Il paradiso di Bandos Island con Azemar
Non c’è che dire, è una bella levataccia alle 3:30 del mattino anche quando si è in vacanza! Chiudiamo le valigie definitivamente e andiamo alla reception insieme al resto del gruppo. Stavolta, al posto di un unico bus come all’andata, siamo divisi in tre pulmini che arrivano verso le quattro. Ci viene consegnato il fagotto con la colazione e prendiamo posto, cercando una posizione comoda nella speranza di fare un pisolino durante le lunghe ore che ci separano da Colombo. Speranza che viene presto vanificata dall’assurda guida del nostro autista, che nonostante le strada inizialmente poco trafficata (è ancora buio, non è spuntata neanche l’alba!) non risparmia la sua andatura sportiva tra brusche accelerate, frenate e sorpassi continui, su una strada ad una sola corsia per senso di marcia e in condizioni non certo eccellenti. Insieme a noi ci sono Luca, Marzia, Mauro. Gianfranco, davanti con l’autista, è l’unico che riesce clamorosamente a prender sonno nonostante veda la sua testa penzolare bruscamente da una parte all’altra. Comprendo che lui si è abituato ormai, a furia di fare questo tragitto tutte le settimane per andare a riportare i turisti all’aeroporto e a prelevare i nuovi arrivi da Milano. Il viaggio si trasforma così in una sorta di incubo, che dopo qualche ora sfocia in una sarcastica barzelletta, di quelle che diventano leggende da raccontare agli amici. Intanto alle 9:30, sfiniti, arriviamo allo shop dove ci eravamo fermati il primo giorno per dare un’occhiata ai prezzi. Ne approfittiamo per sentire i commenti degli altri elementi del gruppo, identici ai nostri: guida pessima senza alcuna motivazione e nausea a volontà! Compriamo le nostre ultime cartoline e francobolli, e ci sediamo fuori a scriverle mentre aspettiamo gli altri. Chissà perché, sono convinto che manchi ancora poco per l’aeroporto, essendo già entrati da un po’ nel centro abitato. Mi renderò presto conto invece che ci vogliono ancora più di tre ore! Tre ore imbottigliati in mezzo al traffico di Colombo, con un centro abitato che sembra dieci volte più esteso di quello di Bangkok e non finire mai, in un tragitto che tengo a descrivere nei minimi dettagli. Per iniziare “imbottigliati” non vuol dire fermi in coda come da noi in genere nelle grandi città. Si cammina quasi sempre ma a velocità ridotte e tra brusche frenate, spunti da formula uno e sorpassi comandati da continue invasioni di corsia (adesso la strada è larga, sono tre o quattro corsie per senso di marcia). Tutti si comportano allo stesso modo e cioè l’equivalente di anarchia totale! Si fa l’impossibile per superare l’auto di fronte e guadagnare due metri (appunto il tanto dell’auto visto il traffico!) e non c’è ragione alcuna, visto che dopo pochi secondi si è nuovamente superati a propria volta. Le prime cinque volte che abbiamo visto auto ma sopratutto bus o camion molto più grandi del nostro pulmino tagliare la corsia e buttarsi spericolatamente addosso a noi, abbiamo temuto veramente per la nostra incolumità. Poi, superate le dieci, abbiamo capito che la tensione cominciava a tramutarsi in sarcasmo ed era inutile impanicarsi. Del resto, Gianfranco là davanti è così tranquillo! Non so per quale incredibile miracolo (che non si chiama Xamamina) non mi sia sentito male: non mi è mai successo, per me che soffro ogni mezzo sulla terra, superare una cosa del genere. Credevo che Napoli fosse un macello: ridicolo. Persino in Thailandia credevo fosse un casino: bazzecole. In confronto allo Sri Lanka sono tutti autisti-modello. Ma parliamo per l’appunto dell’autista, perché lui è il pezzo forte, il protagonista numero uno! A parte il modo egregiamente personalizzato di cambiare le marce, soprattutto la seconda, che entra con un gesto plateale e buffo, la ciliegina sulla torta è l’uso spropositato e ossessivo del clacson. Un uso continuo, assillante, che dopo ore di tragitto provoca l’ilarità mia e di Mauro, che iniziamo a scambiare tremende battute. Ma perché suona? E quante mani ha l’autista? Sta sempre cambiando le marce e sempre suonando il clacson, e in più ovviamente guida il volante. E per non avere neanche un incidente è evidente che osserva in tempo reale tutti gli specchietti per evitare di lasciarci la fiancata con gli altri pazzi là fuori. Conclusione: è bravissimo! Non si spiega altrimenti, sta guidando così da sei ore, senza un attimo di respiro: è un robot costruito per guidare! Continuiamo per ore a ironizzare sull’utilizzo del clacson finchè, a mezzogiorno, arriviamo distrutti all’aeroporto di Colombo, dopo ben sette ore e mezza di viaggio. Gli altri componenti del gruppo non sono da meno, e sembra istintivo fare una piccola sincera preghiera di ringraziamento per essere arrivati sani e salvi e tutti interi. Un’esperienza traumatica e che lascerà il segno! Ma così come è pur vero che in un mondo di folli lo squilibrato è colui che ha il senno, mi rendo conto, riflettendoci, che probabilmente il rischio di incidentare è più basso di quel che sembra. Del resto, guidando così sono tutti abituati ad avere riflessi dieci volte più pronti dei nostri, e si aspettano che qualcuno venga addosso ad un altro in ogni momento. Ma vattelo a raccontare mentre la vivi in prima persona questa esperienza per sette ore! Comunque, stiamo per salutare lo Sri Lanka e raggiungere le Maldive. Sbrighiamo le comuni formalità all’aeroporto e attendiamo il volo per Male, che è in ritardo. Decolliamo alle 15:30 e atterriamo alle Maldive (non nell’isola di Male ma in un’isoletta a fianco adibita esclusivamente ad aeroporto) dopo un’ora di viaggio. Sono comunque sempre magicamente le 15:30, visto che c’è un fuso orario in meno di differenza tra i due paesi! Ci rendiamo presto conto, dalle prime formalità in aeroporto e dalla gente che ci circonda, di essere in un altro pianeta. Qui relax e tranquillità sono parole dal significato sacro e vengono prese molto sul serio! Avere fretta sembra proibito e tutti hanno un’aria così rilassata e tranquilla, perciò dobbiamo adeguarci e iniziare il nostro soggiorno compilando un bel modulo di ingresso col sorriso stampato in faccia. Al ritiro dei bagagli pensiamo subito di cambiare 50 euro nella moneta locale: siamo passati dalle rupie singalesi alle rufye maldiviane. Non dovrebbe servire una grossa cifra, dal momento che nel resort viene addebitato tutto sul conto della stanza e le rufye le utilizzeremo solo nella capitale Male, dove siamo intenzionati a fare una gita per visitarla. Usciamo all’aperto dirigendoci verso il banco dell’Azemar, dove conosciamo il nostro nuovo accompagnatore – punto di riferimento, un ragazzo giovanissimo di nome Loris. Consegnamo a lui biglietti e voucher e attendiamo l’arrivo dell’imbarcazione veloce che porterà al nostro paradiso: Bandos Island. Anche l’equipaggio evidentemente se la prende con calma e così aspettiamo una bella mezz’ora sul molo… eh bisogna abituarsi, avevo già sentito che i ritmi qua sono molto più lenti delle corse del quotidiano stress… Arrivata la speed boat, vengono caricate le nostre valigie e ci aiutano gentilmente a salire. Noi rimaniamo fuori sul ponte a goderci lo spettacolo del muro di schiuma che la potente imbarcazione, a tutta velocità, scolpisce nell’Oceano Indiano. I primi minuti di traversata scorgiamo subito a breve distanza la capitale Male con i suoi grattaceli. Noi andiamo in direzione opposta verso Nord, e dopo solo venti minuti vediamo il nostro paradiso avvicinarsi: sulla destra passiamo Kuda Bandos, una piccola isola disabitata visitabile con un traghetto giornaliero a solo pochi minuti (praticamente di fronte) a Bandos Island. In realtà Bandos non è il nome dell’isola ma del resort: come spesso avviene qui alle Maldive però è più facile identificare l’isola stessa col resort, visto che quest’ultimo ne ha la totale gestione e controllo.
L’attracco al piccolo molo in legno, dove sostano appena altre 2 barche, è spettacolare. Il colore turchese e la trasparenza dell’acqua sono bellissimi: finalmente, per la prima volta da quando viaggio, trovo un mare degno rivale di quello in Sardegna. Scendiamo sul molo di forma circolare dove, guardando al centro nell’acqua, si ammira un grandioso spettacolo di centinaia di pesci che girano a vuoto per tutto il perimetro del molo stesso, probabilmente abituati ad aspettare qualcosa da mangiare dai turisti.
La passerella in legno conduce direttamente alla reception e subito sulla destra veniamo condotti al Sand Bar, dove attendiamo per un’ulteriore mezz’ora che ci assegnino il numero della camera con le chiavi. Sono arrivati insieme a noi parecchi turisti e si crea un po’ di folla e confusione. Noi del gruppo Azemar sediamo tutti sullo stesso tavolo, e siamo rimasti solo in sei (io, Stefania, Ambrogio e Gabriella, Patrizia e Doriana) visto che non tutti hanno scelto l’estensione dallo Sri Lanka alle Maldive. Ci offrono un dissetante e gustosissimo cocktail durante l’attesa e Loris ci illumina facendo presente che, una volta superato il caos iniziale, sarà tutto esageratamente rilassante, anche troppo! Un’altra cosa che viene subito chiarita è che la mancia al facchino che porta le valigie in stanza è obbligatoria e ammonta a 11 euro, e non c’è modo di portarsela mica da soli! Una volta in possesso delle chiavi, Loris ci lascia e dà appuntamento alle 18:30 nella sala ricevimento per spiegare come funzionano i servizi a Bandos e che cosa possiamo e non possiamo fare. Ci avviamo dunque ai nostri alloggi. La stanza di Gabriella e Ambrogio è lontana dalla nostra, sulla destra della reception. La nostra invece, la numero 133, è vicino a quella di Patrizia e Doriana, sulla sinistra. “Benvenuti in paradiso” mi viene subito da pensare. C’è davvero poco da sbagliare e da perdersi: esiste una sola strada che fa il giro di tutta l’isola in venti minuti e qualche deviazione per tagliare in mezzo! Più che una strada in realtà è un viale alberato, estremamente curato nei minimi particolari e pulitissimo: ovunque spazi lo sguardo non si vede una sola carta di caramella per terra (tanto per fare un esempio stupido). Sulla destra ci sono i bungalow, sistemati a schiera, bianchi con giardinetto di fronte, molto carini e dall’aspetto moderno. Sulla sinistra invece ci sono la spiaggia, gli sdraio e l’oceano, che si scorgono oltre la splendida vegetazione di palme e fauna varia tipica dei tropici. In tutto tra i bungalow e il mare ci saranno venti metri, bellissimo! Tutto questo appare ai nostri occhi come una meraviglia assoluta: è veramente un paradiso perfetto!? Mentre mi guardo intorno, penso alle letture della Lonely Planet ed ai particolari che mi avevano colpito molto sulla politica del turismo adottata da queste parti, che ora posso riscontrare pienamente davanti a i miei occhi. Tanto per citare il primo, mi accorgo che tutte le costruzioni stabili non sono davvero più alte della vegetazione circostante, che è la regola numero uno alle Maldive per rispettare l’impatto ambientale e visivo. In questa maniera, le strutture artificiali rimangono “naturalmente” nascoste nella vegetazione e da una visuale aerea poco visibili, considerando anche che non si può superare una certa superficie di costruzione per ogni isola la quale resta, quindi, sempre ricoperta per la maggior parte del territorio dal verde tropicale. Le Maldive sono dagli anni settanta un vero esempio da imitare per l’intero pianeta e non a caso sono state varie volte premiate per l’equilibrio raggiunto nel rispetto ambientale. Nel corso degli anni in realtà qualche pecca è iniziata a saltare fuori ed il sistema che prima pareva perfetto ora non lo è più. Resta il fatto che comunque è anni luce avanti rispetto a politiche adottate in altre località turistiche fra cui, per prima, la mia Sardegna. Cito ancora, per esempio, il fatto che ogni resort sia pienamente responsabile della propria isola che gli viene data in gestione, e che quindi abbia un interesse diretto nel tenerla in condizioni ottimali per attirare il turista a tornare; oppure al fatto che tutti i rifiuti debbano essere smaltiti all’interno dell’isola e che la corrente elettrica e l’acqua vengano ricavati in loco tramite generatori e dissalatori, che risiedono al centro e quindi, anche se un po’ rumorosi, non percettibili dai bungalow dei clienti. Arriviamo nella nostra stanza e anche qui davvero nulla da dire: carina, pulita, non grandissima ma con spazio sufficiente per lasciare le valigie per aria, un bel letto matrimoniale con lenzuola decorate per il benvenuto con i fiorellini freschi, un tavolino, comode sedie in legno, il guardaroba, lo specchio, il bagno più che discreto, perfino l’utilissima cassaforte con il codice da impostare a scelta del cliente e, ovviamente, l’aria condizionata. Una grande vetrata con tenda dà la luce a tutta la stanza. Fuori, all’ingresso, abbiamo una veranda con due sdrai, due teli da mare, un appendino per stendere i panni e tanto di ecchio d’acqua per lavarsi i piedi insabbiati prima di entrare! Bussano i facchini con le nostre valigie e lasciamo loro la mancia, dopodiché ci cambiamo in un istante e usciamo verso la spiaggia a fare il nostro primo bagno. Siamo giusto in tempo anche per guardare lo spettacolare tramonto che giunge alle 18:00 in punto, con il sole che scende rapidamente sotto l’oceano, sulla nostra destra. Di fronte all’orizzonte scorgiamo addirittura i grattacieli di Male mentre alla nostra sinistra si vede benissimo Kuda Bandos. Il panorama è magnifico e intorno c’è una tranquillità e una pace solenni. La temperatura dell’aria è perfetta e dell’acqua pure, non meno di 26 gradi: quasi non si sente differenza entrando a fare il bagno o meno, una sensazione che qui in Sardegna proprio non conosciamo poiché, se non in qualche rara giornata di agosto, la temperatura dell’acqua è sempre abbastanza più fredda dell’esterno. Anche la sabbia è bellissima, bianca e fine, e intorno è pieno di palme e vegetazione che si spingono sino in mare.
Torniamo in pochi metri al nostro bungalow ad asciugarci e ripercorriamo il viale verso la reception per incontrare Loris. C’è un bel po’ di gente e ne approfittiamo per un altro dissetante cocktail. Nel frattempo ci vengono spiegati i particolari della vita qui a Bandos, di cui ne riporto alcuni che ritengo più importanti: – nell’isola non esiste praticamente moneta, tutto ciò che viene speso è messo in conto alla stanza e si paga al chek-out; – la pensione completa include tutti i pasti (tre al giorno: colazione, pranzo e cena) esclusivamente al Gallery Restaurant, il più grande fra i tre ristoranti dell’isola, che serve a buffet senza limitazioni, tranne che per le bevande. Si può prendere una bibita a pasto a testa o una bottiglia di acqua da un litro e mezzo a coppia. Gli alcolici e quello che va oltre la prima bevanda si paga. Gli altri ristoranti servono a menù; – Il Sand Bar è il luogo principale di incontro per la vita notturna, che ovviamente in un’isola come questa non offre granchè svago (e preferisco di gran lunga che sia così). Si beve qualche cocktail, si balla con la musica e una volta a settimana viene un gruppo dal vivo a suonare; – Per fare il bagno bisogna stare attenti a non farsi male contro la barriera corallina, cosa molto comune per i più sprovveduti, che risulta estremamente tagliente provoca allergie alla pelle. Conviene sempre guardare bene dove si mettono i piedi in acqua e non tentare mai di attraversare la barriera per andare dove non si tocca, se non sfruttando gli appositi “passaggi” che sono tre in tutta l’isola: uno di fronte al diving center, uno di fronte alla camera 191 e uno sul fianco del porticciolo per l’attracco delle barche. Per i più esperti e se il mare è calmo, durante l’alta marea, che coincide con le prime ore del mattino, si può riuscire a “passare” sfiorando con la pancia la barriera corallina anche da qualche altra parte. La visibilità sott’acqua non è ottimale come in altri periodi, poiché ottobre coincide con il periodo di riproduzione del plancton che crea un bianco pulviscolo, ma allo stesso tempo, proprio per l’abbondanza di quest’ultimo, è il periodo migliore per vedere una notevole quantità di pesci grossi che si avvicinano alla barriera per nutrirsi; – E’ vietato, come scritto anche nel menù del ristorante, dare da mangiare ai pesci, nel rispetto dell’equilibrio ambientale; – Le stanze vengono pulite tutte le mattine, lasciando l’apposito cartello fuori dalla porta, e vengono cambiati i teli da mare; – Alla fine del soggiorno si lascia la mancia all’addetto alle pulizie della propria stanza, che è sempre la stessa persona, così come sempre lo stesso è il cameriere che servirà al nostro tavolo. Anche a lui spetta la mancia obbligatoria. Le altre mance non sono obbligatorie ma come sempre ben accette, considerato che lo stipendio del personale è basso e che loro vivono soprattutto di questo; – Al Diving Center di possono prenotare immersioni e corsi di ogni genere e livello, intorno a Bandos o anche molto più lontano, e affittare attrezzatura per snorkelling se non la si possiede a 8 euro al giorno. Meno male che noi ce la siamo portata, la Lonely Planet ha consigliato bene! Per i più avversi all’acqua che non vogliono comunque perdersi lo spettacolo dei pesci tropicali, c’è la possibilità di usare la Glass-boat, la barca con il vetro sottostante che fa il giro dell’isola e permette di vedere il fondo marino. Per qualsiasi problema c’è il centro medico specializzato, uno dei più importanti di tutte le Maldive; vengono infatti qui anche dalle altre isole a portare pazienti! – Ci sono diverse attività e servizi usufruibili a pagamento all’interno dell’isola, come la palestra, l’affitto di canoe, il mini-club completo di tutto per lasciare i bambini, il centro massaggi, la moschea e un internet-point per mandare email. Cosa decisamente e onestamente consigliata anche da Loris, visto che una telefonata dalla camera costa un occhio della testa! Non possono mancare ovviamente anche i negozi dove lasciare lo stipendio in gioielli e souvenir vari; – Un altro aspetto importante sono le gite. Ce ne sono di vario genere e sono tutte disponibili vicino alla reception. I vari cartelloni esposti ne spiegano la tipologia e il prezzo; per prenotarsi basta inserire il proprio nome nella lista entro la notte prima del giorno della gita stessa; – Infine, ma non meno importante, c’è Loris pronto e disponibile qualunque cosa ci serva: è reperibile un po’ ovunque in giro per l’isola o ai pasti. Dopo tutte queste fondamentali spiegazioni, diamo appuntamento ai nostri compagni Azemar alle 19:30 per la cena al Gallery Restaurant dove io e Stefania arriviamo, tanto per cambiare, ultimi. La sala è grande e spaziosa, ci sono parecchi posti ma sembra piena solo a metà. Ci sistemiamo tutti e sei nello stesso tavolo in cerchio, aspettiamo il cameriere per ordinate da bere e poi ci buttiamo sul buffet. Immenso, succulento, mitico! Avevo letto vari commenti dal forum di Bandos (www.Bandos.Com) sul fatto che si mangia benissimo, e confermo pienamente questa opinione. Un lungo bancone attraversa tutta la stanza e, non bastando, c’è persino un tavolo al centro con tutti i dolci, la frutta e le torte più succulente che si possano immaginare. Nel bancone invece, da sinistra verso destra, si trovano le verdure e insalate miste, poi i pasti caldi con pietanze diverse per ogni giorno, che vanno dalla pasta al pesce (soprattutto tonno, squisito, in tutti i modi cucinabili), e piatti internazionali di diverse culture tra cui quella giapponese-cinese. Essendoci molti clienti giapponesi a vista d’occhio, presumo che le pietanze siano fatte anche tenendo conto di questo fattore (giustamente). Inutile aggiungere che la cena è del tutto soddisfacente, anche troppo: qua si rischia seriamente di metter su peso! Dopo cena approfittiamo per fare una doverosa esplorazione dell’isola, seguendo il vialetto che ne percorre il periplo. L’isola è bellissima e ricca di angoli davvero indimenticabili per chi, come noi, viene a visitare le Maldive per la prima volta. Ma persino Ambrogio e Gabriella, che sono veterani essendoci stati già tre volte in altri resort, confermano che Bandos ha delle caratteristiche uniche nel suo genere: è più grande delle altre e si mangia divinamente. Ci sono diverse tipologie di bungalow, alcuni più rustici e datati, altri più nuovi, ma tutti molto carini, col giardinetto davanti, il sentierino con le pietre per arrivare alla spiaggia, la vegetazione e i fiori curati circostanti. Pur essendo di notte il viale è ben illuminato e si notano molte stupende sfumature del luogo. C’è un silenzio intorno poderoso, intervallato solo da tutto ciò che vive naturale nell’isola, come i grilli, lo scroscio delle foglie degli alberi al vento, il frangersi delle piccole onde dell’oceano sulla spiaggia. Il tutto rende l’atmosfera assolutamente magica e carica di emozioni, considerato anche che la presenza umana sembra essere minima e quella che si percepisce non disturba affatto. Come dicevo prima, il relax e la pace qui sono considerati seriamente. Mi accorgo inoltre di un altro degli aspetti più interessanti e apprezzabili dell’isola: non esistono né mosche né zanzare né insetti strani! Questo è un altro fattore essenziale per poter definire un paradiso! Ci sono però enormi pipistrelli, ma quelli tanto volano alti tra le palme… In poco più di venti minuti compiamo l’intero periplo di Bandos, per niente noioso e anzi abbastanza variegato nei panorami. Così sono dunque fatte le Maldive, ci aspetta una settimana indimenticabile. Prima di andare a dormire non resta che dare appuntamento ad Ambrogio, Gabriella, Patrizia e Doriana per domani mattina al Gallery Restaurant.
30/10/2003 – Il primo impatto nel reef dell’isola di Bandos Ci svegliamo con calma alle 9:00 e andiamo a fare colazione al Gallery Restaurant. Incontriamo i nostri compagni già intenti nel servirsi a buffet tra le più disparate scelte disponibili. Io mi butto su un buon succo di frutta (mai ottimo però come quello thailandese!) e il classico toast con burro e marmellata. Poi assaggio una pasta molto simile alle nostre, che ho già avuto modo di provare nello Sri Lanka. Diamo un appuntamento ad un’ora imprecisata di fronte al diving, per avere un punto di ritrovo comune.
Dopo una mezz’ora circa eccoci tutti sbragati in spiaggia a prendere il sole. E’ una bella giornata limpida e i colori sono spettacolari. La sabbia è accecante per il suo colore bianchissimo, il cielo di un azzurro intenso e il mare, anzi l’oceano, diviso in due tonalità di blu. E’ la prima volta che vedo finalmente la barriera corallina così marcata: colore chiaro e trasparente per i primi 40-50 metri dalla riva e poi via col blu profondo dove si inabissa il reef.
Il diving centre è già di per sé una struttura originale, con quel tetto spiovente in paglia e il palco sopraelevato dove ci sono diversi tavolini per ristorarsi. Gli sdraio, qua come in tutta l’isola, sono assolutamente liberi e non assegnati o riservati al cliente. Ne prendiamo uno qualunque e lo posizioniamo di fronte al mare per prendere un po’ di sole, con la dovuta crema protettiva anti ustioni. Qua il sole picchia di brutto e c’è persino gente che si fa il bagno con la maglietta addosso per lasciare coperta la schiena durante lo snorkelling. Non sembrano esserci molti turisti, siamo all’opposto del concetto di calca e folla tipici per esempio di una spiaggia da noi in Sardegna ad agosto o, peggio ancora, per eccellenza dell’immagine di quella di Rimini. Non ci sono neanche ombrelloni perché per il fresco ci si ripara sotto le palme, così come pure sono assenti i teli da mare per terra, visto che quasi tutti usano gli sdraio. Eppure, ci ha riferito il cameriere, il resort è pieno di clienti al 98%, con 420 persone circa e altre più di 400 di personale, di cui 25 sono i cuochi! Una proporzione impressionante: c’è una persona che lavora per ogni cliente dell’isola. E dove sono tutti? Facendo con Ambrogio un calcolo approssimativo sul perimetro dell’isola ed il numero dei turisti, scopriamo che ne vengono fuori 40 metri di spiaggia a testa: anche questo un dato clamoroso! Se tutti fossero disposti in modo eguale, avrei 40 metri di spiaggia tutti per me prima di incontrare un’altra persona: ecco perché sembra non esserci nessuno! Come conseguenza si ha la percezione, ovunque si guardi intorno, di un senso di pace e di libertà che si trasforma in relax e che rende tanto famose queste isole: adesso lo sento dentro di me! Il pensiero di stare qui una settimana e annoiarmi, che mi aveva sfiorato prima di partire, svanisce di fronte a questa intensa sensazione di trovarsi realmente in un luogo paradisiaco, per la maggior parte naturale e per un pochino aiutato e amplificato dall’uomo, che ne ha aggiunto le comodità per goderlo.
Adesso manca solo un dettaglio fondamentale da scoprire: esplorare la barriera corallina con i suoi pesci meravigliosi! Ambrogio e Gabriella, che sono i più esperti e appassionati, indossano per primi maschera e pinne e si lanciano all’avventura, seguendo il passaggio ben visibile ad occhio nudo che porta dal diving oltre la barriera, di cui ha accennato ieri Loris. Poco dopo li seguiamo anche io e Ste, immergendoci nell’acqua calma dalla gradevole temperatura ambiente. L’impatto è sconvolgente dal primo momento in cui il vetro della maschera apre le porte al mondo sommerso. Già nell’acqua di pochi centimetri una gran quantità di pesci di vario genere scorrazza allegramente tra le strane e intricate forme della barriera, dalla quale ci guardiamo bene di non toccare. Ci infiliamo nel passaggio, caratterizzato da una pozza che si apre all’improvviso per un paio di metri, poi l’acqua ritorna bassa e infine, eccolo là, quello di cui avevo tanto sentito parlare e mi incuriosiva da morire: il reef, lo strapiombo verticale che sprofonda negli abissi dell’oceano! Impossibile descriverne l’emozione, fortissima anche per uno come me che, pur non avendone mai vista una, pratica usualmente snorkelling nei meravigliosi mari della Sardegna. Per Stefania, che è meno esperta di me, è uno shock totale! La sensazione improvvisa di passare da pochi centimetri d’acqua a non vederne più il fondo, in una parete dai colori vivaci che sfuma nel blu più profondo che pare ingoiare tutto, è pura adrenalina. Queste sono le cose su cui si concentra l’attenzione per i primi minuti, poi arriva il secondo shock: quello dei pesci! Una quantità sterminata, un numero infinito di pesci tropicali di varie specie che nuotano indifferenti alla nostra presenza. Pur rimanendo fermi, ne arrivano da ogni parte perché i passaggi che oltrepassano la barriera non sono utilizzati solo dall’uomo, ma anche da loro. L’ingresso di fronte al diving diventa così un punto di incontro di migliaia e migliaia di animali marini dai colori e forme più disparati, osservabili nella loro attività dagli esterrefatti occhi dell’intruso umano. Ci vorrà poco per farmi capire che il paradiso percepito sull’isola maldiviana in realtà è niente in confronto a quello che si vive qua sotto, dove la natura, come ripetono sempre i documentari, ha messo in vita e creato il più complesso eco-sistema, colorato quanto delicato, del pianeta. Non mi riferisco esclusivamente alle Maldive ovviamente, ma alla barriera corallina in generale. Il nostro primo snorkelling termina nello totale stupore di queste emozioni, e non passa molto tempo prima di fare il secondo. Dopo tanta vita e colori, stare sdraiati al sole sembra uno spreco di tempo. Così rientriamo nuovamente, stavolta più alla nostra destra, percorrendo un breve tratto di spiaggia in senso orario e arrivando all’altro passaggio, quello di fronte alla camera 191. I passaggi si distinguono facilmente anche dalla superficie e in ogni caso, una volta in acqua, dalla boa che giace al largo, a cui è collegata una lunga corda che usano i subacquei al rientro dalle immersioni per tornare a riva senza essere sballottati dalle bombole nell’acqua poco profonda, oppure in caso di mare mosso. Anche qui eccitazione ed emozione si fondono nell’adrenalina di osservare tanta meraviglia. Tra tutti i pesci tropicali, di cui sono totalmente a digiuno essendo per me la prima esperienza, ne inizio a distinguere alcuni osservati sulla Lonely Planet come: il pesce imperatore; il pesce pappagallo, così buffo nel suo becco e così bello nei colori della sua livrea; diversi calamari (beh ci sono anche in Sardegna questi!); alcuni pesce palla di diverso colore; una miriade di banner fish, di cui non so la traduzione in italiano.
La mattinata si conclude con un altro po’ di sole ma il tempo inizia presto a guastarsi. Alle 13:30 ci ritroviamo al Gallery Restaurant per il pranzo, alquanto succulento e meritato dopo tali nuotate e consumo di energie. Il pomeriggio spediamo un’email a casa dall’Internet Point, dove ci accoglie una graziosa ragazza con un vestito che pare un kimono, così gentile da offrirci gratis questo primo collegamento di pochi minuti. Poi torniamo in spiaggia, stavolta vicino alla nostra camera, dove ne approfittiamo per mettere a segno un altro snorkelling spettacolare e fare una bella passeggiata sulla spiaggia. Quest’ultima è a tratti ricoperta interamente di vegetazione, soprattutto durante la sera con la bassa marea, per cui si è costretti a passeggiare nell’acqua bassa per qualche metro e superare l’ostacolo. Allo stesso tempo, questa invasione di palme basse e vegetazione permette una più “intima” privacy, poiché divide la spiaggia in più parti creando a volte delle vere e proprie piccole calette suggestive. Ciò non si nota vedendo Bandos dall’alto, come tante altre isole delle Maldive, perché sembra che una lunga unica lingua di sabbia ne compia il periplo da parte a parte. Invece non è così, ed è ancora meglio. La sera passa veloce e alle 19:30 siamo già nuovamente al Gallery Retaurant con un buco nello stomaco pronti per la cena. Passando per la reception, vediamo i menù esposti con i prezzi in dollari (qui è tutto espresso nella moneta americana anche se i turisti sono al 90% europei): ben 20 per il pranzo e 25 per la cena, meno male che noi abbiamo la pensione completa!. Dopo cena facciamo una passeggiata tra il negozietto di souvenir, che espone cose molto carine e artigianali, e poi andiamo a bere un cocktail con Patrizia e Doriana al Sand Bar. Stasera è proprio il giorno della settimana che c’è musica dal vivo. Il gruppo locale è molto bravo ma canta canzoni famose e moderne da ballare, non musica tipicamente maldiviana. Subito dopo passeggiamo un po’ anche per il molo nella passerella in legno appena illuminata, affacciandoci verso il basso dove tutti i turisti guardano l’impressionante quantità di pesci che circolano in tondo a vuoto. E’ bellissimo soffermarsi qualche minuto a guardarli, l’atmosfera intorno è così tranquilla. Dopo un po’, quasi per caso, si scorge un enorme sagoma longilinea che attraversa gli altri pesci: è uno squalo! In pochi secondi ci passa sotto i piedi e svanisce nel buio regalandoci una grande emozione: chissà se riusciremo a vederlo nei nostri snorkelling! 31/10/2003 – Snorkelling e spiaggia Mi sveglio diverse volte durante la notte, ad iniziare dalle 4 del mattino, per via della pioggia a dirotto: non si preannuncia affatto una bella giornata! Alle 8:30 andiamo a fare colazione con i nostri compagni, e aspettiamo nella speranza che esca un po’ di sole. Purtroppo niente da fare, così anziché andare in spiaggia ci accontentiamo di fare un giro dell’isola nei soliti venti minuti. Ci fermiamo un po’ a metà mattina nella stanza di Ambrogio e Gabriella, la numero 277: è una vera suite! E’ molto più grande della nostra, ha un soggiorno, una camera grandissima e un bagno favoloso. Non capiamo il perché di tanta fortuna, avendo preso il nostro stesso pacchetto viaggio, ma il sospetto è che sia nel fatto che loro hanno detto che festeggiavano i 50 anni di matrimonio e, avendo una stanza del genere libera, probabilmente sono stati così gentili da mettergliela a disposizione! Comodi nel divano, Ambrogio e Gabriella raccontano le loro precedenti volte alle Maldive. La prima, negli anni settanta, giunsero qui che stavano appena iniziando a creare questo tipo di turismo “esclusivo”. L’aeroporto era una minuscola pista di terra battuta e per andare alle isole si facevano ore e ore di barca. Adesso si vedono passare spesso gli idrovolanti per i tragitti più lunghi. Inoltre, ovviamente, c’erano pochi comfort e i resort erano più spartani, con dei bungalow più simili a delle capanne che non a degli appartamenti come oggi. Era il vero turismo alla Robinson Crusoe: avventuroso, intenso, un po’ selvaggio. E soprattutto, la barriera era davvero una meraviglia nei suoi colori. Ambrogio rimane alquanto deluso da quella vista oggi, in gran parte morta e grigia. Purtroppo, come ci ha spiegato Loris, il fenomeno di imbianchimento dei coralli è stato provocato non tanto dall’uomo quanto da El Nino, passato qualche anno fa, alzando la temperatura dell’oceano di qualche grado e provocandone la moria. Trovo riscontro in questo anche nella Lonely Planet, che puntualizza appunto sul delicatissimo equilibrio esistente tra i polipi e le alghe di cui si nutrono. L’alzarsi della temperatura fa scomparire le alghe che sono il principale elemento nutritivo dei polipi, i quali ne risentono di conseguenza. Ci sono in ogni caso, comunque evidenti, anche i segni di distruzione dell’uomo, per quanto riguarda numerosi coralli spezzati e rovinati da scellerati e sprovveduti. Facendo dunque un confronto, Ambrogio ci confida che per quanto riguarda i coralli il Mar Rosso è rimasto pressoché intatto nella zona a Sud di Hurgada e regala ancora uno spettacolo unico nei suoi colori. Per quanto riguarda invece la fauna, pare che qui a Bandos ci sia molta più attività e vita. A mezzogiorno, visto il cielo ancora coperto e minaccioso, ci rassegniamo sulla possibilità di prendere il sole, ma visto il mare calmo non anche a quella di fare snorkelling. Entriamo così in acqua senza peraltro trovare molta differenza tra sole o meno: la temperatura è sempre perfetta, la visibilità buona e la vita sott’acqua non si ferma certo se fuori è brutto tempo! Nei primi metri, appena entrati dalla spiaggia, Ambrogio richiama l’attenzione mia e di Ste su una gigantesca murena, che sbuca per un pezzo dalla tana con la sua enorme testa. Me la ritrovo davanti all’improvviso vicinissima e quasi mi viene un colpo, poi mi fermo ad osservare il suo inquietante serpeggiare aspettando il momento propizio per una foto. Ho portato da casa una machina fotografica subacquea usa e getta da 36 pose, che solo adesso mi rendo conto essere del tutto insufficiente. Così mi riprometto di limitarmi al massimo, cercando di immortalare una sola foto per ciascun migliore esemplare. Per fortuna c’è Ambrogio, che invece ha portato la sua Canon Ixus digitale da 2 megapixel, con tanto di custodia subacquea, che scopro essere magnifica e stupefacente con una risoluzione nitida e priva di sgranature persino con la poca luce del mondo marino. Lasciamo la murena e proseguiamo per un po’ all’interno della barriera. Mi soffermo su un magnifico, anche se piccolo, esemplare di lion fish (pesce scorpione), per poi notare, pur con il loro colorito trasparente, alcuni buffi pesci cornetta (o trombetta) svolazzare su e giù a zig-zag. Più avanti ancora noto il grugnitore orientale, caratterizzato da quelle strisce giallo-nere, l’azzannatore a fasce orientale e il pesce chirurgo blu con il suo forte contrasto giallo-blu da cui prende il nome.
Poi esco dal reef e questa volta cerco di superare velocemente l’emozione di non vedere all’improvviso il fondo sotto di me, concentrandomi su ciò che mi circonda e classificando rispetto a ieri una maggiore varietà di pesci. Distinguo chiaramente diversi tipologie di pesce balestra, i singolari pesci unicorno con quel nasone lungo lungo, il labride lunare, i soliti banner fish a branchi da centinaia alla volta, stupendi nella loro eleganza. Ma la vera grandissima emozione arriva con il più grande e temuto di tutti: lo squalo! L’eccitazione di ieri nel vederlo fuori dall’acqua dal pontile svanisce di fronte all’averne uno per la prima volta a pochi metri: impressionante, indimenticabile. Il più temuto dei predatori marini è possente, agile e scattante e passa sotto di noi silenzioso senza nemmeno considerarci. Ancora scioccato dal suo materializzarsi all’improvviso alle nostre spalle, rimango immobile ad osservarlo mentre si allontana, per poi inseguirlo per un breve tratto. La sua velocità è decisamente superiore alla mia e così lo vedo scomparire nel blu dell’oceano in pochi secondi. Anche Stefania e Ambrogio l’hanno visto, ed emergiamo subito levandoci le maschere per commentare l’episodio. Nonostante sia il pesce più grande e pericoloso che finora abbia mai visto, devo dire di non aver provato una sensazione di paura, soprattutto per il fatto che ci è stato assicurato che le specie esistenti qui alle Maldive sono innocue e non è mai avvenuto alcun incidente nei confronti dei subacquei. Quel bestio di circa un metro e mezzo però dà una scarica di adrenalina non da poco e ci vuole tempo per smaltirla! Terminato lo snorkelling, ci asciughiamo in stanza e andiamo a pranzo. Continua a piovere e così il pomeriggio lo passiamo tra i negozietti a comprare cartoline e ancora una volta in camera di Ambrogio e Gabriella prendendo un caffè. Verso le 17 recuperiamo maschera e pinne e via un’altra nuotatina tra i pesci con foto meravigliose. Stavolta facciamo il tratto che va dalla spiaggia di fronte alla nostra camera, superando la barriera a pelo della pancia stando attenti, fino ad arrivare al passaggio di fronte alla camera 191. Un tragitto discreto. Il nostro scopo è riuscire a compiere tutto il giro dell’isola, un pezzo alla volta, per esplorare tutto il meraviglioso reef di Bandos. E’ stupefacente inoltre realizzare che ogni qual volta si entri in acqua a fare snorkelling si esca sempre con qualche avvistamento nuovo. La Lonely Planet è del tutto generica e insufficiente nella descrizione e nelle figure dei pesci, e non basta neanche il glossario plastificato comprato nel negozio di souvenir che mi porto in acqua per riconoscere le nuove specie. Il mondo sottomarino è estremamente complesso! Passa anche la serata, si va a cena (sempre meravigliosa e abbondante) al Gallery Restaurant e si passeggia sul molo. Mi metto d’accordo con Ambrogio per alzarmi presto e fare snorkelling alle prime luci del mattino, che è l’ora migliore per vedere una gran varietà di pesci. Prima di andare a letto torno allo shop per comprare una macchina usa e getta subacquea, avendo quasi finito il rullino della mia ed in preda alla disperazione di voler fotografare il grandioso sesto continente. Mi costa la bellezza di 19 dollari, mentre a casa l’ho pagata appena 8 euro: accipicchia! 1/11/2003 – Snorkelling e spiaggia Ambrogio mi telefona puntuale alle 6:45 per il nostro snorkelling mattutino. Stefania viene con me e ci incamminiamo con l’attrezzatura verso la camera 191. E’ bellissimo uscire dalla stanza con solo il costume addosso, scalzi, un paio di pinne in una mano, la maschera nell’altra e la macchina fotografica al polso, passeggiando per questo paradiso sapendo di andare a vederne un altro ancora più bello sott’acqua. Alle 7 in punto entriamo in acqua, sempre tiepida, nel passaggio di fronte alla 191 dirigendoci verso destra per un lungo tratto, fino ad uscire dopo più di un’ora vicino ad una zona di diversi pontili in pietra, che caratterizzano il lato nord di Bandos. Abbiamo percorso un quarto di giro dell’isola, niente male! E ovviamente le emozioni si sono susseguite una dietro l’altra, ad iniziare dall’avvistamento di ben quattro squali in successione. Qualcuno è arrivato di fronte e qualcuno alle spalle, ma stavolta non mi sono lasciato cogliere impreparato e sono riuscito a fotografarli! Così come pure ho fotografato gli immensi branchi di banner fish buttandomi in mezzo a loro con assoluta discrezione. Nuotare con loro è come volare in paradiso, non riesco a paragonare questa sensazione a nient’altro che non sia questo. Quello che mi accorgo essere fondamentali sono gli insegnamenti basilari che mio padre mi diede fin da piccolo nelle nostre pescate subacquee. Noi non apparteniamo al mondo sottomarino e perciò siamo degli estranei. Siamo goffi e lenti e i pesci ci vedono lontano un miglio qualunque gesto brusco proviamo a fare. L’unico modo per avvicinarli è nuotare nell’acqua come un’astronauta vola nello spazio: con calma, tranquillità, movimenti lenti e lineari per smuovere meno acqua e soprattutto fare meno schiuma possibile. Tutto deve essere fatto con estrema fluidità e linearità, dall’immersione, alla respirazione, alla pinneggiata, all’avvicinamento di un pesce. Con questi semplici accorgimenti si può arrivare a pochi centimetri, a fotografare e persino a toccare gli splendidi esemplari che si hanno di fronte senza troppi problemi. Purtroppo mi accorgo invece di altre persone che incrociamo in acqua le quali sono ben lontane da aver capito queste che per me sono comportamenti scontati, e fanno un casino tremendo che spaventa il circondario nel raggio di decine di metri intorno! Magari sono alle prime armi, magari hanno un po’ paura o sono impressionati, però è comunque un modo disastroso per intraprendere lo snorkelling. Per fortuna, di mattina presto non c’è quasi nessuno in acqua e mi sembra un fatto insensato visto che risulta essere l’ora propizia per gli avvistamenti. Molto meglio per noi a questo punto! La novità più grande infine, che non poteva mancare come negli altri snorkelling, arriva con l’avvistamento di una tartaruga marina. Bellissima, pacifica, grande quanto leggera, si destreggia egregiamente sott’acqua che pare volare come una farfalla. Ce la fa notare Ambrogio in pochi metri di profondità proprio al confine della barriera, e stiamo con lei parecchi minuti fotografando ed ammirando la sua eleganza. Altra sensazione indescrivibile. E’ in assoluto l’animale marino che dimostra maggior tranquillità nei confronti dell’essere umano, si lascia osservare senza mettersi problemi di alcun tipo e ad un certo punto si avvicina talmente tanto alla faccia di Ambrogio che sembra volerlo baciare! Ambrogio colto all’improvviso la allontana con un gesto un po’ impaurito, sperando che non l’abbia scambiato per qualche appetitoso spuntino… Terminato questo ennesimo leggendario snorkelling, andiamo a fare colazione alle 8 e mezza al Gallery Restaurant. Poi ci incontriamo al diving per prendere un po’ di sole, ma purtroppo quella che sembrava stamattina presto una splendida giornata muta in fretta, ancora una volta, in una di pioggia. Stavolta come non mai il cielo si oscura pesantemente sopra il mare con una gigantesca nuvola nera, e nel giro di pochi minuti arriva il diluvio universale! Ci ripariamo sotto il tetto del diving e osserviamo un po’ indispettiti la pioggia scrosciante: non possiamo certo dire che il tempo ci stia graziando. Torniamo un po’ in stanza a riposare e si fa ora di pranzo. Nel pomeriggio spediamo un’altra email a casa e stiamo ancora in stanza. Il brutto tempo persiste ma alle 16:30 ci immergiamo nuovamente per un altro snorkelling. Stavolta rimaniamo tra il passaggio del diving e quello della 191, tratto che iniziamo a conoscere molto bene avendolo già fatto diverse volte. Noto come la corrente influenzi notevolmente la vita dei pesci sott’acqua. Seguono quasi tutti sempre la stessa direzione, quindi in senso orario o antiorario rispetto all’isola, al confine della barriera. Capita così che seguendo la stessa direzione dei pesci a volte se ne vedano di meno, mentre andando contro corrente arrivano tutti di fronte un branco dietro l’altro: incredibile, come andare contro mano in un autostrada è la stessa cosa! La particolarità di questo snorkelling risultano essere i batfish, ovvero i pesci pipistrello, elegantissimi nella loro forma piatta e tondeggiante, grandi fino a mezzo metro e soprattutto curiosissimi. Sono loro che si avvicinano a me e mi seguono! Mi diverto a nuotare un bel po’ con questo branco di una decina di esemplari magnifici a cui scatto diverse foto in assoluta tranquillità. Devo ammettere però che trovare una buona inquadratura sott’acqua non è per niente facile. Ogni minimo movimento sposta l’obiettivo o il soggetto, e movimenti bruschi o soggetti troppo lontani rendono la foto mossa o sfuocata. La luce e i colori poi sono tutti un’incognita. Sono convinto che la maggioranza delle foto, non avendo esperienza in questo campo, non usciranno proprio come le ho concepite, e forse non usciranno per niente! Vola veloce anche questa serata e alle 19:30 siamo già tutti seduti al nostro tavolo per usufruire dell’ottimo buffet del Gallery Restaurant. Ne approfittiamo per fare una chiacchierata e una foto con uno dei responsabili del posto, un simpatico ragazzo singalese che parla ben cinque lingue. E’ molto distinto e professionale nei modi di fare, non si scompone affatto se non per i suoi cordiali sorrisi. Catturiamo per un po’ anche Loris, che vediamo quasi sempre ai pasti seduto in un tavolo in fondo con i suoi colleghi. Ci spiega la situazione del personale di Bandos, che credo possa essere estesa anche al resto delle Maldive. In linea di massima non sono ben pagati, recuperano quando possono con le mance. Allo stesso tempo c’è di buono che sono comunque ben trattati e non sfruttati. Addirittura Loris dice che vengono considerati per alcuni aspetti quasi come veri clienti, nel senso che l’alloggio, anche se non certo paragonabile a quello dei turisti, è comunque pulito bene e comodo e si sta bene. Dopo cena passeggiamo come di consueto facendo un giretto dell’isola, che continua a rivelare con sorpresa nuovi angoli di una bellezza paradisiaca. Poi lasciamo i nostri compagni e, prima di andare a dormire, ci fermiamo sulla spiaggia prendendo due sdraio e ammirando le stelle che paiono prendersi gioco di noi: ha piovuto tutto il giorno e adesso, di notte, esce il bel tempo! La serata è magnifica, calma, romantica, rilassante. All’orizzonte compaiono le luci di Male, dove domani abbiamo prenotato la gita col dhoni, la tipica imbarcazione locale.
2/11/2003 – Visita della capitale Male: moschea, mercati locali, cimitero, palazzo e uffici del presidente, negozi di souvenir. Andiamo a fare colazione alle 8:00 in punto. Dopo brevi preparativi raggiungiamo il molo alle 9:00 dove un dhoni, tipica imbarcazione usata alle Maldive dai pescatori (e oggi ovviamente anche per scopi turistici), aspetta i clienti di Bandos che, come noi, hanno prenotato la gita alla capitale Male per 16 dollari a testa. E’ una bellissima giornata, e questo invece di rallegrarci mette un po’ di tristezza apparendo ai nostri occhi una beffa: proprio oggi che non andiamo in spiaggia si decide a uscire il sole! Non torneremo a casa con un abbronzatura invidiabile, questo è certo… Saliamo nella barca e lasciamo lentamente il molo allontanandoci dall’isola, che con i colori di oggi appare davvero spettacolare. Il tragitto dura una mezz’oretta che scorre velocemente tra il meraviglioso oceano indiano e le isole intorno. Anche l’attracco a Male è suggestivo, con quei grattaceli che sembrano finire direttamente sul mare. Sembra che l’isola stia scoppiando: è un clamoroso contrasto tra il cemento della civiltà e il blu dell’oceano intorno. Non c’è molta vegetazione e lo spazio è compresso al massimo per le abitazioni. Pare che debbano costruire su un’altra isola adesso, per ampliare il centro urbano che ormai ha raggiunto la sua massima estensione. Appena sbarcati nel porto, ci riuniscono in cerchio e veniamo divisi per nazionalità. Ad ogni gruppo viene assegnata una guida, così anche a me e Ste che risultiamo essere gli unici italiani. Iniziamo a passeggiare per la città, attraversando la piazza principale, molto bella e curata e uno dei pochi luoghi di verde e prato di Male. La guida ci spiega che la città è tagliata in due da alcune vie principali, la quale più lunga è di appena 2 Km. Tale è dunque il raggio dell’isola. Il sole è davvero forte e fa un caldo tremendo. Per fortuna le tappe sono tutte vicine e si cammina poco. La prima è la Moschea nuova: moderna, di un bianco accecante, una struttura ben curata. Per entrare però bisogna essere scalzi e non si possono avere le gambe scoperte: così, avendo i pantaloncini corti, sono costretto ad indossare un buffo pareo che viene dato in loco. Stefania non ci pensa due volte ad immortalarmi vestito in questo modo! Visitiamo l’interno della Moschea, un’esperienza totalmente nuova per me visto che è la prima volta che ne vedo una. Grande, spaziosa, luccicante: questi sono gli aggettivi che mi vengono in mente per descriverla. Il pavimento pare appena lustrato! Proseguiamo l’itinerario passando di fronte al mercato del pesce, che apre più tardi, quindi a quello della frutta che invece è già nel pieno dell’attività. E’ un capannone al chiuso, con le bancarelle dai colori vivaci ordinate in appositi box, molto più simile ai nostri piuttosto che a quelli orientali. Così pure le strade appaiono scrupolosamente pulite e curate, un particolare che mi colpisce molto. Probabilmente l’influenza mussulmana si vede anche da queste cose. C’è anche parecchio traffico, e mi chiedo quale senso può avere comprarsi l’auto alle Maldive per poter circolare esclusivamente su un’isola piatta larga due Km attraversabile in mezz’ora a piedi! Non mi stupisce affatto invece vedere intere vie ricoperte da motorini parcheggiati e biciclette.
La prossima meta è la moschea antica ed il cimitero, del quale la nostra guida spiega la differenza nella punta delle tombe per poter riconoscere gli uomini dalle donne. Passiamo anche un giardino dove c’è un museo di oggetti antichi, dove ci viene indicata con non poca ironia la “montagna” più alta dell’isola: un piccolo cumulo di terra alto poco più di me, di circa due metri in tutto!!! Questo per sottolineare quanto siano piatte le Maldive. Durante la camminata ci soffermiamo ad osservare dalla strada anche il palazzo e gli uffici del Presidente, dopodiché in ultimo veniamo accompagnati in un negozio di souvenir. A questo punto la guida ci lascia dandoci il tempo di fare gli acquisti e dicendo di tornare fra un’oretta. Osserviamo un po’ gli articoli proposti e i prezzi: c’è davvero una vasta scelta di qualunque cosa, molti oggetti particolari e carini, però notiamo che i prezzi di partenza sono decisamente alti. Alcune cose costano addirittura più che a Bandos, dove, essendo nel resort in totale monopolio, davamo per scontato di trovare prezzi esageratamente meno convenienti. Facciamo comunque i nostri acquisti, scegliendo due belle magliette con i pesci tropicali, un portachiavi, delle calamite con disegnato surf e tartaruga. Alla cassa poi spendiamo dieci minuti buoni per far scendere il prezzo. Anche qui la contrattazione è il metodo usuale di compravendita per i turisti! All’uscita dallo shop non vediamo la nostra guida ma un ragazzo che ci invita a salire nel negozio a fianco. Un po’ titubanti alla fine saliamo e scopriamo che qua si compra già meglio rispetto dell’altro. Ci sentiamo un po’ raggirati e scopriamo a nostre spese che evidentemente i sotterfugi e le percentuali sono attività saldamente affermate anche qui alle Maldive. Il fatto che la guida ci abbia lasciato nello shop a lato stranamente più caro non è certo un caso. Piuttosto indispettiti usciamo dal negozio e senza aspettare la guida ci dirigiamo verso il porto, visto che si sta facendo ora di rientrare. Passeggiare da soli per Male da turisti assume subito un altro aspetto. Persone di ogni genere ed età si avvicinano a lasciare biglietti da visita e a chiederci di andare nel loro locale, il che inizia ad essere irritante. All’improvviso il relax e la pace di Bandos svaniscono e mi sembra di essere tornato per le strade dello Sri Lanka! Entriamo di sfuggita in un ultimo negozio di articoli artigianali, dove compro un quadretto che mi ricorda la spiaggia di fronte alla nostra camera con vista su Kuda Bandos, e poi fuggiamo verso il porto. Troviamo il nostro Dhoni che aspetta di portarci indietro in paradiso, nella nostra amata Bandos! Appena lasciata Male ci viene detto che la piccola isola di fronte, che appare bella come tutte le altre, è in realtà il carcere. Chi l’avrebbe mai detto? Rientriamo giusto in tempo per il pranzo alle 13:30 e passiamo il pomeriggio in spiaggia. Il cielo si sta di nuovo annuvolando, e dire che stamattina era così bello! Facciamo un altro stupendo snorkelling tra il diving e il passaggio della 191, che risulta sicuramente il tratto più breve e comodo per entrare in acqua. Tra le meraviglie di questa volta mi colpiscono molto i pesci angelo, i pesci farfalla e nuovamente gli splendidi pesci pipistrello.
Ultimiamo i nostri acquisti alle Maldive prima di cena comprando un bellissimo album fotografico nello shop di Bandos, non avendone trovato uno paragonabile a Male ed allo stesso prezzo di 25 dollari, ed una maglietta con due magnifici banner fish disegnati. A questo punto non ci resta che il Gallery Restaurant ed una passeggiata notturna per chiudere in bellezza un’altra giornata passata alle Maldive.
3/11/2003 – Snorkelling e spiaggia. Ambrogio mi chiama in stanza puntuale alle 6:45. Oggi tentiamo un altro mitico snorkelling alle prime luci del giorno, partendo dallo stesso punto dove siamo arrivati l’altro ieri, e proseguendo il giro dell’isola in senso antiorario. Ci diamo appuntamento di fronte al pontile e per arrivarci mi tocca attraversare tutta Bandos, essendo dalla parte opposta al mio bungalow. Stefania è stanca e rimane a dormire, così ci ritroviamo io e Ambrogio da soli, armati delle nostre macchine fotografiche subacquee pronti all’avventura! Non ci vuole molto infatti perché questa arrivi. Dopo pochi minuti, appena superata a pelo la barriera corallina non essendoci un apposito reale passaggio dai pontili, scorgiamo con nostra enorme meraviglia i più grandi squali mai visti fino ad ora. Sono due per l’esattezza, che girano in coppia, di circa due metri di lunghezza ma soprattutto molto grossi di circonferenza, e in più un altro di un metro e mezzo simile a tutti quelli visti nei giorni precedenti, che in confronto appare un cucciolo. E magari lo è davvero. Rimaniamo pietrificati per parecchi secondi: vedere tre squali tutti in una volta e per giunta di queste dimensioni non capita davvero tutti i giorni nella vita a persone come noi che non praticano subacquea! La cosa più incredibile è che a differenza degli altri, questi rimangono proprio intorno a noi passando e ripassando diverse volte sotto i nostri occhi. Riesco così a seguirli per lunghi tratti, immergendomi in apnea e avvicinandomi ad una distanza di circa due metri, scattando bellissime foto. E’ un’emozione unica e fortissima, mi pare ad un certo punto quasi di giocarci, un po’ come ho fatto per la tartaruga. Questi però, sono squali è meglio non dimenticarlo! Dopo una decina di minuti proseguiamo il nostro tragitto sempre a ridosso dello strapiombo della barriera corallina, lasciando gli squali alle nostre spalle. Passano pochi minuti, ed eccoli di nuovo rispuntare! Ci stanno seguendo o andiamo nella stessa direzione? Noto con stupore che nuotano tranquillamente nell’acqua bassa fino a neanche un metro di profondità, e mi butto ancora al loro inseguimento per diversi minuti. Nonostante sia sicuro della loro non pericolosità, ammetto di provare una profonda una sensazione di timore e di profondo rispetto per questi magnifici predatori dell’oceano. Vederli nuotare sott’acqua è stupendo, indescrivibile: hanno un’eleganza ed una potenza nei movimenti eccezionale! Abbandonati definitivamente gli squali, proseguiamo il nostro snorkelling in un tratto di barriera unico di Bandos. Il reef qui è inquietante e spaventoso: si inabissa tremendamente sotto alcuni lastroni a più piani, creando tra l’uno e l’altro delle buie enormi cavità, sicuramente ottimali per essere usate come tane per pesci di qualunque dimensione. Osservo esterrefatto e carico di adrenalina questo indimenticabile paesaggio sotto di me mentre lo attraverso pinneggiando. Giungiamo al termine di questo fantastico snorkelling appena prima del porto, dove c’è il terzo passaggio dell’isola, sicuramente il meno frequentato proprio perché molto lontano dagli altri due. Abbiamo percorso un tragitto davvero notevole in un’ora e dieci di nuoto! Torno in stanza e insieme a Stefania andiamo a fare colazione. Le racconto degli squali e promettiamo di rientrare in acqua a metà mattinata. Verso le 9:30 andiamo in spiaggia con gli altri. Stefania, Doriana e Gabriella prendono il sole con gli sdraio nell’acqua sempre tiepida, pratica comune dei turisti qui a Bandos, mentre Ambrogio va a fare un altro snorkelling con Patrizia, che ha imparato grazie a lui le meraviglie di nuotare sott’acqua con maschera e pinne. Nonostante la sua iniziale titubanza e paura, una volta indossata la maschera e osservato il paradiso dei pesci tropicali, si è lanciata anche lei nell’esplorazione. Alle 11:30 è il turno mio e di Stefania. Passeggiamo per raggiungere l’entrata al diving dove stavolta, anziché nuotare in senso orario per raggiungere il vicino passaggio della camera 191, siamo intenzionati ad andare in senso antiorario verso il porto. E’ l’unico tratto che mi manca per completare il periplo di Bandos, avendo già percorso tutto il resto dell’isola un pezzo alla volta. Incontriamo Ambrogio e Patrizia, i quali ci dicono di aver fatto lo stesso percorso ed essere usciti dal pontile prima del porto stando un po’ attenti alla pancia per l’acqua bassa. Iniziamo il nostro snorkelling lasciando alle nostre spalle il diving. L’acqua punzecchia, delle volte in modo assai fastidioso, e c’è molto pulviscolo. Abbiamo avuto questo problema anche in altri snorkelling, probabilmente è collegato alla grande quantità di plancton presente ad ottobre.
Il tempo è instabile come quasi tutti i giorni che abbiamo passato qui alle Maldive: c’è il sole ma all’orizzonte si scorgono pesanti nuvoloni. Il mare comunque è sempre calmo. Dopo circa tre quarti d’ora assistiamo ad un cambiamento radicale. Il cielo si oscura pesantemente e appena il porto diventa visibile di fronte a noi inizia a diluviare, talmente forte da sentire fastidio sulla schiena mentre sto con la testa sotto a guardare il fondo. Arriva un vento improvviso, il mare si increspa notevolmente e la visibilità sparisce del tutto: non riusciamo più a vedere Kuda Bandos che un attimo fa era proprio di fronte a noi nitidissima. Ai nostri occhi si presenta così in appena dieci minuti uno scenario apocalittico e inizia la paura. Il primo impulso è ovviamente quello di uscire verso la riva, come avremmo fatto in qualunque spiaggia del Mediterraneo, ma sappiamo bene entrambi sia io che Ste che qui alle Maldive significherebbe sfracellarsi sulla barriera corallina! E’ pazzesco, perché la spiaggia dista neanche cinquantina di metri, ci basterebbe solo qualche minuto per arrivarci. Discutiamo nel bel mezzo della tempesta con la testa fuori dall’acqua, cercando di capire quale sia la cosa giusta da farsi il più in fretta possibile, prima che la situazione degeneri. Tornare indietro è fuori discussione, siamo troppo lontani dal diving e stanchi. Avanti a noi c’è il porto con il passaggio ma si vedono arrivare da là onde alte qualche metro che si schiantano sul molo. Optiamo così per tentare l’uscita dal pontile che sta vicino a noi, che hanno sfruttato anche Ambrogio e Patrizia appena un’ora fa. Ma come ci avviciniamo alla barriera, il risucchio provocato dal frangersi delle onde rende la visibilità pari a zero e veniamo sballottati da una parte all’altra. La situazione si fa critica e stiamo per entrare nel panico, il peggior nemico dell’uomo nelle situazioni pericolose. Cerco di calmare Stefania che vuole uscire a tutti i costi e la convinco che passare da qua è troppo rischioso! E’ incredibile pensare che sono in piedi, senza pinne (causa una bolla sul piede per i troppi snorkelling di questi giorni!) nell’acqua poco più di un metro di profondità con la riva a qualche decina di metri di distanza e non possa uscire! Tutta la situazione sembra essere un gigantesco paradosso. Torniamo nell’acqua alta al di là della barriera perché almeno qui la visibilità è maggiore e le onde non sono alte. Siamo stanchissimi ma la soluzione migliore, riflettendo in maniera lucida, è rimanere proprio qui in acqua aspettando che passi il temporale, che in genere non dura più di mezz’ora. Capisco però anche il panico di Stefania che vuole assolutamente uscire e così decidiamo di andare avanti per raggiungere il passaggio oltre il porto. Con enorme dispendio di energie, dato che siamo esattamente controcorrente e io sono persino senza pinne, riusciamo dopo un quarto d’ora circa a percorrere un tragitto che avremmo fatto normalmente in un paio di minuti e raggiungiamo l’imbocco del piccolo porticciolo di Bandos. A questo punto c’è un altro pericolo, ovvero le barche, ed immagino certamente che il più imprudente dei nuotatori non si sognerebbe mai di passare di fronte all’entrata di un porto! Ci guardiamo bene intorno e per fortuna non paiono esserci imbarcazioni in movimento. Attraversiamo così per un tratto l’imbocco del porto e lì mi coglie un naturale lampo di genio: visto le onde che si vedono oltre il molo, che rendono di sicuro un’impresa rischiosa l’uscita anche se sappiamo esserci il passaggio, poiché la visibilità sarà comunque nulla, convinco Ste ad uscire proprio dal porto, dove l’acqua ovviamente è calmissima. Facciamo così qualche metro ed ecco la nostra salvezza: protetti dai moli percorriamo tutta la lunghezza del porto fino al nostro amato ponticello in legno, dove la sera veniamo ad osservare i pesci. Siamo sfiniti ma salvi. L’acqua del porto poi è praticamente pulita e trasparente, non certo come si usa immaginarla nei nostri. Rimaniamo allibiti dal fatto che due ragazzi del personale di Bandos, che hanno visto affacciati al pontile il nostro rocambolesco arrrivo, dicano che non si può fare snorkelling qua perché sia pericoloso. Il troppo relax deve averli rincitrulliti un bel po’: non si vede in che condizioni siamo? E che fuori c’è una tempesta e stiamo uscendo in assoluta emergenza? Il bello è che non si degnano neanche di aiutarci e sono costretto a spingere Stefania dal basso per salire sugli alti gradini in legno della passerella con uno sforzo immane. Sdegnati da questo atteggiamento remissivo, rientriamo in stanza distrutti da questa pericolosa esperienza, sicuramente da non dimenticare. Ancora rintontiti, andiamo al Gallery Restaurant a pranzare, passando proprio di fronte a dove mezz’ora fa stavamo annaspando nel mare in tempesta: adesso è già molto più calmo e sta uscendo un po’ di sole, incredibile! I nostri compagni ci attendono un po’ preoccupati, non avendoci visto tornare più in spiaggia. Gli raccontiamo così la disavventura lasciandoli a bocca aperta! La nostra bravura è stata quella di non esserci fatti prendere dal panico e la fortuna ci ha aiutato. Sicuramente d’ora in poi ci penseremo due volte prima di percorrere lunghi tragitti senza essere sicuri che il tempo regga! Verso le 15:00 andiamo nella stanza di Ambrogio e Gabriella a fare un po’ di “salotto”, visto che il cielo si è di nuovo coperto. Poi facciamo un po’ di shopping nel negozio di souvenir comprando qualche portachiavi di legno a forma di pesce ed una collana, e spediamo un email nel vicino Internet Point. Infine ci riposiamo nella nostra stanza stanchi e assonnati. Verso le 18:00 usciamo nuovamente con l’ombrello per una passeggiata, incontrando al diving i nostri compagni. Gabriella si offre gentilmente per fare a me e Ste delle riprese: finalmente insieme almeno una volta nei ricordi! Si adopera proprio come una regista e ne esce un filmino stupendo! Durante il solito periplo di Bandos, ci fermiamo incuriositi in spiaggia ad osservare dei paguri e dei granchietti buffissimi che scorrazzano da un buco all’altro, e poi camminiamo sopra il molo di pietre scoprendone altri tra gli scogli veramente grossi! Per concludere la giornata, beviamo un coktail al Sand Bar e ci straffoghiamo al buffet della cena: oggi abbiamo molte energie da recuperare! 4/11/2003 – Il taglio del pesce chirurgo. Kuda Bandos.
Ambrogio mi chiama al telefono della stanza, spaccato come un orologio svizzero, per quella che ormai è diventata la nostra “missione”. Stefania, vista la brutta esperienza di ieri, preferisce rimanere a dormire ma io non posso sottrarmi dal vedere i miei amati pesci tropicali. Esco e raggiungo Ambrogio al pontile a fianco al porto, dove saremmo dovuti uscire ieri se non fosse arrivata la tempesta. Dobbiamo rifare esattamente lo stesso percorso all’inverso ed arrivare fino al diving. Devo dire la verità: è una sensazione stranissima trovarsi nello stesso punto in cui ieri, in qualche modo, ho rischiato grosso. Mi guardo intorno e non riconosco niente di ciò che si vedeva: è una splendida giornata, il mare è piatto, Kuda Bandos è di fronte a noi con dei colori meravigliosi e del diluvio universale di ieri non c’è alcuna traccia! Appena superata la barriera, mi cimento ad osservare con attenzione il fondo e noto come uno scoglio che si muove a diversi metri di profondità. Ci vuole qualche secondo per mettere a fuoco e riconoscere quella magnifica tartaruga marina che adesso sale in superficie. Chiamo subito Ambrogio e rimaniamo intorno a lei per diverso tempo: è la seconda che vediamo, assolutamente stupenda! Più avanti attraversiamo degli branchi infiniti di migliaia di banner fish: buttarcisi in mezzo a nuotare è indimenticabile! Vediamo anche qualche squalo e qualche pesce pipistrello, nonché numerosi pesci pappagallo dalla bellissima livrea blu-verde, che beccano il corallo sul fondo con quel caratteristico suono che i primi giorni non riconoscevo. Ad un certo punto, durante un’incursione in un branco di banner fish, sento un colpo sotto il piede destro, come se avessi urtato violentemente contro uno scoglio. Sono senza pinne e quindi mi guardo intorno preoccupato di non aver toccato del corallo, ma non è possibile: sono nell’acqua altissima! Un altro urto doloroso mi fa ritrarre bruscamente il piede e circondato da centinaia di pesci non ne capisco la provenienza. Esco dal branco e mi vedo un bestio dalla brutta faccia, di circa mezzo metro, che dal fondo si dirige velocemente verso di me puntando dritto ai miei piedi!!! Li scuoto ancora una volta e lui devia bruscamente, all’ultimo momento, scansandosi. Poi parlo con Ambrogio che ha visto tutta la scena e conferma che è stato proprio il bestio a venirmi addosso. Si mette anche un a ridere visto che in effetti tutta la situazione appare quasi una barzelletta! Mi guardo attorno e vedo il pesce che continua a seguirmi sul fondo, e diverse volte, forse una decina, sale all’improvviso puntandomi per poi scansarsi al mio gesticolare. Ad un certo punto lo minaccio persino con la macchina fotografica, tra le risate incredule di Ambrogio. E’ una situazione comica ma allo stesso tempo irritante, non ho fatto niente a questo pesce e non capisco perché ce l’ha con i miei piedi! Mi guardo sotto e vedo due lunghi tagli sotto la pianta, deducendone che quei colpi che ho sentito probabilmente erano i morsi di quel disgraziato essere. Osservo un subacqueo che mi supera, anche lui senza pinne, e il pesce si accanisce anche contro i suoi piedi: allora è un vizio!!! Usciamo al diving scherzando e ridendo con Ambrogio di questa che sicuramente diventerà la cosa più divertente da raccontare in giro agli amici. Presto però mi accorgo che i due tagli diventano una cosa molto più seria di quel che sembrava. Intanto sono fastidiosissimi poiché, attraversando di lungo la pianta del piede fino all’alluce, ad ogni passo che metto in terra sono dolori, sotto il peso del corpo! Poi sanguinano anche, per cui, pensando al morso di un pesce che di cui ignoro la specie, ritengo necessario e doveroso farli vedere da un medico. Me lo confermano anche i miei compagni a colazione, mentre con Ambrogio raccontiamo vivacemente la comica scena durante lo snorkelling. Alle 10:00 in punto, orario di apertura del centro medico, mi avvicino con Stefania e Patrizia, la quale ha riportato in questi giorni delle bolle allergiche sul ginocchio appoggiandosi al corallo. Mi riceve una dottoressa gentile che mi fa accomodare sul lettino. Le spiego l’attacco del pesce ma lei pare incredula: non possono essere morsi perché sono tagli di netto. Mi chiede diverse volte se sono passato sul corallo ma continuo a ripeterle di essere sicuro che si trattasse di un pesce e che ero sull’acqua alta. Comunque mi medica con un disinfettando molto forte e mi fascia la ferita. Niente bagno di sicuro per oggi, forse domani si può tentare. Poi mi mostra un poster con le varie tipologie di pesci e mi indica il “chirurgo”, chiedendomi se fosse quello che ho visto. Già, è proprio lui!!! Mi spiega dunque che non sono morsi, ma la sua spina dorsale, particolarmente tagliente, che usa come arma di difesa o attacco: non a caso, si chiama per l’appunto pesce chirurgo! Non si finisce mai di imparare. E questa lezione costa cara: 40 dollari sul conto, di cui 25 per la visita e 15 di medicazione. URKA, che mazzata! Per fortuna a Patrizia dice solo di usare una pomata senza visitarla, altrimenti sarebbero dolori anche per lei! Raggiungiamo in spiaggia gli altri raccontando tutto. Sono un po’ contrariato per la cifra, ma soprattutto per il fatto di non poter fare più bagni e per dover camminare dolorosamente zoppicando, proprio oggi che finalmente c’è il sole. Ne approfitto comunque per fare foto e riprese alle ragazze che si godono lo sdraio in acqua chiacchierando. Per il pomeriggio io e Ste abbiamo prenotato la gita a Kuda Bandos, ma anche stavolta i nostri compagni non ci hanno seguito. Alle 15:00 raggiungiamo il pontile, dove un Dhoni carica qualche turista e parte alla volta della piccola isola disabitata di fronte a Bandos. Il tragitto dura appena un quarto di ora ed è piacevolissimo. L’attracco al molo poi è spettacolare, con dei colori del mare e della spiaggia stupefacenti, ancora più belli di Bandos! Sembra davvero di scendere in paradiso: un’isola tropicale disabitata tutta per noi, circondata da una sabbia fine bianco-accecante e da un azzurro strepitoso e cristallino che la circonda. Scattiamo qualche foto nella roccia che dà il benvenuto ai turisti, sotto alte e magnifiche palme, e dopo una breve passeggiata per la spiaggia ci fermiamo a prendere il sole. E’ tutto assolutamente meraviglioso e perfetto, non c’è molto altro da aggiungere. Il cielo azzurro e la luce solare rendono finalmente quei colori che in questi giorni non eravamo ancora riusciti a vedere. Il mare è una tavola e Stefania ne approfitta per fare subito una nuotata, purtroppo da sola: mi piange il cuore dovermi accontentare di riprenderla mentre io sono immobilizzato con il mio piede fasciato! Tutta la situazione (a parte l’infortunio) mi ricorda fortemente il giorno in cui in Thailandia, esattamente un anno fa, siamo andati nell’isola deserta di Koh Phoda: anche là sabbia bianchissima, pace divina, tante palme e mare piatto, anche se non così cristallino come questo delle Maldive, bisogna ammetterlo. Faccio conoscenza con una ragazza italiana, che mi chiede di scattarle una foto col suo ragazzo greco. Si sono sposati e sono in viaggio di nozze. Alloggiano a Paradise Island e anche loro si sono trovati benissimo. Appena sento il prezzo che hanno pagato per una settimana in mezza pensione mi vengono i brividi: praticamente quanto noi, per lo stesso pacchetto di due settimane Sri Lanka- Maldive in pensione completa!!! Me ne guardo bene ovviamente dal dirlo per non rovinarle il viaggio di nozze… Dopo un po’ di relax al sole facciamo una passeggiata (per me dolorosa!) attraversando in lungo e largo l’isola, scoprendo che è effettivamente molto più piccola di Bandos. Ci sono alte palme ovunque e diverse costruzioni usate per le feste e i banchetti che organizzano da diversi resort nelle isole vicine, a partire dal nostro che propone pesca e cena sul posto. La parte nord di Kuda Bandos, da cui si vede perfettamente Bandos, risulta essere meno attraente comunque di quella meridionale, dove la spiaggia è migliore e più grande. Pare non esserci più nessuno: gli altri turisti sono andati via prima, e giriamo per questo bellissimo paradiso del tutto indisturbati! Il sole inizia a calare velocemente, e dopo aver preso gli ultimi raggi abbronzanti prima dell’arrivo dell’ombra delle alte palme, torniamo al molo ad aspettare il nostro dhoni. Scopriamo così che in realtà non eravamo proprio soli: c’era anche un’altra coppia di turisti. Quattro persone in tutta l’isola! Lasciamo malinconicamente Kuda Bandos e rientriamo giusto in tempo per goderci il nostro ultimo spettacolare tramonto alle Maldive, dato che domani si torna a casa. Iniziamo a preparare qualcosa nelle valigie, andiamo a cena e poi ci dedichiamo agli ultimi (e stavolta davvero gli ultimi!) regalini da portare a casa: due splendidi e colorati parei per Stefania, ed una cornice fotografica in legno con i pesciolini tropicali, più il poster mitico di Bandos vista dall’alto per me! Passiamo anche alla reception a fare il check-out, e prima di andare a letto diamo appuntamento ad Ambrogio per alzarci domani mattina presto a mettere in atto il nostro ultimo snorkelling.
5/11/2003 – Ultimo snorkelling. Viaggio di rientro.
Ci troviamo io e Stefania alle 7:00, puntuali come le altre mattine, di fronte al diving con Ambrogio. Optiamo per una nuotata tranquilla fino al passaggio della camera 191, per concludere in bellezza alle Maldive. Per fortuna il piede non mi fa male in acqua e riesco a nuotare tranquillamente, anzi, mi muovo molto meglio che sulla terra ferma. Stamattina è una giornata parecchio attiva nel mondo sottomarino: ci passa sotto gli occhi di tutto e di più, compresi numerosi squali. Non riesco ancora a credere che fra qualche ora dovrò abbandonare questo fantastico paradiso sommerso, così vitale e colorato, che ha rappresentato per me un’esperienza sconvolgente. Mi accorgo che la mia capacità visiva e di concentrazione nello snorkelling è aumentata notevolmente, passando dalle primordiali adrenaliniche emozioni della vista della barriera corallina, ad una più attenta e accurata ricerca dei particolari e delle forme di vita. Stavolta, le assolute novità si incarnano in un magnifico esemplare di polpo e nella possente aquila di mare. Il primo lo scovo mimetizzato perfettamente tra i coralli e rimango ad osservarlo per parecchio tempo, mentre cambia clamorosamente forma e colori all’istante spostandosi lentamente sul fondo. La seconda mi arriva incontro alla profondità di circa cinque metri e riesco a seguirla solo per un breve tratto. Con un apertura alare di un paio di metri, inquietante nella sua enorme testa che la distingue facilmente dalle altre specie simili (tipo razza e manta), la sua eleganza e possanza nel muoversi la rendono davvero temibile, nonostante alla fin dei conti non sia certo tra i pesci più pericolosi. Raggiungo Ambrogio e Stefania, che erano più avanti rispetto a me, e scopro con piacere che l’hanno vista anche loro. Stefania è rimasta proprio scioccata da quel gigantesco essere! Finito lo snorkelling andiamo a fare colazione, poi torniamo in stanza a chiudere le valigie. Il brutto tempo, persino oggi che dobbiamo andare via, non si risparmia e ci scoraggia dall’andare in spiaggia. A mezzogiorno lasciamo la stanza e andiamo a pranzare, poi facciamo un bel giro di tutta l’isola, nonostante i vestiti addosso facciano parecchio caldo. Non possiamo lasciare Bandos senza rivederla tutta almeno una volta! Scatto le mie ultime foto e alle 14:00, impietosamente, la nostra imbarcazione ci aspetta per accompagnarci all’aeroporto. Lo stacco dall’isola sembra davvero una tragedia, e poco ci manca che non cadano le lacrime: cosa che non è avvenuta nemmeno per lo Sri Lanka. Tanti pensieri, come alla fine di ogni viaggio, passano per la testa, ma una cosa in questi casi è sempre certa: la profonda voglia e convinzione di fare di tutto per poter tornare! Alle 16:45 parte il nostro volo da Male per Milano. Inizia il calvario di un altro lungo giorno di rientro. Dal finestrino osservo esterrefatto una delle tante isole delle Maldive circondate dalla barriera corallina, cosa che non ho potuto fare all’andata: è pazzesco vederle da questa altezza! Durante le prime ore mi guardo gli ultimi film del momento: “La leggenda degli uomini straordinari” e “Charlie’s Angels – Full Throttle”, e poi mi lascio andare ad un sonno profondo.
Alle 21:45 atterriamo a Malpensa, con sei ore di fuso in meno. Salutiamo calorosamente i nostri affiatati compagni, con cui abbiamo legato in una maniera davvero inaspettata, con la promessa di sentirci presto tramite email o telefono. A questo punto dobbiamo trasferirci dal terminal 2 dei voli internazionali a terminal 1 di quelli nazionali, per passare la notte là in attesa del nostro volo per Cagliari. La cosa si rivela tutt’altro che facile, soprattutto per la stanchezza e il nervosismo di essere tornati a casa. Non vedendo la fermata della navetta che fa spola tra i due terminal, proviamo invano a fare un pezzo a piedi, ma rendendoci conto delle distanze troppo lunghe e delle indicazioni per niente chiare rientriamo dopo un po’ indietro. Troviamo dunque la fermata ed aspettiamo la navetta, che finalmente ci porta al famigerato terminal 1. E’ mezzanotte passata ed il pensiero di dover rimanere qui undici ore non è per niente piacevole…
6/11/2004 – Rientro a Cagliari.
Dopo una nottata non proprio da ricordare sulle poltroncine di Malpensa, facciamo colazione al bar un paio di volte in attesa del nostro volo per Cagliari. Finalmente, alle 11:10, lasciamo anche Milano e atterriamo dopo appena un’ora nella nostra amata Sardegna. Le nostre mamme vengono a prenderci all’aeroporto, trovandoci bene ed abbronzati come giustamente ci si aspetta quando si va in vacanza al mare. Un altro viaggio memorabile è archiviato nelle nostre foto, nei miei filmini, e soprattutto in una speciale parte tra il cuore e la mente, pronta ad essere rievocata per dare emozioni indescrivibili. Grazie di esistere Sri Lanka e Maldive, speriamo di rivederci un giorno!!!