Il sogno
Per l’estensione a Victoria Falls abbiamo comprato un pacchetto di 3 giorni/2 notti da un tour operator in Italia. L’abbiamo ritenuto più conveniente sia dal punto di vista pratico che dal punto di vista economico. Le cascate sono bellissime e valgono una visita, il paese che è nato intorno invece è molto turistico. I prezzi sono alti rispetto a quelli praticati nel resto del paese, al mercato si contratta ma non molto. Ho provato ad acquistare una tovaglia ma hanno preferito che io me ne andassi senza comprarla piuttosto che provare a trovare un accordo. Sanno che comunque danarosi turisti inglesi o tedeschi pagano qualsiasi prezzo venga loro chiesto.
Durante il periodo della nostra visita il Rand valeva poco meno di 200 lire. C’è comunque una forte inflazione quindi il valore cambia continuamente. In Swaziland la moneta sudafricana è accettata ovunque e il rapporto tra Rand e Lilangeni (la moneta dello Swaziland) è di 1:1.
Nei conti dei ristoranti non esiste la voce Coperto o Servizio per cui è consuetudine e buona norma lasciare una mancia del 10%.
Le strade sono ottime ed anche tutti gli sterrati che abbiamo percorso ( e sono stati tanti) sono tenuti in perfette condizioni tanto che si poteva tenere tranquillamente una velocità di 60/70 Km./h. Le indicazioni lasciano un po’ a desiderare perciò è facile imboccare la strada sbagliata. Se avete qualche dubbio chiedete tranquillamente, le persone sono gentili e disponibili e se sono in grado vi aiutano volentieri. C’è poco traffico e gli automobilisti sono diligenti, mentre non posso dire altrettanto per quelli dello Swaziland, fate attenzione perché ci sono molte strade di montagna con curve cieche e può capitare di trovare dietro una curva un pazzo che ha sorpassato al buio od una mucca che attraversa la strada.
Ed ora …Si parte !! Venerdì 27/9/2002 Usciti di corsa dal lavoro, partiamo con la nostra Panda alla volta dell’aeroporto di Bologna, per imbarcarci sul volo Lufthansa delle 19.10 per Francoforte.
Il volo parte puntualissimo e alle 21 siamo a Francoforte da dove, alle 22.50 partiamo con destinazione Cape Town. L’aereo, un Boeing 747, è completamente pieno e quindi cerchiamo alla meglio di ritagliarci uno spazio per fare un pisolino. La mattina successiva verso le 9.30 atterriamo a Johannesburg dove scendono moltissimi passeggeri, mentre noi e pochi altri rimaniamo a bordo in attesa che le operazioni di sbarco si concludano. Dopo circa un’oretta si riparte e puntualissimi arriviamo a Cape Town alle 12.05 La prima cosa che mi colpisce è che non c’è la proboscide od il solito autobus ad aspettarci, ma si raggiunge il terminal a piedi. Ritiriamo un po’ di valuta locale al bancomat (utilizzando la stessa carta e lo stesso codice che usiamo in Italia senza nessuna commissione aggiuntiva) e ci dirigiamo verso gli uffici dell’Avis per ritirare l’auto. Ci consegnano la chiave e ci avviamo al parcheggio dove prendiamo possesso di una Mazda blu elettrico. Il tempo è grigio, pioviggina, ma non fa freddo. Usciamo così dall’aeroporto ed imbocchiamo la N2 con destinazione Green Point dove abbiamo prenotato presso la Brenwin Guest House al costo di 400 R. A notte – www.Brenwin.Co.Za Arriviamo senza nessuna difficoltà servendoci del South Africa Atlas della Lonely Planet acquistato via internet ( www.Vel.It) prima della partenza. Ci accoglie Bernie che ci mostra subito la nostra stanza. Tutto è molto curato: dal giardino pieno di rose in fiore, alle sale comuni arredate con stile “etnico”, alla nostra stanza luminosa e con un bagno enorme. Schiacciamo un pisolino di un paio d’ore per riprenderci dal viaggio e poi ci incamminiamo verso il Waterfront. In 10 minuti a piedi raggiungiamo questo spazio ricavato nel vecchio porto, ristrutturando e riconvertendo i docks. E’ molto turistico ma carino, c’è molta gente che passeggia, spettacoli improvvisati agli angoli delle strade ed un’atmosfera cosmopolita. Nel frattempo il cielo si è un po’ aperto e ne approfittiamo per scattare alcune fotografie con la luce incredibile del tramonto. C’è un centro commerciale enorme con negozi di tutti i tipi e un numero impressionante di ristoranti. Acquistiamo subito l’adattatore per le prese elettriche che ci servirà soprattutto per ricaricare la batteria della videocamera. Ceniamo al City Grill, un locale molto carino con vista sul porto (come quasi tutti del resto) dove spendiamo R.191 inclusa la mancia.
Quando usciamo dal ristorante fa freddo e si è alzato un forte vento per cui ci affrettiamo di gran passo verso il nostro b&b.
Domenica 29/9 La giornata è meravigliosa, il cielo è di un blu incredibile e fa caldo. Facciamo colazione, sarebbe meglio dire pranziamo considerato quello che abbiamo mangiato, e partiamo verso la riserva del Capo di Buona Speranza. Imbocchiamo la strada per Muizenberg dove ci fermiamo a fotografare le cabine vittoriane dipinte a colori vivaci, proseguiamo per Simon’s Town dove facciamo due passi ed ammiriamo le belle costruzioni in stile vittoriano ed arriviamo a Boulder’s. La zona è stata risistemata negli ultimi mesi, due aree sono state adibite a parcheggio per auto e bus ed è stata costruita una passerella in legno che permette di raggiungere la colonia di pinguini. In questo modo è ancora possibile fotografarli e vederli molto da vicino ma senza disturbare le loro attività. A mio avviso ne vale la pena, sono molto simpatici e non capita certo tutti i giorni di poter vedere i pinguini nel loro ambiente naturale. Arriviamo così all’ingresso della riserva del Capo dove paghiamo il biglietto di R.50 e ci consegnano la mappa della zona.
Il panorama è mozzafiato, si vede l’oceano blu, le spiagge bianche, e il fynbos (la macchia) è fiorito, si va dal giallo delle protee al viola dell’erica. Imbocchiamo tutte le stradine laterali che portano verso le spiagge e ne approfittiamo per fare brevi passeggiate.
Arriviamo così alla fine della strada dove c’è il parcheggio (affollato), un curio shop, un ristorante e la partenza del trenino a cremagliera che conduce al vecchio faro. Decidiamo di salire in treno e di scendere a piedi (R.36). Arrivati in cima raggiungiamo il vecchio faro che è stato abbandonato perché spesso coperto da nebbia e nuvole e quindi non efficace, e godiamo di un panorama mozzafiato. Poi prendiamo il sentiero che conduce al nuovo faro, costruito sulla Diaz Point, circa 70 metri più in basso. Non lasciatevi spaventare dal cartello posto all’inizio del sentiero che recita: sentiero pericoloso – 1.30 hrs. Andata e ritorno. In realtà il sentiero è sicurissimo e in 3/4 d’ora circa si va e si torna comprese le soste per scattare le fotografie. Durante la passeggiata abbiamo visto la nostra prima balena ed è stata un’emozione incredibile. Ritornati al vecchio faro scendiamo a piedi al parcheggio dove incontriamo parecchi babbuini, fate attenzione perché sono pericolosi e non bisogna dar loro da mangiare.
Riprendiamo l’auto e continuiamo ad imboccare la stradine laterali, questa volta lato oceano Atlantico. La prima deviazione porta al Capo di Buona Speranza con tanto di cartello con coordinate geografiche, erroneamente considerato il punto più meridionale del continente africano. In realtà il punto più a Sud è Cape Agulhas qualche decina di chilometri più ad est. Avvistiamo nuovamente delle balene, sono tante e molto vicino alla costa. Che meraviglia !! Usciti dalla riserva, dove abbiamo speso buona parte della giornata, proseguiamo lungo la costa occidentale. Sfortunatamente il Champan’s Peak Drive è chiuso a causa di una frana, e quindi bisogna inevitabilmente rientrare verso Cape Town attraversando il quartiere di Constantia (famoso per i vigneti) per poi riscendere verso Camp’s bay.
Sono circa le 6 di sera e la vista del lungomare alla luce del tramonto con i dodici apostoli (la montagna di Cape Town) alle spalle è splendida.Purtroppo essendo domenica, c’è una fila interminabile di auto che rientra da una giornata di mare e quindi decidiamo di abbandonare la costa e di ritornare in città via Camp’s Bay Drive che passa vicino alla partenza della teleferica per Table Mountain e attraversando il quartiere di Gardens riporta in centro città.
Parcheggiamo l’auto di fronte al nostro b&b, ci rinfreschiamo velocemente e ritorniamo a piedi al Waterfront dove ceniamo al Greek Fisherman per R.290 inclusa la mancia. Rientrando dopo la cena, ci fermiamo lungo il tragitto ad ammirare i fuochi artificiali che partono da un vicino stadio dove è in corso una festa.
Lunedì 30/9 Anche questa mattina il tempo é splendido. Abbiamo prenotato un tour delle township tramite la www.Daytrippers.Co.Za a R.195 pp. Il pulmino guidato da Sam, che sarà la nostra guida per questa mattina, ci passa a prendere direttamente al nostro b&b. Siamo in 7: una coppia di ragazzi inglesi, 3 ragazzi irlandesi e noi due. L’itinerario comincia dal District Six Museum, un luogo davvero commovente, dove Sam ci spiega com’era la vita nel District Six prima che l’idiozia umana ne cancellasse completamente l’esistenza. Sono esposte fotografie, oggetti, targhe delle strade che ricordano come il quartiere fosse attivo e pieno di vita. Proseguiamo poi per le township: Nyanga, Langa, Guguletu e Khayelitsha. Visitiamo un’abitazione, una birreria frequentata solo da uomini dove ci offrono la birra di sorgo, una “erboristeria” dove ci si reca per curarsi con piante ed animali. Il mestiere si tramanda di padre in figlio, il luogo è buio e un po’ spettrale e dal soffitto pendono pelli di serpente, scheletri di babbuino e radici di ogni genere. Poi visitiamo un asilo “fatto in casa” nel senso che, in una stanza senza nessuna struttura, un paio di signore accolgono i bimbi mentre le mamme lavorano.
Ho con me delle caramelle e, dopo aver chiesto il permesso a Sam, consegno il sacchetto alla “maestra” che distribuisce una caramella a testa. E’ il momento più bello della giornata, i bimbi vogliono giocare, venire in braccio e stare con noi. Ma purtroppo bisogna andare, ci accompagnano in strada e ci salutano mentre ci allontaniamo sul nostro pulmino. Per finire visitiamo il centro di Philani. E’ una struttura costruita per aiutare le donne in difficoltà. Qui imparano a tessere tappeti, a stampare la tela, a costruire oggetti in ceramica che vengono poi venduti a negozi e turisti.
Ci avviamo sulla strada del ritorno, nel frattempo il tempo è cambiato. Si è alzato un vento fortissimo e nuvoloni minacciosi avanzano a gran velocità. Verso le 13,30 Sam ci riporta al Brenwin dove, indecisi su come passare il resto del pomeriggio visto il tempaccio, decidiamo di prendere l’auto per fare un giretto. E qui l’amara sorpresa. Durante la notte o la mattinata ? ci hanno spaccato il deflettore posteriore. Siamo arrabbiatissimi oltre che per il danno che certo ci costerà una bella cifretta, soprattutto per l’atto di vandalismo assolutamente gratuito visto che all’interno dell’auto non c’era nulla e, che una volta rotto il vetro, non hanno neanche tentato di forzare la serratura. Chiediamo a Bernie se c’è una sede Avis a Cape Town downtown (per non dover tornare all’aeroporto) e ci risponde che ce n’è una proprio lì vicino. Ci avviamo e, dopo aver appreso che comunque ci toccherà pagare il danno, ci consegnano a parziale consolazione un’auto di categoria superiore e precisamente una Almera super accessoriata e con antifurto. Per vostra informazione, anche se stipulate la polizza con copertura super cover, c’è comunque una franchigia che, nel nostro caso con auto di categoria B, ammonta a R.1750 (ca. 350.000 lire) più R.250 (ca. 50.000 lire) per apertura pratica. Se il costo della riparazione è di importo inferiore alla franchigia viene addebitato il costo reale della riparazione; se l’importo è superiore viene addebitata la franchigia, fermo restando per entrambi i casi, l’addebito per l’apertura pratica.
Sono quasi le 15, piove a dirotto con tuoni e fulmini e un vento che non permette di fare nulla. Siamo stanchi e delusi: per il pomeriggio avevamo in programma la salita sulla Table Mountain e le foto al tramonto dalla spiaggia di Bloubergstrand ma naturalmente entrambi i programmi saltano. E’ troppo tardi per allontanarsi dalla città e visitare i dintorni perché alle 18 comincia a far buio ed è meglio non circolare di sera. Pensiamo di visitare l’acquario del Waterfront, ma il giorno prima abbiamo visto i pinguini e le balene nel loro ambiente naturale e vederli in una vasca dietro ad un vetro non ci attira.
E comunque la verità è che siamo talmente arrabbiati per il vetro, il tempaccio e il freddo cane che fa, che non abbiamo voglia di muoverci. Decidiamo di riposarci e farci una doccia calda, sperando che il tempo migliori un po’. Verso le 17 nulla è cambiato e con scarponi, pile, k-way e ombrello decidiamo di avviarci a piedi verso il Waterfront. Non c’è nessuno in giro, l’animazione che caratterizzava la zona nelle serate precedenti è sparita. Entriamo nel centro commerciale, guardiamo un po’ le vetrine, acquistiamo le cartoline e decidiamo di tornare a cena al City Grill (R.207,65). Dopo cena, sotto una pioggia battente, torniamo al nostro b&b, sperando che domani vada un po’ meglio.
Martedì 1/10 Il tempo è ancora grigio, ma almeno non piove è il vento si è calmato. Dopo colazione salutiamo Bernie e Winnie, carichiamo le valigie in macchina e partiamo. Ci avviamo verso la teleferica delle Table Mountain per vedere se è in funzione. E’ in servizio (R.85 pp) e decidiamo di salire, anche se sappiamo che con le nuvole la visibilità si riduce di molto. Riusciamo a scattare qualche fotografia del panorama e a passeggiare per i sentieri che, per la gran pioggia sono spesso allagati e impercorribili costringendoci a trovare vie traverse per avanzare. Ma è divertente e riusciamo a scorgere sia l’area di Camp’s Bay sull’Atlantico che Robben Island e la zona del porto. Improvvisamente le nuvole si abbassano ed è come trovarsi in mezzo alla nebbia !! Comincia a piovigginare e ci spaventiamo un po’. Non si vede quasi nulla e abbiamo paura che possano sospendere il servizio della teleferica. Quindi cerchiamo di tornare indietro anche se è molto facile perdere l’orientamento. Lasciamo la Table Mountain e prendiamo la N2 verso Strand.
Una volta giunti lì, abbandoniamo la N2 per prendere la strada costiera che attraversa i paesi di Betty’s Bay e Kleinmod. Le nuvole si sono diradate e comincia a fare capolino un pallido sole, la strada stretta e panoramica consente di fermarsi nei luoghi più suggestivi per scattare fotografie, perché sono state ricavate delle piazzole. Arriviamo ad Hermanus pubblicizzato come il paese delle balene, dove è in corso il Whale Festival. Ci sono stands e molta gente, ma di balene neanche l’ombra. Finalmente dal belvedere al centro del paese avvistiamo una balena, neanche troppo vicino alla costa e tutti cominciano a scattare con teleobiettivi potentissimi. Andiamo a pranzo al Burgundy Restaurant e, nonostante l’aria molto fredda, decidiamo di pranzare all’aperto nello splendido giardino con vista sul mare. Lasciamo Hermanus dove onestamente non c’è molto da vedere anzi, gli avvistamenti migliori li abbiamo fatti alla riserva del Capo e li faremo il giorno successivo alla De Hoop Reserve.
Riprendiamo la N2 e raggiungiamo Swellendam, un paese molto grazioso con abitazioni in stile e diversi edifici storici. Abbiamo prenotato al Roosje Van de Kaap, una guest house deliziosa, dove ci accolgono Nick, Smily (ci confida che è il soprannome che le hanno dato perché sorride sempre) e il cane Vincent. Ci hanno riservato la Honeymoon suite. Che onore ! La camera è degna del nome che porta, la cena a lume di candela fantastica e la colazione ci lascia senza parole. Il tutto per la modica cifra di R. 320 per pernottamento e colazione e R.161 per la cena (inclusa la mancia).
Mercoledì 2/10 Oggi il tempo è buono e decidiamo di visitare la De Hoop Reserve www.Capenature.Org.Za/nature_reserves/html/dehoop.Html. Subito fuori Swellendam comincia la strada sterrata che corre dall’interno verso il mare. Percorriamo circa 30 Km. Senza incontrare quasi nessuno, solo qualche fattoria, allevamenti di struzzi e qualche raro fuoristrada che procede in senso contrario. Arriviamo a Malgas dove, per attraversare il Breede River, c’è un vecchio traghetto a “fune” (R.15). Mi spiego meglio: per la larghezza del fiume è fissata una fune d’acciaio che corre su una carrucola, alla fune è legato il traghetto. Due addetti si agganciano alle fune e tirano con uno sforzo incredibile di reni che fa scorrere la fune e muovere il traghetto.
Proseguiamo ancora su sterrato fino all’ingresso della riserva (R.30) Vediamo in lontananza le famose dune di sabbia bianca ed arriviamo Koppie Allen . Parcheggiata l’auto ci avviamo per un breve sentiero al punto di avvistamento e …Ci sono almeno 10 balene vicinissime alla costa in un mare turchese, alle nostre spalle le dune di sabbia bianca ricoperte dalla vegetazione. Che spettacolo !! Facciamo qualche passeggiata nei sentieri segnalati e ci divertiamo a lasciare le orme sulla sabbia candida e “intonsa”.
Riprendiamo l’auto e percorriamo le strade sterrate all’interno della riserva.
Verso le 15 lasciamo la riserva e prendiamo una strada, per la verità è poco più di un sentiero, che corre lungo il perimetro della riserva per arrivare al Buchu Bushcamp www.Buchu-bushcamp.Com/index.Htm. Il luogo è incantevole: si tratta di 5 cottages immersi nel verde, a ridosso della riserva, gestiti da Rory, facciamo uno spuntino (R.49 per 4 succhi d’arancia e due piatti freddi) e due chiacchiere con Rory poi riprendiamo la strada verso Cape Town. Dall’uscita della riserva fino a Bredasdorp la strada è sterrata poi diventa buona. A Caledon riprendiamo la N2 fino all’aeroporto di Cape Town. Abbiamo prenotato presso il Road Lodge Airport (198 R.) www.Citylodge.Co.Za La scelta dell’Hotel si è rivelata azzeccata. Si trova infatti all’ingresso dell’area aeroportuale, di fianco alla stazione di servizio (utile per il rabbocco del serbatoio prima di restituire l’auto) ed evita di dover affrontare il traffico cittadino nell’ora di punta.Per vostra informazione è stato inaugurato il 23 settembre di quest’anno quindi non é ancora menzionato né sulle guide, né sulle brochures. Giovedì 3/10 Restituiamo l’auto e facciamo il check-in per il nostro volo South African previsto per le 9.15 Partiamo puntuali ma, arrivati su Durban, l’aereo comincia a girare in tondo per non so quale oscuro motivo. Dopo quasi 20 minuti sull’oceano (la cosa non mi piace tanto) finalmente atterriamo.
La solita trafila per il ritiro dell’auto, una orribile Toyota Tazz bianca, e partiamo.
Non abbiamo tempo per fermarci a Durban ma, anziché prendere la circonvallazione esterna, ci dirigiamo comunque verso il centro città in modo da dare almeno un’occhiata. Percorriamo West Street, strada molto animata e piena di negozi che, soprattutto nel suo tratto iniziale presenta bei palazzi storici. Arriviamo così sul lungomare e ci dirigiamo verso nord percorrendo la strada costiera. Passiamo anonimi centri balneari fino alla località di Gingindodlovu da dove ci dirigiamo verso l’interno.
La nostra destinazione è il Simunye Lodge www.Proteahotels.Com dove dobbiamo arrivare tassativamente per le 15.30 ( il motivo lo scopriremo poi). La strada corre attraverso piantagioni di canna da zucchero che proprio in questo periodo viene raccolta. Incrociamo molti trattori e camion che la trasportano agli zuccherifici e molta gente per la strada, soprattutto bambini, ne succhiamo il succo. La strada comincia a salire, siamo nello Zululand e finalmente cominciamo ad immergerci nel paesaggio africano. In giro si vedono pochissimi bianchi, incontriamo molto spesso piccolissimi villaggi costituiti dalle classiche capanne col tetto a cono e molta gente per la strada che chiede passaggi. Se ne incontra molta soprattutto agli incroci dove c’è più movimento e di conseguenza più probabilità di incontrare qualcuno che si fermi. Vediamo anche furgoncini tipo “Westfalia” che fungono da taxi collettivi stipati fino all’inverosimile.
Attraversiamo Eshowe, Nkwalini e proseguiamo sulla R34 verso Melmouth. Cominciamo a preoccuparci: secondo le indicazioni che ci erano state date via internet il Lodge doveva essere a metà strada tra Eshowe e Melmouth che distano tra loro 50 Km. In realtà eravamo appena a 15 Km. Da Melmouth e ancora nessuna traccia. Proviamo a chiedere ad una signora lungo la strada ma non parla una parola di inglese e non riusciamo a comunicare. Ci sta venendo il sospetto di non aver visto la deviazione quando finalmente vediamo un cartello: Simunye Lodge, Km.12 Imbocchiamo la stradina, naturalmente sterrata, e finalmente arriviamo al Simunye Trading Post. Ci indicano dove parcheggiare l’auto e cominciano le presentazioni. Il nostro referente è Patrick, il quale si occupa un po’ di tutto. Ci chiede di portare con noi il minimo indispensabile per passare la notte e ci offre qualcosa da bere. Nel frattempo sono arrivate le 15,30 insieme ad un pulmino di tedeschi e cominciamo ad accordarci per raggiungere il Lodge. Ma dov’è ? Una parte andrà in pick-up, una parte su di un carro trainato da buoi e una parte a cavallo. Mi candido subito per il cavallo mentre Paolo, che teme l’animale, si prenota per il pick-up. Partiamo accompagnati da una guida e dopo un’ora e quaranta di passeggiata tutta in discesa e il guado di un fiume raggiungiamo il Lodge. Paolo, che nel frattempo è arrivato, immortala la scena. Il posto è splendido: costruito sulle rive di un fiume il Lodge è talmente integrato nella natura che risulta praticamente invisibile. Su una sponda del fiume c’è il bar, la cucina e i tavoli per la cena. Sull’altra sponda le capanne. La cucina è all’aperto con il tetto ricoperto di canne, i forni sono in pietra ed è tutto molto spartano. Stanno preparando la legna per accendere un fuoco. Attraversiamo il fiume su di un ponte di legno ed arriviamo alla nostra capanna. Entriamo, cerco l’interruttore della luce e… non c’è !! Infatti un po’ ovunque ci sono candele e fiammiferi che accendiamo anche perché nel frattempo si sta facendo buio. La stanza è semplice, ma confortevole. Nel bagno non c’è il lavandino, ma il catino e la brocca come usavano un tempo le nostre nonne. In compenso c’è una vasca in pietra con un cannello in rame che dà acqua corrente calda. E’ tutto incredibile e meraviglioso. Siamo praticamente ospiti del villaggio zulu, i dipendenti appartengono al villaggio, i proventi vanno (purtroppo solo in parte) al villaggio e la loro vita quotidiana non viene disturbata o modificata dagli ospiti.
Alle 7.30 abbiamo appuntamento fuori dalla capanna con Patrick, il quale ci accompagna alla luce di una fiaccola all’interno del villaggio zulu. Ci viene incontro il capo villaggio, ci vengono presentati gli altri membri della famiglia, ci invitano a sederci e ci offrono birra di sorgo ed un pezzetto di carne cotta alla brace. Poi sempre alla luce delle fiaccole, attraversiamo il fiume e ci sediamo tutti attorno al fuoco, dove i ragazzi cantano e danzano, con Patrick che suona il tamburo. E’ veramente una festa e l’atmosfera è incredibile. Non sono le danze fatte per i turisti, a mio avviso tristi e poco piacevoli. C’e’ un’aria festosa ed i ragazzi esprimono gioia e passione, non lo fanno perché lo devono fare o sono pagati per farlo, ma perché fa parte della loro cultura e del loro modo di essere. Finite le danze ci sediamo a tavola e, alla luce di una lanterna, ceniamo in compagnia di una coppia di Belgi e ad una di Svizzeri.
Quando decidiamo che è giunta l’ora di andare a nanna, ci facciamo accompagnare con una torcia alla nostra capanna in quanto tutto intorno è buio pesto. Venerdì 4/10 Ci svegliamo di buon’ora e, sempre in compagnia delle due coppie conosciute la sera prima a cena, Patrick ci accompagna nella visita del villaggio zulu dandoci spiegazioni sulla loro cultura e tradizione e sui vari attrezzi di uso quotidiano.
Purtroppo è arrivato il momento della partenza, ci accompagnano di nuovo al Trading Post (questa volta tutti e 6 con il pick-up) e salutiamo Patrick con molto dispiacere.
Dobbiamo tornare verso la costa e ripercorriamo in senso contrario la R34. Purtroppo giunti a Empageni imbocchiamo la strada sbagliata (complici le indicazioni veramente confuse) e ci ritroviamo su una strada sterrata senza anima viva in giro. Proviamo ad orientarci con il sole ed una linea ferroviaria che passa vicino, finché raggiungiamo un piccolissimo villaggio. In realtà è il solito incrocio a quattro strade dove agli angoli c’è qualche bancarella improvvisata, un paio di pulmini/taxi e gente che cammina sul ciglio della strada. Chiediamo ad un tassista, il quale ci dice che, per raggiungere la N2 dobbiamo proseguire sulla stessa strada. Un po’ perplessi riprendiamo e, dopo aver attraversato un villaggio (questa volta in piena regola), raggiungiamo la N2. Direzione Nord verso Mtubatuba e quindi Santa Lucia. Lungo la strada molte donne vendono banane ed ananas, decidiamo di acquistare delle banane e fermiamo l’auto sul ciglio. Non l’avessimo mai fatto!! Non riesco neanche ad aprire lo sportello, veniamo circondati da una nuvola di signore che vogliono venderci la loro frutta. Sono imbarazzata, non voglio fare torto a nessuno ma, al tempo stesso, non posso certo acquistare chili di frutta. Metto i soldi nelle mani di qualcuno, prendo la frutta e andiamo. Santa Lucia è un paese davvero strano, sembra finto. E’ una specie di isola con un ponte che la unisce alla terraferma. Al suo interno non ci sono strada se non quelle 3 o 4 a scacchiera per raggiungere le abitazioni. Le bellissime ville, tutte costruite in stile olandese, sono per la quasi totalità adibite a bed and breakfast.
Verso le 14 arriviamo al Wetlands (370 R.) www.Stluciawetlands.Com dove i gentilissimi Hettie e Derrick ci mostrano la nostra stanza. E’spaziosa, luminosissima, pulita, dotata di ogni comfort ed arredata in stile etnico. Una meraviglia!!! Hettie ci ha prenotato il giro dell’estuario di Santa Lucia a borgo della motobarca Advantage (R.80 pp) per le 16. Ci facciamo una doccia veloce e a piedi ci dirigiamo verso il molo. La luce è meravigliosa e dalla barca vediamo i coccodrilli così da vicino da poterli toccare, famiglie di ippopotami e aquile pescatrici. Il tramonto è da cartolina e verso le 18 rientriamo al molo. Facciamo una passeggiata lungo la strada principale e ci fermiamo a cena al Quarterdeck. (R.187 inclusa la mancia) Sabato 5/10 Ci avviamo verso la sala da pranzo per la colazione. Il buffet è incredibile e pieno di ogni ben di Dio. Derrick insiste perché prendiamo funghi, cipolle e pomodori, ma gli spieghiamo che per noi è un po’ inconsueta una colazione tanto abbondante e pesante!! Ci “accontentiamo” di uova e bacon che, sempre più spesso, mangiamo ed apprezziamo. Si sentono gran rumori sopra le nostre teste e Derrick, accortosi dei nostri visi perplessi, ci dice di non preoccuparci e ci spiega che sono i “baboons” che giocano.
La giornata è soleggiata, ma molto ventosa. Chiediamo a Derrick qualche indicazione per visitare il parco di St.Lucia e lui organizzato e gentilissimo ci mostra una cartina con i punti panoramici e le strade da percorrere. Stiamo per lasciarlo e… Incredibile, ci consegna una borsa frigo con le tavolette ben ghiacciate e ci consiglia di fermarci al supermercato a prendere qualcosa per il pranzo in quanto all’interno del parco non ci sono ristori.
Entriamo nel parco (R.75) (vedi mappa) E’ attraversato da una strada asfaltata e ci sono alcune aree di sosta. La prima tappa è a Mission Rock: c’è un comodo parcheggio e un breve sentiero conduce alla spiaggia. C’è la bassa marea ed è quindi possibile fare una passeggiata. Non c’è spiaggia e si cammina sopra scogli piatti, ci sono diversi pescatori e dentro le pozze d’acqua rimaste tra gli scogli si possono osservare granchi rosso fuoco e piccoli pesci. La tappa successiva è Cape Vidal: qui ci sono un campeggio, alcuni bungalow in mezzo alla pineta, servizi e un parcheggio. Prendiamo un sentiero che conduce ad un punto per l’avvistamento delle balene. Il sentiero è facile, corre in mezzo agli alberi parallelo alla spiaggia che però non si vede in quanto riparata da dune altissime. Raggiungiamo la torretta ma delle balene neanche l’ombra! Del resto il mare è molto mosso ed è quindi impossibile qualsiasi avvistamento.
Oltrepassiamo le dune e ritorniamo via spiaggia, ma il vento è fortissimo, dobbiamo tenere gli occhi quasi chiusi per evitare che ci entri la sabbia che comunque punge il viso come spilli.
Lasciato Cape Vidal imbocchiamo una stradina sterrata che ci ha indicato Derrick, ma percorsi pochi Km.É interrotta a causa di un albero caduto e siamo quindi costretti a tornare indietro. Sostiamo a Catalina Bay dove c’è un punto per l’ alaggio delle barche dei privati.
Durante il ritorno ci fermiamo nuovamente a Mission Rock, ora c’è l’alta marea ed il paesaggio è cambiato completamente. L’acqua arriva fin quasi all’imbocco del sentiero (parte mare) e non è assolutamente possibile passeggiare senza bagnarsi.
Usciamo dal parco e percorriamo la strada che segna il perimetro esterno di St.Lucia e che segue il mare. In diversi punti si interrompe e bisogna tornare sui propri passi, il paesaggio è bello ed è reso ancor più suggestivo dalla luce del tramonto. Ci sono diversi cartelli “danger crocodile” ed evitiamo quindi di scendere dall’auto. Anche questa sera ceniamo al Quarterdeck (R.160,60 inclusa la mancia).
Nel complesso è stata une bella giornata, ma sarà stato per il vento e l’aria fresca la visita del parco di St.Lucia non mi ha entusiasmato. Dalla lettura della guida e di alcuni racconti di viaggio me lo aspettavo molto più selvaggio e affascinante, in realtà, a mio modesto parere, è una tappa che può essere evitata senza troppi rimpianti.
Domenica 6/10 Salutiamo Hettie e Derrick e ci avviamo verso il parco di Hluhluwe. Il percorso è breve e lungo la strada incontriamo molte persone che scolpiscono e vendono animaletti di legno. Entriamo al parco attraverso la gate di Nyalazi, l’ingresso, almeno per noi che abbiamo un pernottamento già prenotato all’interno della riserva, è gratuito. Consiglio vivamente l’acquisto della Maps of the zululand and reserves che riporta molto dettagliatamente le strade all’interno del parco ed aiuta quindi nella scelta degli itinerari (vedi mappa).
Appena oltrepassato l’ingresso visitiamo il Centenary Centre. C’è un vasto negozio di souvenirs (molto belli ma più cari rispetto al prezzo degli stessi articoli acquistati fuori dal parco), un centro visite che spiega come avviene la cattura degli animali per il ripopolamento di altri parchi o per il controllo delle nascite, un piccolo museo e un’area destinata ai rinoceronti. Vengono tenuti in quest’area per smaltire lo stress causato dalla cattura in attesa di essere trasferiti in altri parchi per il ripopolamento.
Riprendiamo la strada verso l’Hilltop Camp dove abbiamo prenotato un bungalow per la notte (R.620).
Il parco è meraviglioso, si trova in una zona collinare, il paesaggio non è piatto ma alterna ampie vallate a colline e, anche lungo la strada asfaltata senza bisogno di addentrarsi, si fanno moltissimi avvistamenti. Sono i primi animali che vediamo e siamo emozionatissimi. Incontriamo tante giraffe, impala, nyala, scimmie, rinoceronti e scattiamo decine di fotografie e giriamo metri di pellicola. Che meraviglia!! Arriviamo alla reception dell’Hilltop, prenotiamo un safari notturno (R.90) e ci avviamo verso il nostro bungalow. Non ci consegnano la chiave perché non esiste!! Dall’interno ci si può chiudere dentro ma una volta usciti la porta rimane aperta. E’ incredibile. E’ un appartamento con tanto di posto auto, soggiorno con angolo cottura, una veranda enorme con vista sulla vallata, camera e bagno. Consigliamo vivamente il pernottamento all’interno del parco. Le strade all’interno, anche se sterrate, sono ottime e possono essere percorse anche con una normale berlina (almeno nel periodo della nostra visita). Gli avvistamenti sono tanti e i paesaggi meravigliosi, è assolutamente proibito scendere dall’auto. La prenotazione è assolutamente obbligatoria perché il campo è quasi sempre esaurito, la potete effettuare tramite il Kwa Zulu Natal www.Kznwildlife.Com , che è molto ben organizzato. Vi invierà la richiesta per il pagamento anticipato e, una volta effettuato, vi spedirà al vostro indirizzo la ricevuto di pagamento e il voucher da presentare all’arrivo.
Dopo aver scaricato le nostre cose riprendiamo l’auto, lasciamo la strada principale e ci addentriamo all’interno del parco. Anche qui gli avvistamenti non si contano. A Thiyeni lasciamo l’auto e, percorrendo a piedi una stretta stradina delimitata ai lati da una staccionata di canne, raggiungiamo un punto di avvistamento leggermente rialzato dove, attraverso delle feritoie è possibile vedere gli animali senza essere visti. Ci fermiamo una trentina di minuti ma sfortunatamente non vediamo nulla tranne alcune famiglie di antilopi. Quando fa buio la circolazione all’interno del parco è proibita, ci avviamo quindi verso il campo. E’ domenica sera e al ristorante dell’Hilltop è prevista una cena a buffet (R.180). Prendiamo il termine alla lettera e ci abbuffiamo… E’ tutto buonissimo e inoltre a pranzo, per non perdere neanche un minuto, abbiamo saltato il pasto. Alle 19 parte il nostro safari. Saliamo su un camion 4×40 scoperto che porta circa 12 persone, ci consegnano una coperta da mettere sulle ginocchia e partiamo. Ad un paio di persone sedute nelle prime file viene data una torcia che dovrebbe servire per gli avvistamenti. Non vediamo molto, in effetti è buio pesto e la jeep non si allontana mai dalla strada principale, quando ecco apparire un leopardo. Lo vediamo distintamente e siccome segue un tragitto parallelo alla strada riusciamo a seguirlo per un po’. Scorgiamo poi un rinoceronte che però è molto nervoso e lo lasciamo in pace. Devo dire che l’avvistamento del leopardo ha salvato la serata che altrimenti sarebbe stata un po’ noiosa.
Torniamo al nostro bungalow e ci addormentiamo di sasso.
Lunedì 07/10 Piove !! Carichiamo l’auto e facciamo un ultimo giro all’interno del parco. Siamo un po’ preoccupati perché temiamo che con la pioggia le strade sterrate siano difficili e invece no, piove solo da poche ore e quindi non abbiamo problemi. Lasciamo a malincuore il parco e ci dirigiamo verso il villaggio di Hluhluwe che dista una ventina di Km.Dal parco. La nostra prossima tappa è il Dumazulu Cultural Village dove, secondo la Lonely Planet, è possibile visitare il più autentico e meno turistico villaggio Zulu. Forse è vero, ma per noi che abbiamo visto il Simunye il confronto non regge. Per arrivarci, (non ci sono cartelli e noi abbiamo penato un po’ per trovarlo), bisogna percorrere la strada principale di Hluhluwe fino ad un incrocio a T, prendere a destra (é una strada sterrata che costeggia la ferrovia), dopo circa 15/20 Km. Sulla destra trovate il Dumazulu Lodge, immediatamente dopo il Lodge prendete la traversa a destra, dopo 200 m. C’é il Dumazulu Cultural Village.
Appena fuori Hluhluwe sulla strada per Sodwana Bay ci fermiamo a Ilala Weavers, dove si trovano un ristoro/bar, un negozio di souvenir e un piccolo museo di cultura zulu.
La costruzione della nuova strada asfaltata che unisce Hluhluwe a Sodwana Bay è appena terminata, infatti fino a qualche mese fa soltanto una strada sterrata univa i 2 centri. Lungo la strada incontriamo moltissimi studenti appena usciti da scuola. Con le loro divise colorate percorrono a piedi molti KM. Per raggiungere le loro abitazioni. Vediamo anche una autocisterna che sta consegnando acqua, tutta la gente si accalca attorno con qualsiasi recipiente. Leggermente arretrato rispetto alla sede stradale vedo un macellaio con un po’ di clienti intorno. Chiedo a Paolo di fermare l’auto e scendiamo. Chiediamo se possiamo scattare qualche fotografia e tutti sorridenti fanno cenno di sì. La macelleria è composta da un banchetto con i quarti di animale agganciati, la carne viene tagliata su un ceppo di legno che è rosso di sangue con un’ascia piuttosto inquietante. Sono tutti gentilissimi e la novità data dalla nostra presenza richiama persone. E’ stata una sosta piacevole e fuori dal comune. Nel tardo pomeriggio arriviamo a Sodwana Bay e non ha ancora smesso di piovere. Prendiamo possesso del nostro bungalow presso il Sodwana Bay Lodge www.Threecities.Co.Za (R.880 comprensivi di pernottamento, cena e ingresso alla riserva) e andiamo a cena al ristorante del lodge. Nel rientrare in camera vengo presa dal panico in quanto ci sono almeno 4 gechi che gironzolano per il soffitto e la cosa non mi piace molto. Mi fiondo sotto le coperte e con la zanzariera cerco di chiudere ogni possibile passaggio. Finalmente tranquilla mi addormento !! Martedì 8/10 Non piove, ma il cielo è ancora coperto. Andiamo alla reception per informarci circa l’escursione in 4×4 prevista per il pomeriggio al lago Sibaya. Ci dicono che se il tempo non migliora l’escursione salta. Andiamo in spiaggia e facciamo una bellissima passeggiata. Non c’è quasi nessuno: qualche sub (qui si trova la barriera corallina più a sud del pianeta), qualche pescatore e qualcuno che come noi passeggia. Ci godiamo il panorama ma ahimé ricomincia a piovere. Ritorniamo velocemente all’auto e quindi al Lodge. La situazione non cambia, ne approfittiamo per riposarci un po’, rimetterci in sesto e fare “toilette”, mettere in ordine i bagagli e i souvenirs fino ad allora acquistati.
Mercoledì 9/10 Finalmente c’é il sole. Peccato che per oggi sia previsto un trasferimento, va beh non prendiamocela e godiamoci questa splendida giornata.
Avrei voluto percorrere la strada che da Sodwana porta a Jozini, vicino al confine con lo Swaziland, ma alla reception del Lodge ce l’hanno assolutamente sconsigliata. Ritorniamo così a Hluhluwe per la strada percorsa 2 giorni prima e, complice il sole, vediamo moltissime piantagioni di ananas che prima non avevamo notato. Da Hluhluwe prendiamo la N2 che porta direttamente al confine con lo Swaziland presso il punto di frontiera di Golela/Lavumisa. Le formalità doganali sono semplici e veloci, non fanno nessun controllo né ai bagagli né all’auto e in una mezz’oretta riusciamo a passare la frontiera.
Il primo impatto con lo Swaziland è stato piuttosto forte, molto diverso dal Sudafrica. Ci rendiamo conto che qui la miseria è tanta. Ai lati della strada bimbi scalzi e semivestiti che fanno segno di fermarsi, animali domestici magrissimi, le case sono inesistenti, ci sono solo capanne e i campi non sono coltivati. Siamo un po’ perplessi e dispiaciuti. Sapevamo che in Swaziland regna ancora il re, che possiede tesori inestimabili compreso più di un aereo privato …A spese di una popolazione molto povera, ma non pensavamo tanto.
Ci fermiamo per il pranzo vicino a Big Bend al ristorante Lubombo Lobster (R.46) dove compriamo anche qualche collanina da 2 bimbi.
Avvicinandoci a Manzini la situazione cambia. Troviamo villaggi, scuole, gente per la strada; i campi sono coltivati a canna da zucchero. E’ il periodo della raccolta per cui superiamo spesso trattori con rimorchi stracarichi di canne da portare allo zuccherificio. Vediamo anche uno zuccherificio che scarica in cielo un fumo nerissimo. Superata Manzini arriviamo a Malkerns dove abbiamo prenotato un cottage presso la Nyanza farm (R.400) www.Africaonline.Co.Sz/biz/Nyanza E’ un posto straordinario. Si tratta di una fattoria con maneggio. Il cortile è pieno di animali domestici e ci viene incontro un pastore tedesco delizioso. C’è la possibilità di fare passeggiate a cavallo, di assistere alla mungitura delle mucche o semplicemente di rilassarsi in questa atmosfera meravigliosa. Il nostro cottage è …Una casa. C’è la cucina attrezzata di tutto, il ripostiglio con la lavatrice, la sala da pranzo, il soggiorno, 2 camere da letto e 2 bagni. E’ tutto al pianterreno con immense vetrate inglesi che danno su un giardino che è un trionfo di colori e profumi. Nel giardino ci sono barbecue, tavolo e sedie in legno per pranzare all’aperto e un divanetto con poltrone in vimini. La casa è caldissima: pavimenti in legno che scricchiolano sotto i piedi, libri e riviste dappertutto, soprammobili. E’ un sogno, peccato starci solo una notte!! Non vorrei uscire per godermi il sole e il caldo in giardino, ma il tempo purtroppo stringe e, ripresa l’auto, ne approfittiamo per vedere i dintorni.
Accanto all’ingresso della fattoria c’è Baobab Batik che vende i batik dipinti a mano tipici della zona, poco oltre c’è Swazi Candles un posto carinissimo. Si tratta di una fabbrica di candele, dove si possono acquistare i prodotti che vengono confezionati sotto i vostri occhi. Ci sono candele a forma di animale (ippopotami, elefanti, etc.), con disegni etnici, tradizionali. C’è solo l’imbarazzo della scelta: è un’idea carina per dei souvenirs. A Malkerns c’è anche una fabbrica per il confezionamento dell’ananas, è l’ora dell’uscita e per la strada c’è un gran movimento, notiamo che le operaie sono tutte donne.
Raggiungiamo Gone Rural dove si trovano il ristorante Malandela, un negozio di pelletteria, uno di articoli in vimini, uno di batik, un pub. Purtroppo i negozi alle 16.30/17 chiudono, ma non è un problema possiamo tornare domani mattina in quanto il tutto dista solo 4/5 Km. Dal nostro cottage. Ceniamo al ristorante : il posto é delizioso, il camino è acceso, il servizio impeccabile e le pietanze ottime il tutto per la cifra di R.145 inclusa la mancia.
Ritorniamo al nostro cottage e …Sorpresa: ci hanno riempito la dispensa per la colazione di domani mattina. Latte sfuso offerto dalle mucche della fattoria, burro salato fatto in casa così come le marmellate, uova delle galline. L’unica cosa confezionata è il bacon. Non vorrei andare a dormire per godermi questa meraviglia quanto più possibile. Cerco un po’ nella libreria e trovo molti numeri di una rivista di turismo che descrive i posti più affascinanti dell’Africa australe. Controllando la costa scelgo i numeri che trattano delle località che incontreremo durante il proseguo del nostro viaggio. Poi trovo La fattoria degli animali di G.Orwell che, nonostante sia scritto in inglese è piuttosto semplice, e spaparanzata sul divano mi godo il tutto finché gli occhi non mi si chiudono.
Giovedì 10/10 La giornata è meravigliosa. Apro la vetrata e annuso l’aria che sa di buono.
Faccio bollire il latte che fa una panna alta 2 dita, mi rendo conto che ci sorprendiamo di cose che fino a pochi anni fa erano normali, ma non siamo veramente più abituati. E credetemi godersi una colazione come questa, in un posto tanto bello, con una pace ormai dimenticata è un piacere che neanche il miglior 5 stelle del mondo può offrire. Salutiamo veramente a malincuore Mrs.Williams che gestisce tutta la fattoria e torniamo a Gone Rural per fare alcuni acquisti veramente carini. Consiglio vivamente lo Swaziland per l’acquisto di oggetti ricordo e souvenir. La qualità è davvero molto alta, la scelta notevole e i prezzi davvero convenienti rispetto al Sudafrica. Proseguendo verso Mbabane, nei pressi del Mantenga Lodge si incontrano un’altra serie di negozi denominati Mantenga Craft Centre. Subito dopo, sulla strada principale, si incontra un mercato permanente, con una fila di bancarelle che vendono oggetti tipici. E’ l’unico posto dove abbiamo trovato maschere in ebano di buona fattura ed è assolutamente d’obbligo contrattare. Attorno alla città di Mbabane c’è traffico e lavori in corso per l’allargamento della strada. Superata Mbabane si trova una fabbrica interessante, la Ngwenya Glass Factory dove si producono e vendono oggetti prodotti con il vetro riciclato. Anche qui si trovano piccoli animali come ippopotami, elefanti, giraffe, kudu realizzati con vetro soffiato. Sono un bel ricordo, simpatici, economici e aiutano l’economia locale. E’ anche possibile assistere alla lavorazione.
Proseguendo verso il punto di frontiera di Jeppe’s Reef il paesaggio cambia diventa quasi montano, con prati verdissimi, strada a curve, mucche che pascolano e cime piuttosto alte. Nel pomeriggio arriviamo al Phophonyane Lodge (637,88 R.- la colazione è esclusa e costa R.25 pp) www.Phophonyane.Co.Sz anche questo incantevole. Vicinissimo al Lodge c’è il Protea Piggs Peak ma si tratta di un grande anonimo albergo pur inserito in un bel contesto. Il nostro chalet è enorme, in muratura ma con il tetto di canne. Al piano terra c’è il soggiorno con angolo cottura, il bagno e una stanza da letto. Il piano rialzato è soppalcato e ci sono altri posti letto. Fuori, come sempre, mobili da giardino per godersi il sole. Il lodge è inserito all’interno della Phophonyane Forest quindi ci sono diversi percorsi da fare a piedi. Uno brevissimo conduce ad una bella cascata dove è stata ricavata una piscina per fare il bagno. Il ristorante del lodge è molto carino, ha il caminetto accesso e pochi tavoli. Anche qui abbiamo mangiato molto bene per R.152 Venerdì 11/10 Ancora una bella giornata di sole. Facciamo colazione al ristorante del lodge, siamo all’aperto su una bella terrazza con vista sulla cascata. Quando andiamo a recuperare l’auto nel parcheggio troviamo un dipendente del lodge che l’ha pulita e la sta asciugando. La cosa ci fa piacere perché dopo tanto sterrato era veramente ridotta in condizioni pietose. Il confine con il Sudafrica è a pochi Km. Passiamo la frontiera senza alcun problema.
La strada passa attraverso campi di banani ordinati e ben coltivati. Raggiungiamo la località di Malelane per immetterci sulla N4 ma scopriamo che la strada nazionale è stata “trasformata” in autostrada. L’autostrada non è altro che la vecchia strada nazionale dove trovi persone a piedi che fanno l’autostop, persone in bicicletta, motorini etc… In compenso il pedaggio è molto salato soprattutto perché si paga una cifra fissa all’ingresso indipendentemente dalla distanza da percorrere. Abbandoniamo l’autostrada poco prima di Nelspruit e proseguiamo lungo la R40 attraversando i paesi di White River e Hazyview, fino a Acornhoek. Abbiamo prenotato al Chitwa Chitwa un lodge all’interno della riserva privata di Sabie Sand adiacente al Kruger. I lodge all’interno della riserva privata sono tutti carissimi e la ricerca per trovarne uno ad un prezzo più “umano” degli altri è stata veramente difficile. I vantaggi nello scegliere la riserva al posto del parco statale sono i seguenti: il contatto con gli animali è molto più ravvicinato. Nella riserva si fanno 2 safari al giorno, uno al mattino con partenza alle 6 e uno al pomeriggio con partenza alle 16. Gli animali si vanno a cercare, ciò significa che i percorsi in jeep (massimo 10 persone) sono tutti fuori strada in mezzo alla natura per trovare gli animali veramente nel loro ambiente. Nel parco bisogna prenotare i safari presso gli uffici (con il rischio nei periodi di maggiore affluenza che non ci sia posto), si fanno su fuori strada più capienti tipo camioncino e si seguono strade asfaltate e piste battute. Gli avvistamenti si fanno ugualmente ma vi assicuro che non è la stessa cosa. Nel lodge si è molto più coccolati, normalmente sono intimi per poche persone e quindi si fanno chiacchierate a tavola e dopo cena. Il parco è anonimo ed è difficile fare conoscenze. Nella riserva il rito del “mangiare” è un vero piacere, nel parco alcuni campi non hanno neanche il ristorante.
Mi sentirei però di sconsigliare la riserva a chi non ha molta dimestichezza con l’inglese perché ritengo che forse sia stupido spendere tanti soldi per non apprezzare le esaurienti spiegazioni date durante i safari o chiacchierare piacevolmente durante i pasti, inoltre si rischia di sentirsi esclusi.
Ricapitolando, al prezzo di R.1250 a persona il Chitwa Chitwa www.Chitwa.Co.Za offre (ed è lo stesso che offrono tutti i lodge all’interno della riserva) : colazione, pranzo, merenda, aperitivo e cena, 2 safari al giorni, una passeggiata nel bush, pernottamento. Sono escluse le bevande e la tassa d’ingresso alla riserva (R.50) Comunque torniamo a noi. Dalla cittadina di Acornhoek, seguendo le indicazioni che avevamo ricevuto via e-mail, prendiamo la strada sterrata che porta alla riserva. E’ in condizioni disastrose, stanno rifacendo il fondo per cui ci sono ghiaia e sabbia smosse con buche profonde e sassi vaganti. Non andiamo oltre i 20/30 Km.Orari, l’auto comincia a fare una strana vibrazione e, ogni volta che incrociamo qualcuno, facciamo gli scongiuri sperando che un sasso non rompa il parabrezza. Ci addentriamo sempre più nel bush, non c’è nessuno in giro e siamo un po’ preoccupati. Ci è stato chiesto di arrivare assolutamente prima delle 15.30 sia per poter partecipare al safari delle 16 sia perché quando fa buio è impossibile raggiungere il lodge per chi non conosce la strada.
La piantina che ci era stata inviata è assolutamente inutile, sono riuscita a seguirla fino ad un certo punto ma poi i riferimenti non tornavano e non sapevamo più dove eravamo. Per fortuna c’erano cartelli per la riserva di Sabie Sand, decidiamo di seguirli per arrivare almeno alla riserva poi, ci diciamo, qualche santo aiuterà. Arriviamo così ai cancelli della riserva e, superati questi, finalmente troviamo le indicazioni per il Chitwa Chitwa. Tiriamo un sospiro di sollievo: sono le 15 !! Dopo ancora qualche Km. Arriviamo al Lodge e veniamo accompagnati al nostro “bungalow”. Che meraviglia !! Ha una grande camera da letto, pochi mobili ma eleganti ed in stile tradizionale, un guardaroba, un bagno con vasca e doccia e 2 docce esterne sul retro per rinfrescarsi nella giornate più calde. Di fronte al letto c’è una vetrata che dà sui giardini e su una pozza d’acqua dove vanno ad abbeverarsi gli animali. Non facciamo in tempo ad appoggiare le nostre cose che suona una campana. E’ l’ora della merenda prima di partire per il safari.
Viene servita su una terrazza che si affaccia sulla pozza d’acqua, ed è buonissima: the e torte fatte in case. Facciamo conoscenza con Ken che sarà la nostra guida per la durata del soggiorno e con gli altri ospiti. Ho dimenticato di dire che il lodge ha 5 bungalow, il che significa che, anche se tutto esaurito com’era durante la nostra permanenza, gli ospiti sono al massimo 10. Ci sono Ralf e la moglie, lui è tedesco ma per amore della moglie olandese si è trasferito in Olanda. E’ molto simpatico, insegna lingue e parla anche un po’ d’italiano. C’è una coppia di loro amici di origine coreana ma residenti in Olanda. C’è una giovane coppia tedesca in viaggio di nozze, Olger e Tanja e c’è una coppia di Roma in viaggio di nozze. Purtroppo per tutti loro è l’ultima sera al Lodge, domani mattina infatti partiranno.
Dopo i convenevoli di rito ci avviamo alla jeep e qui incontriamo De Beers il tracker che posizionato sul seggiolino davanti della jeep darà i suoi preziosi consigli per trovare gli animali.
Siamo emozionati e felici. Incontriamo un branco di bufali, delle giraffe, kudu, impala, intanto si è fatto buio. Il tramonto dura pochissimo e il passaggio dalla luce al buio è molto veloce. Ken, alla guida della jeep, è continuamente collegato via radio con le guide degli altri lodge per cui, quando c’è un avvistamento, si passano la voce. Improvvisamente nel buio pesto Ken si lancia ad una velocità folle nel bush. Dobbiamo fare molta attenzione per schivare i rami pungenti che continuamente si presentano di fronte a noi. Capiamo che il motivo di tanta agitazione è un avvistamento importante. Raggiungiamo altre jeep già sul posto e piano piano aiutandoci con la lampada finalmente scorgiamo una coppia di leopardi. Sono vicinissimi, esattamente dietro la nostra jeep tanto che, nel fare retromarcia, ho paura che possiamo investirli. Nonostante il buio riusciamo a vederli bene illuminati dai fari delle auto e dalle lampade tenute dai trackers. Sono un maschio ed una femmina, si coccolano, attorcigliano le code, la femmina ruggisce e poi si accoppiano. E’ un’emozione fortissima.
Tutti eccitati dall’avvenimento ripartiamo, ma ecco che immediatamente ci blocchiamo: la jeep è incastrata e non riusciamo più ad andare né avanti, né indietro. Immediatamente Ken chiama con la ricetrasmittente un suo collega che si era allontanato da pochissimo il quale, dopo aver agganciato l’auto con il verricello ci tira fuori dai problemi e dalla buca. Certo che con 2 leopardi in zona lavorare al buio fuori dall’auto richiede una certa dose di coraggio !! Dopo il nostro primo emozionante safari rientriamo al lodge. Qualcuno è passato dalla nostra camera e l’ha preparata per la notte. E’ stato fatto il risvolto nelle coperte, sono stati messi dei fiori sui cuscini, la zanzariera agganciata al soffitto è stata aperta e sistemata per bene sopra il letto. Una lampada da tavolo è stata accesa e la luce soffusa rende tutto magico. Mi aggiro per la stanza quasi inebetita, non sono abituata a tanto lusso. Ma non c’è tempo, via con una doccia veloce perché la campana della cena sta per suonare. Ed ecco un’altra sorpresa : veniamo accompagnati insieme agli altri ospiti nel boma che, in lingua locale, significa recinto. E’ un’area rotonda delimitata da canne, al centro sta bruciando un bellissimo fuoco e sui tavoli, disposti a semicerchio, c’è una lanterna accesa. L’atmosfera è magica, non c’è luce elettrica e si sentono i rumori della savana. La cena è ottima e l’atmosfera gradevole. Dopo cena veniamo accompagnati alla nostre camere con la raccomandazione di non uscire durante la notte in quanto gli animali, che arrivano al lodge dal laghetto di fronte, spesso girano nel giardino. Mi catapulto nel letto, è stata una giornata veramente intensa, ma meravigliosa.
Sabato 12/10 Sveglia alle 5.20 !! Ken bussa alla porta del nostro bungalow, ma noi eravamo già in piedi. Ci vestiamo e alle 5.45 siamo fuori. Comincia ad albeggiare, il cielo è velato da nuvole rosa, gli uccellini cinguettano e, sarà la luce particolare, l’acqua del laghetto ha un riflesso argentato. Ne approfittiamo per scattare diverse diapositive e poi ci avviamo verso la zona bar dove Ken ci offre del buonissimo Rooibos Tea che è il the tipico. Nel frattempo ci hanno raggiunto gli altri ospiti e alle 6 puntualissimi partiamo per il safari. Fa freddo e ce ne stiamo tutti rannicchiati con addosso la coperta che ci è stata data, ma bastano i primi avvistamenti e il calore del sole che si sta alzando per scaldarci e svegliarci definitivamente. La ricerca degli animali è sempre affascinante e quando riusciamo a scorgerne qualcuno è una festa. Verso le 8.30 Ken ci invita a scendere dall’auto e a proseguire a piedi in compagnia di De Beers che, armato di fucile, ci guida nella nostra prima passeggiata nel bush. De Beers è una fonte inesauribile di notizie e sapere, ci racconta che i ragazzi maschi delle tribù Shangana devono trascorrere da soli 3 mesi nel bush per passare dall’adolescenza all’età adulta. In questi tre mesi imparano ad utilizzare tutto quello che è a loro disposizione nel bush per sopravvivere. Ecco quindi come costruire un’arma per cacciare, trappole, corde resistenti, riconoscere piante e bacche commestibili, le orme degli animali, gli escrementi etc..
E’ interessantissimo. De Beers ci fa vedere una pianta le cui foglie, se strofinate, fanno una schiumina che può essere utilizzata come detergente, un’altra pianta ha rametti che se pelati possono essere utilizzati come spazzolino da denti, un’altra pianta ha dei frutti che sapientemente tagliati fungono da fischietto. De Beers ci invita a provare e tutti costruiamo fischietti che conservo ancora. Si avvicina ad un termitaio, stacca un pezzo di fango e ci mostra l’interno che è tutto bucato. Prende poi un filo d’erba che infila all’interno del buco, quando lo sfila c’è aggrappata una formica rossa. Incontriamo un gruppo di 3 giraffe, siamo vicinissimi, loro ci guardano un po’ poi fanno dietro front e si allontanano.
Camminando e scherzando siamo arrivati al Lodge. Posiamo gli zainetti e ci avviamo per la colazione. C’è di tutto: uova e bacon, torte, pane, marmellate e miele, frutta fresca; qui se continuiamo così torniamo a casa sovrappeso !! Facciamo colazione con molta calma e poi c’è tempo per il relax: io mi metto su un lettino a riposare, Paolo ne approfitta per fare fotografie ad un coccodrillo che sta esattamente sotto la terrazza sulla quale pranziamo. E’ vicinissimo ed è molto inquietante. Verso le 13 ancora a tavola per il pranzo. Un altro po’ di relax e alle 15.30 c’è la merenda. Alle 16 partiamo per il safari. Finalmente vediamo i nostri primi elefanti. Sono una famiglia, ci sono anche i piccoli e Ken ci spiega che il più piccolo non ha più di 15 giorni. Poi vediamo uno gnu, sta per allontanarsi ma Ken porta le mani alla bocca e fa uno strano verso. Lo gnu si ferma di colpo. Quando il sole sta per tramontare Ken si ferma in una radura, ci invita a scendere e, in men che non si dica, con l’aiuto di De Beers apre un tavolino sul quale mette bicchieri per aperitivo, il secchiello per il ghiaccio, fettine di limone, tartine al pollo e comincia a preparare dei Gin Tonic e dei Martini. E’ incredibile, sono senza parole. Siamo qui in mezzo al bush con il sole che sta tramontando, una luce meravigliosa che colora tutto di rosso e noi che ci godiamo il tutto sorseggiando l’aperitivo. Prima di rientrare Ken si ferma ancora una volta, spegne i fari dell’auto e nel buio più assoluto ci mostra le stelle. Purtroppo anche questa giornata sta per finire. Rientriamo al Lodge dove ci prepariamo per la cena nel boma e poi a nanna.
Domenica 13/10 Alle 6 partenza per il nostro ultimo safari. Sigh! Appena usciti dal Lodge incontriamo un gruppo di licaoni. Sono rari e non è facile incontrarli, siamo i primi ad avvistarli. Ken avvisa subito i colleghi, c’è un gran fermento e velocemente arrivano altre jeep. Ci allontaniamo per dar modo anche agli altri di godere dello spettacolo. E finalmente… dopo tanto cercare ecco il re della foresta, una coppia di leoni sta riposando sull’erba. Il maschio sta leccando amorevolmente la femmina e il nostro arrivo non lo distrae dalla sua attività. Mi commuovo per la dolcezza della scena. Anche questa mattina Ken ci lascia per permetterci di camminare nel bush. Percorriamo una strada diversa rispetto a ieri. Ascolto attenta De Beers per non perdere neanche una parola dei suoi preziosi racconti. Ci rendiamo conto di essere arrivati sulle riva opposta del laghetto che fronteggia il lodge, dove troviamo 2 impala che si stanno abbeverando e poco più in là un facocero che mangia l’erba.
Rientriamo, consumiamo la nostra pantagruelica colazione e poi, purtroppo, prepariamo le nostre cose per la partenza. Alla reception Ken e lo staff ci salutano e, con molto rammarico, partiamo.
Ripercorriamo a ritroso la strada sterrata fino all’abitato di Klaserie. Poi prendiamo la N531 e quindi la N527 che conduce alla zona del Blyde River. Qui il paesaggio cambia completamente: dalla savana brulla dove il colore predominante è il giallo, passiamo al verde intenso degli alberi che ricoprono le montagne. La strada comincia a salire fino a raggiungere il Abel Erasmus Pass. Il primo punto panoramico che incontriamo è “le tre rondavels”, tre caratteristiche rocce cilindriche con la sommità a cupola che ricordano le capanne zulu, rondavels appunto. C’è molta gente, qualche corriera, bancarelle di souvenirs ma il paesaggio è spettacolare. La giornata è tersa e i colori intensi, dal blu del cielo al verde della vegetazione. La tappa successiva è presso le Bourke’s Luck Potholes un sito molto frequentato, ma carino. Una breve passeggiata conduce alla confluenza dei fiumi Blyde e Treur che per l’erosione hanno scavato un canyon. Due ponti, che possono essere attraversati a piedi, uniscono le sponde (sconsigliato a chi soffre di vertigini). Ci sono poi le potholes, cavità rotonde scavate nella roccia dai mulinelli dei fiumi.
Tra l’altro proprio qui, seduti su una panchina a mangiarsi un gelato, abbiamo rincontrato Ralf, la moglie e la coppia di loro amici coreani. Abbiamo comunicato loro le nostre impressioni sulla permanenza al Lodge e le emozioni provate nell’avvistare gli animali. Ci salutiamo nuovamente con la certezza che non avremo più occasioni di incontrarci, domani infatti rientreremo a Johannesburg.
La strada prosegue, la prossima sosta è presso il punto panoramico di Wonder View, poi God’s Window dove con un “supplemento” di sentiero (comunque breve) si arriva alla foresta pluviale. E’ una piccola area dove, per piogge, nebbia e umidità, si è creato un microclima che ha permesso lo sviluppo di una vegetazione tipica delle foreste pluviali. Dopo il “pinnacle” , ultimo punto panoramico del canyon, si arriva a Graskop, una cittadina tranquilla e linda che ricorda un po’ le cittadine americane. Qui abbiamo prenotato presso il Log Cabin Village (250 R.) www.Sa-venues.Com Anche questo posto è delizioso. Il bungalow di legno ha il posto auto privato e la veranda. All’interno c’è il salotto, la cucina, due camere da letto e il bagno. Chiediamo al proprietario il nome di un posto carino dove cenare, ci indirizza al The Loco Inn dove, come sempre, mangiamo bene spendendo poco (R.120,50).
Rientrati in camera accendo il televisore, stanno trasmettendo Chocolat con Juliette Binoche, mi è piaciuto tanto in italiano che decido di guardarlo anche in inglese. Finito il film vado a letto, domani ci aspettano tanti tanti Km.
Lunedì 14/10 Partiamo e raggiungiamo Pilgrim’s Rest, secondo la Lonely Planet un paesino di minatori che è stato abbandonato dopo l’esaurimento della vena aurifera e che è quindi rimasto com’era all’inizio del 1900.
Secondo me, un paese che non vale assolutamente la sosta per una visita.
Ritorniamo a Graskop e prendiamo la strada verso Sabie. In questa zona ci sono molte cascate, decidiamo di visitare la Mac-Mac Falls che si raggiunge con un breve sentiero lasciando l’auto in un parcheggio ai lati della strada principale. Ci rimettiamo in auto. Ci aspettano più di 500 Km. Per raggiungere l’aeroporto di Johannesburg.
Vicino a Lydenburg vedo una scuola con i ragazzi che giocano a pallone nel cortile, chiedo a Paolo di fermarsi. Ho ancora con me dei pennarelli colorati e delle penne e, chiesto della direttrice, le chiedo se posso lasciarli alla scuola. Lei accetta con piacere e mi fa fare il giro della scuola, visito le aule, la “biblioteca” e mi presenta le altre 2 maestre. I bimbi, prima timidamente poi con più disinvoltura, si avvicinano e, vista la macchina fotografica al collo di Paolo, chiedono una fotografia. Spieghiamo loro che non è possibile consegnarla subito, ma promettiamo di spedirle, cosa che abbiamo fatto una volta a casa.
Nel tardo pomeriggio raggiungiamo Johannesburg, le indicazioni per l’aeroporto sono chiare ed arriviamo senza nessun problema. Lasciamo l’auto alla Avis e con i nostri bagagli ci avviamo verso gli arrivi internazionali dove dobbiamo prendere il bus navetta dell’Holiday Inn Garden Court (R.19 pp per tratta) www.Southernsun.Com Abbiamo scelto l’Holiday Inn (R.548) solo perché era dotato di ristorante. In effetti avevamo trovato un’alternativa più economica sempre nei pressi dell’aeroporto e con il servizio di bus navetta, ma il fatto che fosse sprovvisto di ristorante ci lasciava un po’ perplessi. Sapevamo che saremmo arrivati verso sera, stanchi dopo tanti Km.Percorsi e la ricerca di un ristorante, in una città come Johannesburg definita pericolosa, non ci sembrava fosse la cosa più indicata. Comunque per chi fosse interessato la catena City Lodge www.Citylodge.Co.Za ha 3 possibilità tutte nella zona dell’aeroporto: il City Lodge a R.540, il Town Lodge a R.380 e il Road Lodge a R.220 Ceniamo all’Irish Pub all’interno dell’hotel e poi andiamo in camera. Dobbiamo cercare di far entrare tutti gli acquisti fatti nei bagagli, domani ci dobbiamo imbarcare e non possiamo girare con sporte e sportine. Dopo vari tentativi l’impresa è portata a termine con successo.
Martedì 15/10 Ci svegliamo prestino, facciamo colazione e poi saliamo in camera a prendere i bagagli.
Mentre Paolo sta pagando vedo la navetta che sta per partire, mi catapulto dall’autista e chiedo se può aspettare un attimo che stiamo arrivando. Mi risponde che non può e parte. Ci mettiamo fuori in attesa che ritorni, ma i minuti passano e non si vede nessuno. Cominciamo ad agitarci, il nostro volo è previsto per le 9.15 e sono già le 8. Finalmente lo vediamo arrivare, saliamo e per fortuna parte subito. Arriviamo all’aeroporto, ma non siamo di fronte alla porta giusta. Trascinandoci il carrello con i bagagli arriviamo alle partenze internazionali che sono però al piano superiore e noi siamo al piano terra. Uno dei due ascensori è rotto per cui tutta la fila è di fronte all’unico funzionante. Siamo veramente preoccupati. Una volta arrivati sopra c’è un’altra fila dove controllano il peso di ogni bagaglio e finalmente arriviamo al check-in. La hostess ci guarda e dice: ” you are late “, poi fa una telefonata e finalmente ci consegna le carte d’imbarco. Arriviamo al gate quando un autobus è già partito e il secondo aspetta noi. Finalmente saliamo sul boeing che ci porterà a Victoria Falls.
Dopo un volo regolare arriviamo all’aeroporto. L’aereo è pieno e quindi 200 persone che si presentano all’ufficio visti provocano un po’ di fila ma, una volta raggiunto il bancone dell’ufficio immigrazione le formalità doganali si svolgono velocemente. Il costo del visto è di 30 $ a persona.
All’uscita troviamo l’incaricata dell’UTC che ci aspetta con un pulmino da una ventina di posti. Siamo i primi a salire ma dobbiamo aspettare altre persone, dopo un po’ arrivano e quindi si parte.
L’aeroporto dista circa 20 Km. Dalla località di Victoria Falls, arrivati in paese ci fermiamo in un ufficio cambi per permettere, a chi vuol farlo, di acquistare della valuta locale. Poi ci accompagnano al nostro hotel che è il Kingdom. Si tratta di un albergo meraviglioso con giardini, piscina, camere enormi arredate con gusto e balcone. Fa veramente molto caldo ci sono circa 35°, accendiamo l’aria condizionata, ci rinfreschiamo un po’, riempiamo le borracce con l’acqua fresca che abbiamo trovato nella caraffa termica in camera e usciamo. L’albergo è vicinissimo sia al centro del paese, dove ci sono diversi mercatini permanenti di artigianato, sia all’ingresso delle cascate. Prendiamo il sentiero pedonale per le cascate e veniamo avvicinati da moltissimi venditori ambulanti, gentilmente rifiutiamo le loro offerte finché incontriamo Adam, particolarmente simpatico e loquace. Adam ci accompagna all’ingresso delle cascate dove vediamo che il biglietto d’ingresso costa 20 $. Decidiamo di aspettare il mattino seguente quando è prevista la visita guidata nel parco. Gli spieghiamo che vorremmo scattare qualche fotografia e lui ci dice che possiamo andare sul ponte sul fiume Zambesi da dove si vedono le cascate. Gli rispondo che all’ingresso in Zimbabwe abbiamo richiesto il visto solo per questo paese e non quello multiplo che comprende anche lo Zambia, ma lui dice che possiamo ottenere il permesso per andare sul ponte che praticamente è zona franca tra una frontiera e l’altra.
Acquistiamo da Adam due “gnami gnami” (si pronuncia così ma non so come si scrive) che è un amuleto tipico dello Zimbabwe e lo ringraziamo per i suoi preziosi consigli. Seguiamo la lunga fila di TIR in attesa di passare la frontiera ed arriviamo all’ufficio di frontiera. Entriamo e spieghiamo che vogliamo andare sul ponte. Non ci chiedono neanche i passaporti, ci fanno compilare un registro e poi ci consegnano un fogliettino che ha dell’incredibile. Praticamente da un foglio già utilizzato e quindi scritto ne strappano un quadratino, dalla parte bianca ci mettono un timbro e ce lo consegnano. Muniti di questo foglietto arriviamo alla sbarra, il poliziotto ritira il foglio e ci fa passare. Camminiamo per più di un Km. Finché arriviamo a circa metà del ponte, sfortunatamente non si vede quasi nulla. Siamo alla fine della stagione secca e c’è poca acqua quindi non tutto il fronte delle cascate, che è lungo 1,8 Km., è coperto di acqua. Sono le 2 del pomeriggio, fa un caldo mostruoso e non c’è un albero nel raggio di Km., decidiamo così di tornare sui nostri passi. All’ufficio di frontiera non si trova più il registro che abbiamo compilato all’uscita e sul quale dovremmo riportare l’orario e la conferma che siamo effettivamente rientrati. Aspettiamo un po’ poi ci fanno cenno di andare. Rientriamo in paese e andiamo a fare un giro al mercato. Ci sono un paio di capannoni chiusi con un’entrata da una parte e una dall’altra, all’interno sono tutte donne le quali, lungo le pareti, espongono soprattutto tovaglie. Ci sono poi bancarelle all’aperto che vendono soprattutto animali di legno, maschere e oggetti tipici africani. Noi abbiamo acquistato un piccolo xilofono che è uno strumento molto utilizzato nella musica locale. Le casse armoniche sono fatte con zucche di diverse dimensioni, tutto il resto è in legno e le legature sono realizzate con cordini in gomma ricavati da pneumatici. Un vero oggetto d’artigianato realizzato interamente a mano.
Rientriamo in albergo contentissimi del nostro acquisto, ma anche molto preoccupati su come potremo trasportarlo in Italia.
Ci facciamo una doccia e ci riposiamo un po’ poi, alle 18.30 scendiamo perché ci aspetta il pulmino per portarci ad uno spettacolo di danze tipiche. Non volevo andare perché non amo queste cose per turisti ma faceva parte del pacchetto e Paolo ha detto che comunque poteva essere una cosa carina. Come volevasi dimostrare era esattamente quello che mi aspettavo, queste cose mi rendono triste perché non vedo la gioia e l’allegria negli occhi di chi balla, ma quasi una rassegnazione del tipo “devo farlo e lo faccio”. Va beh! Rientriamo in hotel e andiamo a cena in uno dei 3 ristoranti dell’albergo.
Mercoledì 16/10 Facciamo colazione e alle 9.30 il nostro pulmino ci preleva per andare finalmente alle cascate. Visitiamo prima il grande baobab, poi la statua di Livingstone “scopritore” delle cascate e infine arriviamo al primo punto panoramico. E’ incredibile, uno spettacolo unico !! La guida ci spiega che effettivamente nel periodo secco c’è poca acqua ma è il periodo migliore per scattare fotografie in quanto durante la stagione umida è assolutamente impossibile avvicinarsi ai punti panoramici senza bagnarsi dalla testa ai piedi. In effetti, noi abbiamo già i capelli bagnati e dobbiamo asciugare continuamente l’obiettivo della macchina fotografica. Il percorso pedonale si sviluppa esattamente di fronte alla cascate e le segue parallelamente per quasi tutta la loro lunghezza. La visita è bellissima ma purtroppo è ora di rientrare.
Mangiamo qualcosa e poi ci mettiamo un po’ sul balcone. Alle 16 siamo di nuovo in partenza per la crociera sul fiume Zambesi. Il nostro pulmino ci porta all’imbarcadero e puntuali salpiamo. La navigazione è tranquilla, vediamo diversi ippopotami e qualche impala che dalle rive beve. Veniamo rifocillati con diverse tartine e pollo e l’atmosfera è piacevole. Quando arriva il tramonto godiamo di uno degli spettacoli più belli che la natura possa offrire. Un sole rosso fuoco ed un cielo con tutte le tonalità del rosa, il fiume con la sua vegetazione rigogliosa e il solo rumore dell’acqua e degli uccelli. Sì perché il capitano ha spento il motore per farci apprezzare ancor di più questa meraviglia. Al nostro rientro chiediamo alla reception se possono indicarci un ristorante tipico africano e così andiamo a mangiare al Mama’s Africa vicino alla stazione di Vic Falls. Io prendo la carne di facocero, Paolo, molto più prudentemente, i famosi boerewors, salsicciotti tipici.
Giovedì 17/10 Oggi si parte veramente. Dopo colazione facciamo un rapido giro al mercato per spendere gli ultimi dollari zimbabwiani che ci sono rimasti e alle 9.45 il nostro pulmino si presenta all’ingresso.
Arriviamo all’aeroporto, ritiriamo le carte d’imbarco e ci presentiamo all’ufficio doganale dove paghiamo 30 $ come visto d’uscita. Mi viene in mente la scena del film “Non ci resta che piangere” con Benigni e Troisi, dove ogni volta che passano la frontiera viene loro chiesto: ” Chi siete ? Cosa portate ? Un fiorino ! In Zimbabwe è uguale, ogni volta che passi la frontiera sono 30 $ !! Il nostro volo South African parte puntuale alle 11.45 e alle 13.30 siamo a Johannesburg. Purtroppo dobbiamo aspettare diverse ore per imbarcarci per Francoforte. Gironzoliamo un po’ per l’aeroporto, guardiamo i negozi, facciamo merenda e alle 19.15 partiamo. E’ davvero finita, sono triste e mi dispiace tornare a casa.
Venerdì 18/10 Alle 5.30 arriviamo a Francoforte dove alle 8.45 abbiamo la coincidenza per Bologna. Vedo su un display che il volo per Roma è stato cancellato e vengo colta da un presentimento. Vado al banco transiti (anche se ero già in possesso della carta d’imbarco per Bologna) dove mi dicono che tutti i voli per l’Italia sono cancellati per lo sciopero generale indetto per quel giorno. Vengo colta da panico, provo ad insistere per trovare soluzioni alternative e mi dicono che c’è un volo per Firenze che deve partire a minuti che forse non verrà cancellato. Chiedo di venire imbarcata su quel volo, ma è pieno e veniamo messi in lista d’attesa. Vado comunque al cancello dove, una volta finito l’imbarco, chiamano 4 persone tra cui noi 2 E’ veramente un miracolo ! Arriviamo a Firenze e naturalmente i nostri bagagli non ci sono. Non si tratta di un disservizio ma a Francoforte é veramente mancato il tempo materiale per cambiare la destinazione da Bologna a Firenze. Andiamo al banco lost and found dove incontriamo Giorgio e Rolando anche loro previsti sul volo per Bologna e fortunosamente dirottati su Firenze. Facciamo tutti la denuncia, ci confrontiamo un attimo e poi decidiamo di prendere insieme un’auto a noleggio. Ritiriamo una Clio che rilasciamo all’aeroporto di Bologna. La nostra Panda è ancora lì che ci sta aspettando, saliamo in macchina e non è ancora finita. La tangenziale di Bologna è bloccata a causa di non so quale fiera ed impieghiamo 2 ore per fare pochi Km.
Finalmente alle 13 siamo a casa, IL SOGNO E’ FINITO.