Il meglio dell’Australia

Il nostro viaggio di nozze in Australia: Natale al mare, capodanno a Sydney, deserti, isole, Open di tennis e tanti consigli per una vacanza indimenticabile.
Scritto da: alemila
il meglio dell'australia
Partenza il: 20/12/2010
Ritorno il: 20/01/2011
Viaggiatori: 2
Spesa: 4000 €
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Le mete sono state:

· Perth e dintorni (Freemantle, Rottnest Island, Deserto dei Pinnacoli) – 5 notti e 4 giorni pieni · Red Centre (Ayers Rock, King’s Canyon, Alice Springs) – 4 notti e 3 giorni pieni · Sydney (con escursione alle Blue Mountains) – 5 notti e 4 giorni pieni · Fraser Island – 2 notti e 1 giorno pieno · Gladstone – 1 notte · Heron Island – 3 notti e 2 giorni pieni · Adelaide – 1 notte · Kangaroo Island – 3 notti e 2 giorni pieni · Great Ocean Road – 2 notti (a Mt Gambier e Apollo Bay) e 3 giorni pieni · Melbourne – 3 notti e 2 giorni pieni

Un paio di note sulle mete scelte:

· Nonostante un mese sia un arco di tempo piuttosto lungo, non è comunque sufficiente per vedere tutte le principali attrattive dell’Australia, per cui ci siamo trovati a dover scegliere a cosa rinunciare. Abbiamo così deciso di escludere totalmente la parte nord dell’Australia, in quanto il periodo in cui abbiamo fatto il viaggio coincide, a nord, con la stagione delle piogge e anche con la possibile presenza delle pericolosissime “box jellyfish” nei mari della grande barriera corallina.

· L’ordine con cui abbiamo visitato le mete scelte non è esattamente lineare, ma è stato dettato da alcuni vincoli che volevamo fossero assolutamente rispettati, ossia trascorrere a Sydney l’ultimo dell’anno e lasciare Melbourne come ultima tappa per assistere alla prima giornata degli Australian Open di tennis. Senza questi vincoli avremmo sicuramente potuto risparmiare un po’ di tempo nei trasferimenti.

Costo del viaggio:

· In totale il viaggio ci è costato 13000€, a cui vanno aggiunti circa 4000€ spesi in Australia per i pasti, il carburante ed extra vari. Gli alberghi sono stati di categoria variabile tra le 3 e le 4 stelle, i voli, in economy, con Cathay Pacific (quelli internazionali) e Quantas (quelli locali).

In generale abbiamo trovato l’Australia più cara dell’Italia. Va considerato che il dollaro australiano era ai massimi storici e il periodo di altissima stagione (ad esempio nei giorni vicini a capodanno gli alberghi di Sydney hanno triplicato i prezzi). Oltretutto quando abbiamo prenotato il viaggio (nel mese di agosto) già molti alberghi erano pieni (soprattutto nelle grandi città e nel Red Centre), per cui abbiamo dovuto ripiegare su soluzioni più costose di quelle previste inizialmente.

Consigli e informazioni utili:

· Appena arrivati conviene dotarsi di un adattatore per le prese australiane (ce l’hanno sia gli alberghi che la maggior parte dei supermercati). Meglio portare anche una presa multipla, così con uno stesso adattatore si possono caricare contemporaneamente macchine fotografiche, cellulari, ecc.

· Per noi è stato utilissimo portare un piccolo netbook, sia per connetterci ad internet e telefonare con Skype, sia per salvare le foto scattate. La possibilità di connettersi ad internet l’abbiamo trovata un po’ ovunque (gratuita in alcuni alberghi, piazze e McDonald’s, mentre a pagamento in quasi tutti gli aeroporti).

· Abbiamo pagato sempre con le carte di credito ritirando al bancomat solo il minimo indispensabile. Va considerato, però, che molti negozi, ristoranti e hotel richiedono una piccola commissione se si paga con la carta, per cui non so se sia stata effettivamente la scelta più conveniente.

· La Quantas (utilizzata per i voli interni) si è rivelata molto rigida sul peso dei bagagli da imbarcare (quindi occhio a non superare i 20kg a testa), mentre i bagagli a mano non ci sono mai stati pesati.

· Lo shopping conviene farlo nelle grandi città, in cui i prezzi sono più bassi e c’è molta più scelta. Si trova di tutto, dai manufatti aborigeni, ai classici souvenir.

· Che impressione ci hanno fatto gli Australiani? Sono persone molto disponibili, gentili e tranquille, che non si fanno troppi problemi su come vestire e, anzi, spesso girano addirittura scalzi! … I veri Australiani, ossia gli Aborigeni, vivono, invece, quasi tutti ai margini della società… Allontanati dalle loro terre, ricevono oggi delle sovvenzioni dallo Stato e molto spesso non lavorano. Ne abbiamo incontrati tanti trasandati e questo stona in un Paese così moderno e avanzato come l’Australia.

· Il clima? Il periodo in cui siamo stati in viaggio corrisponde alla piena estate in Australia e in genere non viene raccomandato per viaggiare, in quanto eccessivamente caldo. Ma, come si dice, non ci sono più le stagioni di una volta! A volte abbiamo infatti sofferto il freddo, passando anche da 40 a 20 gradi nella stessa località e da un giorno all’altro. La stagione, che a sud dell’Australia avrebbe poi dovuto essere secca, ci ha invece sorpreso con qualche pioggia a Melbourne, Sydney, Kangaroo Island ed Heron Island (almeno qui, fortunatamente, solo di notte). Ma forse quella in cui ci è capitato di trovarci è stata una delle peggiori estati australiane in assoluto, visti anche gli allagamenti nel Queensland che, proprio mentre eravamo lì in Australia, causavano decine di morti e migliaia di sfollati (facendo preoccupare non poco le nostre famiglie che vedevano il disastro al telegiornale).

· I vestiti da portare? Assolutamente casual! … ci siamo poi arrangiati a lavarli da soli, a mano, nelle camere degli alberghi, che fortunatamente erano sempre dotate di tavola e ferro da stiro (in alternativa ci sono ovviamente i classici servizi di lavanderia a pagamento).

· Il cibo? Lo ammetto prima li abbiamo accarezzati e poi li abbiamo mangiati… eh, sì parlo proprio dei canguri! E poi coccodrilli, cammelli, il pesce “barramundi”,… in genere abbiamo trovato ottimi sia il pesce che la carne e in più si trova anche tanta scelta tra i cibi etnici e ottima birra.

· In ultimo riporto i fusi orari trovati, ma va considerato che cambiano a seconda del periodo dell’anno, visto che alcuni stati dell’Australia, così come l’Italia, adottano l’ora legale nei loro mesi estivi. In ogni caso nei mesi di dicembre-gennaio i fusi orari rispetto all’Italia sono:

O Western Australia: +7 ore

O Northern Territory: +8,5 ore

O Queensland: +9 ore (Heron Island: +10 ore)

O South Australia: +9,5 ore

O New South Wales: +10 ore

O Victoria: +10 ore

Ed ora ecco il racconto del viaggio, diviso per piccoli capitoli che corrispondono alle varie tappe alle quali ho dato un voto.. ovviamente del tutto soggettivo!

Il viaggio di andata

Voli: Ancona – Roma (Alitalia), Roma – Hong Kong (Cathay Pacific), Hong Kong – Perth (Cathay Pacific)… totale: 32 ore di viaggio, che sommate alle 7 ore di fuso, fanno quasi 2 giorni spesi per il trasferimento (siamo partiti la mattina presto del 20 dicembre e siamo arrivati a Perth alla sera tardi del 21).

Cathay è una buona compagnia e siamo stati moderatamente comodi, abbiamo mangiato di continuo e abbiamo potuto scegliere tra diversi film in lingua italiana.

Stop over di 8 ore ad Hong Kong (voto: 6-)

Ad Hong Kong siamo arrivati alle 7 di mattina e, avendo 8 ore a disposizione prima del volo successivo, abbiamo deciso di uscire dall’aeroporto e fare un giro in centro.

Uscire è molto semplice e sono richiesti solo il passaporto e la compilazione di un breve questionario (come per l’ingresso in Australia) che ti consegnano già sul volo prima dell’atterraggio o è possibile trovare in aeroporto.

Appena varcata l’uscita è presente un ufficio di informazioni turistiche, con accanto la biglietteria per il trenino che in meno di mezzora porta al centro della città (il costo è di 100HKD a persona, ossia circa 10€, e la frequenza ogni 12 minuti). Usciti dal trenino abbiamo fatto un giro in centro e abbiamo preso il traghetto per Kowloon dove vi è la “Avenue of Stars”. Per le 12 eravamo di nuovo in aeroporto, ma considerato quanto è stato veloce il check in, avremmo potuto trattenerci di più e magari provare a visitare anche qualcos’altro, allontanandoci dal centro.

Per quel poco che abbiamo visto la città non ci è piaciuta un granché, essendo anche avvolta da una foschia (o smog?) che rendeva tutto senza colori e faceva sì che lo skyline fosse poco visibile. Probabilmente con le luci della sera avrebbe fatto un effetto migliore.

Perth e dintorni (voto: 10)

Perth

Siamo atterrati a Perth alle 11 di sera, con alle spalle parecchie ore di sonno arretrato. Questo ci ha consentito di adattarci subito al nuovo fuso orario. Perth ci ha fatto una buonissima impressione, una grande città a misura d’uomo, con parchi curatissimi e un’attenzione particolare alle fasce più deboli (ad esempio nello spettacolo di Natale che davano in piazza c’era un’interprete accanto al conduttore che traduceva tutto nel linguaggio dei segni … in Italia una cosa del genere non mi era mai capitata di vederla…).

Una giornata è ad ogni modo sufficiente per visitare i maggiori punti di interesse della città. Molto bella la zona dell’Esplanade dove c’è la Swan Bells Tower, da cui si può godere il panorama della città, e la zona di Northbridge, in cui si trova la biblioteca e la vicina Northbridge plaza, con wi-fi gratuito. Assolutamente da non perdere, poi, il tramonto dai giardini botanici, da cui si gode un panorama stupendo dello skyline di Perth, con i grattacieli e la baia illuminati dalle luci della sera (…e qui mi sono proprio scatenata con macchina fotografica e cavalletto!).

Da Perth si possono fare molte escursioni di un giorno (in autonomia o organizzate), tra cui Wave Rock (gigantesca roccia a forma di onda) e la Valley of Giants (foresta di alberi altissimi in cui si può camminare su delle passerelle a 20-30 metri da terra). Noi abbiamo optato per la visita in autonomia di Freemantle e di Rottnest Island e l’escursione organizzata al deserto dei pinnacoli (Rottnest e il deserto sono assolutamente da non perdere!) .

Freemantle

Quasi una giornata l’abbiamo spesa a Freemantle, cittadina sulla foce del fiume Swan che dista circa 40 minuti di treno da Perth, gentilmente offerto da una signora australiana che ci aveva visto in difficoltà nel fare i biglietti presso la biglietteria automatica!

A Freemantle abbiamo visitato il mercato e le antiche prigioni (visita in notturna, al calare del sole). La visita alla prigione la consigliamo solo a chi conosce bene l’inglese (o meglio, l’australiano…); noi non abbiamo capito un granché, ma alla fine si è comunque rivelata abbastanza suggestiva e anche utile per le due torce che ci hanno regalato e che avremmo poi sfruttato in altre occasioni.

Deserto dei pinnacoli

Abbiamo visitato il deserto dei pinnacoli tramite l’escursione organizzata “4WD Pinnacles, koalas & sand boarding adventure”, prenotata dall’Italia. Giornata veramente fantastica! Siamo rimasti affascinati dai colori del deserto, ci siamo divertiti a scendere con le tavole sulle dune di sabbia presso Lancelin e abbiamo visitato un parco-zoo in cui ci è stato possibile accarezzare koala, canguri e vedere un po’ tutta la fauna australiana. L’escursione dura un’intera giornata e comprende anche il pranzo in un paesino famoso per i suoi allevamenti di aragosta (ed è infatti possibile mangiarla aggiungendo un piccolo extra).

Rottnest Island

Abbiamo rinunciato a vedere la sfilata “carnevalesca” che si svolge la mattina di Natale a Perth, trascorrendo invece l’intera giornata nell’isola di Rottnest, prenotando sul sito della Rottnest Express sia il traghetto che l’affitto delle biciclette. Nell’isola non ci sono auto e le bici sono il mezzo migliore per girarla (in alternativa c’è un autobus che passa però piuttosto di rado): in tutto sono circa 24 km di percorso con diversi saliscendi… un po’ stancante (soprattutto se fatto sotto il sole cocente), ma fattibile anche per chi, come me, non è per niente allenato. Ad ogni modo devo dire che ne è valsa veramente la pena: abbiamo fatto bagni in spiagge meravigliose (e assolutamente e inspiegabilmente deserte!) e abbiamo incontrato il primo marsupiale australiano in libertà, ossia il quokka (ce ne sono tantissimi e si fanno avvicinare tranquillamente). Attenzione: lungo il percorso da fare in bici non si incontrano bar, per cui occorre munirsi di cibo e acqua appena sbarcati con il traghetto.

Rientrati la sera a Perth abbiamo avuto difficoltà a trovare un ristorante aperto e così per la cena natalizia siamo finiti da Mc Donald’s.

Red Centre (Ayers Rock, King’s Canyon, Alice Springs) (voto: 10)

Ayers Rock

Siamo arrivati ad Ayers Rock verso l’ora di pranzo e un servizio gratuito ci ha portato a Yulara, che non è un vero e proprio villaggio, ma un grande resort con diversi alberghi e un piccolo centro commerciale. Il tutto è strutturato in modo circolare e il pullman fa il giro dei vari alberghi lasciando via via le persone al proprio hotel. Noi abbiamo alloggiato per due notti all’Outback Pioneer e ci siamo trovati molto bene: è una grande struttura con piccoli appartamentini, piscina, shop interno e ristorante con musica dal vivo, in cui è anche possibile comprare carne o pesce crudi e cuocerli autonomamente al barbecue comune (il che è si è rivelata una situazione molto divertente).

Appena arrivati ci siamo diretti (sempre con la navetta gratuita) al centro commerciale, in cui abbiamo acquistato la retina per proteggerci dalle mosche (tutte le zone visitate nel Red Centre sono davvero piene di mosche, per cui la consigliamo vivamente) e acqua. L’acqua è molto cara e per risparmiare abbiamo comprato una tanica da 4 litri… potabile sì, ma veramente disgustosa! Fortuna che avevamo con noi qualche integratore che abbiamo sciolto nell’acqua per mascherarne il sapore.

La sera abbiamo cenato nel deserto, avendo prenotato dall’Italia la “Sounds of silence dinner”, altra esperienza che ci sentiamo di consigliare: dopo la stessa trafila del mattino, con il pullman che ha raccolto i turisti dai vari alberghi, siamo arrivati in una zona di deserto rosso di cui un’area era dedicata all’aperitivo, al tramonto, con Uluru sullo sfondo, e un’altra predisposta per la cena vera e propria, con la sola illuminazione delle torce al centro dei tavoli. La cena è buona, l’atmosfera è piacevolissima e dà anche modo di conoscere altre persone, visto che i tavoli sono da 8 posti e vanno perciò condivisi con altri. Il tutto è accompagnato dall’esibizione di un suonatore di didgeridoo e, a seguire, dalla spiegazione delle costellazioni. Quando cala il sole si passa dai 40 gradi del giorno a circa 20-25, per cui è bene portarsi una maglia a maniche lunghe.

Rientrati in albergo a mezzanotte, ci siamo alzati solo dopo 4 ore, per assistere all’alba su Uluru (avendo prenotato, sempre dall’Italia, l’escursione “Uluru sunrise & guided cultural base walk)”. Direttamente in pullman abbiamo acquistato il permesso di ingresso per il parco (25AUD a testa) che resta valido per 3 giorni. Siamo stati condotti nel “lookout” di Uluru all’alba e devo dire che è stato emozionante vedere questo grande monolite “accendersi” al sorgere del sole. L’escursione è poi proseguita con una camminata molto bella ed interessante lungo le pendici del monte, che abbiamo scoperto essere intervallato da grotte (alcune delle quali con antichi disegni aborigeni) e da piccoli corsi d’acqua.

A mezzogiorno abbiamo finalmente potuto ritirare alla Hertz il 4X4 che avevamo prenotato e che ci avrebbe accompagnato per il resto del soggiorno nel Red Centre. Da quel momento in poi tutte le escursioni le abbiamo fatte in autonomia. Diciamo che l’impatto con la guida a sinistra è stato meno tragico del previsto… i problemi più grossi li abbiamo avuti con le frecce, visto che ogni volta che dovevamo fare una svolta azionavamo i tergicristalli! Il cambio automatico aiuta parecchio ed è assolutamente da preferire al manuale (con cui poi ci saremo trovati alle prese lungo la Great Ocean Road…).

La sera stessa abbiamo visitato i monti Olgas (Kata Tjuta nella lingua aborigena) facendo una parte del percorso a piedi (fino al secondo punto di osservazione) per poi tornare indietro e posizionarci nel rispettivo lookout per vederne il tramonto.

Quello che ci ha colpito maggiormente di questi posti sono i contrasti dei colori, molto forti e molto suggestivi: cielo azzurro, terra e roccia rossa e vegetazione dai colori giallo e verde.

La mattina successiva il check-out alle 8.30 ci ha costretto a lasciare l’albergo prima di quanto avessimo previsto. Ne abbiamo approfittato per ripercorrere in macchina l’intero perimetro di Uluru, per poi dirigerci verso King’s Canyon.

King’s Canyon

La strada che conduce a KC (circa 300 km) è asfaltata e si percorre in tranquillità. Pur facendo diverse pause durante il percorso, siamo arrivati a KC in tempo per poter fare il percorso completo del canyon.

Il percorso, chiamato Rim Walk, è impegnativo solo nel primo tratto, caratterizzato da una salita molto ripida, poi è piuttosto pianeggiante e si fa in tranquillità e mostra dei panorami mozzafiato. Averlo fatto al tramonto ci ha permesso di vedere la roccia e la vegetazione illuminate da sfumature stupende di colori. Oltretutto eravamo assolutamente soli, visto che la maggior parte dei turisti preferisce fare il percorso all’alba, anche per evitare il caldo soffocante (saranno stati almeno 35 gradi). Alla fine ci abbiamo impiegato molto meno delle 4 ore indicate, nonostante le numerose pause fotografiche e le diverse deviazioni dal percorso principale.

Mereniee Loop e Alice Springs

Il giorno seguente ci mettiamo in macchina alla volta di Alice Springs, attraverso la Mereniee Loop, che, essendo una strada di proprietà aborigena, richiede l’acquisto di un permesso per poterla attraversare (costa pochi dollari e si può acquistare alla stazione di rifornimento di KC). La strada è totalmente sterrata e si percorre solo in 4X4 (circa 150 km). Terminata la Mereniee Loop ci sono poi altri 150 km di strade asfaltate fino ad Alice Springs.

Per chi non avesse il mezzo adatto ad affrontare la Mereniee Loop esiste anche un’altra strada per arrivare ad Alice Springs, più scorrevole ma più lunga (480 km), totalmente asfaltata.

Devo dire però che l’esperienza di attraversare il deserto lungo la Mereniee Loop, in cui avremo incrociato sì e no 5 auto in quasi 4 ore, è una delle cose che ci ha affascinato di più dell’intero viaggio: all’inizio eravamo un po’ timorosi, ma poi, presa la mano, abbiamo percorso la strada con andatura piuttosto allegra, raggiungendo, dove possibile, anche i 100km/h. Di nuovo sono i colori e il senso di libertà a farla da padrona.

Prima di arrivare ad Alice Springs si possono fare diverse deviazioni lungo il percorso, verso punti di interesse raggiungibili dalla strada principale.

Noi abbiamo visto Gosse Bluff, enorme cratere causato da un meteorite caduto milioni di anni fa (tutto sommato niente di che), Standley Chasm, parco con ingresso a pagamento in cui si fa una passeggiata lungo un fiume fino ad arrivare ai piedi di due enormi pareti rocciose e Simpson Gap (la più bella tra le tre). Le deviazioni ci hanno portato via diverso tempo, anche perché le strade per raggiungerle non sempre erano brevi e oltretutto, essendo secondarie rispetto al percorso principale (già di per sé sconnesso) erano veramente in cattive condizioni. Siamo così arrivati ad Alice Springs in serata, giusto in tempo per vedere il tramonto all’Anzac Hill e andare a cena.

L’Anzac Hill (il cui nome sta per Australian and New Zeland Army Corps) è una collinetta da cui si vede il panorama della città, sinceramente niente di eccezionale. Girare di sera per Alice Springs ci ha fatto un po’ paura, dandoci l’impressione di una città non proprio sicura: abbiamo trovato gente ubriaca lungo le strade, molti dei quali aborigeni che vivono ai margini della società. Oltretutto una quantità impressionante di scarafaggi nelle strade, in aeroporto e persino nei locali (fortunatamente non in albergo!).

La mattina successiva (30 dicembre) abbiamo preso il volo per Sydney.

Sydney e Blue Mountains (voto: 9)

A Sydney abbiamo alloggiato nella zona molto bella di Darling Harbour, da cui si raggiunge a piedi, in 10-15 minuti, il quartiere di Circular Quay (in cui vi sono l’Opera House e l’Harbour Bridge). Il 30 pomeriggio, appena arrivati, abbiamo fatto un giro perlustrativo della città, in cui già molte zone erano transennate per via del “New year’s eve”. Ci sarebbe piaciuto salire sulla “Sydney tower” per una vista dall’alto della città, ma abbiamo dovuto rinunciare a causa dei tempi lunghissimi di attesa per l’ingresso (i responsabili avvisavano di una coda di quasi tre ore!).

Il giorno dopo, 31 dicembre, è forse stato uno dei giorni peggiori di tutto il viaggio…

Già a mezzogiorno eravamo al Mrs Macquarie point, presso i giardini botanici: la zona è predisposta a contenere 20.000 persone e, a detta di molti, è una delle migliori da cui osservare i fuochi, in quanto si gode la vista della baia con l’Opera House e subito dietro l’Harbour Bridge. L’ingresso apriva alle 10 di mattina e si diceva avrebbe chiuso verso le 15, in cui avrebbe raggiunto il numero massimo di persone. Ad ogni modo, pur essendo un parco molto grande, gli scorci liberi da alberi, da cui vedere bene l’Opera e il ponte, sono relativamente pochi e noi, essendo entrati in tarda mattinata, abbiamo faticato a trovare un metro quadro con “vista” su cui stendere il nostro asciugamano. Il nostro piccolo posticino, che abbiamo dovuto presidiare e difendere per 12 ore, è stato perennemente sotto il sole fino al suo tramonto (saranno stati almeno 40 gradi); ci alzavamo a turno per rifornirci di acqua (fortunatamente distribuita gratuitamente), acquistare cibo nei tanti stand e goderci un po’ di refrigerio all’ombra. Molta gente preferiva invece stendersi comodamente all’ombra di grandi alberi, in posti in cui non c’era un minimo di vista sulla baia… tutta questa gente si è poi accalcata nei posti con vista solo all’avvicinarsi della mezzanotte, in cui finalmente, tra gomitate e spintoni, ci siamo goduti i 10 minuti dei tanto sospirati (e bellissimi) fuochi, che hanno sancito la fine della giornata di festa. Col senno di poi sarebbe stato meglio dedicare la giornata a girare per la città e poi provare ad arrangiarsi all’ultimo momento, oppure prenotare la cena in uno dei tanti ristoranti sulla baia o sui traghetti autorizzati ad attraversarla, anche se i prezzi erano esorbitanti (circa 500AUD a testa).

Il primo gennaio, per dare tempo alla città di essere “ripulita”, abbiamo fatto l’escursione di un’intera giornata alle Blue Mountains, anche questa già prenotata dall’Italia. L’escursione, comprendente anche la visita al Featherdale Wildlife Park (parco zoo di soli animali australiani risultato meno bello di quello visto nei pressi di Perth), non ci è piaciuta un granché, per cui non ci sentiamo di consigliarla.

Il giorno seguente, domenica, abbiamo visitato i giardini cinesi a Darling Harbour, il market city e Chinatown. Siamo giunti, sempre a piedi, fino al famoso Fish Market (assolutamente da non perdere!) per pranzo, per poi rientrare verso Circular Quay dove ci siamo imbarcati per Manley. Nel frattempo, il tempo andava via via peggiorando, il cielo si era coperto e la temperatura notevolmente abbassata (fino ad arrivare a circa 20 gradi, contro i 40 del giorno prima), così abbiamo rinunciato a farci un bagno e abbiamo fatto una passeggiata lungo mare e all’interno del paesino, rientrando poi al tramonto e godendoci la vista dell’Opera House e dell’Harbour Bridge dal mare.

L’ultimo giorno a Sydney avremmo dovuto dedicarlo, almeno in parte, alla visita di Bondi Beach, ma dato il tempo un po’ piovoso abbiamo cambiato il programma ed abbiamo fatto una bella camminata sull’Harbour Bridge, arrivando più o meno a metà. Abbiamo invece rinunciato a fare la scalata del ponte stesso, sia perché richiede circa 3 ore di tempo, sia perché piuttosto costosa. Camminando sull’Harbour Bridge, comunque, si ha una bella vista della città e dei quartieri di Circular Quay e The Rocks in particolare. A The Rocks ci siamo recati subito dopo, facendo una piacevole passeggiata tra i tipici mercatini. A seguire, nel pomeriggio, abbiamo visitato gli enormi giardini botanici della città, di nuovo l’Opera House, qualche negozio e centro commerciale e infine, visto che si era messo a piovere più insistentemente, abbiamo deciso di entrare nel famoso acquario di Sydney in cui abbiamo visto i simpatici dugonghi (ad ogni modo l’acquario di Genova è probabilmente migliore).

Che bilancio fare dei 4 giorni trascorsi a Sydney? Il voto alla città non può che essere alto, visto che è una metropoli meravigliosa, piena di vita, ma al contempo molto curata, che si gira benissimo a piedi e che offre degli scorci molto belli sulle varie insenature. Due giorni sono alla fine stati sufficienti per visitare la città, mentre gli altri due giorni, uno dedicato al capodanno e l’altro alla visita alle Blue Mountains potevano forse essere spesi diversamente.

Fraser Island (voto: 7)

Partendo la mattina all’alba da Sydney siamo arrivati a Fraser Island nel primo pomeriggio. Fraser, la più grande isola di sabbia al mondo, è un isola molto selvaggia, famosa per la sua folta comunità di dingo i cui esemplari risultano essere tra i più puri di tutta l’Australia, non essendosi mai incrociati con altri cani. Il pomeriggio dell’arrivo siamo rimasti nel resort (King Fisher Bay), concedendoci un po’ di relax in piscina e una passeggiata a piedi fino alla spiaggia (nei dintorni non c’è altrimenti nulla, a parte la foresta). Il giorno successivo abbiamo fatto, invece, l’escursione “Beauty spots tour”, prenotata dall’Italia. Non so perché, ma nell’immaginarmi questa escursione pensavo avremmo girato a bordo di un fuoristrada insieme alla guida o, tuttalpiù, a poche altre persone. Invece ecco presentarsi 2 o 3 pullman con ruote motrici, che hanno fatto salire, tra tutto, quasi un centinaio di persone. Ci siamo quindi avviati lungo le strade interne dell’isola, strette lingue di sabbia preda della foresta pluviale, percorribili non senza qualche difficoltà. La prima tappa è stata al lago McKenzie, il più grande dell’isola, in cui abbiamo potuto fare un bagno nelle sue acque cristalline. Il lago è molto bello e ha la particolarità di essere formato unicamente da acqua piovana, che pare conferisca effetti benefici alla pelle. Peccato che ci siamo potuti fermare solo un’ora, per poi risalire in pullman (ovviamente senza aver avuto il tempo di asciugarci) verso la meta successiva. Siamo quindi giunti all’ingresso di un sentiero nella foresta pluviale, che abbiamo percorso a piedi per circa 45 minuti, osservando i grandi alberi e le felci. Abbiamo provato ad avvistare anche qualche animale, ma di dingo nessuna traccia (e non li avremo avvistati nemmeno in seguito); in compenso abbiamo scorto un piccolo serpente (l’isola ne è piena e molte specie sono particolarmente velenose), che si è subito dileguato al nostro passaggio.

Dopo una pausa pranzo l’escursione è proseguita lungo l’”autostrada” dell’isola, una lunga e ampia spiaggia utilizzata, maree permettendo, sia per gli spostamenti delle auto che per l’atterraggio di piccoli aerei (pagando un extra era anche possibile effettuare un breve volo panoramico). Da questa zona abbiamo potuto ammirare la maestosità dell’oceano: a causa della presenza degli squali, non è possibile, però, entrare in mare e così ci siamo concessi un breve bagno in un ruscello, insieme a tante (troppe) altre persone. Ultima tappa, sempre lungo questa “strada”, è stata la visita ad un vecchio relitto (il Maheno).

Con questo si è conclusa la visita dell’isola, visto che siamo poi rientrati in albergo e la mattina dopo siamo ripartiti.

Non riesco ancora a decidere se è valsa la pena incastrare anche questa meta nel nostro viaggio: l’isola è davvero molto bella, ma l’escursione per visitarla è fin troppo turistica, concedendo poco tempo da dedicare ai punti di interesse, oltretutto un po’ troppo affollati. L’ideale sarebbe forse muoversi autonomamente tramite fuoristrada e fermarsi più di un giorno, magari in campeggio, così da poter stare più a contatto con la natura… il tutto è però consigliabile solo se si ha uno spirito particolarmente avventuroso!

Heron Island (voto: 10)

Da Fraser Island siamo arrivati a Gladstone in auto, dove abbiamo dormito una notte in attesa di imbarcarci, la mattina seguente, con il traghetto. Appena sbarcati ad Heron ci siamo subito resi conto di essere in un piccolo paradiso terrestre: Heron è un atollo che si percorre completamente in 20 minuti di cammino lungo la sua spiaggia bianchissima. Già dalla riva è possibile scorgere tartarughe, razze, mante e piccoli squaletti (assolutamente innocui!) che nuotano in acque limpidissime… Immergendosi, poi, si scoprono coralli e pesci coloratissimi.

Nell’isola abitano numerosissime specie di uccelli, cosa che, dal mio punto di vista, la rende affascinate e contribuisce a farti sentire immerso nella natura, ma che ad altri potrebbe forse dare fastidio, per il pericolo di essere colpiti dai loro bisognini o per il frastuono che fanno anche di notte (ad ogni modo il resort dota ogni camera di tappi per le orecchie).

Le emozioni più forti le abbiamo provate in assoluto alla vista delle tartarughe marine: non appena calava la sera, unicamente illuminate da un incredibile tappeto di stelle, emergevano dal mare e, con enorme fatica, raggiungevano punti sicuri per scavare le buche in cui deporre le uova. Un paio di tartarughe le abbiamo viste in spiaggia anche di mattina, in difficoltà a causa della marea che si era enormemente abbassata, scoprendo degli scogli che non erano in grado superare; dopo qualche ora una di loro una di loro è riuscita a prendere il mare da sola, mentre l’altra, ormai sfinita sotto il sole già alto, l’abbiamo sollevata con l’aiuto di un’altra coppia e l’abbiamo così aiutata a tornare in acqua… Lo so, non si dovrebbe interferire con la natura… ma non abbiamo resistito e penso che la tartaruga ne sia stata felice!

Un’ulteriore considerazione vorrei farla sul resort e su ciò che offre: è possibile prendere attrezzature a noleggio e anche effettuare varie escursioni organizzate, di cui alcune gratuite (come il bird watching e la passeggiata lungo la barriera corallina) ed altre a pagamento (gite in barca e guida per snorkeling o diving). Le camere non hanno chiavi e sinceramente non abbiamo capito il motivo di questa scelta, ma comunque non ci sono stati problemi.

Nell’isola c’è un unico ristorante, per cui, se si vuol mangiare, la scelta è obbligata. La qualità del cibo è comunque veramente ottima. Alcune serate prevedono cena esclusivamente al buffet, mentre altre alla carta. Con la cena a buffet ci siamo trovati di fronte alla scelta di pagare ben 80AUD a testa ed abbuffarci a più non posso o restare letteralmente a digiuno (…ma la fame era troppa!); nelle serate che prevedevano il menu alla carta abbiamo speso decisamente meno, ma le quantità erano piuttosto scarse. Fortunatamente le abbondanti colazioni ci hanno sempre consentito di rinunciare al pranzo e di risparmiare un po’.

Il viaggio per tornare sulla terra ferma lo abbiamo fatto in elicottero, unico modo per riuscire a prendere immediatamente il volo per Adelaide e ottimizzare al massimo i tempi. Il panorama dall’alto è stato spettacolare e ci ha permesso di scattare tante bellissime foto.

Kangaroo Island (voto: 10)

Abbiamo trascorso la notte ad Adelaide e la mattina seguente abbiamo affittato la nostra terza ed ultima auto, con cui avremo percorso il maggior numero di chilometri e questa volta con una difficoltà in più, visto il cambio manuale!… Se possibile consiglio vivamente di evitarlo!!!

Ci siamo subito avviati verso Cape Jervis, punto di attracco per il traghetto per Kangaroo Island, che abbiamo preso letteralmente al volo, avendo decisamente sottostimato il tempo che avremmo impiegato per raggiungere l’imbarco (circa due ore).

A KI abbiamo alloggiato a Kingscote, cittadina ideale dal punto di vista logistico per poter visitare le maggiori attrattive dell’isola.

Appena arrivati abbiamo fatto l’escursione serale “penguin tour”, prenotata tramite l’albergo, che prevede l’avvistamento dei pinguini che rientrano dal mare e poi quello di canguri e wallaby nelle campagne vicine (che preferiscono uscire con il buio). Soldi decisamente buttati via… E pensare che avevamo scelto di fare il penguin tour a Kingscote perché dei ragazzi incontrati a Fraser Island ci avevano sconsigliato di fare quello di Penneshaw, in quanto erano riusciti ad intravvedere a malapena 2 o 3 pinguini. Anche nel nostro caso, però, la situazione non è stata diversa e i pinguini illuminati dalla torcia della nostra guida sono stati veramente pochi. E stesso dicasi di canguri e wallaby, che poi avremo visto in gran quantità girando per l’isola nei giorni seguenti. Autonomamente siamo anche riusciti a rivedere i pinguini, tornando nello stesso percorso del penguin tour, che di giorno è accessibile senza pagare: guardando nei piccoli rifugi costruiti dall’uomo abbiamo infatti scorto i cuccioli di pinguino che aspettavano nella tana l’arrivo serale dei genitori. Sempre in quella stessa zona abbiamo inoltre avvistato una gran quantità di pellicani (che verso la fine della giornata tornano verso riva).

Il giorno seguente abbiamo fatto una prima tappa a Vivonne Bay, che, se ci fosse stato il sole, immagino sarebbe stata meravigliosa. Purtroppo invece il cielo era molto grigio e il mare mosso… nonostante questo devo dire che questa baia immersa nel verde, tra rocce, sabbia e acqua cristallina ci è piaciuta molto.

Abbiamo quindi proseguito ad ovest, verso il Flinders Chase National Park ed abbiamo fatto un’ulteriore sosta a “Hanson Bay”, dove abbiamo visto, finalmente in libertà, numerosi canguri e koala (questi ultimi anche con i piccoli). Un consiglio per riuscire ad avvistare i koala: questi simpatici animali vivono sulle cime più alte degli eucalipti, a parecchi metri di altezza, e scendono solamente in caso di forte vento o per spostarsi da un albero all’atro… quindi occorre guardare verso l’alto e aguzzare la vista!

Dopo aver mangiato i nostri panini comprati la mattina a Kingscote, siamo partiti alla volta del Visitor centre del parco, in cui abbiamo acquistato il permesso per entrare.

Ci siamo quindi diretti a Cape Du Couedic, il faro più famoso dell’isola, che abbiamo trovato avvolto da una fitta e suggestiva nebbia. Abbiamo poi visitato “Admirals Arch”, a nostro avviso uno dei posti più belli dell’isola, in cui abbiamo potuto osservare una numerosa colonia di leoni marini, in uno scenario veramente “wild”, con il mare sempre più in tempesta.

L’ultima tappa della giornata l’abbiamo fatta a “Remarkable Rocks”, strane conformazioni rocciose erose nel tempo dal vento e dal mare. Anche questo un posto che non può mancare nella lista delle cose da vedere a Kangaroo Island!

Il giorno seguente, sfidando un tempo sempre più inclemente, siamo stati a “Seal Bay” (altra colonia di leoni marini), Little Sahara (dune di sabbia bianca in cui è possibile fare il “sand boarding”), Bald Hill e, infine, alla fattoria “Cliffords Honey Farm”, in cui è possibile acquistare il miele prodotto dalle api dell’isola … che sono api liguri! Queste api, ormai estinte in Liguria, erano infatti state portate a Kangaroo Island dai primi emigranti italiani e ora si possono trovare solamente lì. Abbiamo così acquistato qualche vasetto di miele, mentre siamo invece arrivati troppo tardi per la visita alla fattoria e stesso dicasi per la distilleria di eucalipti “Emu Ridge” che abbiamo trovato chiusa.

Il giorno seguente, in tarda mattinata, ci siamo imbarcati nuovamente per la terra ferma ed abbiamo intrapreso il lungo viaggio verso la Great Ocean Road.

Great Ocean Road (voto: 8)

Sbarcati a Cape Jarvis, ci mettiamo quindi di nuovo in strada alla volta di Mont Gambier. Circa 550 km di strada percorsi in 7 ore, alternandoci alla guida e concedendoci poche soste. Siamo arrivati la sera giusto in tempo per cenare in uno dei localini del centro, per poi essere fermati subito dopo dalla polizia stradale per l’alcool test! Non sapevamo quali fossero i limiti consentiti e ci eravamo appena una birra, ma fortunatamente ci hanno lasciato proseguire!

La mattina seguente abbiamo visitato il vicino Blue Lake, lago di origine vulcanica di un colore veramente incredibile, un blu così intenso da sembrare quasi vernice! Dopo aver scattato le foto di rito dai vari lookout intorno al lago, abbiamo intrapreso il viaggio verso Apollo Bay, ossia la tappa prevista per la notte successiva e distante circa 350km da Mt Gambier.

La prima sosta la facciamo a Cape Bridgewater, piccolo paesino di mare in cui abbiamo intrapreso un percorso a piedi nella collina che sovrasta la baia e che avrebbe portato alla vista di una colonia di leoni marini. Non avevamo però minimamente notato i cartelli che indicavano la durata della passeggiata (li avremo poi visti al ritorno…) e così ci siamo ritrovati ad affrontare un sentiero interminabile, con poca acqua e senza cibo (ed era ormai quasi ora di pranzo!), salendo sempre più su nella collina. Devo dire che il panorama non era male ed abbiamo anche visto un canguro solitario che si riposava in un prato vicino. Dopo più di un’ora di salita siamo arrivati al punto più alto del percorso e un cartello indicava “highest coastal cliff in Victoria: 130m above sea level”. Affacciandosi dal lookout, 130m più in basso, si intravvedevano diversi leoni marini che si riposavano sugli scogli o nuotavano sulle acque trasparenti. Siamo quindi ridiscesi abbastanza velocemente e abbiamo pranzato su un piccolo bar in riva al mare.

La tappa successiva l’abbiamo fatta a Port Fairy, delizioso paesino in riva al mare in cui abbiamo fatto una breve passeggiata, per poi iniziare finalmente a percorrere la Great Ocean Road.

Da lì in poi, nell’arco di una cinquantina di chilometri, abbiamo trovato un lookout dietro l’altro (tutti nei pressi di Port Campbell). Il primo è stato “Bay of Martyrs” (purtroppo controsole ma bello comunque), poi the Grotto, London Bridge e The Arc… tutti meravigliosi! Nel frattempo il tempo passava e abbiamo iniziato ad accelerare per arrivare ai Dodici Apostoli in tempo per il tramonto … ed eccoli! Veramente uno spettacolo! Ci siamo goduti una mezzoretta di relax ad ammirare il tramonto sul mare e i giochi di luce su questi famosissimi faraglioni e siamo poi ripartiti alla volta di Apollo Bay, dove ci siamo fermati per la notte.

Il giorno seguente, visto che ci separavano da Melbourne solo 190km, mi sarebbe piaciuto tornare indietro e ripercorrere di nuovo il tratto di GOR con i vari lookout, così da vederli con più calma e con una luce diversa… questo prima di rendermi conto di come fosse il tratto di strada che va dai Dodici Apostoli ad Apollo Bay… circa 100km di tornanti che abbiamo affrontato nel buio più completo, sfiorando anche un incidente con un gregge di pecore che si trovava in mezzo alla strada, proprio dietro l’ennesima curva!

La mattina dopo abbiamo quindi optato per la visita Cape Otway Lighthouse, a detta della guida uno dei fari più famosi di tutta l’Australia, e abbiamo avuto la piacevole sorpresa di incontrare tantissimi koala lungo la strada per arrivare al faro.

Abbiamo poi deciso di fare un’ulteriore deviazione per la “Tree Top Walk”, camminata a circa 20 metri di altezza su passerelle a livello di alberi altissimi, nel cuore della foresta dell’Otway National Park. Questa escursione la consiglierei solo a chi avesse tempo a disposizione e amasse particolarmente l’ambiente boschivo. In effetti non c’è molto da vedere se non osservare la fitta vegetazione e provare qualche vertigine causa altezza e passerelle traballanti.

Conclusa anche questa esperienza ci siamo messi in marcia verso Melbourne, concedendoci un’ultimissima tappa, poco prima di prendere l’autostrada, a Bells Beach, la spiaggia in cui è stata girata la scena finale di Point Break. Beh, le onde non erano decisamente paragonabili a quelle del film, ma in compenso c’erano due surfisti abbastanza bravi che vi si cimentavano.

Arriviamo quindi in serata a Melbourne, giusto in tempo per la cena.

Che dire di questi 2 giorni e mezzo spesi a percorrere oltre 1200 chilometri? Sicuramente un po’ stancanti, ma mi sento di dire che ne è valsa la pena e riguardando la foto dei Dodici Apostoli al tramonto mi accorgo che è una delle migliori di tutto il viaggio, insieme a quella scattata nel deserto dei pinnacoli, al tramonto su Uluru, alla vista di Heron Island dall’elicottero, a… Ma dov’ero rimasta?

Giusto, la Great Ocean Road, una delle strade più panoramiche del mondo. Il consiglio che mi sento di dare a chi dovesse percorrerla è di evitare di fare corse contro il tempo, anche perché le strade non sempre lo consentono. So che c’è chi tenta di fare l’intero percorso con una sola sosta notturna, ma penso che due notti siano indispensabili. Potendo tornare indietro avrei lasciato la prima sosta a Mt Gambier (i chilometri sono tanti ma le cose da vedere sono poche), mentre avrei anticipato la seconda a Port Campbell, nel bel mezzo dei lookout della GOR… Beh, sarà per la prossima volta!

Melbourne (voto: 7)

Ci siamo fermati a Melbourne 2 giorni pieni, di cui uno dedicato quasi totalmente agli Australian Open di tennis … e non poteva essere altrimenti vista la passione di entrambi per questo sport. L’atmosfera che si respira agli Open di Australia è molto bella, colorata e divertente e le partite quasi passano in secondo piano. Comunque ci siamo visti la partita di Federer, l’allenamento di Nadal, la vittoria sofferta della nostra Schiavone, la bella Sharapova e tanti altri. Abbiamo persino fatto un incontro ravvicinato con Kylie Minogue, che era lì come ospite e a cui ho letteralmente bussato sulla spalla sperando si girasse e volesse fare una foto con me… fortuna che le sue guardie del corpo sono state tolleranti!

La giornata dedicata alla visita di Melbourne l’abbiamo passata girando per lo più a piedi e in parte con il City Circle Tram (gratuito). Abbiamo visto parecchi punti di interesse, ovviamente non tutti, ma comunque sufficienti per darci un’idea della città, che nel complesso abbiamo trovato un po’ più caotica di Sydney e Perth. Nell’arco di un solo giorno siamo comunque riusciti a visitare tutta la zona centrale, tra cui la caratteristica stazione di Flinders Street, Federation Square, Chinatown, il Queen Victoria Market e, infine, i Royal Botanic Gardens che si trovano al di là del fiume Yarra.

Per concludere…

Il giorno seguente, anche se non ne avevamo alcuna voglia, abbiamo dovuto salutare questo Paese meraviglioso e ripartire verso l’Italia.

Ci avrebbe atteso un viaggio di circa 30 ore, molte delle quali a ripensare ai bei momenti trascorsi… Eh sì, un viaggio del genere ti resta nel cuore…non solo per i colori della natura e gli sconfinati spazi aperti.

Tutto ora rappresenta un ricordo prezioso, da conservare in un luogo profondo della memoria, piuttosto che in angolino della casa. Come il terriccio rosso prelevato nei dintorni di Uluru, i granelli di sabbia del deserto dei Pinnacoli e quelli candidi di Heron Island. Le immagini delle grandi e moderne città visitate…Perth, Sydney, Melbourne… Ma ancor di più le emozioni provate nei luoghi più selvaggi ed incontaminati… Il deserto, l’oceano, la foresta pluviale, le isole, i parchi naturali… i forti contrasti di luce sui Pinnacoli, le albe ed i tramonti su Uluru, la polvere e la solitudine sulla Mereenie loop road, gli Aborigeni di Alice Springs, le montagne russe sulle dune di Lancelin e quelle sulla sabbia di Fraser Island, le tartarughe e gli uccelli di Heron Island, la vitalità e la tempesta cromatica della barriera corallina, i lookout della Great Ocean Road e le vertigini della Tree Top Walk… i canguri, i koala, i quokka, i wallaby,… tutte cose che resteranno per sempre nel nostro cuore.

Guarda la gallery
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Barriera corallina

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Deserto dei pinnacoli

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12 Apostoli

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Perth

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Uluru

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Fraser Island

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Heron Island



  • Laura Scaglione Laura Scaglione
    Bellissimo il tuo racconto molto dettagliato. M'è servito tanto per capire cosa potrei vedere e dove andare spero di andarci un giorno anch'io in Australia intanto mi studio tutto quello che vorrei vedere. Ciao Laura"
  • Laura Scaglione Laura Scaglione
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  • Matte & Giobby Matte & Giobby
    Ciao, avremmo bisogno di un'informazione...per il noleggio auto nel Red Center secondo voi è necessario il navigatore o se ne può fare a meno? Avevato il cambio automatico o manuale nell'auto? Come avete volato con Cathay? Grazie Matteo e Serena"
  • Matte & Giobby Matte & Giobby
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