Il sogno e l’incanto: la Polinesia

Avrei dovuto scrivere questo diario appena tornata da Papeete, esattamente un anno fa, ma non so perché, forse frastornata da tanta bellezza, ho dovuto quasi “metabolizzare”i ricordi per riuscire a raccontare ciò che abbiamo vissuto. Questa premessa era doverosa perché in genere quando scrivo un racconto di viaggio lo faccio per...
Scritto da: ulysse60
il sogno e l’incanto: la polinesia
Partenza il: 25/06/2008
Ritorno il: 16/07/2008
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 3500 €
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Avrei dovuto scrivere questo diario appena tornata da Papeete, esattamente un anno fa, ma non so perché, forse frastornata da tanta bellezza, ho dovuto quasi “metabolizzare”i ricordi per riuscire a raccontare ciò che abbiamo vissuto. Questa premessa era doverosa perché in genere quando scrivo un racconto di viaggio lo faccio per condividere con altri viaggiatori informazioni che potrebbero essere non voglio dire preziose, ma quantomeno utili, mai avuta la pretesa di voler trasmettere emozioni e suoni e colori e profumi e silenzi e sapori… non sono Chatwin e ne sono ben consapevole.

Bene, ora che i ricordi e le immagini sono rimasti a decantare un bel po’, mi sento pronta a raccontare quello che veramente è stato il viaggio sognato da una vita e che è arrivato per festeggiare venticinque anni di matrimonio, visto che nell’ormai lontano ottantatre, giovani e squattrinati, avevamo dovuto accontentarci di Londra e Parigi.

La preparazione è stata lunga e alquanto meticolosa, essendo un “ fai da te” volevo rischiare il meno possibile e sin dal mese di marzo ho iniziato a leggere i racconti di altri viaggiatori per stabilire un itinerario. Successivamente è iniziata la ricerca su internet per i biglietti, acquistati a 1600 euro cadauno sul web, e degli alloggi: sono rimasta estasiata dai bungalow overwater ma è stato lampante sin dal primo momento che se volevamo restare laggiù per almeno tre settimane, avremmo dovuto evitare i costosissimi “villaggi”su palafitte ed optare per soluzioni confortevoli ma non così costose. I siti di varie agenzie polinesiane sono stati davvero utili e anche la conoscenza del Francese mi ha permesso di scambiare mail senza problemi.

Così il 25 giugno 2008 è iniziata l’avventura: volo Fiumicino – Los Angeles con Alitalia, che tanto per non smentirsi è partito con oltre un’ora e mezzo di ritardo, con i passeggeri chiusi nell’abitacolo senza aria condizionata, ad ascoltare di pretesi scioperi dei controllori di volo francesi, mentre i portelloni del 767 rimanevano aperti per caricare merci varie… Ho chiamato Air Tahiti Nui a Milano e mi hanno confermato che il volo a LAX non ci avrebbe aspettato, mi raccomandavano di chiedere ad Alitalia una eventuale riprotezione se avessimo perso la coincidenza a causa loro.

Così ho iniziato a marcare stretto il capo cabina , il quale dopo aver ascoltato con molto sussiego e altrettanta degnazione le mie rimostranze, prometteva di farci passare in prima o business che fosse, dopo l’ultimo servizio, così che, essendo muniti solo di bagaglio a mano, avremmo potuto scattare per primi ai controlli di frontiera, lunghi come una quaresima, come tutti ormai ben sanno.

Con questo accorgimento siamo riusciti a passare i controlli, cambiare terminal e non perdere il volo di Air Tahiti Nui da LAX a Papeete Faa dove siamo atterrati in tarda serata.

La prima notte l’abbiamo trascorsa all’Airport Motel, situato proprio di fronte al parcheggio dell’aeroporto, prenotato via internet al prezzo di cento euro senza colazione. Non è affatto male: ristrutturato di recente, ha mobili nuovi, un bellissimo parquet, bagni immacolati ed un efficiente sistema di condizionamento.

La mattina del 26 ci siamo svegliati con la vista di Moorea proprio di fronte, fantastica. Un breve colloquio con i placidi gestori ci ha fatto capire che non avevano proprio alcuna intenzione di prepararci una colazione, anzi ci hanno invitato ad andare alla caffetteria dell’aeroporto dove con l’equivalente di 18 euro abbiamo preso il nostro primo petit déjeuner polinesiano. Dopo ci siamo messi in fila allo sportello dell’Air Tahiti per confermare l’itinerario dei due pass per i voli interni acquistati via internet a circa 400 euro l’uno,che includevano le isole della società e le tuamotu: no problem, tutto registrato e così abbiamo preso un trasporto collettivo per il centro. Dopo due minuti avevo attaccato bottone con una anziana signora che gentilmente ci indicava la fermata per il mercato coperto, colorato e assai affollato di turisti, dove abbiamo dato una prima occhiata per regolarci sui prezzi di souvenirs e affini.

Alle 14 partenza per Raiatea dove un motoscafo è venuto a prenderci per portarci a Tahaa, l’isola della vaniglia.Ad attenderci al molo c’era Babette, che insieme al marito Phil gestisce la pensione “ Au Phil du temps “dove avremmo soggiornato per quattro notti. La pensione è familiare, ha due graziosi bungalow in giardino e noi, naturalmente, abbiamo dormito nella camera sita nel corpo di fabbrica principale, non molto polinesiana, a dire il vero, ma d’altronde le due coppie italiane che si trovavano nei bungalow avevano prenotato prima di noi .

La sistemazione in questa pensione è interessante perché nel prezzo della pensione completa, circa 140 euro a testa, sono incluse le escursioni con il fuoristrada, nelle valli interne a visitare le coltivazioni di vaniglia,come quella di Alfred , vecchio legionario alsaziano che ha prestato servizio per quindici anni su mururoa, (dovrebbe essere come minimo fosforescente e invece appare in ottima forma mentre ci spiega come coltiva la vaniglia,) e quelle con la barca per fare snorkeling al giardino di corallo che si trova sul motu del Tahaa private island resort. E’ stata una esperienza unica ed emozionante, farsi trascinare dalla marea in entrata nella laguna facendo lo slalom fra i coralli per ammirare una miriade di pesci dai mille colori. Ci siamo andati per due giorni consecutivi e dopo i primi tentativi guidati da Phil , ci abbiamo preso gusto e abbiamo ripetuto più e più volte l’esperienza da soli, in verità mi sono anche un po’ grattugiata sul corallo, ma chissene ! A Tahaa abbiamo avuto un primo assaggio dell’heiva, che non è un frutto tropicale ma una festa popolare polinesiana che dura un mese e prevede sfide di ballo, canto e coreografie fra i villaggi delle isole. La sfilata dei carri di Tahaa e la partecipazione della popolazione ai canti e alle danze è stata per me di una semplicità e genuinità commoventi. Era evidente quanto tutto ciò fosse importante per loro e solo per loro, mica come quelle danze fasulle che si svolgono nelle hall degli alberghi 5 stelle.

Il 30 giugno abbiamo salutato Phil e Babette, la quale mi ha regalato come ricordino la ricetta dei suoi sublimi spiedini di tonno, e dopo la traversata della laguna e un breve volo sul solito ATR 42 siamo atterrati nel mito : Bora Bora.

Un enorme yacht a catamarano ci trasporta dal motu sul quale è situato l’aeroporto sino al molo di Vaipate dove non troviamo il transfer che avevamo prenotato al novotel e così raggiungiamo l’hotel in tassi. Il novotel di Bora Bora è secondo me una buona soluzione se si vuole soggiornare nei pressi di Matira point, in un albergo che ha la spiaggia,camere grandi e ben arredate poste in un lussureggiante giardino. Le stanze si trovano al di là della strada, larga 5 metri che si deve attraversare se si vuole andare in spiaggia passando per la reception. Il costo era di circa 130 euro only bed, la colazione costava sui 15 euro se non ricordo male e una cena per due come in un qualsiasi trattoria a roma , sui 70 euro in due , bevendo hinano, la birra locale, che il vino è meglio scordarselo! Durante il soggiorno di sei notti a Bora ,abbiamo cercato di evitare le trappole per turisti tipo corsa in aquascooter o visita all’acquario dove ti immergi in mezzo ai pesci che sono intrappolati dalle reti. Benché organizzarsi da soli sia difficilissimo e veramente caro, abbiamo affittato una piccola dune buggy per fare il giro dell’isola e ammirarne i panorami. Ci siamo fermati a Vaipate dove all’ufficio postale abbiamo comprato le tessere per telefonare in Italia dalle cabine pubbliche, abbiamo curiosato nei padiglioni della locale heiva e fatto un giro per i negozi che vendono le perle.

Il giorno successivo abbiamo preso una barchetta a motore dal centro nautico dell’albergo per girare un po’ da soli nella laguna. Il pranzo è stato un pic nic su uno splendido motu, grazie alla ghiacciaia che era in dotazione della barca e alle provviste acquistate al market vicino all’albergo . Giornata indimenticabile, di quelle che ti sogni per tutta la vita : la laguna di Bora è uno dei luoghi più belli del mondo e la luce, i colori dell’acqua e dell’isola verdissima sullo sfondo, il suono del vento fra le palme non li dimenticheremo mai e serviranno ad addolcire il grigiore di certe giornate metropolitane.

Abbiamo anche visitato il giardino di coralli che sta a fianco del sofitel motu, utilizzando le canoe che novotel mette a disposizione ( gratis, vivaiddio ) dei clienti: faticaccia improba perché non siamo abituati a pagaiare ed in ogni caso non c’erano molti coralli vivi. Ci hanno spiegato che quando il Nino si è abbattuto sul pacifico, ha provocato danni tremendi alla laguna che ha soltanto una passe, quindi l’acqua più calda una volta entrata è defluita con molta difficoltà, provocando la morte della maggior parte dei coralli. In ogni caso abbiamo avvistato le razze e centinaia di altri pesci: magnifico! Le serate le abbiamo trascorse cenando in albergo o nei ristoranti lì vicino e passando poi ore intere a rimirare le stelle sdraiati in silenzio sulle amache della spiaggia.

Dopo sei giorni di questo paradiso, ci siamo imbarcati per le isole Tuamotu, arcipelago corallino situato a nord delle isole della società. Dopo un volo di circa un’ora siamo atterrati a Tikehau dove abbiamo alloggiato al Royal relais di proprietà di una agiata coppia di mezza età formata da una signora francese, (elegante, raffinata e charmante, con il tipico accento da upper class) trasferitasi in Polinesia a sei mesi e suo marito, un signore polinesiano ma con cognome francese. La proprietaria ci è venuta a prendere in aeroporto e dopo un breve tragitto in fuoristrada e uno altrettanto breve in battello siamo arrivati al relais. E’ grazioso, costituito da numerosi bungalow che si affacciano o sulla spiaggia, come il nostro, oppure sulla hoa, il canale di acqua cristallina, profondo un paio di metri( e abitato da migliaia di pesci multicolori, compreso un paio di simpatici pinna nera da un paio di metri l’uno) che separa il nostro isolotto da quello dove sono ubicati l’aeroporto e il villaggio. I proprietari ci hanno detto che Tike è la vera Polinesia, quella di quaranta anni fa, ed è stupendamente vero, (a parte la mancanza di vetri alle finestre).La spiaggia davanti al nostro bungalow era di sabbia rosa e abbiamo passeggiato per ore sulla battigia senza incontrare anima viva ammirando tramonti infuocati e struggenti.

Mentre ci aggiravamo per il minuscolo villaggio, abbiamo notato come tutto fosse lindo e pinto e la guida che ci avrebbe portato all’isola degli uccelli, ci ha spiegato che prima di andare a scuola i ragazzi del villaggio ramazzano tutte le strade e che dopo le lezioni aiutano a mettere in tavola la cena andando a pescare.

Li abbiamo incontrati, questi figli delle isole, alti, fieri ed imponenti ma non ancora grassi come la maggior parte dei loro genitori, mentre giocavano in spiaggia lanciando pesci alle sule e alle fregate che dall’alto si tuffavano in picchiata per acchiapparli al volo. Ho pensato con tristezza ai nostri ragazzi, intossicati dai videogiochi e dalla realtà virtuale.

L’escursione all’isola degli uccelli, con uno stop all’ìle eden, gestita da una setta religiosa coreana e il pic nic su una sperduta isoletta , ospiti di una famiglia polinesiana, è stata una esperienza molto interessante nonché assai gustosa: poisson cru, mahi mahi alla brace, riso bianco e pain de coco. La famiglia polinesiana ci ha detto che quel paradiso era la loro casetta del week end, tipo bilocale a santa severa per capirci, e che loro abitavano al villaggio. Ci hanno parlato dei figli, del sistema di istruzione e di come i ragazzi siano costretti ad emigrare a Tahiti per il liceo e in genere in Francia per l’università. Erano molto curiosi di conoscere il nostro stile di vita cittadino e quando ho spiegato loro che impiego in media 50 minuti per percorrere in auto i 5 chilometri scarsi che mi separano dalla scuola dove insegno, ho letto il compatimento nei loro occhi.

Probabilmente proprio perché gli ho fatto pena , hanno preso a raccontarmi della pesca al mahi mahi fuori nell’oceano immenso, quando c’è mare grosso e loro lo affrontano con le barche piccole piccole per arpionare quel pescione grosso e stupido che nuota a galla fra le onde enormi, o di quando pescano in laguna di notte e risalgono in mezzo a nugoli di squali che gli girano intorno perché attratti dall’odore del pesce.

La padrona di casa mi rivela la ricetta della marinata che usa per condire il mahi mahi prima della griglia e che lo rende tanto squisito da piacere persino a me che in genere odio il pesce.

Abbiamo salutato Tike il 9 luglio in partenza per Rangiroa, nome poetico, vuol dire grande cielo, il secondo atollo più grande del mondo, non chiedetemi quale sia il primo perché ancora non lo so.

L’albergo anche in questo caso era il Novotel, non male, il bungalow assomigliava a quello di Bora ma era più piccolo, ma non c’è spiaggia, solo un piccolo pontile, una pedana galleggiante ad una quarantina di metri ( troppi da nuotare, visto tutti gli squalotti che ci sono in giro ) e un terrazzamento con sabbia di corallo frantumato. I nostri 4 giorni a Rangiroa li abbiamo trascorsi girando da un capo all’altro di questa sottile striscia di corallo lunga una ventina di chilometri, ombreggiata dalle palme da cocco, che si affaccia sulla laguna meravigliosa ed ha alle spalle il rombo costante, potente ed inquietante dell’oceano Pacifico. Il posto migliore per fare il bagno è la spiaggia dell’hotel kia ora, le spiagge in Francia sono pubbliche e se non usufruite a sbafo dei servizi dell’albergo, nessuno vi potrà cacciare. Abbiamo deciso di comprare qualche perla qui a Rangi, dopo aver visitato un paio di allevamenti, Le perle polinesiane sono colorate e magari non piacciono a tutti ma gli acquisti fatti mi hanno assai soddisfatta. Quello che assolutamente non dovete perdere è l’escursione alla laguna blu, una laguna nella laguna a un’ora e mezza di barca da Avatoru, un autentico paradiso in terra!! Certo, le escursioni sono abbastanza care, questa costava sugli 85 euro a testa, ma che senso ha andare all’altro capo del mondo per poi rimanere chiusi in albergo? Purtroppo la nostra escursione è stata funestata da un incidente alla mia dolce metà, il quale fra uno squaletto e l’altro, per aiutare un pescatore a tirare in secco un barchino, si è infortunato ad un braccio. La diagnosi , forte contrattura muscolare, redatta dal dottore francese di Avatoru, (con tanto di laurea conseguita a Bordeaux appesa al muro, bada bene! ) si rivelerà, dieci giorni più tardi, pateticamente errata. Il maritone verrà operato d’urgenza appena rientrati in Italia per distacco del bicipite sinistro. Molto probabile che la laurea del dottore francese fosse in enologia! L’infortunio ci impedirà di fare lo snorkeling spinti dalla corrente in entrata nella passe di Tiputa come avremmo sperato di fare, per vedere i delfini, gli squali martello e le mante. Chi lo ha fatto parla di esperienza indimenticabile.

Il 13 luglio siamo di nuovo in aereo, destinazione Tahiti dove trascorreremo le ultime quattro notti in Polinesia soggiornando presso la” pension de la plage “a Punauia sobborgo residenziale nei pressi dell’hotel meridien. La stanza è grande e pulita, c’è una piccola piscina nel rigoglioso giardino e i proprietari sono disponibili e gentili, Abbiamo affittato una macchina per tre giorni e ce ne siamo andati in giro per l’isola.

Il 14 luglio, celebrazione della presa della Bastiglia, ci vede in prima fila alla parata militare con la légione che sfila orgogliosamente e miss Tahiti che brilla di luce propria tanto è bella. A questo proposito bisognerebbe sfatare la leggenda delle vahinè: non tutte le polinesiane sono flessuose sirene, anzi.. Ma quelle belle sono meravigliosamente belle ! Approfittando della vicinanza, il giorno successivo, abbiamo visitato Moorea in giornata, imbarcando l’auto sul traghetto e facendo il periplo dell’isola con pranzo in un suggestivo ristorante sulla baia di Cook, visita del belvedere delle due baie e per finire bagno fantastico sulla spiaggia pubblica a fianco del sofitel. Moorea è bella ma forse un tantino troppo turistica per noi che venivamo dai silenzi e dai panorami delle Tuamotu.

Un’altra giornata l’abbiamo trascorsa facendo il periplo di Tahiti, visitando il museo di Gauguin, che personalmente ho trovato deludente e soffermandoci a guardare i bimbi surfare con il boogie, in una giornata di calma piatta, a Tehuaupoo, mitico spot del Billabong pro contest.

La lonely planet, parlando di killer wave, avvisa chiaramente che è pane solo per i più bravi fra i surfisti Tahiti è un’isola vulcanica come tutte le isole della società, il suolo è fertile e la natura, i giardini sono lussureggianti, le piante crescono rigogliose, almeno quelle ornamentali e allora mi chiedo perché, ragazzi, in un posto dove quattro pesche verdognole neozelandesi costano l’equivalente di sei euro, ho potuto vedere soltanto due orti in cinque isole visitate ? Ma come faranno? Boh ? in fin dei conti il tiarè e gli hibiscus mica si mangiano, i pomodori e la lattuga invece sì !!! Sarà che come dicono i miei figli non sono molto poetica ma piuttosto dotata di spiccato senso pratico.

Le cene tahitiane sono state davvero gradevoli, abbiamo sempre mangiato alle roulottes del porto, dove servono cibo polinesiano, francese, cinese e giapponese in un contesto igienico ineccepibile e a prezzi abbordabili . Si mangia insieme ai polinesiani e si divide il tavolo con allegre famigliole che ti apostrofano curiose e gentili.

Purtroppo anche il giorno della partenza, il 16 luglio, è arrivato e dopo 22 ore di viaggio siamo tornati in patria con il conto in banca un po’ più leggero ma con preziosi ed incancellabili ricordi serbati per sempre nei nostri cuori. Maururu , Polinesia!



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