Il primo Kenya non si scorda mai
18-27 novembre 2008
Kenya... Non è facile iniziare un racconto di un viaggio che descriva quello che i nostri occhi hanno visto. Gli odori della gente, i colori dei paesaggi, i contrasti dei villaggi e le emozioni del cuore.
Una continua meraviglia che oggi ci manca tantissimo.
La voglia di scappare da un momento di stress ha portato me e...
18-27 novembre 2008 Kenya… Non è facile iniziare un racconto di un viaggio che descriva quello che i nostri occhi hanno visto. Gli odori della gente, i colori dei paesaggi, i contrasti dei villaggi e le emozioni del cuore. Una continua meraviglia che oggi ci manca tantissimo. La voglia di scappare da un momento di stress ha portato me e Davide, il mio dolce marito a cercare un posto dove andare per una settimana di vacanza. Il Kenya era stata solo una destinazione come un’altra tra le quali scegliere senza sapere cosa ci aspettasse una volta scesi dall’aereo. Ed eccoci all’aeroporto di Mombasa. L’impressione è stata di un posto molto semplice e familiare. Da brava programmatrice mi sono subito cambiata dei soldi e comprato una scheda telefonica evitando una prima fregatura proposta da un ragazzo lì fuori. Individuato il nostro referente, all’improvviso perdiamo di vista i nostri bagagli che partono con un tizio che ha l’aria di sapere bene dove portarli. Lo inseguiamo e capiamo subito che l’azione comportava una mancetta generosa per portarli fino al pulmino… Subito ci siamo fatti due risate nel vedere questi mezzi e il modo molto artigianale di caricare i bagagli (a spinta sul tetto del pulmino). Sulla strada verso Watamu siamo stati letteralmente scioccati dal paesaggio verdissimo che ci circondava e subito ho collegato i racconti che leggevo prima di partire, con ciò che si mostrava ai nostri occhi. Casette di terra con i tetti in paglia. Altra scena da ridere: sulla strada incontriamo dei lavori sulla carreggiata segnalati da sassi e rami di alberi. Comincia lo stupore per la semplicità delle cose che il nostro cuore inconsciamente sta registrando come all’inizio di un film. Arriviamo al Barracuda Inn. Confermo, niente di speciale ma si è rivelato la soluzione ideale per la nostra vacanza. Un hotel-villaggetto senza tante pretese, pochissima animazione (perfetto per noi), cibo discreto e davanti: una bellissima spiaggia. Un posto semplice a due passi dal “centro” di Watamu. Ma quello che voglio scrivere non è una cronologia degli eventi che ci sono successi. Voglio provare a trasmettere a chi legge anche solo un briciolo di ciò che il Kenya ha lasciato nel cuore a me e a Davide. So di non raccontare nulla di nuovo per chi c’è già stato. Per chi di voi non lo conosce ancora vorrei tanto riuscire a far crescere nello stomaco quella sensazione di voler già essere lì, vedere questa terra, mescolarsi alla gente e imparare a capirla. A noi si è rivelata come una scoperta che ancora ci emoziona quando la ricordiamo. Ma le parole non bastano a volte per descrivere ciò che si prova trovandosi nel regno degli animali. Sentirsi intrusi a casa loro, vedere la meraviglia della natura che ripropone ininterrottamente cartoline di paesaggi che gli occhi faticano a registrare. Il rosso della terra che corre verso un cielo azzurro dove le nuvole sembrano essere state dipinte di bianco. Ma girando lo sguardo ecco la vegetazione che si mescola agli animali o gli animali che si fondono con i colori della natura. Una vegetazione rigogliosa qualche albero che interrompe il bush ed ecco i rossi elefanti che sembrano quasi volersi mimetizzare con la terra della savana. L’emozione è così forte che fatico a trattenere le lacrime di fronte a questa meraviglia. Gli elefanti: la lentezza dei loro movimenti è contagiosa. Il tempo si ferma. Tenerezza e stupore nel vederli come delle grandi famiglie, dove ogni movimento ha una logica. Ma il safari è lungo e si prosegue senza nemmeno sapere cosa si vedrà, come o dove. Poi appaiono le zebre, le gazzelle, tante gazzelle eleganti e fragili, giraffe, antilopi e all’improvviso, in uno scenario che non potrò mai dimenticare vediamo in lontananza una scena indimenticabile. Regna un silenzio fatto di tanti fiati sospesi degli osservatori che ammirano la passeggiata di tre signore della savana. Tre leonesse camminano lentamente come tre amiche che sanno di non temere nulla. Vorrei fermare l’immagine lì, proprio in quel momento, ma loro proseguono il loro cammino e pole pole (piano piano) si perdono all’orizzonte, un orizzonte infinito. Non avevamo bisogno d’altro. Eravamo appagati. Soddisfatti di questa esperienza unica, rientriamo passando per strade di terra rossa dove una marea di bambini aspettavano ai lati della strada che da quei magici pulmini bianchi che trasportano i turisti cada qualcosa per loro, qualcosa che probabilmente avrebbe reso la loro giornata diversa dalle altre. Allora mi ricordo delle magliette che avevo portato e dei biscotti che avevo in borsa. Ma non erano abbastanza, ne servono di più, allora cerco nella borsa e ne trovo qualche altra, e poi mi tolgo la mia e la passo dal finestrino ad una ragazza… Poi mi arrendo e resto seduta a guardare fuori ancora tante mani che vorrebbero ricevere ma per le quali non posso fare niente. C’è silenzio anche in pulmino, forse non ci aspettavamo questo o forse questo è la normalità di questo paese, o di quella gente. La gente: neri e mulatti con lineamenti eleganti e dolcissimi. Volti sui quali risaltano i grandi occhi e immensi sorrisi. E’ questo che ci fa sentire i benvenuti. Piano piano ci abituiamo alla gente, al loro modo di tentare di rifilarti sempre qualcosa, impariamo a difenderci e a muoverci nel loro semplice mondo. Un mondo che alla fine ci piace, ce lo sentiamo addosso. Prima ci sorprendeva quel marasma di gente e capre in giro in ordine sparso e la polvere sporca per le strade, ora vorremmo essere lì e camminare tra loro con quella polvere tra i piedi.
Prima avevamo paura di vedere l’abbandono e i bambini malvestiti, ora sentiamo ancora vivo nel nostro cuore l’emozione che ci hanno regalato accogliendoci con le loro manine tese, riusciamo ancora a vedere tutti i loro volti che cantano felici, i loro corpicini che si muovono a ritmo di musica per dirci semplicemente: grazie! e sorpresi di vederci piangere con il sorriso stampato in faccia per un’emozione così forte, bella, semplice e spontanea. Ma siamo noi a ringraziarvi. Noi saremo stati tra i tanti turisti che passano a farvi visita e forse nelle vostre menti il ricordo di quel giorno è già passato, ma nei nostri cuori rimarrà indelebile. Grazie Dona!!! E’ pochissimo ciò che abbiamo visto, ma abbastanza per esserci entrato dentro. Questo paese si è rivelato come una meravigliosa scoperta fatta dei colori della savana, della magia degli animali, del mare, delle case di fango, dei bambini per le strade, dei volti della gente e dei forti colori dei loro vestiti, della povertà: questo è l’arcobaleno del Kenya.
Ringrazio anche il mio grande amore per essere stato il mio angelo, un perfetto compagno di viaggio, senza di lui questo viaggio non sarebbe stato lo stesso. Stefy