Il mio viaggio esplorativo nelle Filippine

Un primo tour fra i luoghi più conosciuti, per poi ritornare
Scritto da: JKaci
il mio viaggio esplorativo nelle filippine
Partenza il: 07/01/2019
Ritorno il: 29/01/2019
Il mio viaggio esplorativo delle Filippine. Una nazione con più di 7000 isole, una vita non basterebbe per vedere tutto, quindi ho iniziato da i luoghi più famosi e turistici, sperando di tornare quanto prima in questo paradiso. Sono stato già in Thailandia, nel Laos, in Cambogia e in Vietnam; e le Filippine devo dire che se, da un lato, perdono in cultura e monumenti, dall’altro vincono su tutto il resto, soprattutto per quanto riguarda i paesaggi e per la conservazione del patrimonio naturalistico. Anche se, ovviamente, stanno andando incontro ad uno sviluppo turistico massiccio. Visitatele quanto prima e non preoccupatevi troppo dell’itinerario; troverete sempre dei tesori nascosti. Il mio lavoro è quello di guida escursionistica, per cui amo l’outdoor e, in questo viaggio, ho cercato di variare le attività, anche se ho comunque prediletto il mare rispetto alle scarpinate, a differenza degli altri viaggi. www.cartotrekking.com

– Le foto sono state scattate con una Fujifilm xp300

7 Gennaio: Partenza

Dopo aver controllato per un po’ di tempo i voli, ho prenotato, a metà ottobre, un volo Emirates a 530€ per Bangkok (c’erano altri voli che costavano 60/70 euro in meno, ma con scali molto lunghi e non in un aeroporto confortevole come quello di Dubai). Partito alle 15,45 da Napoli con bus Fiumicino Express (20€ con partenza da Piazza Garibaldi), sono arrivato a Fiumicino alle 19 , avendo il volo in partenza alle 20,50.

8 Gennaio: Bangkok e Manila

6 ore per arrivare a Dubai e, dopo 1,30h di scalo, altre 6 ore per Bangkok. Arrivo alle 18 a Suvarnabhumi, l’aeroporto più grande, da dove ripartirò per le Filippine il giorno dopo. Alloggio per la notte nella zona di Lat Krabang, che consiglio a tutti quelli che si ritrovano a passare una notte intorno l’aeroporto. L’albergo è il Golden Suite, molto confortevole ed economico, dove posso rifocillarmi con una cena Thai.

9 Gennaio: Direzione Cebu city

La mattina dopo, pagando 80 bath per la navetta fornita dall’hotel, arrivo in aeroporto prima delle 8, avendo il volo alle 10,20. La compagnia è Cebu Pacific, che da Bangkok passando per Manila, mi porterà più a sud, nella capitale delle isole Visayas, Cebu city. Impieghiamo 3.30h per arrivare a Manila, purtroppo qui lo scalo di 2 ore diventerà di oltre 4 ore, episodi da mettere in preventivo qui nelle Filippine. Arrivo quindi per le 21 circa a Cebu, per la precisione a Mactan, che è un’isoletta staccata dalla terraferma dove è, invece, situato il centro di Cebu. Per risparmiare sul taxy, prendo il bus per la baia che dall’aeroporto porta alla stazione sud degli autobus, al costo di 80 pesos. Al momento del mio arrivo il cambio Euro/Pesos Filippino era a 58.

10 Gennaio: Cebu city

Le città nelle Filippine non sono un bel vedere, soprattutto comparate a tutta la bellezza naturale che le circonda: accozzaglie di palazzoni e di centri commerciali, con traffico costante dalle 6 di mattina fino alle 8 di sera. Cebu però è un buon porto d’arrivo per poter girare le Visayas; qui organizzo il mio viaggio in bus, per il giorno successivo: direzione Moalboal, città situata a sud-ovest rispetto a Cebu city. Compro una SIM filippina sfruttando le tariffe agevolate per internet. Vi consiglio di scegliere una compagnia come Globe, in modo da fare ricariche più facilmente. Il tempo è abbastanza piovoso questa giornata, ma riesco comunque ad esplorare il centro, se così si vuole chiamare, della città. Sono già in corso i preparativi per il Sinulog, festival di matrice religiosa che si terrà da lì a 10 giorni, per cui l’accesso alla piazza della Croce di Magellano è limitato, e non è possibile entrare con zaino o bottigliette. Si celebra “El Santo Nino”, statuetta spagnola raffigurante il bambin Gesù in piedi, portata nel sedicesimo secolo dai seguaci di Magellano. Le Filippine hanno avuto una dominazione spagnola, ma in realtà, in un primo momento, avevano sconfitto gli spagnoli della Spedizione di Magellano, grazie all’eroe Lapu-Lapu, al quale è stata dedicata una statua a Mactan. Un paese, quindi, prettamente cattolico, ad eccezione dell’isola meridionale di Mindanao e di altre isole limitrofe; qui, durante il mio soggiorno, vi è stato un attentato di matrice islamica. Nulla di preoccupante per i turisti: basta non andare nelle zone calde quindi a Mindanao, e nello specifico nella zona di Zimboaga e le isole vicino all’Indonesia; in più, nella parte meridionale di Palawan. Tutto il resto è assolutamente sicuro, Bohol e Siquijor, come anche Siargao (dove non sono stato), sono vicinissime a Mindanao, ma assolutamente senza problemi per la sicurezza . Il mio alloggio a Cebu era il KC studio, super-palazzone con mini-appartamenti a 24€ a notte vicino il Mango Mall.

11 Gennaio: Moalboal

Ci sono molte maniere per spostarsi per l’isola di Cebu ed in generale in tutte le Filippine; per raggiungere Moalboal ho preso un van a 9 posti alle 9.00, arrivando a destinazione intorno le 12.00 pagando 250 pesos. Si può anche prendere un semplice bus a 180 pesos oppure un taxy, il quale viene a costare sui 2000. Il mio viaggio con madri e bambini locali è stato un bel modo per entrare nelle vere Filippine, lontane dai palazzoni. Scendendo a sud, in direzione della città di Carcar, si nota scemare la città pian piano con le milioni di baracche sulla costa, palafitte costruite alla meglio vicino al mare o sugli argini dei fiumi, spesso molto pericolanti: sorrette da esili bamboo e alternate a centri commerciali giganti, con un porto molto trafficato. Superata la città, l’isola comincia a mostrare la sua bellezza partendo dalla costa sud fino a Carcar, passando per le colline interne e finendo sulla costa orientale; e infine a Moalboal, dove con mia grande delusione il cartello d’ingresso al villaggio è sponsorizzato McDonald. Il villaggio di Moalboal è a 3km circa dalla costa, ma da qui passano tutti i trasporti per le disparate direzioni. Alla fermata del bus un “ausiliare al traffico” aiuta i turisti e fa rispettare il turno ai vari sidecar, che fungono da taxi per la spiaggia. La mia sistemazione, nei pressi di Panagsama beach ,è il Bamboo Hut ad 11€ a notte, spartano ma non troppo vicino la spiaggia, a stretto contatto con la popolazione locale. Simon, il proprietario australiano del posto, mi aiuta subito ad organizzare la mia spedizione alle Kawasan falls per il giorno dopo, e mi suggerisce di andare a godere subito del reef (e non della spiaggia, come ci tiene a precisare). In effetti la spiaggia è carina ma non molto grande e, di sicuro, meno attrattiva delle altre spiagge che incontrerò in questo viaggio; tuttavia, è praticamente l’ingresso a una barriera corallina magnifica, giusto 3 metri e avrete la sensazione di essere entrati in un grosso acquario! Sulla spiaggia ci sono bei ristorantini e alcuni baretti che ben si abbinano con il posto; Moalboal è principalmente un sito turistico per le immersioni , ma anche luogo di partenza per svariate attività come ovunque nelle Filippine: Trekking in collina tra laghi e giungla, Canyoneering alle cascate, Island Hopping all’isola Pescador e dintorni, White beach e molto altro ancora.

12 Gennaio: Badìan (Kawasan Falls)

La mattina mi sveglio alle 6 per attendere una persona che mi verrà a prendere per portarmi ai centri di Canyoneering a Badian, ma alle 7 non c’è ancora nessuno. Simon ,fortunatamente, si sveglia ad orari Filippini e subito chiama per capire. La prima persona, a quanto pare era inaffidabile, quindi ne chiama un’altra che arriva in 5 minuti. Con il motorino partiamo per le cascate e impieghiamo circa mezz’ora, ho con me solo una compatta impermeabile, un giacchetto, dei pantaloni impermeabili e un ricambio. Il meteo a Gennaio nelle Filippine è un po’ instabile, dato che si tratta del periodo di passaggio alla stagione secca, ed è quindi bene essere sempre preparati con indumenti impermeabili per evitare malanni indesiderati. Anche se, a detta dei locali, quest’anno era particolarmente piovoso. Per la discesa in fiume non ci forniscono delle scarpe antiscivolo che ci vorrebbero ma di semplici scarpe da ginnastica Decathlon a suola liscia, niente di più sbagliato per camminare sulle rocce bagnate; dal centro si parte in motorino ed in 10min si raggiunge l’ingresso del percorso situato più in alto in collina. Dopo aver pagato 50 pesos di tassa d’ingresso (250 per il motorino e 1000 per il Canyoneering con guida privata) ed aver ascoltato le raccomandazioni dei funzionari, partiamo a piedi in direzione del fiume: subito io e la mia guida stacchiamo gli altri due gruppetti di ragazzi giapponesi, mattinieri come noi, e ci ritroviamo dopo una discesa importante al fiume e alle prime cascatine. Un percorso spettacolare con un acqua celestina, molti anfratti magnifici e i raggi di sole che tagliavano la visuale dietro di noi, ho affrontato diversi salti e tuffi tra cui i due più alti di 12 e 14m. Un posto che consiglio assolutamente come tutta la zona intorno, sarà sicuramente Cebu, l’isola che approfondirò quando tornerò in questo paese.

13 Gennaio: Dumaguete

La mattina chiamo il primo sidecar che passa per raggiungere la fermata di Moalboal, per poi aspettare un bus della compagnia Ceres, direzione sud. L’ausiliare del traffico mi rassicura sulla direzione del bus che farà la sua ultima fermata a Batò, dove c’è un piccolo porto: il ticket costa 120 pesos per più di due ore di tragitto. Arrivato a Batò, preferisco prendere un sidecar per raggiungere Liloan, ovvero un porticciolo ancora più a sud, con più corse e con arrivo nel porto di Sibulan (Isola di Negros Oriental), situata a soli 4km dal centro di Dumaguete; da Batò invece si arriva al porto di Tampi dove comunque sarete obbligati a prendere un sidecar. Dumaguete è già più carina e vivibile, rispetto alle altre due grandi città che ho visto (Manila e Cebu city) con un lungomare, ampiamente decantato dalla Lonely Planet. Quest’ultimo si presenta con vecchi lampioni di inizio ‘900, ma resta comunque bruttino agli occhi di un italiano. Dumaguete è la base di partenza per le isole di Apo e Siquijor, ma ha molto altro da offrire anche per il trekking a poca distanza dalla città. Io mi dedicherò alle due isole e, il pomeriggio, dopo un pranzo sul lungomare, prenoto per il giorno dopo lo snorkeling per Apo Island (Apo vuol dire Tartaruga) con Harold’s, una compagnia molto sponsorizzata che è anche catena di ostelli. Il mio alloggio è il Sam’s Bed and Breakfast, struttura nuovissima, pagato 28€ a notte per un appartamento familiare; molto verde per essere a Dumaguete; stavano aggiungendo dei bungalow in bamboo durante il mio soggiorno.

14 Gennaio: Apo Island

Appuntamento 8,30 alla sede di Harold’s; lasciato lo scooter (affittare un 125cc costa sui 250 pesos al giorno nelle Filippine), firmo alcuni fogli e mi forniscono di pinne, maschera e salvagente; tutta la giornata organizzata, più l’equipaggiamento, costano 2000 pesos. Partiamo con diversi bus della compagnia in direzione sud, verso la spiaggia a Malatapay (volendo potete anche organizzarvi da soli la visita prendendo una barca di linea al porto lì vicino). La barca è sui 20 metri con due grossi bilancieri ai lati (le classiche Bangka in uso in tutte le Filippine); nonostante il mare mosso, non si percepiva troppo il movimento, l’ho rimpianta in altre giornate di questo viaggio. Siamo divisi in gruppetti di 5-8 persone, sia per le immersioni che per lo snorkeling: ognuno ha una sua guida con un salvagente di riferimento. I gruppetti nuotano non troppo vicini tra loro, anche perché ovunque rivolgi lo sguardo vedi tutti i colori e la vita di questo santuario marino, protetto già dagli anni ’70, per cui una barriera corallina ben conservata. Anche le tartarughe non vengono stressate più di tanto da queste escursioni giornaliere, anche perché non vengono mai soffocate troppo dai turisti e dalle loro fotocamere. Entriamo in acqua quattro volte, in totale; in luoghi non troppo lontani l’uno dall’altro, spezzando con degli snack e un copioso pranzo filippino. Inutile dire che farsi amici di tutte le nazionalità è facilissimo: una giornata stupenda coronata dal magico silenzio del ritorno in spiaggia al tramonto. La sera, dopo una cena veloce in centro, bevo un paio di birre al Hayahay di fronte al mare, bar a palafitte con musica dal vivo e lounge.

15 Gennaio: Siquijor

La mattina mi presento alla biglietteria Oceanjet un’ora prima della partenza del traghetto per Siquijor, che sarà alle 9,30. Sam, il proprietario, è così gentile da accompagnarmi; nell’aspettare, mi godo per l’ultima volta il lungomare di Dumaguete, con il grande edificio dell’università. Il ferry costa 180 pesos per Siquijor e, appena arrivo, affitto uno scooter stesso all’interno del porto, per tutta la giornata, concordando di essere accompagnato il giorno dopo a Larena ,dove partirà il ferry per Tagbilaran/Bohol: pago il tutto 500 pesos. Siquijor merita sicuramente una permanenza più lunga ma in una giornata in motorino riuscite a visitare, bene o male, tutti i luoghi più belli; in scooter l’esperienza è emozionante, permettendoti di entrare all’interno dell’isola a contatto con la gente del posto tra i più gentili e calorosi di questo mio viaggio, specialmente i bimbi. Dopo giungla, cascate e paesini, mi dirigo alla spiaggia di San Juan per aspettare il tramonto su Apo Island con una Red Horse fredda (La birra nazionale è la San Miguel, la Red Horse è la sua versione strong). Il mio alloggio è la Go Guesthouse, costato 11€; è molto vicino al porto di Siquijor, con camere accoglienti e bagno in comune. Siquijor è considerata l’isola degli stregoni e mi è capitato di dire a dei Filippini che avevo intenzione di andarci o che ci ero stato, ed essere considerato quasi pazzo. La paura è ingiustificata: su quest’isola c’erano dei curatori tradizionali che, con un misto di medicina naturale e riti con l’acqua, guarivano le persone; al giorno d’oggi si dice che ci sia ancora qualcuno che a richiesta mostra questi riti ai turisti.

16 Gennaio: Tagbilaran/Panglao

La mattina, come concordato, un sidecar mi accompagna all’altro porto dell’isola, a Larena; avevo comprato il biglietto il giorno prima (quando possibile, è la cosa migliore da fare), quindi pago solo il bagaglio e la tassa del porto (Sono solitamente due sportelli diversi). Conosco qui due ragazzi asturiani, con cui condividerò diversi giorni in questo viaggio. Con Rubèn e Diego, dopo circa 3h di ferry, arriviamo a Tagbilaran e dopo aver recuperato i bagagli prendiamo un sidecar. Ci dirigiamo a Panglao dove i nostri hotel non sono troppo distanti da Alona beach; ho tre amiche che mi aspettano e che hanno visitato, per intero, l’isola di Bohol prima d’incontrarmi. Il nostro alloggio è su Libaong White beach: l’Aramara hotel; camere grandi e comode, a due passi dal paradiso, costato 30€ a notte. La sera mangiamo al Bamboo restaurant, dove il proprietario italiano ci da varie dritte su Panglao che risulteranno utili. Panglao è stato il posto dove sicuramente abbiamo mangiato meglio, complici i buoni ristoranti italiani; inoltre, considerando la forte valenza turistica, ad inizio gennaio 2019 è stato anche inaugurato un aeroporto.

17gennaio: Panglao

Con le ragazze decidiamo di goderci una giornata di relax, abbandono quindi gli spagnoli; 6 ore di scooter per andare e tornare dalle Chocolate Hills (Colline nell’entroterra molto particolari e geometriche). Ci lanciamo, quindi, alla ricerca di una spiaggia solitaria. Grazie alle informazioni avute il giorno prima, facciamo subito centro recandoci a San Isidro beach, trovando un piccolo paradiso tutto per noi. Sulla strada per arrivare, a San Isidro, c’è un ristorante spagnolo a palafitta dove andiamo a pranzare: piccole Tapas di pesce o verdure, e molte altre cose di qualità da mangiare, con altalene che affacciano sulla giungla e l’oceano. Tornando verso l’hotel, ci fermiamo alla Bohol Bee farm per visitarla e comprare souvenir eco-solidali: ci sono donne che fabbricano tappeti e sciarpe, un orto biologico enorme e tante arnie con api laboriose. Il gelato, i cosmetici e tutti gli altri prodotti hanno quasi tutti il miele biologico, prodotto in questa farm. La sera ceniamo al Luna Rossa, ristorante prettamente italiano e molto buono, con i proprietari quasi sorpresi di vedere altri italiani a gennaio.

18 Gennaio: Balicasag e Isla de San Francisco

La mattina saluto le ragazze che vanno a Cebu city, per prendere l’aereo per Coron il giorno dopo; così raggiungo Diego e Rubèn ad Alona beach, dove con la compagnia spagnola Piratas, andremo a visitare Balicasag e le Virgin Island, al costo di 2500 pesos a persona. Questa volta, abbiamo una barca solo per noi e dopo 45 minuti arriviamo a Balicasag, un’isola piatta, che non è altro che un accumulo di coralli su un camino vulcanico sottomarino. Lasciati gli zainetti alle nostre guide Filippine e preso l’equipaggiamento, entriamo in un’altra barchetta a remi guidata da un autoctono. Ci fermiamo prima a cercare le tartarughe, ma la visibilità non è buona come ad Apo e qui non sono così abbondanti; vedo infatti i ragazzi un po’ delusi. Quando invece passiamo al santuario, l’entusiasmo è tanto: nel salto dalla barriera corallina verso il mare profondo, si vive un’emozione unica. Come stare sull’orlo del mondo. Passiamo, credo, circa tre ore tra pesci e coralli, fino a che ci accorgiamo di essere l’unica barchetta in mare e che il tempo sta peggiorando. Torniamo a Balicasag e pranziamo in uno dei pochi bar/ristoranti dell’isola; aspettiamo ancora un po’, ammirando il talento dei giovani Filippini a basket sotto la pioggia, e poi con le nostre guide decidiamo di muoverci. Arriviamo alla più grande delle cosiddette Virgin Island: la Isla de San Francisco, dove ci accoglie una statua di Padre Pio di almeno 3 metri, evidentemente portata da cattolici italiani. Su una barca ,infatti, si legge chiaramente “Isola di San Francesco” e c’è anche una chiesa a lui dedicata, con all’interno un museo sulla vita di Padre Pio. Caratteristica dell’isola è una lingua di sabbia a mezza luna, di cui non possiamo godere a pieno dato il meteo. Rientriamo infine ad Alona beach e ci concediamo una birra artigianale molto buona (The Cebruery craft beers) al Bamboo restaurant, per poi incontrarci più tardi per andare a cena e passare una piacevole serata in un dei tanti bar di Alona.

19 Gennaio: Mactan

La mattina, con molta calma, sistemo le mie cose e riconsegno il motorino; saluto i ragazzi spagnoli che rivedrò a El Nido, e con un moto/taxy mi avvio verso il porto di Tagbilaran. Come già detto, ogni volta, è bene stare più di un’ora prima in porto, per comprare il biglietto e consegnare il bagaglio. Da Tagbilaran a Cebu city impieghiamo all’incirca 3 ore. In città sono molto attivi i festeggiamenti per il Sinulog , che entrerà nel pieno il giorno dopo; infatti all’arrivo al porto c’è molta confusione, si prospetta molto traffico ed opto quindi per una moto per arrivare all’isola di Mactan dove si trova l’aeroporto. In circa 40 minuti, tra i vicoli e il super stradone che porta ad uno dei due ponti di collegamento, arriviamo a Mactan. La Norway guesthouse, il mio alloggio per la notte, non dista molto dall’aeroporto e l’isola è completamente fuori dal caos del Sinulog, quindi strategico per il volo delle 10,00 del mattino seguente per Palawan. Durante il Sinulog non funzionano né la linea telefonica né internet, eccetto per il wi-fi negli hotel ed in alcuni centri commerciali: quindi è molto difficile comunicare specialmente con i locali.

20 Gennaio: Puerto Princesa

La mattina, dal mio hotel prendo un sidecar per l’aeroporto al prezzo di soli 8 pesos (a quanto pare tariffa fissa da quanto mi dice il padrone norvegese del mio hotel); in realtà mi lascerà a 1km circa perché impossibilitato a proseguire. Da qui, per 20 pesos con un moto-taxy arrivo alle Partenze. Philippe Airlines alle 10 per Puerto Princesa, la città più importante di Palawan, volo pagato 40€ due mesi prima. Non ho preso direttamente un volo per Coron o El Nido, come le ragazze , perché il mio obiettivo è visitare il fiume sotterraneo tra le 7 meraviglie del mondo naturale. Il fiume si trova a Sabang, un piccolo villaggio sul lato occidentale dell’isola e leggermente più a nord. Nonostante ci fossero dei tour che partono dalla città ogni giorno (a quanto pare troppo stressanti e frettolosi), decido di dormire due notti nei pressi di questa attrazione. Prendo un triciclo per la stazione San Josè dei bus, dove parte il van per Sabang (l’unico che arriva diretto al villaggio) al prezzo di 200 pesos e che impiegherà poco più di due ore. Durante il tragitto, capisco che le Filippine hanno tantissimo da offrire: anche quando credi di esserti abituato alla bellezza, arriva Palawan a farti rinsavire. Il van mi ferma poco prima dell’ingresso al villaggio sulla costa, al mio alloggio: il Bambua, costato 11€ a notte, immerso nella giungla e con rustiche camere dotate di ventilatore. Sabang, nonostante un paio di grossi resort sulla spiaggia, mantiene la sua autenticità di villaggio Filippino, tra la sterminata foresta tropicale, i campi di riso e l’oceano. Di sicuro uno dei posti più selvaggi che ho mai visto, nonostante il forte richiamo turistico del Fiume Sotterraneo.

21 Gennaio: Sabang e il Fiume Sotterraneo

La mattina, quindi per le 8,30, sono all’ingresso dell’ufficio turistico, dove trovo una cerimonia religiosa, a cui partecipano buona parte delle donne del villaggio; dopodiché mi metto in fila per pagare l’ingresso (150 pesos) più la tassa sull’ambiente (80 pesos); ho il bigliettino numero 16 e, considerando che possono arrivare anche sui 600 turisti al giorno, non è male. Firmate tutte le scartoffie, mi dicono di aspettare sul lato sinistro del porto le barchette che portano al fiume, ma io chiedo una guida per attraversare il breve tratto di giungla, tra Sabang e il fiume sotterraneo, mi indicano quindi il chioschetto sulla destra. Al prezzo di 200 pesos un ragazzo locale (con gli infradito) mi conduce sul sentiero all’interno della giungla, lui non parla molto inglese ma è molto giovane ed è bene che lavorino le persone del posto; in generale questa super-attrazione mi è sembrata gestita molto bene, non c’è immondizia e la comunità è tutta coinvolta. Dopo un attraversamento di un primo fiume con zattera, prendiamo il “Jungle Trail” che non è molto impegnativo se si esclude un’ultima salita di 10 minuti abbastanza ripida e il forte caldo. Arrivati all’ingresso del fiume, lascio lo zaino alla mia guida e mi fanno imbarcare con una famiglia di giapponesi. Ci sono, su per giù, 15 imbarcazioni all’interno del Fiume e, considerato quanto è largo (stanze di anche più di 200m) e quanto è lungo (percorribili 4.6km se ne vedono circa 2, lunghezza 24km), non si può considerare assolutamente affollato. Lo spettacolo è assicurato; quello che meraviglia di più sono le dimensioni delle conformazioni di roccia, ma quello che ha fatto entrare questo luogo nelle 7 meraviglie del mondo naturale è la facile accessibilità e la profondità, anche perché di grotte fantastiche ne è pieno il mondo. Alla fine del tour, torno dalla mia guida e ripartiamo per lo stesso sentiero; molto vicino all’ingresso del fiume, vediamo un enorme varano e un gruppo di macachi. Incrociamo un’altra guida con un turista ceco, contenti entrambi di poter dialogare un po’ mentre camminiamo, facciamo il tragitto insieme, e mi convince a provare la Zip-line, attività che non mi ha mai attirato, non per paura ma perché ho sempre pensato sia molto turistica. Arriviamo quindi sulla spiaggia di Sabang e giriamo a destra, in direzione di una piccola collinetta che affaccia sul mare, da dove ci lanceremo. L’emozione forte è molto più per la prospettiva diversa del paradiso in cui mi trovo, che per il lancio in sé. Dedico poi il resto del giorno al relax, con tanto di massaggio sulla spiaggia al tramonto, poco da dire: Sabang merita assolutamente una visita.

22 gennaio: Arrivo ad El Nido

La mattina mi reco nei pressi della spiaggia dove partirà il van per El Nido alle 7,30, come mi avevano detto quando il giorno prima avevo comprato il ticket a 450 pesos. Il bus in realtà partirà alle 8,30 perché attendiamo altri van che arrivano da altri posti vicini; cose del genere possono capitare nelle Filippine, prendete sempre tutto con un sorriso tanto le vostre lamentele non cambieranno nulla. In circa quattro ore e 30 di tragitto splendido, nella parte settentrionale di Palawan, arrivo alla stazione dei bus, poco prima del paesino di El Nido; prendo un triciclo per il centro a 50 pesos e raggiungo il mio alloggio. Il giorno prima Booking.com mi aveva avvertito che la mia prenotazione era cancellata al Marigold beachfront inn sulla spiaggia, a causa di un incendio causato da un ristorantino di pesce poco distante: mi avevano offerto delle alternative allo stesso prezzo ma non troppo allettanti. Avendo le mie amiche lo stesso problema, decidiamo di prendere una stanza da quattro persone non troppo lontano dall’ hotel originale, al prezzo di 1800 pesos per 3 notti. El Nido da Gennaio a Maggio è sempre molto affollata e conviene prenotare tutto in anticipo. Su indicazione dei ragazzi spagnoli, prenotiamo un tour con la compagnia Kraken al costo di 3000 pesos; in realtà, si trovano tour Island hopping anche a 1000/1200 pesos, ma decidiamo di puntare sulla qualità. Così, lasciamo 4 giorni prima 1000 pesos di caparra tramite la loro pagina facebook, e paghiamo il resto la mattina sul posto. El Nido è un villaggio nato per i turisti che vogliono visitare l’arcipelago di Bacuit in rapida espansione; il centro è molto grazioso con vari ristorantini e bar interessanti, ma sui lati del villaggio si vedono le prime costruzioni di super-resort e centri commerciali.

23 Gennaio: El Nido Tour A

La mattina ci svegliamo con molta calma, la compagnia Kraken tende a partire dopo le altre barche per godere delle varie isole e baie, da soli o quasi, e devo dire che la strategia funziona, considerando anche che siamo stati gli unici a goderci il tramonto in barca. Alle 10,30 siamo alla sede della Kraken sulla spiaggia; nei giorni prima c’è stato un bel vento e il mare non è calmissimo. Le ragazze hanno impiegato circa 5 e mezza da Coron con mare molto mosso e questo, per persone non abituate , può essere spaventoso. In generale, evitate di prendere il traghetto se vedete il mare eccessivamente agitato e/o sovraccaricato di gente! Le onde sono più a largo, quindi dopo un difficile imbarco e superati i primi dieci minuti, arriviamo più ad ovest, all’interno dell’arcipelago Bacuit dove l’oceano è decisamente più calmo. I due tour più scelti sono A e C: posso consigliare tantissimo il primo, ma vedendo le altre isole da lontano e da relativamente vicino, posso dire che qualsiasi cosa sceglierete sarà un successo. Lo staff della Kraken è molto capace e simpatico, anche se per quel che fanno sono sottopagati; la barca è grande e sicura, e gestisce bene le onde. Preparano per noi un ottimo ed abbondante pranzo Filippino, oltre a snack, succhi vari e cocktail al tramonto. Big e Secret lagoon (molto sponsorizzate) riusciamo a vederle praticamente da soli: per la prima ci lasciano un kayak per due, mentre per la seconda e tutte le altre soste bastano maschera e scarpe da scoglio. Rientriamo a Corong corong beach , dato che è più coperta dai venti, alle 18 godendoci il calar del sole. Prendiamo quindi un triciclo per tornare ad El Nido ed una volta là affittiamo due scooter fino alla sera dopo. Ceniamo all’ottimo ristorante greco sulla spiaggia e finiamo con un drink, in uno dei tanti bar in legno a più piani che ci sono in città.

24 Gennaio: El Nido Nacpan Beach

Scegliamo di non affrontare un altro tour in barca il giorno dopo, anche perché gli Island Hopping sono stati già un po’ e me ne aspetta un altro a Coron. La mattina quindi ci svegliamo con calma e andiamo con gli scooter a fare colazione allo splendido The Nesting Table, abbarbicato tra gli alberi sulla spiaggia di Corong Corong; affrontate le scale in bamboo, si entra in un mondo fantastico, tra i canti degli uccelli tropicali ed una vista splendida sulla baia di Bacuit. Ripartiamo alla volta di una grande spiaggia più a nord, passando per la zona in costruzione che da El Nido segue la costa, e per circa 5 km la polvere ci impedisce di goderci il tragitto. El Nido è già piuttosto famosa e Palawan è stata negli ultimi anni più volte nominata isola più bella al mondo; per cui, è normale aspettarsi una trasformazione veloce (in peggio) di questa destinazione. Grossi centri commerciali e fast food sono già in apertura tutt’intorno El Nido, ed il traffico vicino al centro non è particolarmente piacevole. Proseguendo, la vista migliora decisamente e Palawan chiarisce la sua fama: avrei potuto continuare ad andare verso nord per sempre, invece seguendo le indicazioni e con il prezioso aiuto di Maps.me, raggiungiamo Nacpan beach, dopo 22km complessivi. Dalla strada principale si gira a sinistra su una strada non asfaltata, fino a raggiungere un chiosco dove bisogna segnarsi ma senza costo d’ingresso; da qui , continuando ancora tra buche e bambini, arriviamo finalmente all’enorme spiaggia. Nacpan beach è lunga 5km ed è entrata di diritto tra le prime 10 spiagge più belle al mondo. Trovate buoni alloggi su Booking, o se siete più avventurosi, potete provare il fantastico Mad Monkey hostel sulla spiaggia. La sera mangiamo al Bella Vita, ottimo ristorante italiano sulla spiaggia di Corong Corong, dove saluto sia i miei amici spagnoli che le ragazze, dato che mi aspetta il traghetto per Coron alle 6 di mattina.

25 Gennaio: Coron

Mi sveglio alle 4,30 in gran silenzio, per non svegliare le ragazze; purtroppo per i traghetti bisogna essere al porto almeno un’ora prima e quello delle 6 di mattina non fa eccezione. Il tragitto è tranquillo e breve, dato che ormai il mare si è molto calmato, in circa 3ore e mezza sono a Coron city sull’isola di Busuanga. Il centro città non si differenzia molto da El Nido, due/tre strade parallele al mare, piene di hotel, bar, ristoranti e tricicli; ma le falesie di quest’isola e delle altre intorno sono molto più basse. Stanco per la levataccia, e in ritardo per le partenze dei vari tour in barca, decido di riposare un po’ al mio ostello (Happy Camper Hostel, 6€ a notte) prima di pranzare. Mangio al Buzz Express e , successivamente, affitto uno scooter per raggiungere le spiagge sulla stessa isola dove alloggio. Parto in direzione del porto, da dove poi inizia una strada sterrata lungo-costa: nel mio tragitto verso le spiagge mi imbatto in un cartello che dice Maquinit hot springs, la deviazione è breve e decido di andare. Sono terme naturali immerse tra le mangrovie sulla costa; al costo di 120 pesos, ci si può rilassare in una grande vasca calda in pietra per niente affollata con due cascatine laterali. Ripreso il motorino, continuo per altri 15 minuti per raggiungere cabo beach, una bella spiaggia che affaccia su Coron Island con una ventina di turisti e con un ingresso di 40 pesos (da pagare alle famiglie del posto). La sera mangio al ViewDeck Grill House, con terrazzo panoramico e birre artigianali di Palawan (Palaweno Brewery), e mi ritiro presto per affrontare l’indomani il mio ultimo Island Hopping.

26 Gennaio: Coron Tour A

La mattina alle 8.00 mi faccio trovare pronto quando il van mi preleva per portarmi al porto: questa sarà la mia ultima giornata di mare e, non conoscendo nessuna agenzia, ho preso il tour A standard, tramite l’ostello al prezzo di 900 pesos il giorno prima. Al porto ci sono una trentina di barche, una attaccata all’altra. Dopo aver controllato le varie liste di nomi, i coordinatori mi dicono di raggiungere la terza barca della prima fila passando quindi per altre due barche già piene di gente; non ho particolari problemi, ma per altre persone meno “agili” non è la maniera più semplice d’iniziare. Nel prezzo della giornata non è compreso l’affitto della maschera e delle scarpe da scoglio ed eventualmente della canoa: pago quindi altri 250 pesos per l’equipment (la canoa no, serve a poco in questo giro). Il meteo è il migliore che ho beccato in questo viaggio: mare calmissimo, sole e visibilità perfetta. Sulla mia barca ci sono una simpaticissima famiglia allargata filippina e quattro ragazzi francesi; dopo circa 20 minuti, arriviamo alla nostra prima destinazione nei pressi del Kayangan lake. Molte barche sono attraccate in una coloratissima baia a due aperture (divisa da un’altra piccola isola), nei pressi della spiaggia dove, tramite delle scale, si scavalla per raggiungere il famoso lago; sul punto più alto c’è una fila di gente per raggiungere il posto migliore per fotografare la baia sul lato nord dell’isola di Coron (la classica foto che trovate su google e tutte le brochure). Il Kayangan lake è sicuramente meraviglioso, ma, immergendosi, quello che si vede sono solo delle conformazioni di roccia, niente vita marina! Inoltre è sicuramente il posto più affollato incontrato in questo viaggio. Ho paura che il resto della giornata continui così, tra la folla dei posti più gettonati. Fortunatamente, verrò smentito. Il secondo luogo che vediamo è forse uno dei posti più belli che ho visto in vita mia: la Green Lagoon. Inoltre, siamo anche l’unica barca a visitarla perché, da come ho capito, le altre barche sono tutte alla Twin Lagoon, che noi non vedremo. Un posto da sogno dove l’acqua è più verde del solito, pieno di angoli fantastici da dove non vorreste mai andare via: il nostro staff decide di fare pranzo qui in barca e non potevamo essere più felici! Solo quando lasciamo la laguna dopo 2 ore, arrivano altre due barche. Dopo pranzo, ci dirigiamo più ad ovest e qui, tra la calma piatta e i suoni della natura, prima di arrivare a Banul beach, trovo la maniera di fare una pennichella di un quarto d’ora. A Banul la barriera corallina è molto viva ed anche qui approfittiamo della completa solitudine; dopo quasi un’oretta di snorkeling, ritorniamo in barca per raggiungere la nostra ultima destinazione. Alla Calachuchi beach (sempre sull’isola di Coron), ritroviamo alcune delle barche degli altri tour. Quest’ultima sosta è prettamente di relax su questa spiaggetta con mare magnifico e attorniata di mangrovie. Rientriamo in porto a Coron town per le 5,30 e la sera torno al Viewdeck per un’ultima birra con vista oceano.

27 Gennaio: Manila

La mia prima decisione era di raggiungere la capitale da Coron in barca, ma poi, spaventato dalle 14 ore di tragitto, ho preso un volo con Skyjet, appena prima della partenza per 62€. Il van prenotato, tramite l’ostello per l’aeroporto, arriva alle 7,30 e in circa 30min arriviamo a destinazione. Il mio volo delle 10,20 partirà con circa 50min di ritardo, atterrando a Manila, quindi, verso le 12,30. All’uscita dell’aeroporto, ci sono due tipologie di taxi: uno a prezzo fisso (800 pesos) e uno col tassametro (per 5km alla fine pagherò 550 pesos). Di Manila, sia prima di partire che durante il viaggio, mi avevano parlato tutti malissimo, soprattutto a causa del traffico (che a primo impatto non mi sembra peggio che Bangkok o Roma) e della pulizia. La scelta del mio hotel si basò sulla vicinanza al quartiere Intramuros ed al porto (anche se poi non mi è servito), oltre che al prezzo e la qualità: così facendo sono finito nel quartiere di Quiapò. I turisti stranieri solitamente alloggiano a Makati o Pasay, ma, nonostante tutto, non mi dispiacerà il mio quartiere popolare, anche perché ho passato due giorni con una ragazza di Mindanao conosciuta su Couchsurfing che mi ha aiutato a districarmi nella confusione della Capitale. Maricel (questo è il nome della ragazza) mi conduce nella vicina Chinatown, dato che volevo fare un po’ di regalini, e la sera ci rechiamo al famoso Rizal park. Questo immenso parco urbano è un punto di ritrovo serale per molti filippini, i quali vengono qui per pic-nic e per godere delle fantastiche fontane colorate. Maricel mi spiega la sua ammirazione (e quella di tutti i Filippini) per la figura di Rizal, che, a detta sua, si è sacrificato per il suo popolo: se leggerete la sua vita resterete sicuramente impressionati. I Filippini sembrano avere conoscenza della loro storia e della loro cultura, ma non tanto della loro geografia, una cosa che ho riscontrato ovunque nel paese; e Maricel me lo conferma, quando non riesce ad individuare casa sua nella grande mappa in rilievo delle Filippine presente nel parco.

28 Gennaio

Manila doveva essere solo un punto d’appoggio per visitare il Monte Pinatubo a nord e il lago vulcanico Taal a sud, ma varie persone mi avevano avvertito che era quasi impossibile visitare questi posti in giornata; inoltre, stanco del lungo viaggio, decido di concentrarmi sulla capitale, la quale prima della seconda guerra mondiale era la città più bella dell’Asia. Con Maricel prendiamo una Jeepney, ovvero una jeep lasciata dagli americani durante la guerra e modificata per essere usata come trasporto pubblico; arriviamo al piccolo quartiere di Intramuros, l’unico piccolissimo pezzo della vecchia città. Partiamo subito a visitare la grande cattedrale di San Augustin (entrata 200 pesos), una chiesa barocca resistita a molteplici terremoti da inizio 1600 ad oggi (oltre che alla guerra). La chiesa è anche da considerare come un museo del cattolicesimo nelle Filippine, infatti ritrovo la prima statuetta del Santo Nino (quella del Sinulog), portata qui dagli Europei. Mangiamo a Casa Manila, altro edificio storico con un patio che ricorda più Cuba che l’Asia; continuiamo la camminata in direzione del Fort Santiago (Entrata 80 pesos), nei pressi del fiume Pasig. Si può solo immaginare quanto poteva essere bella Manila prima del 1945, quando al posto dei palazzoni era tutto in pietra, come ad Intramuros. A questo punto, chiedo a Maricel se c’è un posto in particolare che a lei piace, in cui magari difficilmente riesce ad andare; ci rechiamo, quindi, con un taxy, al Venice Grand Canal Mall, a 14km da dove siamo. Il posto è praticamente un grande centro commerciale che rappresenta la città di Venezia, in stile Las Vegas; molti negozietti e ristorantini, bar sul canale finto e anche le immancabili gondole che vendono tour agli stranieri. Girovagando per i negozi prima di cena, noto l’accento napoletano dei gondolieri filippini che cantano “O’sole mio” e non è male! Affronto la mia ultima cena Filippina nel ristorante più colorato e stravagante di tutti, dove ordiniamo 4/5 piatti classici “to share” e un’ultima red horse. Il mio volo di ritorno il giorno dopo con Emirates è alle 11,30, quindi con Maricel alle 8,30 usiamo Grab per arrivare all’ aeroporto (45min, 500pesos). Le lascio i miei ultimi pesos per pagarsi un altro taxy, e ci salutiamo. Arrivato all’aeroporto Suvarnabhumi, aspetto un paio d’ore il mio volo Emirates per Fiumicino.

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