Il Quinto Continente

...L'Australia Introduzione Per la luna di miele abbiamo scelto come meta un Paese che assomiglia piu' ad un continente, è un' enorme isola posta fra due oceani, quello Indiano e quello Pacifico, grande una volta e mezzo l' intera Europa: l' Australia !! La visiteremo nel nostro solito modo: in solitaria con tre voli interni e a bordo di...
Scritto da: Paola & Sandro
il quinto continente
Partenza il: 21/05/2006
Ritorno il: 06/06/2006
Viaggiatori: in coppia
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…L’Australia Introduzione Per la luna di miele abbiamo scelto come meta un Paese che assomiglia piu’ ad un continente, è un’ enorme isola posta fra due oceani, quello Indiano e quello Pacifico, grande una volta e mezzo l’ intera Europa: l’ Australia !! La visiteremo nel nostro solito modo: in solitaria con tre voli interni e a bordo di un mezzo noleggiato; ne scopriremo soprattutto le zone remote, tralasciando le grandi metropoli per prediligere le distese semi desertiche dell’ Outback e del Top End.

San Miniato – Empoli – Firenze – Francoforte – Singapore – Sydney (21 maggio – 22 maggio 2006) New South Wales Il nuovo Galles del sud è il luogo dove il Capitano Cook approdò in Australia e dove venne fondato il primo insediamento europeo nel nuovo continente, oggi è lo stato più popolato e ospita la città più grande della nazione, Sydney.

Sydney (23-24 maggio 2006) Atterriamo a Sydney la mattina molto presto, ma l’adrenalina scorre a fiumi nelle vene e così non tocchiamo letto, anche perché la paura che altrimenti ci svegliamo a sera è tanta! Ci cominciamo a muovere camminando fino alla baia, passando per Martin Place e la Sydney Tower, ma senza salire fino alla discreta quota di 305 metri, , la vista sulla baia è mozzafiato e le vele bianche dell’Opera House sono uno scenario unico, fa un bell’effetto finalmente sostarci sotto! Il nostro primo pensiero è stato quello di vedere…Un Koala!!! Lo so abbiamo tutto il viaggio davanti a noi, ma ho letto che è impossibile incontrarli se non in cattività, e così, a malincuore, siamo andati a cercarli al Taronga Zoo situato a sud della città, facilmente raggiungibile con un traghetto dal molo 2 o 4 . Il parco accoglie moltissimi animali, tra i quali koala, canguri, wallaby, pappagalli, coccodrilli, gorilla, emù, il diavolo della Tasmania e perfino un panda rosso, che sono tenuti in semilibertà ed è quindi permesso di avere esperienze “molto ravvicinate” con alcuni di loro, molto, molto divertente!!! Nel pomeriggio abbiamo visitato l’acquario, un vero spettacolo , composto da tre vasche oceaniche ancorate alla baia nelle quali si possono vedere squali, razze e pesci di grandi dimensioni, specie marine tipiche dell’Australia e foche, i tunnel trasparenti sottomarini sono molto suggestivi! Nel nostro secondo giorno abbiamo conosciuto meglio la città e i suoi sobborghi.

La baia di Sydney è chiamata Fort Jackson e penetra per circa 20 Km nell’entroterra congiungendosi con la foce del Paramatta River.

Il primo insediamento bianco di Sydney sorse sull’appendice rocciosa nel punto dove l’HarbourBridge attraversa la baia, chiamato appunto The Rocks. All’epoca era uno squallido borgo di carcerati, balenieri, prostitute e bande di criminali, poi nel decennio compreso tra il 1820 e il 1830 giunsero i nuovi ricchi che ricostruirono e ripulirono il quartiere.

Harbour Bridge, chiamato dalla gente del luogo ‘vecchio attaccapanni’ , fu completato nel 1932, attraversa la baia collegando la sponda nord di Sydney con la sponda sud, su esso circolano auto, treni, pedoni, podisti e ciclisti, noi l’abbiamo attraversato una prima volta a piedi ed è ha sollevato un po’ di brividi, non so come si possa attraversarlo sulle arcate, molti lo fanno, con un’escursione guidata s’intende! La seconda volta l’abbiamo attraversato in auto, ma è così largo che fa tutta un altra impressione, non ti accorgi neppure di esserci sopra.

L’Opera House si trova sul capo del Circular Quay, i suoi tetti appaiono un po’ come vele gonfiate dal vento e un po’ come un gioco di conchiglie, in realtà nella mente del disegnatore volevano rappresentare delle fronde di palma. Nella mia personale interpretazione ci vedo 6 pesci che mettono in pratica il detto “pesce grande mangia pesce piccolo”.

Molti storici palazzi di Sydney sono stati commissionati da Lachlan Macquarie, il primo governatore che dimostrò di considerare Sydney come qualcosa di più importante di una colonia penale e che cercò di trasformarla in una vera città.

King Cross è una zona dove locali di striptease, prostituzione legale, criminalità e spaccio di droga (fino a qualche anno fa era possibile anche recarsi in una specie di “ospedaletto” per iniettarsi droga in tutta “sicurezza” ! ) convivono accanto a ristoranti raffinati, caffè alla moda e alberghi costosi. Questa zona è nata durante la guerra del Vietnam come il quartiere del vizio e così è rimasto.

Nell’avvalmento tra King Cross e la città c’è Wooloomooloo, una zona molto vecchia di Sydney i cui recenti restauri urbani hanno restituito davvero angoli incantevoli. Nonostante ci siano solo 10° – 11° gradi (infatti in Australia è appena iniziato l’inverno e a Sydney si sta anche facendo sentire!) sulle burrascose spiagge di Watsons Bay, Lady Bay, Doubley Bay e Bondi Beach un sacco di serfisti stanno attendendo…L’onda perfetta ! In Oxford st. Vive l’esuberante comunità gay, ogni anno dal 1° febbraio al 1° marzo organizza una serie di iniziative sulla diversità che terminano con il carnevale e una grande parata.

Manly è carina si trova su una stretta lingua di terra che termina con le spettacolari scogliere di North Head.

La sera facciamo un giro a piedi, tutto intorno al porto è pieno di luci, di ristoranti e di locali, la gente affolla le vie in attesa di decidere dove trascorrere la serata. Noi facciamo una capatina al 7eleven e ceniamo in camera, non sappiamo cosa ha inciso di più se il fuso orario o il repentino cambiamento di clima, ma siamo a gallina! Northen Territory I Territori del Nord sono l’area più arida e meno popolata del continente Australiano, solo l’ 1% della popolazione vive sparsa sul 20% del territorio australiano e direi che questa è l’Australia che siamo abituati a vedere in fotografia: deserti rossi, grandi rocce e lussureggiante natura. Infatti i Territori del Nord si compongono di due regioni dalle caratteristiche assai differenti: l’arido Red Centre e il Top End, l’area verde e monsonica.

Out Back Ayers Rock (25 – 26 maggio 2006) Decolliamo da Sydney per iniziare la parte più avventurosa del nostro viaggio e mentre l’aereo percorre km verso nord, noi capiamo il senso del nome RED CENTRE: sotto di noi, in ogni direzione si guardi, una distesa di sabbia rossa senza dune, né altre interruzioni!!! Solo alcuni blocchi di roccia altrettanto levigati tra cui manca solo Willy Coyote…

Quando scendiamo ad Ayers Rock, il clima è completamente diverso, fa molto più caldo e c’è una luce fortissima. Il piccolissimo aereoporto sembra perso nel nulla… Siamo nel Red Heart, il cuore rosso dell’Australia… All’aeroporto affittiamo una Kia Sorento per 3 giorno e ci dirigiamo verso il nostro alloggio.

L’insieme degli alberghi di Yulara Ayers Rock resort sorti dal 1984 nel nulla dimostrano la capacità imprenditoriale degli australiani, ci sono 1000 dipendenti fissi sparsi tra le varie categorie alberghiere, navette che collegano i vari hotel e ristoranti, pannelli solari, cisterne per l’acqua piovana, ma non ti accorgi di nulla, perché c’è una grande attenzione all’impatto sul territorio, tanto che le strutture ci sono, ma si percepiscono solo una volta all’interno.

Il costo per il transito nel Parco di Kata Tjuta e Uluru è di 25 AU$ ed ha una validità di tre giorni. La prima tappa è ai monti Kata Tjuta, meglio noti come Monti Olgas, 36 formazioni rocciose che spuntano dalla terra col deserto attorno, la più alta misura 546 m.

Mentre percorriamo la strada verso i Monti Olgas come un meteorite rosso fuoco, assurdamente tondeggiante, caduto dal cielo secoli fa, Uluru troneggia all’orizzonte.

La distanza da Ayers Rock a The Olgas è di soli 50 km e in meno di un’ora siamo già nell’anfratto principale.

Kata Tyuta in lingua aborigena significa “mille teste” , da lontano infatti si vede bene che questo massiccio e’ formato da una serie di teste di roccia rossa, panciute e levigate. A differenza di Uluru, sulla roccia di Kata Tyuta notiamo crescere della vegetazione: e’ bellissimo da lontano ma ci donerà emozioni anche nel suo interno ! (un po’ noiose le mosche!).

E ora a noi…Uluru, l’immagine che ci si presenta innanzi al momento del tramonto è stupenda !!! Il masso gigante sfuma via via che il sole sparisce dal rosso-marroncino a marrone scuro: favoloso!!! Uluru è il monolito più grande del mondo lungo 3,6 Km. E alto 348 m. , molti studiosi ritengono che i 2/3 della roccia si trovi sotto la sabbia. Arrivando nel pomeriggio la roccia appare di un colore ocra-marrone striato di ombre scure, ma come è noto il colore della roccia muta con la luce del tramonto passando in rassegna una serie di rossi sempre più intensi fino a sparire nel nero della notte.

La cena nel deserto è un’esperienza unica che è ormai scolpita nella mia mente, stelle su stelle, la Croce del Sud, la sola luce delle candele e del falò, il buon cibo, gustiamo il barramundi, ottimo pesce d’acqua dolce, canguro, emù e del buon vino! Si tratta di un’esperienza indimenticabile, la cena nel cuore del deserto è allietata dal suono del DIDGERODOO (n.D.R. Si tratta di uno strumento musicale a fiato tratto da un unico ramo di eucalipto intagliato, dal suono tipo “pernacchia”), poi un astronomo sbuca dal buio per spiegarci la volta celeste: sotto un cielo incantato, luna piena e le stelle dell’emisfero australe, col telescopio vedo Saturno, Giove, la Croce del Sud e Proxima Centauri.

La mattina seguente alle 6 siamo già svegli per poter ammirare la roccia anche durante l’alba. Così come al tramonto, anche all’alba Uluru da il meglio di sé, virando sfumatura decine di volte, anche se il rosso vivo rimane comunque quella predominante, dice! Sì…Perchè pioveva e quindi possiamo solo dire che il monolito bagnato è marrone molto scuro! Uluru muove nel nostro intimo un miscuglio di sacralità e mistero ! Bello camminarci accanto, bello scoprire che ci sono molti punti dove non ci si può avvicinare perché sono zone particolarmente Sacre agli Anangu, popolo aborigeno.

Brutto invece scoprire quante “formiche” risalgano ancora oggi le pendici di Uluru, nonostante il grande cartello scritto in tutte le lingue dai più alti esponenti del popolo aborigeno che chiede: “…Per favore non salite su questa montagna a noi così Sacra, perchè se uno di voi muore sulla nostra terra noi saremo molto dispiaciuti e penseremo con dolore ai vostri parenti che vi piangeranno perchè sarete morti sulle nostre terre. Non possiamo impedirvi di salire ma ve lo chiediamo per favore: non salite !”. Ogni anno qualcuno muore nel tentare la scalata perché il caldo e la fatica può uccidere e la superficie di Uluru è molto scivolosa. Con la pioggia comunque è vietato salire. Tuttavia, noi ci siamo astenuti per tutt’ altra ragione: e’ il rispetto per una tradizione antichissima che ci ha frenato, il bisogno di sapere che c’è qualcos’ altro oltre che la ricerca del puro piacere e della propria soddisfazione personale a muovere il mondo, la speranza è che il rispetto per ciò che e’ diverso possa prevalere sulla prepotenza e l’ arroganza, per le quali oggi purtroppo l’ uomo “civilizzato” e’ noto.

L’ultima tappa è stata il centro informativo aborigeno, cioè la visita al cultural centre di Yulara, interessantissimo per le molte notizie sulle tradizioni, le usanze e i modi di vivere degli aborigeni. E’ qui, infatti, che cominciamo davvero a capire il senso della “montagna sacra” e delle leggende sul Dreamtime, oltre a renderci conto di quanto vi sia una nettissima separazione tra la popolazione australiana di derivazione inglese, presente sulle coste e nelle rare cittadine dell’interno, e quella originale aborigena, che continua ad abitare gli impervi luoghi del continente e dei parchi naturali (n.D.R. Ottimo per comprendere questi temi Bruce Chatwin, Le vie dei canti, ed. Adelphi).

Poi la partenza verso Kings Canyon 340 Km sulla Lasseter Hwy.

Watarrka National Park Kings Canyon (26 – 27 maggio 2006) Facciamo rifornimento di bibite, biscottini e benzina… E siamo pronti per dare inizio alla nostra avventura australiana!!! Da Ayers Rock a Kings Canyon abbiamo percorso 340 Km sulla Lasseter Hwy incontrando anche diversi canguri che ci hanno attraversato la strada…Allora è vero! A noi è piaciuto moltissimo il loro attraversamento, ma può anche essere molto pericoloso l’improvviso attraversamento degli animali, infatti soprattutto i marsupiali amano starsene sull’asfalto. In effetti qui in Australia è un vero e proprio problema i pullman e le jeep, ma anche le auto montano spesso una speciale “barra anti-canguro” che evita che l’auto si danneggi nell’urto! Abbiamo visto tantissime carcasse di canguro nel tragitto, ai bordi della strada.

Come se non bastasse, il governo espone dei cartelli con auto semi-distrutte ed invita a usare le cinture; qualche volta è la stessa auto semi-distrutta ad essere esposta direttamente! La guida è un po’ monotona e il paesaggio, benché caratteristico, molto ripetitivo, può essere piacevole ascoltare la musica (ma non ci sono frequenze radio nel deserto…Ricordate di portate i vostri cd preferiti oppure acquistateli con musica del luogo) e dilettevole salutare quei pochi guidatori che si incrociano per la strada. Lungo la Lasseter Hwy in lontananza si può vedere Mt. Connor, una grande Mesa (montagna dalla sommità piatta) alta 350 m. , una vista davvero insolita! Kings Canyon è costellato di insoliti fenomeni naturali come le famose cupole di roccia o la stretta gola traboccante di palme chiamata Garden of Eden, le pareti del canyon superano i 100 m. Di altezza, noi abbiamo fatto il percorso di 6 Km che fa il giro dell’intero canyon.

Dunque, dopo la ripida salita ci si trova su un’ altopiano roccioso dal colore rosso intenso: un mondo fatto di rocce a forma di cupole, antiche dune fossilizzate! In alcuni punti sono così numerose che sembra di osservare un villaggio di capanne, tanto che viene loro dato il nome di “lost city”, citta’ perduta! Sotto ai nostri piedi si apre una gigantesca spaccatura, di fronte a noi sta impettita ed altezzosa la parete opposta del canyon, levigatissima, a picco, scavata da buchi che sembrano porte e finestre oppure bocche ed occhi: meraviglioso! Superiamo piccoli ponti e scalette di legno, saliamo, scendiamo, poi ancora saliamo in labirinti di roccia fantastici. Quasi senza accorgercene passiamo sulla parte opposta del canyon ed ora stiamo immobili sullo strapiombo ad osservare il punto dove ci trovavamo prima. Ci sono alcune persone là e sembrano solo puntini colorati in un mondo quasi esclusivamente rosso! L’ ultima parte del percorso e’ in discesa, su gradoni rocciosi. Infine, ecco di nuovo il parcheggio, in tutto siamo stati fuori meno di tre ore. Alice Springs (27 – 28 maggio 2006) Da Kings Canyon ad Alice Springs ci sono 476 Km , ma ci si può cavare con 323 Km se s’imbocca la Mereenien Loop, una strada sterrata in territorio aborigeno che per essere percorsa serve un loro permesso acquistabile AU$ 2.15 all’ufficio turistico, alla stazione di servizio e alla reception dei resort (ci sono alcune regole per percorrerla, tipo che non ti puoi mai fermare a bordo strada od uscire dal tracciato principale per imboccare stradine laterali). Qui, è tutto un ballare,ma sul serio, tanto che all’inizio ci guardiamo e ridiamo!!! La Kia Sorento però regge benissimo, nonostante sollevi enormi nuvole di polvere e nonostante noi facciamo finta di non vedere i copertoni bucati a lato strada…

Su questa strada abbiamo incontrato una incantevole famigliola di Dingo e cavalli e asini allo stato brado.

Nell’avvicinarci ad Alice Springs si gode la vista dei Mc Donnell Rangers, le catene montuose che si estendono a est e a ovest di Alice Springs, disseminate di canyon che a volte racchiudono pozze d’acqua.

Alice Springs fu fondata nel 1871 come stazione ripetitrice della linea telegrafica che collegava Darwin e Adelaide. La stazione telegrafica fu costruita vicino a una polla d’acqua: al fiume venne dato il nome di Charles Todd River, sovrintendente della rete telegrafica, mentre alle sorgenti (in inglese springs) fu dato il nome della moglie Alice. In questa storia si esaurisce tutta la nostra visita Alice Springs…Non c’è proprio niente da fare o da vedere! Però siamo stati a cena all’Overlanders Steak House dove si può gustare, non a buon prezzo, le carni tipiche dell’Australia: coccodrillo, barramundi, cammello, emù e canguro.

Una cena carina e cara, ma era il compleanno del mio giovane maritino, 33 anni, dovevamo festeggiare…E l’abbiamo fatto…Il ristorante molto tipico tutto in legno,pelli di animali e attrezzi appesi in ogni luogo, zuppe servite in secchi di latta e… È proprio il caso di dire ‘ciliegina sulla torta’ … Tutti i camerieri in cerchio che hanno cantato a Sandro …Happy Birthday to you… Con tanto di scoppio di stelle filanti !!! Northen Territory Top End Kakadu National Park (28 – 29 maggio 2006) Altro aereo, altra corsa, in carrozza signori, si parte…E siamo solo a metà, nel senso che è il quinto di 10 voli previsti! All’aeroporto di Darwin ci attende una modesta, ma rossa Ferrari Getz Hyundai che con la Stuart Highway per 33 Km e poi la Arnhem Highway per altri 220 Km ci conduce nel famoso Kakadu National Park, prima meta Jabiru.

Il Kakadu N.P. È una delle meraviglie naturali dell’Australia, si estende per più di 200 Km da nord a sud e per 100 Km da est a ovest. Il nome Kakadu deriva da l’aborigeno Gagadju, infatti il territorio è di loro proprietà. Questo parco ti permette di osservare paesaggi incantevoli, fauna selvatica e i più belli esempi si arte aborigena rupestre. Nel kakadu vivono 60 tipi di mammiferi, 51 specie di pesci, 25 specie di rane, 120 specie di rettili, 280 di uccelli e almeno 10.000 di insetti. Suggestivo è vedere il fumo che si alza dagli incendi che in questo periodo imperversano nel bush del Top End, un po’ per tenere pulito il sottobosco e un po’ per prevenire gli incendi più devastanti della stagione secca. Lungo la strada abbiamo visto dei termitai enormi: le termiti rosse stanno sotto terra, mentre i termitai sono come enormi “silos” che contengono l’erba sminuzzata da mangiare. Un altro tipo di termiti, bianche e cieche, agiscono solo di notte e si cibano del legno degli alberi, vivono all’interno dei tronchi di eucaliptus, e così costruiscono i didgeridoo.

Dormiamo nel parco, nel famoso hotel a forma di coccodrillo, animale che qui, evidentemente, è la star indiscussa. Domani andremo a vedere Ubirr e Nourlangie Rock che custodiscono le antiche pitture aborigene, anche di 20mila anni fa.

UBIRR Ecco un’escursione che rimarrà tra le più belle del viaggio: partenza, pochi kilometri e la strada è inondata dal Magela Creek che ancora non aveva ritirato le sue acque dalla strada, ma niente scoraggiamenti, la nostra Gatz Testarossa, ha coraggiosamente guadato il corso d’acqua tra gli occhi increduli di alcuni americani che una volta arrivati a Ubirr non hanno perso tempo nel venirci a dire che la nostra auto era troppo piccola e inadatta a questi luoghi. Nel sito di UBIRR (che si trova al confine tra il parco e l’Arnhem Land, di proprietà aborigena) si possono vedere esempi di arte rupestre aborigena raffigurante scene di caccia e animali, wollaby, possum, goanna, tantissimi pesci, tartarughe dal collo di serpente, il dream time del serpente arcobaleno e due ‘balanda’ uomo bianco con le mani in tasca! Poi con una piccola scalata si arriva a Nadab Lookout un belvedere a 360° da dove si domina letteralmente tutto il Kakadu… Intorno a noi, il silenzio assoluto, rotto solo dalle ali e dalla voce degli uccelli che si spostano tra gli alberi. Sembra di essere nell’era preistorica. Lunghe distese verdi, intervallate a zone acquitrinose ed a fiumi, poi alberi e rocce, poi ancora arbusti, non ci sono strade, non ci sono fili della luce, non ci sono antenne.

Non c’è l’Uomo.

La bellezza di quel panorama in cui l’occhio si perde per decine di km attraversando una valle verdissima che si sta asciugando poco a poco dopo mesi in cui è rimasta sommersa, e infatti ancora si vedono alcuni laghi residui, fino ad arrivare all’orizzonte.

Stavamo vedendo un bellissimo nulla fatto di verde, bush, rocce, pinnacoli di termiti, scie di fumo che si alzano dai luoghi dove gli aborigeni appiccano piccoli fuochi perchè le loro sei stagioni annuali sono scandite anche da questi riti, e poi l’azzurro intenso di un cielo che sembra sempre troppo vicino alle nostre teste (sensazione tipica nel continente australiano), il momento di iniziare la discesa è arrivato troppo presto…

Questo è forse lo stupore e, insieme, la meraviglia più grande. Esistono luoghi al mondo, dove non siamo arrivati, non abbiamo costruito, abbattuto, modificato, rovinato, programmato e inquinato. Non c’è prezzo per questo spettacolo, che ci resterà nel cuore come un tatuaggio indelebile per tutto il resto del viaggio… NOURLAGIE ROCK Per un’ora a piedi facciamo una bellissima passeggiata in cui possiamo vedere alcuni dei dipinti più belli della zona, si possono vedere disegni aborigeni sulla roccia raffiguranti scene di festa e animali, ritratti però come fossero ai raggi x , cioè potendone vedere l’interno. Nelle pitture di Nourlangie Rock si riconoscono stili differenti, infatti le più antiche risalgono a 20.000 anni fa e le più recenti a 20 anni fa.

YELLOW WATER COOINDA Ci siamo poi spostati ancora verso sud fino a raggiungere Cooinda per un escursione sullo Yellow Water, un fiume e navigando lungo il fiume si può di ammirare da vicino tutta la fauna, coccodrilli compresi, la flora che è esclusiva di questo continente. Questa è una delle più belle esperienze che si possono fare nel Kakadu N.P., scivolando attraverso la vegetazione della palude, nel silenzio del tramonto, interrotto solo dal fruscio dell’acqua e dal canto degli uccelli e scorgendo la natura che si riflette, in un’immagine limpida, sulla superficie dell’acqua si sente dentro un senso di grande quiete.

Katerine Gorge (29 – 30 maggio 2006) Il nostro viaggio è ripreso verso Katerine Gorge 285 Km più a sud, sono 13 gole scavate dal Katerine River chiuse da pareti rocciose frastagliate e a picco sull’acqua, separate l’una dall’altra da una serie di rapide. Anche qui abbiamo avvistato coccodrilli, nel nord dell’Australia ci sono due tipi di coccodrilli: i saltwater (di acqua salata e ritenuti pericolosi per l’uomo) e i freshwater (di acqua dolce e non pericolosi se non disturbati). Nel fiume Katherine vivono solo i freshwater crocodilles e infatti è consentita la balneazione.

Darwin (30 maggio – 01 giugno 2006) Il viaggio non è stato né lungo, 313 Km , né stancante, perciò usciamo per una bella passeggiata nella cittadina, molto piacevole, nonché piena di localetti e ristorantini: quasi quasi non ci dispiace un po’ di rumore umano.

I primi insediamenti a Darwin nacquero nel timore che i francesi e gli olandesi potessero conquistarsi una terra in Australia. Nel 1839 il porto fu scoperto da Lort Stokes, capitano della nave Beagle che lo aveva battezzato Port Darwin, in onore di un vecchio compagno di bordo, il naturalista Charles Darwin, la città cominciò a espandersi solo dopo il 1871, anno in cui fu scoperto l’oro a Pine Creek, posto circa 200 Km più a sud e nel quale abbiamo fatto una breve sosta con il nostro itinerario in auto.

Ma fu con la Seconda Guerra Mondiale che il nome di Darwin fu segnato nelle carte geografiche, poiché la città era un’importante base delle forze alleate per la difesa del Pacifico contro le forze Giapponesi.

Oggi le cose sono molto cambiate, la città è diventata un crogiolo di razze, sono presenti circa 60 gruppi etnici che convivono con un ottima tolleranza reciproca.

Nella nostra passeggiata, tra le altre cose abbiamo visto il Parlamento e un curioso monumento che ricorda la posa del cavo telegrafico sottomarino che collegò l’isola di Java in Indonesia con Adelaide, completando così l’Overland Telegraph e rendendo possibile la comunicazione istantanea fra l’Australia e la Gran Bretagna: W la comunicazione…Io ci credo molto! Darwin è molto verde, ci sono molti parchi ed una baia enorme, in realtà il mare di Darwin riserva una brutta sorpresa: qui da ottobre a maggio non si può fare il bagno, ed in effetti anche nel resto dell’anno è sconsigliato, per la presenza di tre pericoli: gli squali, i coccodrilli che infestano le coste e la presenza di un tipo di meduse tra le più velenose al mondo, le micidiali “Box Jellyfish” , meduse-cubo, di dimensioni ridotte, pochi centimetri, ma il cui contatto può essere letale (i più colpiti sono i pescatori di perle ed i sub).

Poi siamo andati al East Point Riserve, quando i wallaby escono allo scoperto e si può ammirare un romanticissimo tramonto sulla baia.

Qui vediamo anche molti aborigeni, nelle città stanno in strada senza fare nulla ed hanno un’aria assente ed annoiata, li vedi vagare per la città a piedi nudi, mezzi sbandati e ubriachi…Agli aborigeni manca un enzima nel sangue di conseguenza con poco, anzi pochissimo alcool si ubriacano… Dopo le inumane ingiustizie subite dall’uomo bianco anche gli aborigeni hanno conquistato il rispetto e la possibilità di vivere su questa terra, la loro terra! Ma di questo parleremo dopo…

Queesland Colonia penale del Nuovo Galles, divenne territorio a sè stante nel 1859 dopo che un folto gruppo di coloni si stanziò da queste parti dando vita a centri costieri e lasciando praticamente deserto il resto del vasto territorio. La situazione si presenta così ancora oggi, sulla costa si concentra il 65 % dell’intera popolazione dello stato. La costa si estende per 2000 km di belle spiagge con il mare impreziosito dalla Barriera Corallina più grande del mondo.

Cairns (01 giugno – 02 giugno 2006) A Cairns il mare praticamente non esiste, o meglio il mare c’è, ma la marea fa si che si ritiri fino a centinaia di metri dalla riva. Questo ha indotto a costruire un pezzo di spiaggia artificiale con una grossa piscina nel mezzo, la Lagoon, così viene chiamata.

Però Cairns è molto carina la sera, praticamente la cittadina più viva e vivace che abbiamo incontrato nel nostro itinerario.

Kuranda Non siamo stati a Kuranda, ma lo consigliamo, ci è infatti dispiaciuto molto, certo è meglio dire che il bello non è a kuranda ma il panorama che si vede dallo sky rail e dal trenino. Il treno risale addirittura al 1936 e per questo è assolutamente caratteristico, fatto per gli amanti del brivido.

Palm Cove Abbiamo pernottato a Palm Cove credendo che la spiaggia fosse la migliore della zona, ma non è affatto così, l’acqua non è bella e il paese non offre niente, non andateci! Cape Tribolation (02 giugno 2006) Cape Tribulation ovvero uno dei rarissimi luoghi al mondo in cui la foresta tropicale raggiunge direttamente la spiaggia…È una delle giornate più belle del nostro long trip australiano… Man mano che lasciamo le zone abitate, a sinistra si avvicinano scorci dell’oceano, mentre in tutte le altre direzioni, compreso sopra alla nostra testa, gli alberi crescono sempre di più…È inevitabile notare le spiagge lunghissime e deserte che incontriamo: non ci sono bagnanti, non ci sono stabilimenti, non ci sono rumori se non il vento e le onde. Ovunque, cartelli premurosi avvisano che la stagione non è buona per tuffarsi: queste acque limpide sono in realtà meta per diversi mesi all’anno di velenosissime jellyfish (meduse), il cui tocco è in parte contrastabile con l’aceto, presente in apposite cassette di sicurezza lungo tutte le spiagge che incontriamo!!! La strada prosegue più nell’interno e attraversiamo zone di campagna verdissima, con alberi di banano e coltivazioni di canna da zucchero ovunque…Sembra un po’ di vivere in “Uccelli di rovo” o in una puntata delle sorelle “Mc Leod”. Lungo i campi corre una strana ferrovia di ferro, con pochi carretti arrugginiti sopra: scopriamo che si usa solo per far transitare il raccolto da un centro all’altro. Qui, infatti, il solo collegamento con la città è la strada che stiamo seguendo che, ad un certo punto, si interrompe a causa di un largo fiume che è poi anche l’accesso alle zone più interne della foresta…Lo attraversiamo a bordo di una chiatta che funge da “ponte mobile” e in pochi minuti siamo sull’altra sponda, per il passaggio si paga una tassa statale.

Dopo qualche altro km immersi nel buio filtrato di luce degli alberi, raggiungiamo la Canapy Tower, un centro di informazioni sulla Daintree Forest estremamente interessante, che prevede diversi percorsi guidati e la “scalata” ad una torre di legno alta 25 m, da cui si può ammirare la vegetazione dalla sua sommità!!! Impariamo un sacco di cose sulla foresta e sugli animali che la popolano: ad esempio,ci spiegano che in questa area così poco estesa, ci sono migliaia di specie vegetali diverse, che lottano per raggiungere la luce del sole, anche crescendo addosso alle altre, come nel caso del fico strangolatore. E poi, lo sapevate che i pipistrelli sono fondamentali per la circolazione dei semi? Sono gli unici animali, infatti, a mangiare i frutti ed a “sputare” i relativi noccioli mentre sono in volo, permettendo così alle piante di riprodursi anche a molti km di distanza dall’albero-madre!!! E che i cassowary sono una specie di tacchini enormi selvatici e preistorici, con la testa rossa e blu, non proprio amichevoli se li incontri in giro di giorno? Bello anche il pranzo, sotto una tettoia, lungo un corso d’acqua, bistecche e barramundi al barbecue e dell’ottimo vino australiano! In questa oasi di pace, di silenzio, all’interno di una foresta che sembra volerti sommergere quando ci cammini dentro, che ti fa sentire minuscolo per quanto è maestosa, ti dimentichi completamente del tuo essere “cittadino”…

Woonoonooran (03 giugno 2006) Parla italiano…Si.I..I…I…I…Sergio…Ed è pure per la Fiorentina…Cosa vuoi di più dalla vita! (mio marito da buon Empolese non era molto contento per quest’ultima qualità!) La foresta pluviale di Woonoonooran è stupenda, straborda di vegetazione, liane, fiori e piante tropicali, ma non era al meglio il ciclone che è passato in aprile si è abbattuto proprio qui, comunque è stato interessante conoscere gli effetti di un ciclone, alberi abbattuti, tronchi avvitati, fusti scapati…

Alle Babinda Builders non abbiamo fatto il bagno troppo fredda l’acqua, ma le cascate sono incantevoli.

Il pranzo è a Innisfail, località famosa per le incursioni dei coccodrilli, per la canna da zucchero e di conseguenza per una consistente presenza di emigrati italiani.

Ci ha raccontato Sergio che gli italiani sono venuti lì per lavorare la canna da zucchero (il taglio è un lavoro durissimo) negli anni ’50 , ma poi pian piano sono diventati loro stessi proprietari delle piantagioni. Finita l’era della canna da zucchero, ci sono ancora molti campi, ma non c’è più un gran commercio, si sono rimessi in gioco nella ristorazione, con ottimi risultati, con loro anche molti greci.

Ancora Sergio ci spiegava che da queste parti ogni pozza d’acqua è potenzialmente pericolosa per la presenza di coccodrilli. Sebbene siano successe di rado, le aggressioni agli uomini ci sono state, perché qui quando i fiumi straripano, anche i coccodrilli vengono fuori e cercano qualsiasi pozza o stagno disponibile, anche le piscine delle case vanno bene!!! I coccodrilli sonnecchiano sott’acqua, ma non appena vedono un’ombra scattano e con le potentissime mascelle mirano alla gola o alla testa, dopo trascinano la preda in acqua (sia essa vacca, canguro, uomo o altro) la uccidono per annegamento e poi se la pappano con calma.

Great Coral Reef (04 giugno 2006) Partiamo per la barriera corallina, Frankland Island, in pulman da Cairns verso sud si raggiunge il Mulgrave River, che poi si percorre in catamarano fino ad arrivare al mare, da qui si raggiunge l’atollo Normandy, circondato da una bianchissima spiaggia e ricoperto da vegetazione tropicale. Il mare è molto bello anche il corallo ha dei bellissimi colori e i pesci delle forme stranissime, ma purtroppo l’acqua è ancora molto fredda e non ci permette lunghe permanenze in immersione.

Attenzione la protezione solare italiana non è come quella locale, qui le creme hanno un coefficiente protettivo superiore alle creme europee, poiché il buco dell’ozono è maggiore al di sopra del continente oceanico che nel resto del pianeta. Cairns – Darwin – Singapore – Francoforte – Firenze – Empoli – San Miniato (05 giugno – 06 giugno 2006) I popoli Aborigeni Come dicevo…Dopo le inumane ingiustizie subite dall’uomo bianco, gli aborigeni hanno conquistato il rispetto e la possibilità di vivere su questa terra, la loro terra: quando gli inglesi sbarcarono a Sydney, in Australia vi erano da 500.000 a 1 milione di aborigeni, ma i nuovi arrivati consideravano il continente in cui erano sbarcati terra di nessuno.

Agli uomini aborigeni furono strappate le terre, alle donne i figli, a molti la vita… Oggi il governo ha invertito la politica, molte terre sono state restituite agli aborigeni, che godono di un vitalizio e dei proventi delle produzioni d’arte aborigena antica e contemporanea del Paese australiano.

Una cosa è certa l’Australia non avrebbe una cultura e non avrebbe l’arte se non si servisse di quella aborigena.

A noi piace fantasticare su come sarebbe bello se gli aborigeni potessero ancor oggi condurre la loro vita nel bush, misurando le distanze coi loro canti e nascondendo nel terreno le uova piene d’acqua per ritrovarle in seguito…

Conclusioni Queste le cose che rimarranno sempre impresse nelle nostre retine:  i grandi spazi,  gli assordanti silenzi,  i coloratissimi uccelli,  passare da caldo a freddo a caldo: Firenze 25° – Sydney 10° – Ayers Rock 20° – Darwin 30° Non scorderò lo spumante trovato in camera per brindare…A noi e ai nostri progetti comuni e a questa terra che ci ha accolti, allegra, colorata, multirazziale, modernissima e cosa più bella assoggettata alla potentissima incontrollabile regina natura.

Nel tragitto abbiamo incontrato un gruppo di non so quante coppie in luna di miele che viaggiavano insieme in un organizzatissimo tour guidato, non entro in merito alle scelte altrui, ma per me è stato splendido vivere in due agli antipodi, arrangiarci come sempre di fronte agli imprevisti e spesso alle incomprensioni della lingua, prendere qualche sòla ma scoprire da soli i segreti di questa terra.

E’ bello vivere come loro, con loro, o almeno provarci perché sempre turisti siamo e l’impressione è sempre parziale, immergersi completamente nella loro realtà e discutere delle diversità e delle affinità con cui vediamo il nostro unico mondo… Un aborigeno cammina nel bush sterminato una visione che è mancata…

L’ Australia, infatti, non ci ha abituato a scene del genere, scene invece normali in Africa, la nostra amata Africa…Ecco cosa manca qui, manca il contatto con le popolazioni indigene nel loro ambiente naturale… Paola & Sandro



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