scorre silenzioso nel cimitero dei Burci, e dove, nel comune di Casier, dà vita a un orologio ad acqua, il Sile e la sua risorgiva sconfinano nel territorio veneziano all’altezza di Quarto d’Altino, l’antico snodo della Via Annia, la strada romana che collegava la zona di Rovigo ad Aquileia.
Ad Altino, che rientra nel sito UNESCO “Venezia e la sua laguna”, e che vanta un Museo Archeologico Nazionale, il basolato romano si conserva ancora, e, con lui, le memorie e i passi che per 2000 anni lo hanno attraversato: carri e cavalli, legionari e imperatori, santi e condannati a morte.
E poi c’è lui, il Piave, che “mormorava calmo e placido”, e che lo fa ancora; da San Donà a Eraclea, da Noventa di Piave a Fossalta, il fiume fiancheggia il territorio e ne bagna i comuni, regalando alla cucina e alla viticoltura un tocco inconfondibile, frutto dello sposalizio fra la terra e il mare: piatti dal sapore lagunare, come le acciughe marinate e la polenta bianca con i gamberi di fiume, e poi contadino, che vanno dalle frittate di luppolo selvatico alla pasta e fagioli. E ancora, lungo il Piave, le memorie della Grande Guerra si intrecciano con il “Percorso Hemingway”, un itinerario di 11 km che ripercorre i luoghi che lo scrittore attraversò e descrisse nei suoi romanzi, e dove, a Fossalta di Piave, venne ferito nella notte fra l’8 e il 9 luglio 1918.
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A metà strada fra Quarto d’Altino e Portogruaro, gli estremi del Veneto Orientale, si colloca infine l’Azienda Vinicola Ornella Molon, un luogo in cui si può vivere e riassumere tutto quello di cui abbiamo parlato finora. Ornella, figura chiave dell’azienda, traghetta la cantina verso una conduzione e un’ospitalità tutte al femminile. Situata nel cuore delle denominazioni DOC Piave e DOC Venezia, la tenuta sorge in una residenza nobiliare del XVII secolo, costruita per iniziativa della famiglia Giustinian a partire dal 1652. L’obiettivo dell’azienda va dritto al punto: valorizzare il territorio, e farlo attraverso le proprie mani e quello che la terra mette a disposizione. Dai tour guidati nei vigneti, all’eleganza del relais, passando per l’omonima osteria – in cui gustare le produzioni locali –, tutto punta a mettere in luce la forza e l’unicità della zona. Al di là degli internazionali, sono il Refosco, e, soprattutto, il Raboso, dal quale si produce la pregiata DOCG Malanotte del Piave, a costituire l’espressione vitivinicola più autentica e radicata del Veneto Orientale.
Titizé al Teatro Stabile del Veneto: la Venezia acrobatica
Quando si arriva a Venezia, l’idea che si ha è quella di essere su un set, di assistere a uno spettacolo che, presto o tardi, si concluderà. Si è convinti che si smonteranno i ponti e si prosciugherà l’acqua dai canali, che le case abbracceranno la terraferma e i sottoportici si alzeranno fino al cielo. Ben presto, però, accompagnati dalle stretture delle calli, dalla pietra viva di San Marco, dall’odore del mare e dal vociare dei bacari, ci si rende conto che non si tratta di un’illusione ottica; Venezia, anzi, rimane quel miracolo a pelo d’acqua di cui abbiamo accennato all’inizio, più che mai autentica e irriproducibile.
Con Titizé – A Venetian Dream, spettacolo frutto della collaborazione fra il Teatro Stabile del Veneto e la compagnia Finzi Pasca, in scena, dopo il successo europeo, da luglio a settembre 2025, Daniele Finzi Pasca spoglia e riveste La Serenissima, rendendole omaggio e posizionandola al centro di se stessa e alla portata di tutti, veneziani e non. Lo stile acrobatico e musicale dello spettacolo – unito all’uso essenziale del dialogo –, ben si presta a mettere in scena quel confine tangibile fra logico e surreale, fra sonno e veglia, che Venezia, dall’assetto urbanistico a quello spirituale, porta con sé. Basta appena il titolo, “Titizé”, in italiano, “tu sei”, per aprire allo spettatore, ancor prima dello spettacolo, un universo di opportunità di essere, allontanandolo, anche solo per 1 ora e 20 minuti, dalla legge umana – ma non naturale –, che spesso porta a scindere il possibile dall’impossibile, il concreto dall’onirico. Il linguaggio è il linguaggio dei sogni, essenziale, mai lineare, sovente dimenticabile. Le acrobazie riempiono la scena, mischiandosi alle musiche tribali e moderne, così come alla tavolozza di mille colori che inonda la scena; ma Venezia c’è, più reale che mai, e lo si intuisce, man mano che lo spettacolo prende vita, dai riferimenti a Tiepolo e ai rinoceronti di Pietro Longhi, dall’acqua e dai bagnanti, dal dialetto, e perfino dai moscerini. Ed è proprio grazie a questa tensione verso il sogno, che non accantona il desiderio di restare, che la città appare sospesa eppure in carne e ossa, umana, e dunque familiare anche ai non veneziani.
Allo stesso modo, il ruolo dei 10 artisti-attori coinvolti, che, letteralmente, realizzano insieme a Finzi Pasca lo spettacolo, rende il palco un universo in miniatura, lagunare e identitario, e, al contempo, in tensione verso il mondo; sono certamente loro, gli attori acrobati, in continua connessione con la mente e il braccio del regista, i creatori sognanti dello spettacolo, con i piedi in aria e il cuore sulla terra. Titizé, infine, come ha sottolineato lo stesso Finzi Pasca, attinge a un universo clownesco e circense, frutto anche delle varie pièce realizzate per il Cirque du soleil, in particolare, “Corteo” e “Luzia”. Nelle parole del regista, “la clowneria che pratichiamo è da sempre intimamente legata alla tradizione, e porta con sé echi del linguaggio della Commedia dell’Arte”; aggiungiamo, prendendo in prestito le parole di Federico Fellini – di cui, nello spettacolo, se ne percepiscono, ogni tanto e piacevolmente, i tratti onirici e visionari –, che il clown è l’ombra dell’uomo, ma che “l’uomo completamente illuminato ha fatto sparire i suoi aspetti caricaturali e buffoneschi; di fronte a una creatura del tutto realizzata, dunque, il clown non avrebbe più ragione di essere”. Ecco, tutto questo in Titizé non avviene mai; l’uomo, al contrario – così come la città stessa –, è spogliato e rivestito, in altre parole, gettato nella miriade di possibilità di essere.
L’uscita dal Teatro Stabile del Veneto mette ancora più voglia di scoprire Venezia, quasi cercando nelle calli, nei canali, e nel dialetto, una risposta alle mille sensazioni lasciate da Titizé. E allora ci si immerge ancora di più, e viene voglia di sarde in saor e di baccalà mantecato, di passare i sottoportici e di navigare, di guardare tutto intorno, ovunque, cercando di non perdere neanche un particolare.
Il Veneto sommerso: Noventa di Piave e dintorni
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Dalla Serenissima, in equilibrio fra le acque, i ponti e i monumenti, torniamo lungo il corso del Piave, per scoprire quella parte del Veneto sommersa e più nascosta. Facciamo tappa a Noventa di Piave, dove l’area archeologica di San Mauro rappresenta uno dei siti più curiosi e meglio conservati del Veneto Orientale. Molto di più di un sito archeologico; piuttosto, un luogo della memoria – di Noventa di Piave, certo, ma anche dell’Italia intera – in cui ripercorrere una storia che parte dall’età romana e arriva fino ai giorni nostri. L’area archeologica presenta ben sette edifici sovrapposti, di cui due del periodo romano e cinque di quello cristiano.
L’edificio più antico – una villa rustica la cui datazione oscilla fra il II e il I secolo avanti Cristo –, lascia in eredità al sito, oltre al basamento per le strutture successive, la scelta di una location piuttosto suggestiva. Sono infatti le decorazioni degli ambienti, unite alla posizione piuttosto strategica e scenografica del complesso, a suggerire che la villa fosse la residenza di qualche alto rappresentate del patriziato locale. La vicinanza al Piave, infatti, oltre all’impatto visivo, conferma una finalità commerciale, che si collega ai traffici fluviali, e, soprattutto, alla contiguità con la via Annia, principale arteria di collegamento della zona. Dalla villa dell’età tardo-imperiale – che costituisce il secondo edificio –, si passa alla prima struttura cristiana, i cui mosaici, oltre a rappresentare la vetta decorativa del sito, presentano una curiosa analogia con quelli della Basilica apostolorum di Concordia Sagittaria, una circostanza che, oltre a fornire dei preziosi estremi cronologici per l’insediamento delle prime comunità cristiane (III-IV secolo), dà vita a un fil rouge archeologico che accomuna e contraddistingue quest’area del Veneto.
L’erezione di ulteriori edifici, che, in linea con l’edilizia cristiana, prevede il riuso di materiali delle strutture precedenti, si sussegue fino ai nostri giorni, dato accertabile dal rinvenimento di monete, ampolle, lampade e affreschi, questi ultimi pertinenti all’antica pieve di San Mauro, distrutta probabilmente in età rinascimentale per far spazio a una chiesa di più ampie dimensioni, presente fino al 1917, anno in cui, nel furore della Grande Guerra, venne bombardata.
È indubbio, l’area archeologica di San Mauro costituisce un fiore all’occhiello del patrimonio archeologico di questo fazzoletto di terra; tuttavia, questo risulta essere un motivo comune che trova riscontro in tutto il Veneto Orientale: Concordia Sagittaria, Portogruaro, Quarto d’Altino con il suo Museo Nazionale, e, poco più in là, Oderzo.
McArthurGlen: l’outlet in sinergia con il territorio
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L’ultima tappa del nostro itinerario, che possiamo immaginare come un bel quadro, o, perché no, un panorama, rappresenta uno svago, certo, e, al contempo, la cornice di tutto quello che abbiamo attraversato in questi due giorni. Il collegamento fra McArthurGlen Noventa di Piave designer outlet e Venezia, le aree archeologiche e il territorio circostante è forte, intenso, sinergico, e, sebbene svolto elegantemente “dietro le quinte”, costituisce in realtà la componente vitale di questo viaggio, quella che, in primis, è in grado di garantire continuità e mantenimento ai siti che abbiamo visitato. Già dal primo impatto, McArthurGlen richiama l’architettura veneziana e gli spazi di una città ideale: colonne, arcate, lunghi porticati architravati, ampi spazi e aree verdi. L’ingresso ricorda quello di un tempio o di un palazzo rinascimentale, mentre, all’interno, prendono vita il fior fiore del Made in Italy e dei grandi nomi della moda mondiale: Armani, Valentino, Loro Piana, Burberry, Michael Kors o Ralph Lauren, sono solo alcuni dei brand che, passeggiando per fare shopping, o semplicemente per visitare il centro e mangiare, si incontrano.
Oltre a essere un solido punto di riferimento per il turista internazionale che, in visita nel Bel Paese, include nel suo itinerario culturale ed enogastronomico un altro caposaldo dell’italianità, e cioè, moda e abbigliamento, McArthurGlen rappresenta, per il territorio del Veneto Orientale, un prezioso alleato e sostenitore, impegnato nella salvaguardia dei siti d’interesse culturale e paesaggistico.
A proposito del nostro itinerario, possiamo certamente dire che è anche grazie al gruppo McArhturGlen che sono state possibili la visita e l’esperienza di gran parte dei siti; nello specifico, nel centro Noventa di Piave, McArthurGlen ha rinnovato, nel 2025, il sostegno al Teatro Stabile del Veneto e al Teatro La Fenice di Venezia, così come, in dialogo con la Soprintendenza archeologica del Veneto, la riqualificazione, promozione e mantenimento dell’area archeologica di San Mauro. Quello di Noventa di Piave, però, è importante sottolinearlo, non è un caso isolato; il contributo del gruppo McArthurGlen, infatti, è ben evidente anche nei restanti tre centri italiani in cui l’outlet si è insediato. Basti vedere i casi di Castel Romano – a sud di Roma –, in cui l’impegno è stato vòlto alla creazione e al mantenimento di un’oasi WWF, o di Caserta, in cui la riqualificazione ha interessato nientedimeno che i giardini della Reggia.




