Il treno dei desideri
Lima - Huancayo col ferrocarril 17. Aprile 2003
Un trenino rosso e giallo è pronto alla partenza dalla stazione di Lima. E' giovedì santo. Sul binario numerose telecamere di televisioni locali, giornalisti, reporter, fotografi. Da semplice passeggero mi sento un po' osservato: che sarà mai successo?
Si tratta del primo viaggio dell'anno fin...
Ascolta i podcast
Lima – Huancayo col ferrocarril 17. Aprile 2003 Un trenino rosso e giallo è pronto alla partenza dalla stazione di Lima. E’ giovedì santo. Sul binario numerose telecamere di televisioni locali, giornalisti, reporter, fotografi. Da semplice passeggero mi sento un po’ osservato: che sarà mai successo? Si tratta del primo viaggio dell’anno fin su su sulle ande, tanto per spiegare il prossimo sarà tra piu’ di un mese, il 23 maggio. Ci accomodiamo sulla terza carrozza, abbastanza elegante, con sedili verdi comodi a due a due con tavolino e tovaglia stesa color panna. Alle 7.10 parte puntuale e si ode un botto: mi scappa un sorriso perchè non è stato investito qualcuno, bensì è stato urtato il treppiedi di una telecamera professionale: della macchina cadendo non so cosa sia rimasto. Il convoglio è composto da circa 8 carrozze più il locomotore che brucia nafta o gasolio, a giudicare dall’odore e dal fumo. Di fronte a me siede un simpatico ed affabile signore robusto con la barba, gli occhi chiari e sorridenti. Con una voce gentile e pacata mi spiega in buon inglese che vive in Peru’ dal ’99 e lavora per la chiesa luterana svedese in loco. Sui quattro sedili dall’altra parte siede la sua famiglia: moglie e tre viglie in visita per turismo. Sulla nostra carrozza, proprio adiacente a quella ristorante c’è una grande agitazione: pare di capire che il nucleo della spedizione abbia la sua base qui: c’è un’infermiera, dei giovani che armeggiano col microfono, altra gente che va e che viene come ad esempio operai del convoglio ben equipaggiati, addirittura col caschetto di protezione. Appena mosso il treno un giovane ragazzo peruviano da informazioni sul tragitto definendolo molto affascinante ed avventuroso, dando il numero di ponti gallerie e stazioni che passeremo, tra le quali la stazione di La Galera, a piu’ di 4800 metri slm, la stazione piu’ alta oltrepassata e toccata da un percorso ferroviario in tutto il mondo. Lentamente lasciamo Lima, e ci si accorge subito dell’importanza dell’evento: il macchinista suona continuamente il clacson, gente ovunque ai lati delle strade, dalel case, dalle auto che rallentano e talvolta ci riprendono con videocamere amatoriali: tutti guardano, molti salutano, nessuno risulta indifferente. Si lascia piano piano la periferia di Lima, molto povera ed abbandonata a se stessa, come è usuale trovare in ogni grande citta’: le loro case sono per la maggioranza di mattoni al grezzo, molte senza tetto o con coperture in eternit, polvere ovunque. Piano piano dai finestrini si vedono le prime alture, non sono granchè suggestive: totalmente brulle, neanche un filo d’erba, solo sassi, niente vita. Un signore distinto ed elegante, smilzo, passa a salutare il mio compagno di viaggio, il quale mi dice poi essere questi un irlandese anch’egli permanente a Lima. Poco dopo una ragazza carina mi propone un’intervista per una dario chiedendomi se parlassi spagnolo. Acconsento, e dopo ch’ella sul registratore tascabile mi introduce e mi chiede il motivo del mio viaggio, io le spiego brevemente il mio itinerario turistico nel sud del Peru’ (attraverso Huancayo, Ayacucho, Andahuailas, Cuzco, ecc.). Cominciamo piano piano a salire, finche’ abbandoniamo la garùa della capitale e troviamo la compagnia permanente del sole. La prima tappa è proprio una località di villeggiatura degli abitanti di LIma, sempre soleggiata, dove essi si rifugiano per sfuggire all’umidità e al clima opprimente della capitale per week end di relax ed aria sana. Circa un’ora dopo facciamo tappa alla stazione di San Bartolomeo: è un’occasione per riposarci e scendere 10 minuti dal treno per sgranchire le gambe. Nel frattempo viene ingegnosamente girato il locomotore per invertire il senso di marcia e cominciare a salire con una pendenza maggiore. Esso viene accomodato su una piattaforma in mezzo ad una pozza d’acqua circolare, e poi fatto girare a mano dagli operai come fosse la diagonale rotante di un cerchio. Ripartiamo mentre col microfono ci viene annunciato, sia in spagnolo che in inglese, che si punta ora alla stazione di La Galera, la piu’ alta al mondo. Incomincia la parte cosi’ piu’ suggestiva del viaggio. Piano piano i paesaggi si fanno piu’ verdi, ogni tanto ci accompagnano fiori gialli oppure viola ai lati, oltre a coltivazioni di un tipo di cactus dalla cui polpa si estrae un liquido utile per le tinture tessili. Si incominciano poi a vedere, seppure sporadicamente, piccoli agglomerati di abitazioni andine, coi loro abitanti, i campesinos (guai a chiamarli indios, perche’ si offendono) che da millenni popolano queste terre, nei loro abbigliamenti tipici, piccoli di statura, coi tratti del viso molto marcati e la pelle scura. Ci guardano incuriositi, raramente salutano (a parte i bambini) però si intuiscono la loro pace, i loro ritmi molto diversi dai nostri, più tranquilli ed in sintonia con la natura (la pachamama o madre terra come la chiamano loro), il loro orgoglio. Ogni tanto qualcuno trattiene il suo cane affinchè non corra incontro al treno e attratto dalla curiosità magari non ne rimanga investito. Arrampico talvolta gli occhi sulle vette, chinando la testa: la vegetazione verde ma molto bassa lascia poi spazio a cocuzzoli via via piu’ aspri ma suggestivi. Si sale progressivamente fino ai 2500, ai 3000, ai 3500 m slm. Dopo i 3500 m il trenino comincia ad andare a zigzag, ossia si inerpica per la montagna seguendo linee rette, per poi alternare il senso di marcia grazie anche agli operai a bordo che scendendo al volo ai momenti opportuni s’adoperavano a terra sugli scambi. Dai 4000 metri in poi il paesaggio si fa meraviglioso. Si gode la maestosità delle montagne, la loro profondità, la loro energia. Passiamo un ponte incredibilmente sospeso e sollevato da terra, molto lungo, e dal quale fa impressione la profondità della gola sulla quale lentamente danziamo. La velocità di crocera è molto limitata, circa 30/40 kmh, il treno poi dondola dolcemente a destra e a sinistra quasi cullandoci e facendo conciliare facilmente il sonno. Gli occhi quindi vanno a socchiudersi tra la ninna nanna del treno, una musichetta locale di sottofondo e lo splendore della vista suggestiva circostante: dalla favola al sogno e dal sogno alla favola. Via via salendo l’aria inizia a rarefarsi, e purtroppo non sono ancora riuscito a trovare le foglie di coca che i campesinos suggeriscono masticare lentamente coi molari per alleviare la fatica e avere meno problemi con l’altura. Mi si offre una caramella dicendomi che mangiare cose dolci aiuta, prendo pure dei sali minerali e mi bevo un paio di mate de coca, ossia te’ alla coca, anch’esso utile per la circostanza. La testa comincia a girare leggermente, ma è un malessere ben sopportabile. Finalmente si arriva ai 4800 metri, ma l’ossigeno nell’aria scarseggia, e si nota molto bene purtroppo. C’è piu’ di qualcuno che si sente male, per cui l’infermiera si adopera da un vagone all’altro con ossigeno e bccaglio per assistere i bisognosi. Ci invitano a scendere per fare qualche foto. Appena messi i piedi a terra comincio a barcollare, non mi reggo in piedi quasi, se non a stento, aiutandomi con le braccia aperte per mantenere l’equilibrio. Ho quasi un senso di vertigine. Trovo un masso e mi siedo, proprio davanti a un burrone, sperando bene di non pedere completamente i sensi e cadere giu’. Dopo qualche foto, riprendiamo il tragitto. Dai 4800 metri si gode un panorama magnifico: le cime piu’ vicine sono spoglie, brulle, ma di un colore verde chiaro e opaco che prova a vincere la non vita del marrone e del nero. Qua e la’ qualche piccolo laghetto con acqua cristallina e riflessi di luce magnifici donati dal sole, quasi fosse un mezzo di Maldive o di Sardegna. Sullo sfondo invece vette maggiori completamente innevate ad altezze sicuramente comprese tra i 5000 ed i 6000 metri. Cominciando a scendere il malessere dovuto alll’altitudine piano piano se ne va e per recuperare un po’ di serenità ed allegria giunge all’improvviso una ragazza clown assai divertente e non solo per i bambini. La discesa quasi non si avverte essendo addolcita dalla pendenza meno ripida e da un paesaggio che offre continuamente nuove sorprese. Spesso bambini campesinos si accostano a noi per salutarci nella loro spontaneità, innocenza, semplicità, meraviglia. Via via piu’ giu’ la vegetazione si fa di un verde piu’ brillante, e sotto i 4000 metri si incominciano a vedere animali come gli alpaca governati da pastori, oppure lama e guanaco. Oltrepassiamo piccole stazioni e facciamo sosta in centri importanti soprattutto per l’estrazione mineraria. L’incantesimo qui è un po’ rotto per l’aria quasi irrespirabile e l’inquinamento prodotto dalle miniere. Sotto i 3500 m il percorso diventa praticamente pianeggiante: siamo sull’altipiano andino. Costeggiamo tutta la valle del Rio Mantaro che ci porterà alla destinazione finale di Huancayo. QUesta era la valle del famoso gruppo rivoluzionario Sendero Luminoso il cui capo ora e’ in prigione all’ergastolo. Fino a pochi anni fa questo viaggio era stato interrotto a causa proprio dell’attività e pure degli assalti al treno da parte di questo movimento indipendentista e rivoluzionario appunto. Ora la situazione è sicura e tranquilla. Costeggiamo costantemente il fiume dalle cui rive se gli occhi cominciano a salire si apre una panoramica quasi pennellata da abili pittori. Si assiste ad una suggestiva multicromaticità di verdi, dato che sono pendii tutti coltivati con innumerevoli colture (specie cereali), immersi in un azzurro del cielo ineguagliabile, intriso delle piu’ diverse sfumature, grazie a provvidenziali nuvole sul tramonto che danno la magia della favola a questa impagabile visione che nessuna foto o nessun video potrebbe cogliere: la vista è continuamente rapita a destra e a sinistra, avanti e indietro, sopra e sotto, vicino e lontano, in profondità ed in lontananza, da un tale simile irripetibile incantesimo ogni giorno sicuramente diverso, ogni giorno sicuramente uguale. Sul finire del viaggio, appena spento l’ultimo bagliore roso nero del tramonto, ecco la festa. Ci fermiamo alla stazione di Concepcion accolti trionfalmente dalle fanfare della banda cittadina che si esibisce in una performance musicale di almeno 20 minuti tutta per noi. Centinaia di persone ai due lati del treno ci salutano e festeggiano agitando mani, bandierine e palloncini (tutto il paese ha praticamente interrotto il lavoro per questo evento, e m’han detto succede per ogni treno..tanto son cosi’ rari…). Si respira un’aria di festa, resa ancora piu’ bella dalla settimana santa. Quì ci sono festeggiamenti e processioni ovunque, la religiosità è molto sentita e giungono persone da tutto il paese per la grande festa di Pasqua. Una ragazza in particolare continua a salutarmi con radiosi sorrisi ai quali con piacere ricambio. Riusciamo a salutarci baciandoci e stringendoci la mano prima che il treno riparta. Poco dopo qualcuno da fuori lancia dei petali di fiori gialli ed uno riesce ad entrare: l’ho raccolto conservandolo. Dopo mezz’ora eccoci finalmente a Huancayo accolti da un altro stuolo di gente. E’ buio pesto, ma porto solo luce con me: la luce di ogni sguardo incrociato, sempre gioioso, radioso, sorridente; la luce della semplicità della vita qui vissuta; la luce del sole riflessa sull’acqua a 4800 metri: che meraviglia! Le Ande sono indescrivibili: sono un concerto sublime di musica sinfonica, non si può raccontare, è solo da vivere in tutta la sua maestosità e splendore. Come la musica, le Ande sono vive benchè ogni singola nota od ogni singola pietra pare priva di impulso; nell’insieme, nel tutto, nel grande cerchio del tutto vive: l’armonia che si fonde nelle note o in un paesaggio da luogo alla magia della vita che non è semplicemente la somma delle sue componenti ma è un qualcosa di più. In una visione a 360 gradi molto aspra e con verde scarseggiante niente si muove, ma ecco, ho visto tra i cespugli una donna seduta contemplante, ma ecco, ho visto un uomo allontanarsi solitario sena nient’altro attorno.