Il Postale dei Fiordi 2

A Capo Nord e nelle Lofoten
Scritto da: Nicola27
il postale dei fiordi 2
Partenza il: 05/07/2009
Ritorno il: 08/08/2009
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
Domenica 19 luglio (Rovaniemi, Sinetta – Capo Nord) Oggi è il gran giorno. Eppure un giorno che ci farà capire ancora di più che la meta è solo una scusa per il viaggio e che il viaggio è una sorpresa ogni giorno, che non conta la destinazione finale, ma conta semplicemente vivere la strada che si sta percorrendo. Colazione nella hall dell’albergo. Stanzone in legno vista lago. Aringhe, salmone, pesce fritto, marmellata di more artiche e altre prelibatezze. Capo Nord ci aspetta, ma lasciare questo posto non è facile. E non per le strade, ma perché qui lasciamo un pezzo di cuore. (Per una migliore descrizione del posto consiglio di leggere la parte di questo diario di viaggio riguardante la settimana di viaggio in Finlandia, Svezia e Danimarca) Per arrivare al confine con la Norvegia decido di provare una strada secondaria e non quella che da Rovaniemi porta a Inari. Da dove siamo noi toccherebbe tornare indietro di almeno 20km. Il pieno di benzina c’è e quindi niente di cui preoccuparsi. Nemmeno per il fondo stradale che da asfaltato diventa in terra battuta. È uno spettacolo. Nessuno buca e un paesaggio favoloso con un cielo che si fa sempre più basso mentre dintorno incrociamo sempre meno macchine e sempre più renne. Riusciamo a tenere una buona velocità di crociera e sembra di essere davvero in mezzo a un mare d’erba e di boschi. Arriviamo a Inari e ci fermiamo a curiosare dentro uno spaccio di caccia e pesca. C’è un cappellino che ricorda molto quello di Taddeo, il cacciatore di Bug’s Bunny. Intorno un lago e dopo Inari un bivio. A sinistra per la Norvegia e a destra verso la Russia che non dista molto da qui. Non abbiamo il passaporto e poi la nostra meta ci aspetta da troppo tempo. Facciamo benzina prima del confine (il consiglio non è di farla proprio sul confine dove è già più cara, ma ad Inari) perché d’ora in avanti sappiamo che la Norvegia ci costerà cara. Karasjok è la prima città che incontriamo. C’è lo strano parlamento del popolo Sami che assomiglia a una dello loro tende. Breve sosta e un attimo di smarrimento nel trovare la giusta strada. C’è uno strano cartello che indica la presenza di anomali domestici con due pecore disegnate. C’è anche il solito cartello con l’alce, ma ancora non ne abbiamo avvistati. Sono quasi le sei quando ci affacciamo finalmente sull’Atlantico. Il sole ancora ci accompagna, ma necessitiamo almeno di un golfino. Tende Sami sulla spiaggia e finalmente qualche indigeno con abiti tipici mentre più avanti banchini per turisti che vendono pelle di renna. Ancora un po’ di chilometri lungomare e avvistiamo dei filari di stoccafissi messi a seccare all’aria. Il mare è bello e non resisto. Ci fermiamo un po’ sulla spiaggia e io saggio la temperatura dell’acqua a piedi nudi. Freschina, ma un bagno si potrebbe tentare. Desisto e continuiamo. Foto di rito davanti al cartello che indica che stiamo entrando nel comune di Capo Nord. Qualche toscano ha scritto qualcosa a penna sotto. (Censura). C’è ancora il sole, ma mancano 80km alla meta e all’orizzonte compare qualche nuvoletta grigia. Capo Nord in realtà sta su un’isola, Mageroya, che è collegata alla terraferma da un tunnel sottomarino. È come scendere nelle viscere della terra con un Caronte che ti aspetta dall’altra parte per riscuotere il suo tributo. Primi soldini (corone) dei tanti che se ne andranno tra pedaggi e traghetti. Mi sento come alla fine di un viaggio, ma con una strada di ritorno lunghissima ad aspettarmi. Incrociamo diversi bus di persone che sono sbarcate sicuramente da qualche nave da crociera. Il sole si nasconde dietro delle nuvole nere che non promettono niente di buono. Il vento si fa gelido. È il momento di tirare fuori maglione e giacca a vento. Il termometro segna 8°. Le condizioni della strada sono buone e il paesaggio fuori e brullo e la vegetazione si fa sempre più bassa. Solo le renne resistono fuori. Nordkapp è a un passo, ma prima altro dazio per il parcheggio. Una pandina 4×4 con targa italiana mi fa sorridere. Parcheggio davanti al mare in questo enorme spiazzo con i bus a un lato e lo strapiombo dall’altro. Sono le 20.56 e fuori ci sono 6°. Da Firenze abbiamo percorso 5404km. È il quattordicesimo giorno di viaggio. Non so come era qui poco più di dieci anni fa senza il tunnel e senza tutta la struttura che ha bucato la roccia e che ora ingurgita turisti a tutto spiano. C’è un ristorante con vista sull’orizzonte e c’è perfino lo stappo dello champagne a mezzanotte. Tutto troppo turistico. Ammetto la mia delusione. Forse se ci fosse il sole non sarebbe così. Usciamo verso il famoso mappamondo. Tra noi e l’estremo nord solo il mare. Lo spazio tra il mare e il tetto del cielo sembra bassissimo, quasi lo si possa toccare con un dito. A un certo punto l’illusione del sole che sembra giocare a nascondino tra le nuvole. Una pioggerellina fina e gelida ci dà il colpo di grazia. Sapevo che qui i giorni di sole sono al massimo 15-16 nell’arco di un anno. Non è questo che mi disturba, ma il fatto che tutto mi appare come un parcheggio con piccolo centro commerciale annesso al confine del mondo. Vorrei essere più entusiasta, ma non ce la faccio. È mezzanotte e niente sole. Tutto comincia a svuotarsi nell’arco di poco tempo così come si è riempito. Sorrido perché comunque è valsa la pena arrivare fin qui. Sono le due di notte e sembra buio, ma non lo è. Stanotte dormiamo un po’ in auto e un po’ in tenda. Sapevo che sarebbe stata una lunga notte e non avevo fatto previsioni.

Lunedì 20 luglio (Capo Nord – Tromso)

Un caffè caldo è quel che ci vuole stamani. Per la prima e unica notte di questo viaggio abbiamo sofferto il freddo. Abbiamo dormito in auto lungo la costa, ma c’era veramente troppo vento per cui verso le cinque di mattina ci siamo spostati più verso l’interno dove abbiamo potuto aprire la nostra tenda. Fa freddo, ma almeno il sole ha rifatto capolino. Comincia la nostra lenta discesa della Norvegia e la nostra prima tappa di oggi è Alta. Qui ci sono delle incisioni rupestri di non so quanti anni fa. È difficile pensare a come facevano a proteggersi dal freddo a quei tempi. Il percorso all’aperto tra le rocce è molto interessante. Tra le tante immagini un primitivo con gli sci ai piedi, un orso e una donna che partorisce hanno colpito la mia curiosità. Insieme a un gatto norvegese dei giorni nostri che sonnecchia beato dentro la sua folta pelliccia. Al largo verso il mare sta piovendo, ma col sole lo spettacolo è stupendo e una porta arcobaleno si apre davanti a noi. Proseguiamo verso sud lungo la E6. Tromso ci aspetta per una sorpresa (anche se io so già qual è). I limiti di velocità sono bassi, ma per fortuna non come pensavo. Sto attento perché tutti i racconti di viaggio che ho letto narrano di une discreta severità da parte della polizia norvegese con multe salatissime che devono essere saldate sul posto (i poliziotti girano con il pos e non è una battuta). Abbiamo tempo per una piccola deviazione verso l’Oksfjord. Un lingua di ghiaccio a picco sul mare anche se dall’immagine che ci si para davanti è difficile pensare che si tratti di acqua salata. Sembra più un lago alpino eppure qui non siamo a tremila metri. Il colore dell’acqua col sole ha delle sfumature verdi favolose. Potremmo arrivare a destinazione seguendo sempre la strada principale, ma decidiamo di accorciare il tragitto prendendo dei piccoli traghetti in stile Caronte (i primi di una lunghissima serie). Arriviamo in città che i supermercati sono ancora aperti e facciamo un giro per curiosità e verificare che i prezzi qui sono realmente alti per tutto (si salva solo il reparto pescheria). Piccola scorta di aringhe e altre vivande. Qui esiste la Coop, ma non ha niente a che vedere con la nostra ed è, anzi tra le catene più care. Tromso ci dice poco: moderna e grande città sopra il circolo polare. La Cattedrale Artica la vediamo da fuori perché c’è un concerto. La nostra cena di stasera sarà una buonissima minestra di ceci. E ora non rimane che attendere. L’arrivo della sorpresa che ho fatto a Francesca. L’Hurtigruten passa sotto il ponte di ingresso al porto verso le undici di sera. Ci avviamo verso la banchina. Il postale dei fiordi. Quando ho scoperto che si poteva imbarcare l’auto sono andato in brodo di giuggiole. E il prezzo per una cabina con colazione se stai un po’ dietro alle offerte oppure se sei studente non è proibitivo. La nave si chiama Richard With e come tutti i postali le dimensioni sono ridotte rispetto ai tipici mastodonti da crociera e questo permette al postale di entrare anche nei fiordi più piccoli come il Trollfjord… Tromso – Svolvaer (nelle isole Lofoten) è il tratto che faremo. Lo sbarco è previsto per domani alle 18.30. È circa mezzanotte quando saliamo a bordo e prendiamo possesso delle nostre brande in cabina. Bagno, scrivania, letti: tutto pulito e perfetto. Mai sonno fu più meritato. Sono le una e mezzo di “notte” quando dagli oblò vediamo sfilare il porto di Tromso. Mi lascio andare, stanco, ma sereno tra le braccia di Morfeo.

Martedì 20 luglio (Sul postale dei fiordi)

Mai sonno fu più ristoratore. La cabina è molto silenziosa e le vibrazioni della nave arrivano ovattate. Per fortuna poi il mare è calmo. Saranno circa le nove quando ci avviamo verso la sala colazione. L’età media dei crocieristi è alta, ma c’è anche qualche nostro giovane coetaneo. Gli occhi mi si illuminano nel vedere tutto il ben di dio che sta nel buffet. In effetti più che una colazione questo è un brunch. Parto col salato: aringhe in tre diverse salse (la mia preferita è quella agrodolce con pepe e cipolla, ma ce n’è una con la senape non male), salmone, polpette, patate arrosto, scrumbled eggs, miniwurstel, pomodori, affettati e formaggi da accompagnare con degli ottimi panini al sesamo. Per dolce marmellate, crepes, frutta varia e una confettura di mirtilli rossi da favola. Credo di aver concesso fin oltre il bis. Memorabile anche se la qualità dell’hotel di Rovaniemi e quello di Werningerode dove ci ha portato Silvio sono ben superiori. Dopo la grande abbuffata torniamo in cabina per un’altra oretta e mezzo di sonno. Viaggiare è emozionante, ma giornate come quella di ieri con una dormita al freddo sono faticose e noi abbiamo bisogno di recuperare energie. Il postale prevede scali più o meno lunghi in diversi luoghi. Da nave piccola col tempo si è trasformata in crociera non perdendo però la sua vecchia vocazione. E infatti ad ogni scalo piccole quantità di merce vengono comunque movimentate sulle banchine. Per chi desidera sono previste escursioni a pagamento. Per noi già essere a bordo di questa nave è un’avventura. Sul ponte più alto, a prua, dietro una grande vetrata sull’oceano, ecco tanti dei nostri compagni di viaggio. Chi di vedetta col binocolo, chi con i ferri per la maglia. Un variegato intreccio di persone di diverse nazionalità anche se la maggior parte ci sembrano anglofoni. Velocemente arriva l’ora di pranzo, ma non la fame vista la nostra abbuffata di stamani. Alle tre la nave fa una sosta abbastanza lunga a Stokmarknes, penultima fermata del nostro tragitto. Decidiamo di scendere e fare un minimo di provviste. Per chi resta a lungo a bordo gli extra al bar sono molto cari e infatti c’è una bella fila di crocieristi al supermercato di questo piccolo paese. Noi aggiriamo il problema affollamento andando a scovare un altro minimarket appena girato l’angolo del porto. È importante sottolineare che qui i vuoti a rendere hanno un valore non da poco e valgono anche per le bottiglie di plastica. Ci sono delle macchine automatiche che mangiano le bottiglie rilasciando buoni sconto. Per quanto costa la vita quassù non è da sottovalutare. Risaliamo sul postale pronti ad affrontare la parte più bella della nostra “minicrociera”. Sole e Lofoten in vista: non si può chiedere di più. Usciamo fuori sul ponte di prua ben coperti per affrontare il vento. Le Lofoten pur essendo isole sono collegate sia alla terraferma che tra di loro da ponti e gallerie. Un ponte altissimo è proprio quello che segna il nostro ingresso nello stretto Raftsundet dove si trova anche il Trollfjord. Montagne verdi con qualche macchia bianca di neve qua e là e sotto spiagge dall’acqua verde e cristallina come fossimo in Sardegna. Non fosse per il freddo avrei tanto voglia di fare un bagno. Qualche scoglio pieno di vegetazione ed in mezzo un faro che spunta. Passiamo sotto il ponte. Tutti per un attimo col naso all’insù. Poi le pareti rocciose sembrano pian piano avvicinarsi alla nave. Quando meno ce l’aspettiamo la nave vira a dritta e si apre uno spettacolo incredibile. Ecco il Trollfjord, dove solo gli Hurtigruten ovvero i postali, per le loro “ridotte” dimensioni possono entrare. C’è chi nel frattempo è sceso su delle piccole barche di appoggio per un safari all’aquila di mare. Noi le vediamo anche da qui. C’è folla sulla prua, ma noi siamo in prima fila. La roccia si avvicina insieme a cascate e boschi verdi. Inimmaginabile spettacolo. Ci stiamo addentrando sempre più verso la fine di questo piccolo fiordo da sogno. E ora che davanti a noi c’è solo roccia? Ecco che la nave prende a girare su se stessa e la prua sembra quasi sfiorare gli scogli. Pensiamo quasi di allungare una mano per poterli toccare. È incredibile l’abilità del comandante. La parete rocciosa è uno strapiombo che deve continuare per molti metri anche sott’acqua altrimenti sarebbe impensabile avvicinarsi così tanto. Ci sono uomini dell’equipaggio sulla punta della prua a controllare la situazione perché veramente ci saranno solo al massimo tre metri a dividerci dalla roccia. Dall’acqua della cascata di fronte a noi arriva qualche spruzzo. Talmente vicini da sentirsi veramente un tutt’uno con il fiordo. La sensazione è particolare e riempie l’anima. Tratteniamo il respiro mentre la nave finisce il suo giro su se stessa per riprendere la rotta verso Svolvaer e uscire dal fiordo. La gente comincia a sfollare dalla prua e anche noi dopo quasi due ore rientriamo a rifocillarci un po’ in cabina cominciando a riprendere possesso delle nostre cose in attesa di scendere giù in garage dove anche la nostra auto si è potuta riposare un po’. Poco dopo le 18.30 con un lieve ritardo sbarchiamo a Svolvaer pronti a cercare una spiaggia dove piantare la tenda per la notte. La troviamo venti chilometri più avanti dopo Rorvik. Posto incantevole con sabbia bianca e mare cristallino. Peccato che siamo a nord del circolo polare.



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