Il paese delle pagode d’oro

08 marzo 2009 ore 11.00. Mi faccio un regalo per la festa della donna e parto per la Birmania per questo mio viaggio in solitaria. In realtà le cose non stanno proprio così. Ho letto vari libri e racconti di viaggio su questo paese e ho pensato che sarebbe stato bello andarci, ma il mio compagno, alla mia proposta, mi ha detto: “Cosa mi vuoi...
Scritto da: mario rossi
il paese delle pagode d'oro
Partenza il: 08/03/2009
Ritorno il: 22/03/2009
Viaggiatori: da solo
Spesa: 2000 €
08 marzo 2009 ore 11.00. Mi faccio un regalo per la festa della donna e parto per la Birmania per questo mio viaggio in solitaria.

In realtà le cose non stanno proprio così. Ho letto vari libri e racconti di viaggio su questo paese e ho pensato che sarebbe stato bello andarci, ma il mio compagno, alla mia proposta, mi ha detto: “Cosa mi vuoi portare a vedere pietre?” e così, dopo qualche mese di tentati convincimenti, ho deciso di andarci da sola, non sapendo bene cosa avrei potuto trovare. Le guide sconsigliavano ad una donna di viaggiare senza accompagnatore ma io ho pensato: “è un paese buddista, cosa vuoi che mi possa accadere? Ed in effetti avevo proprio ragione. Io vivo in una piccola cittadina nel nord est dell’Italia e qui, uscire da soli la sera, è sicuramente più pericoloso che non addentrarsi nelle stradine della capitale Rangoon.

Dopo aver visitato lo scorso anno la Cambogia e aver respirato quelle atmosfere magiche che si possono trovare solamente tra i templi di Angkor, non mi aspettavo proprio un gran che da questo mio viaggio, e invece, ho dovuto ricredermi.

La Birmania può veramente darti tanto, non solo dal punto di vista architettonico, quanto da parte della gente che incontri, sempre amichevole, pronta ad aiutarti, ad occuparsi di te, ad invitarti a casa sua a bere una tazza di te, anche se la loro casa non è altro che una misera stanza racchiusa tra pareti di bambù intrecciato.

I bambini che ti chiamano e ti vengono vicino solo per toccarti o per chiederti una foto da poter poi vedere sulla tua macchina digitale.

I professori delle scuole private che ti fermano per la strada e vogliono parlare con te per vedere com’è la vita nel tuo Paese, così lo possono raccontare ai loro alunni, magari invitandoti a mangiare un dolcissimo e unto panzarotto ripieno di carne o di frutta in uno dei tanti “ristorantini” ai bordi delle strade.

Le persone che, di nascosto da occhi indiscreti, ti raccontano che il governo dittatoriale che c’è ora non va, che se solo tagli un albero di tek, o dici qualcosa sulle guardie e sul governo, o solo nomini il nome di Aung San Suu Kyi, ti portano via, al nord, sulle montagne ai lavori forzati. E sperano che con le elezioni del prossimo anno si possa votare liberamente ed avere finalmente un governo democratico. E poi la Birmania è un paese dalle mille contraddizioni.

Un Birmano mi faceva notare che il suo paese in realtà è ricchissimo: fonti di petrolio, giacimenti di pietre preziose maggiori che in tutto il resto del mondo, uno dei maggiori esportatori al mondo di riso, cotone, tek e oppio. Ma in realtà gran parte della popolazione è poverissima, vive in baracche fatte di bambù, trova a stento di cosa vivere e, a rendere ancora più difficile la situazione del popolo birmano, sta il fatto che dal 2007, a causa della rivolta pacifica dei monaci buddisti soppressa nel sangue e del conseguente embargo da parte dei governi occidentali, il turismo è notevolmente calato.

E questo ha causato un ulteriore impoverimento a questo fantastico popolo che vale veramente la pena di andare a trovare ed aiutare, magari portando con se anche una piccola scorta di penne, matite, quaderni e altre piccole cose di cui loro hanno veramente bisogno.

Ma ora cominciamo con il resoconto!!! 08/03/09 Partenza da Trieste, scalo Monaco e volato con la Thai airways fino a Bangkok.

Lì ho preso la prima coincidenza per Rangoon e attendendo in aeroporto ho assistito ad una scena molto carina: altri 3 turisti che come me aspettavano l’aereo, stavano fotografando un gruppetto di monaci buddisti che, a loro volta, dotati di macchina digitale e videocamera stavano riprendendo i turisti bianchi. E lì mi sono chiesta: ma i monaci non dovrebbero fare una vita di stenti e rinunce da tutti i beni materiali cercando di raggiungere la pace anteriore come aveva fatto il Budda? In realtà non funziona proprio così: ho visto monaci con il cellulare, quelli che tentano di spillarti soldi con la scusa di comperarsi una veste nuova, quelli che, sorseggiandosi una cola cola stanno di fronte alla Tv a guardarsi un film di guerra, quelli che aprofittano della situazione in cui si trovano solo per farsi spazio tra la gente e prendersi il posto migliore in una fila o su di un autobus. Forse questo accade anche perché parte dei monaci che vedi girare per le strade sono composte da quei ragazzi e bambini che, per un certo periodo di tempo della loro vita, devono “obbligatoriamente” diventare novizi come una sorta del nostro servizio civile.

Ma continuiamo il racconto: a Rangoon ho pernottato al Motherland Inn 2. Come in tutte le guest house dove ho pernottato, la stanza è molto pulita. Per 9 $ ho potuto avere anche l’acqua calda in camera e un servizio di prima colazione. L’unico problema è che il posto si trova molto distante dal centro, per cui, per andare a visitare la città devi rigorosamente prenderti un mezzo di trasporto: un “taxi”, un thrishaw o, se capisci qualcosa della scrittura birmana, potresti anche azzardarti a prendere un autobus!!! La capitale, a detta di gente che c’è stata, è molto simile alle città indiane. La mia prima impressione, invece, è stata quella di una sorta di L’Avana orientale, con questi palazzoni coloniali molto decadenti e sporchi e un traffico esagerato da mozzarti il fiato e da non farti neanche vedere il sorgere del sole all’alba.

Prima di partire mi ero fatta una sorta di itinerario con le cose che avrei desiderato visitare, ma, mi sono accorta che in un posto così questo risulta praticamente impossibile.

10/03/09 Ho conosciuto un ragazzo tedesco e,siccome lui voleva prenotarsi il viaggio per Mandalay in treno per il giorno successivo, l’ho accompagnato alla stazione dei treni più grande di tutta la Birmania: 4 file di binari su cui partono tipo 2 treni al giorno, separati dalla “sala di aspetto” da un altissimo cancello in ferro che viene aperto solo nel momento in cui si può salire sul treno.

Prenotare il biglietto non è stato poi così facile, soprattutto se si è stranieri e bisogna passare per un iter particolare e pagare una tassa in più rispetto alla gente del luogo.

Siamo andati ad uno sportello che poteva sembrare quello della biglietteria, ma così non era. Ci hanno detto che la biglietteria si trovava in un altro isolato sul retro della stazione più o meno ad un chilometro di distanza. Così siamo andati là ma ci hanno detto che non c’erano posti e ci hanno detto di provare con il capo stazione. Così siamo ritornati al punto di partenza e abbiamo parlato con il capostazione in persona che, dopo una serie di vari tentativi telefonici per comunicare con la biglietteria, ha preso un foglio a quadretti di quaderno e ci ha scritto sopra una specie di sua raccomandazione, con la quale poi siamo ritornati alla biglietteria (nell’altro isolato) per farci fare, finalmente, il biglietto!!! Poi volevamo andare a vedere la Shwedagon Paya, ma prima abbiamo fatto una piccola tappa in uno dei più alti palazzi di Rangoon per poter ammirare la capitale dall’alto. Arrivati alla Pagoda, dopo esserci, come di rito, tolti le ciabatte abbiamo iniziato l’ascesa al tempio e siamo stati avvicinati da un monaco che ci ha fatto da guida per gran parte della giornata.

Ci ha spiegato che era il giorno del plenilunio e per questo la Paya era piena di locali, che pregavano, facevano voti ai santi del giorno in cui erano nati, cantavano, bivaccavano o dormivano sotto i vari tempietti che sono disseminati lì attorno.

Poi, dopo averci spiegati vari riti e usanze del posto, siamo andati con lui a mangiare in un “localino” vicino al suo monastero. Non saprei altrimenti come definirlo: una stanza con le pareti e tutto il resto di puro cemento abbarbicate su una discesetta sconnessa dove scorazzano cani, galline e gatti, dove puoi mangiare i classici piatti che mangiano i locali: la zuppa (una sorta di brodino con dentro delle foglie non ben definite) e l’immancabile riso fornito con una serie di varie ciotoline di contorno che loro chiamano curry e che possono essere a base vegetale oppure a base di carni varie.

Poi il monaco ci ha portato a vedere il Budda disteso, veramente immenso, e quello seduto.

Finita la nostra breve ma intensa visita, siamo andati a riposarci un po’ al Kandawgy e poi siamo rientrati in albergo, per riuscirne alla sera (lì il sole alle 18.30 tramonta) per andare a cenare.

Rangoon in realtà offre anche molte altre opportunità per quanto riguarda i pasti, dalla cucina occidentale a quella asiatica, che però in confronto alle cene che puoi consumare su uno dei tavolini lungo la strada dove paghi il corrispondente di 1 dollaro, sono molto più cari. Una cena al ristorante giapponese costa a testa circa 13 dollari!!!! Prima di andare a cena però ci voleva un po’ di cultura, e così siamo andati a visitare in notturna la Sule Paya, che sorge nel centro della più grande rotonda di tutta Rangoon.

Ah, mi sono dimenticata di sottolineare il fatto che per visitare i templi e alcuni zone turistiche come Bagan, le 3 città imperiali e il lago Inle, i turisti sono costretti a pagare, nei botteghini autorizzati, delle tasse governative, che cambiano a seconda del posto visitato.

11/03/09 Sveglia alle 06.00 di mattina. Come il giorno precedente non si riesce a vedere ad un palmo di naso per via dell’intenso smog e il caldo umido misto ai falò che vengono accesi qua e là per bruciare le immondizie.

Sono andata a farmi una camminatine mattutina e sono arrivata alla Botataung Paya, dove sono custoditi alcune reliquie dei capelli del Budda. Poi, con un ragazzo tedesco incontrato il giorno prima, siamo andati a fare colazione allo Strand Hotel, uno dei più esclusivi di Rangoon, dove hanno soggiornata famosi attori, giornalisti e diplomatici.

Poi ritorno in albergo prima della partenza in bus per Mandalay.

Arrivata alla “stazione degli autobus”, ho trovato subito delle signore molto disponibili che si sono occupate di me durante tutto il viaggio, mi hanno offerto il loro aiuto, mi hanno offerto da mangiare anche se il loro pasto non era così ricco come quello a cui siamo abituati noi. Il viaggio è stato lungo (circa 8 ore), ma non così stancante come mi era stato raccontato da un altro viaggiatore incontrato in guest house. Nell’autobus tutti i posti sono già assegnati e bisogna prenotarli almeno con due giorni di anticipo, visto che non c’è una grande disponibilità. Questo che ho preso io era dotato di aria condizionata e televisore che trasmetteva, come in tutte le parti, una serie di canzoni internazionali cantate in birmano con tanto di Karaoke. (e logicamente la gente sull’autobus che cantava!!) Circa ogni 3 ore si faceva pausa in qualche sala da te lungo la strada per far ristorare le persone e soprattutto il motore del bus che veniva abbondantemente bagnato con dell’acqua fresca.

E questo logicamente, anche nel cuore della notte, mentre la gente dormiva: la musica viene accesa a tutto volume così, volente o nolente, sei costretto a svegliarti e a scendere assieme agli altri. Lungo la strada ci sono continuamente delle capannine dove i conducenti del bus sono costretti a pagare una sorta di pedaggio per non so quale assurda ragione. Ad un tratto, in mezzo ad una strada buia, ci hanno fatto scendere tutti e abbiamo dovuto passare a piedi quello che, secondo me, era una sorta di confine virtuale. Oltre la sbarra io, come straniera, sono stata registrata su un apposito registro (come accade per qualsiasi cosa tu faccia in Birmania: acquistare un biglietto del treno, della nave, noleggiare una bicicletta, o accedere ad una certa zona) e poi, sempre a piedi, in fila indiana dietro al mio gruppo, siamo risaliti sul bus, per arrivare a Mandalay con quasi 2 ore di anticipo! 12/03/09 Un tipo con il motorino mi ha caricato e mi ha portato fino alla Royal Guest house, una pensioncina non molto grande, ma molto pulita ed economica (4 dollari per notte). Lo staff è molto cordiale e se chiedete di Alessandro sarà molto contento di parlare con voi un po’ di italiano, visto che di turisti italiani, da quelle parti, non se ne vedono poi molti. Dopo essermi accomodata in stanza ho subito noleggiato, proprio di fronte, una comodissima bicicletta, con la quale mi sono recata al “porto” per andare e prendere il battello per Mingun. Il punto di imbarco è un po’ diverso da quello che noi occidentali siamo abituati a vedere: lungo la sponda del fiume tutta una serie di barche, rigorosamente in tek, adibiti al trasporto di varie merci o delle persone.I turisti, logicamente, devono attendere di essere almeno in 3, per poter prendere un battello a parte, pagare la tassa governativa, venire registrati e poi poter salire sul loro battello. Intanto nell’attesa, vengono avvicinati da una serie di simpaticissimi bambini vocianti che ti vengono a chiedere una caramella o semplicemente vogliono toccarti la mano.

Mingun ti accoglie con la sua sabbia dorata (si dice che nel fiume Irawaddy si possano ancora raccogliere piccole pagliuzze d’oro) e i carretti trascinati dai buoi. Vale la pena, per pochi dollari, farsi accompagnare per il breve giro da qualche ragazzo del posto che ti può portare fino in cima alla pagoda e ti mostra quali sono i punti migliori per scattare una belle fotografia. E magari, se hai fortuna come me, ti mostra qualcosa di diverso, come le piante di arachidi che crescono in riva al fiume o ti porta da una sua amica che si offre di truccarti un po’ con la tanaka, un trucco ricavato dalla corteccia dell’omonimo albero.

Ritornata a Mandalay, dopo un breve riposo, ho deciso di andare a visitare la Mandalay Hill, che si raggiunge dopo aver salito, logicamente a piedi nudi, una “breve” rampa di gradini. La vista, dall’alto della collina, toglie veramente il fiato e da lì puoi vedere tutta la serie di templi e pagode che la circondano. Mi sarei fermata volentieri di più, ma era mia intenzione visitare ancora qualcosa in giornata. Invece, arrivata a terra, mi ha avvicinato una insegnante di inglese in pensione, che mi ha invitato a bere con lei un te lì vicino. E come avrei potuto dire di no! Viaggiare per me è soprattutto questo! Non solo vedere le cose che ti circondano, ma anche conoscere le persone che vi abitano! Così ho finito il resto della giornata con lei, che poi mi ha mostrato il monastero da dove è partita la rivolta dei monaci di Mandalay e poi mi ha mostrato la sua piccolissima baracca.

13/03/09 Sono andata a visitare con un ragazzo birmano che sta studiando l’italiano e vuole fare la guida turistica, le 3 città imperiali: Sagain,Inwa e Amarapura, dove c’è il ponte di tek più lungo del mondo. Invece di fermarmi però come tutti i turisti a fare le foto al tramonto sul ponte, sono ritornata in città e sono andata a visitare la Kuthodaw Paya, ossia il libro più grande del mondo.

Le atmosfere, in questa città magnifica e romantica, sono veramente molto particolari e, se si vuole fare una bella foto, basta scegliere lo scorcio che ti piace di più e attendere lì l’ora favorevole.

Per finire la serata, ascoltando il consiglio di un amico, sono andata a vedere lo spettacolo dei Moustache brothers. Mi aspettavo uno spettacolo in una sorta di teatrino. Invece ci si siede su delle sedie di plastica in una specie di stanza e i Moustache brothers si esibiscono proprio davanti a voi e con voi si fermano a parlare di costumi birmani, di usanze e soprattutto si ironizza sulla politica e sul regime che, soprattutto in questi giorni, sta opprimendo il paese e più di 2000 prigionieri politici costretti ai lavori forzati.

Se siete diretti ad una visita a Mandalay vi raccomando di non farvi mancare questo spettacolo, per capire un po’ meglio il paese che avete deciso di visitare!!! 14/03/09 Partenza alle 08.00 dalla stazione dei bus di Mandalay alla volta di Bagan. Anche qui il viaggio previsto è di circa 7-8 ore, lungo strade asfaltate, sconnesse, sabbiose (si attraversano anche quelli che durante il periodo delle piogge sono i letti dei fiumi!!). Dopo le solite varie tappe nelle case da te con intervalli di 3 ore e un piccolo contrattempo con il bus che non riesce più a ripartire e viene spinto a braccia da tutti gli uomini che sono a bordo, alle 14.30 arriviamo a Bagan, dove ho deciso di pernottare presso l’Eden park hotel, una guest house bellissima che, per 7 dollari a notte, oltre come da tutte le parti la prima colazione, ti offre anche una bellissima e grande stanza con arredi tutti rigorosamente in tek, un bel bagno spazioso e una terrazzina che si affaccia sul giardino. Dopo aver appoggiato i bagagli, noleggio una bicicletta per andare a visitare la Shwezigon Paya, il prototipo per tutti gli zedi costruiti nel resto della Birmania.

A piedi nudi, come in tutti gli altri templi visitati, visito il posto, come sempre rincorsa dalle frotte di bambini sorridenti che ti vogliono fare da guida e ti chiedono chi una penna, chi una caramella, chi, semplicemente una foto con loro.

Finita la visita, anche se un po’ stanca, decido di fare ancora un piccolo giretto nelle vicinanze e rimangono affascinata dalle migliaia di templi e pagode sparsi nella pianura e che al tramonto si colorano di tinte meravigliose che, solo a ripensarci, tolgono il fiato!!!!! 15/03/09 Dopo aver fatto colazione nello stesso localino dove la sera prima a lume di candela avevo assaporato l’insalata di foglie di the e il più buon ananas fritto che io avessi mai mangiato, alle 09.00, con il carretto trainato dal cavallo che mi aspettava davanti all’hotel, ho fatto il giro dei templi principali.

I posti da visitare si possono facilmente trovare su tutte le guide disponibili, poi, a seconda dei gusti di ognuno, ci si può fermare in questo o in quel tempietto per vedere i vari decori esterni e interni. Infatti in quasi tutte le costruzioni, sono rimasti dei magnifici affreschi con delle raffigurazioni della storia del Budda. (Mi raccomando non dimenticatevi di portare una torcia elettrica perché nei templi più isolati non troverete praticamente nessuno che possa farvi da guida!!!) La salita ad alcuni templi purtroppo è proibita (forse perché il governo vorrebbe che, per ammirare il panorama, ci si recasse sulla orribile torre a pagamento da esso costruita recentemente!!!) Fortunatamente da qualche parte troverete un “custode” che, in cambio dell’acquisto di qualche pittura su sabbia o qualche spicciolo, vi aprirà un cancello grazie al quale potrete accedere alla parte superiore della struttura e ammirare il panorama circostante che, ovunque vi troviate, sarà comunque meraviglioso!!! 16/03/09 Mi sono svegliata presto, in modo da poter ammirare anche la “sfilata” mattutina dei monaci che, con le loro giare, in fila indiana, si recano di casa in casa a farsi dare le offerte.

Dopo una lauta colazione, ho inforcato la bicicletta con la speranza di passare una bella giornata in giro per le strade di Old Bagan. E così infatti è stato, accompagnato tra l’altro da un altro simpaticissimo ciclista rincontrato lungo il percorso.

Ritornata all’albergo ho avuto però una sorpresa non molto piacevole (ma abbastanza comune in Birmania). Non c’era infatti la corrente, ma non sarebbe stato un grosso problema, se non fosse stato che fuori era già buio e io dovevo prepararmi i bagagli perché alle 4 di notte dovevo andare a prendere il bus alla volta del lago Inle.

Per fortuna la mia torcia, anche in questo caso, è stata efficientissima e mi ha accompagnato nelle mie faccende per tutta l’ora di black out.

17/03/09 Dopo qualche peripezia per prendere il bus di cui ho parlato precedentemente (visto che il carretto che doveva accompagnarmi alla stazione non c’era e la stazione dei bus non era quella che conoscevo ma un’altra), in piena notte sono partita alla volta del lago che si trova nello stato Shan.

Questo bus, anche se il costo si aggirava sempre intorno ai 10 dollari come i precedenti, era molto più scassato. Si trattava penso di un vecchio bus coreano dimesso, con i sedili duri, la mercanzia e la gente abbarbicata anche sul tetto e con le porte che rimanevano sempre costantemente aperte perché il “controllore” doveva continuamente sputare la noce di belen che, come tutti i birmani, si stava mangiucchiando per tutta la strada.Ed in più era un locale, ossia, ogni mezz’ora si fermava per far salire o scendere qualcuno!! Il viaggio, come del resto gli altri, è stato molto divertente. Secondo me la cosa importante è capire che, anche quella parte che si passa così fa poi parte integrante della tua particolare esperienza.

Dalla zona pianeggiante, secca, calda e sabbiosa di Bagan, siamo andati verso la zona montuosa e più fresca dello stato Shan. Lungo la strada le soste sono state numerose, soprattutto perché la “strada di montagna” è in continua costruzione, ma non come possiamo immaginarcela noi occidentali! E’ pieno di donne, uomini e persino bambini che sono arrampicati alla roccia e, con attrezzi rudimentali, la cercano di spaccare per portarla sul piano dove, dotati di altre pietre o vari martelli, altre persone la spaccano a pezzettini sempre più piccoli che poi, con un certosino lavoro d’incastro la posizionano sul manto stradale. Senonchè, dopo 1 o 2 passaggi degli immensi camion governativi che trasportano quintali di tronchi di tek, è tutto di nuovo distrutto e tutto da rifare. Per cui, sulle strade c’è un lavorio continuo, dalla mattina alla sera.

Alle 16.00, finalmente, siamo giunti a Nyaungshwe, dove si trovano la maggior parte dei centri alberghieri del lago Inle. Purtroppo il tempo non era molto sereno, tanto da non lasciar nemmeno intravedere le montagne circostanti. Affamata, sono andata a mangiare al tanto reclamizzato Golden Kyte, dove, invece della pizza che gran parte dei turisti assaggiano, oltre alla mia solita super cena, ho preso anche un buonissimo lassi all’avocado, che è il frutto tipico della zona.

Ma prima, per rilassarmi del lungo viaggio, sono andata a farmi fare 1 ore e mezza di massaggio tipico burmese per l’ingente costo di ben 5 dollari da una signora di nome Win Nyunt.

18/03/09 Ha diluviato tutta la notte e, anche la giornata seguente non è che promette al meglio. Tuttavia ho deciso di farmi in ogni caso il giretto del lago e andare a visitare un mercato locale che, per ogni giorno della settimana, si tiene in un paese diverso.

Si parte dal porto della città a bordo di una lancia a motore il cui costo si può dividere anche fra più persone. Attraversando il lago si vedono i pescatori Intha, famosi per la loro tecnica di remare aiutandosi con il piede in modo da avere le mani libere per poter calare le reti; si vedono i pescatori intenti a raccogliere le alghe che poi serviranno da base per costruire i floating gardens. Infatti il lago è anche famoso per i giardini flottanti dove vengono coltivate ¾ degli ortaggi che poi vengono distribuiti in tutto il paese. E vi posso assicurare che la verdura, da queste parti, è veramente ottima!!! Inoltrandoci tra i vari canali per andare a visitare il mercato del mercoledì, si possono ammirare i bambini che fanno il bagno fuori dalle palafitte, paesani che si spostano su canoe di tek cariche di verdura e mercanzia di ogni tipo, contadini intenti alla coltivazione del riso. Il tutto immerso in una bellissima vegetazione tropicale.

Il mercato che ho avuto l’onore di visitare era veramente splendido, anche se per arrivarci bisognava farsi una mezz’oretta di cammino in mezzo alla campagna birmana.Fortunatamente il cielo era leggermente velato, così non si pativa il caldo.

Il mercato era diviso per specialità: da una parte c’erano le stuoie con il pesce secco, dall’altra quello con il pesce fresco, poi c’era il settore con la frutta e la verdura, quello con le stoffe, quello con la “ferramenta”,quello con i vari curry, quello con i the e quello con i vari prodotti a base di farina di riso. Poi, sul retro c’erano le cucine e, da un’altra parte, c’erano i signori che riparavano i carri dei buoi. E’ stata veramente un’esperienza bellissima! Poi, sulla via del ritorno, ha cominciato a tuonare e, sfortunatamente, per tutto il pomeriggio, ha continuato a piovere insistentemente. Tuttavia sono riuscita lo stesso a visitare ancora qualcosina: un laboratorio dove lavoravano a mano l’argento, uno dove facevano i sigari e uno dove lavoravano la seta e una fibra ricavata dalla radice del fiore di loto.

Dopo aver pranzato un ottimo piatto di alghe di lago, sono andata a visitare la più importante pagoda della zona, dove sono custodite 5 statue del Budda che ogni anno vengono portate a bordo di un’imbarcazione reale a fare il giro del lago: Phaung Dawoo Paya. Poi, sempre sotto l’acqua, sono andata a visitare Indein, alla quale ci si arriva passando una serie di bellissimi canali in mezzo ad una lussureggiante vegetazione: un posto che vale la pena di andare a vedere, ma non sicuramente sotto il diluvio universale!! Prima di rientrare, abbiamo fatto ancora una tappa al monastero dei gatti saltanti: dai gatti non ci si deve aspettare un gran che, ma il posto è carino e ci sono esposti anche una serie di statue del Budda realizzate negli stili shan, tibetano, di Bagan e di Inwa.

19.03.09 Visitato il mercato galleggiante di Ywama, a cui si arriva sempre su una lancia a motore. Il tutto è molto turistico, almeno che qualcuno non vi porti al mattino molto presto quando ci sono le trattative tra i mercanti della zona. Alla sera sono andata la Lotus restaurant dove ho potuto assaggiare delle specialità Shan, tra cui una saporitissima zuppa di pomodori coltivati sempre sugli isolotti galleggianti. Il gestore è molto simpatico e, se si ha del tempo a disposizione, si possono fare con lui dei tour sulle montagne circostanti.

20.03.09 Alle 12.00 (gli orari dei vari servizi sono tutti relativi) ho preso il bus per tornare a Yangon. Il viaggio è stato lunghissimo (la bellezza di 17 ore), con soste ogni 3 ore per rifocillarsi un po’. Sono stata fortunata perché, in una fermata notturna, ho potuto ammirare nel cielo stellato la famosa croce del sud, il corrispondente nell’emisfero australe della nostra stella polare! 21.03.09 Arrivo alla stazione dei bus alle 04.30 da dove ho preso, assieme ad un’altra ragazza il taxi per recarmi al mio nuovo albergo.Il White House Hotel. L’albergo si trova in centro, in una zona abbastanza frequentata e, per accedere alle stanze bisogna farsi una bella scarpinata su per le scale, ma, la colazione che ti offrono al mattino vale sicuramente la pena di fare questo piccolo sforzo!! Dopo aver fatto un giretto nel mercato lì vicino, mi sono fatta accompagnare in taxi al museo delle gemme, che si trova molto all’esterno della città. Il museo in realtà non è molto grande e, gran parte della palazzina in realtà è occupata da numerosi negozi dove ti vendono pietre di ogni tipo. I prezzi non sono sicuramente economici e, fare un acquisto e poi magari ritrovarsi in mano uno spinello anziché un rubino, non risulta molto conveniente. Ma vi consiglio di fare una visita alla stanza che si trova all’ultimo piano, perché si rimane veramente a bocca aperta!! Dopo aver riposto tutti i tuoi averi in un mobiletto sigillato e aver compilato i soliti documenti con tutti i tuoi dati di turista per entrare, vengono aperte le porte sprangate a chiave di un salone dove sono custodite montagne (nel vero senso della parola) di pietre preziose di tutti i tipi: di rubini, diamanti, giade e zaffiri, il tutto messo lì semplicemente in una leggerissima bacheca di vetro senza alcuna valido sistema di allarme. Tra le altre cose si possono ammirare il rubino più grande del mondo, gioielli di oro incastonati con un’immensità di pietre varie, druse di vari minerali e queste montagnette di pietre preziose che ti fanno capire quanta quantità di queste minerali si posso trovare nelle montagne di questo paese in realtà poverissimo. E’ veramente uno spettacolo che ti lascia a bocca aperta!! Dopo questa visita che consiglio a tutti di fare, mi sono fatta portare con un taxi alla Shwedagon paya, dove ho deciso di passare una giornata come fanno i veri birmani: godendomi il posto, riposando come fanno loro sotto i vari tempietti e mangiando all’ombra di un baniano, ammirando la meraviglia di tutti questi piccoli stupa brillanti al sole. Ho potuto incontrare tantissime persone Coccolissime che mi hanno chiesto delucidazione e informazioni sul come si vive e sul cosa si fa nel mio Paese, tra cui anche monaci, professori e studenti vari. E’ stata veramente una giornata rilassante e piacevole, terminata all’ombra degli stupa tutti illuminati per le preghiere della sera! 22.03.09 Il mio bellissimo viaggio è terminato e sono pronta a ritornare sulla via di casa, non prima di essermi trattenuta con un altro vecchietto del Paese il quale, vedendo il cappello di bambù che ho acquistato per l’ingente prezzo di 50 centesimi di Euro, mi dice che quello è il cappello dei democratici di Aung San Suu Kyi e mi spiega quanto la leader birmana, che da lì a pochi giorni verrà di nuovo arrestata, sia cos’ importante per la democrazia e il popolo della Birmania.



    Commenti

    Lascia un commento

    Leggi anche