Il Medio Oriente che non ti aspetti: tra spiagge cristalline e moschee monumentali, questo paese è una gioia per i turisti
Quest’anno le vacanze scolastiche sono più lunghe del solito, infatti ne approfittiamo per un viaggio in Oman, in gruppo max. 16 persone, proposto da Mundoescondido al costo di 1950€ per persona esclusi alcuni pasti. Il 1° febbraio paghiamo l’acconto. Il 23 marzo paghiamo il saldo. Il 1° aprile, dopo aver seguito il tutorial su Youtube, parto fiducioso con la compilazione della domanda di visto on-line. Ad un certo punto uno dei “campi obbligatori” è “nome della madre” e bisogna anche indicare, selezionando da un menu a tendina, se la suddetta madre è sposata o single. Non è previsto che la madre possa essere deceduta, come nel mio caso. Comunque per soddisfare il burocrate omanita compilo diligentemente i campi richiesti. Completata la compilazione, procedo con il pagamento per un soggiorno al massimo di 10 giorni (5 OMR ~ 11,60 €) pigio invio e il visto viene immediatamente concesso. Mi chiedo cosa controllino. Non resta che attendere i biglietti e i documenti di viaggio che arrivano via mail l’8 aprile. C’è anche la lista degli hotel. Da quello che si vede sui siti di booking e tripadvisor si direbbero di buon livello. Due giorni prima di partire c’è un po’ di confusione sui pasti inclusi nella quota di partecipazione. Con un giro di mail si chiariscono le cose. Cambiano un pranzo con una cena la prima sera a Muscat che si prospetta attraente, per cui abbiamo 4 cene comprese. I pranzi invece sono tutti esclusi.
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Diario di viaggio in Oman
Giorno 1 – Arrivo a Muscat
Lasciamo l’auto al GPparking (29€ all’esterno fino al 28). Alle 9.30 siamo seduti al gate B51 in attesa del volo Turkish per Istanbul. Alle 10.30 imbarcano. Alle 11, con mezzora di ritardo, ci stacchiamo dal finger e poco dopo si decolla. Finalmente si arriva a Istanbul. Il nuovo aeroporto è di dimensioni gigantesche. Però la connessione Wi-Fi non funziona assolutamente e dovendo aspettare 3 ore in attesa del volo per Muscat c’è da morire di noia. Finalmente assegnano il gate. Ci incamminiamo e quando arriviamo troviamo Moira e Lorenzo arrivati da Roma e quindi il tempo passa piacevolmente chiacchierando e ricordando qualche aneddoto della comune vacanza nepalese di capodanno. L’imbarco è in perfetto orario, l’aereo si stacca dal finger in perfetto orario, accendono i motori…. e si sta lì fermi. Dopo un po’ il comandante annuncia che il 737-900 ha un problema tecnico e che quindi torneremo all’area di parcheggio. Già non è bello che ti dicano che l’aereo su cui sei seduto, e che di lì a poco doveva decollare, abbia un problema, inoltre per sistemarlo ci è voluto un po’ e si è cumulata un’ora di ritardo. Alla fine il volo è stato tranquillo e siamo arrivati a Muscat con 40′ di ritardo.
L’aeroporto è moderno e talmente pulito e lustro che potresti mangiare per terra. L’organizzazione del controllo visti e passaporti è efficientissima e in pochi minuti siamo al nastro bagagli dove le nostre valigie sono già tutte lì che girano. Usciamo e nell’atrio c’è il rappresentante omanita di Mundoescondido che ci attende e ci porta al pulmino. Ovviamente pulitissimo pure questo. Nel prosieguo del viaggio parlando con la guida abbiamo saputo che in Oman puoi essere multato di 10 OMR (circa 26 €) se giri con l’auto sporca. Manco in Giappone arrivano a tanto.
Appena varcata la porta dell’aerostazione percepiamo la gradevole temperatura da forno. Per fortuna non è troppo umido. In 15 minuti siamo al Majan Continental Hotel dove il tizio che ci ha accompagnati ci comunica che nonostante il programma prevedesse di riposare al mattino, trovarsi alle 14 e partire a visitare la città e dintorni, la nostra guida arriverà alle 9. Cosi abbiamo nemmeno 5 ore per dormire. L’hotel è bello. La camera è spaziosa; c’è a disposizione un tappetino per pregare e sul soffitto c’e una freccia che indica dov’è la Mecca. Il letto è comodo. Aiuterà a recuperare le forze.
Giorno 2 – Grande Moschea, Mutrah
È domenica, in un paese islamico è un giorno feriale qualunque. Alle 8 ci alziamo dopo aver dormito abbastanza poco. La colazione è abbondante e varia. Dato che in Oman non mangiano carne di maiale fanno il “beef bacon”, che risulta però un po’ stopposo. È meglio il kebab. Alle 9, puntualissimo, arriva Abdul, la nostra guida, con il pulmino e si parte per visitare la Grande Moschea. Il motivo per cui si parte alle 9, e non alle 14 come indicato nel programma originale, è che la Moschea si può visitare solo fino alle 11. Poi è riservata per le preghiere e non si può più entrare. Alle 9 fa già molto caldo. Siamo sui 30 °C. Meno male che il pulmino ha l’aria condizionata. Per entrare nella moschea ci sono alcune regole sull’abbigliamento. Uomini: pantaloni lunghi, ma si possono indossare le T-shirt. Donne: gambe e braccia coperte e velo sulla testa.
Tiziana ha dei pantaloni che arrivano a metà polpaccio e così deve noleggiare al negozio adiacente alla moschea una tunica che arriva fino ai piedi. Ci leviamo le scarpe e camminiamo a piedi nudi su un pavimento di marmo di una pulizia impeccabile. Visitiamo prima la sala riservata alle donne che ha dei bei rivestimenti in legno e marmo e dei bei lampadari di Murano. Poi passiamo alla sala degli uomini sfarzosissima: tappeto kashmir grande quasi come un campo da calcio, lampadario Swarovski gigantesco, vetrate colorate realizzare da maestri vetrai del Belgio.
Si va poi al vecchio borgo di Mutrah dove cambiamo gli euro in OMR (1 OMR = 2.4€). Il suq di Mutrah sembra un angolo di giappone. Pulito, ordinato, poco chiassoso. Nessuna parentela col suq di Marrakesh dove rischiavamo di essere arruotati dai motorini. Cercano tutti di venderti incenso da bruciare, pugnali tipici omaniti, pashmine e lampade di aladino. Non è economico e il livello di contrattazione è circa il 20%-25%. Abbiamo comperato una lampada di Aladino con la garanzia che il genio dentro c’è e porta fortuna. L’etichetta del prezzo indica 10 OMR, ma già solo per averla presa in mano e posata senza nemmeno chiedere nulla il prezzo scende a 8. Prendiamo anche 3 calamite da 1 OMR e senza dover discutere il totale fa 10. Usciti dal suq attraverso la strada per andare a vedere i due mega yacht gemelli del sultano (delle vere e proprie navi) e vedo tanti pesci colorati e una tartaruga. Alle Maldive siamo stati a mollo ore con la maschera per vederne finalmente una, qui la vedi dal lungomare.
Successiva visita: il museo, dove c’è una collezione di oggetti in rame, argento e oro e vestiti tipici delle varie regioni dell’Oman. Andiamo poi al Palazzo delle cerimonie (Al Alam), un filino kitsch, che si vede solo da fuori. Sosta foto per vedere due antiche fortezze portoghesi e poi in hotel. Qualcuno del gruppo va alla ricerca di un ristorante, qualcuno va a cercare una spiaggia. Noi che evidentemente non c’abbiamo più il fisico ci facciamo una bella ora di sonno e poi ce ne andiamo nella bella piscina dell’hotel dove incontriamo Moira e Lorenzo. Si sguazza a lungo e poi ci si prepara per la cena. Ci portano al ristorante Turkish Diwan. Davvero eccellente. Salsine miste con una focaccia calda strepitosa, un piatto di carne, uno di pollo e un pesce alla griglia indimenticabile. Al ritorno in hotel partiamo a piedi per andare a vedere da vicino la moschea bianca, distante poco più di un km. Tra marciapiede che si interrompe, lavori in corso, impossibilità ad attraversare uno stradone trafficato rinunciamo e torniamo indietro. Sosta in un ipermercato per esaminare l’offerta gastronomica omanita. Mi ha incuriosito la vaschetta di castagne. Mi stupisce che col caldo che fa a qualcuno venga in mente di mangiare castagne. E la giornata si conclude.
Giorno 3 – Forte di Nakhal, Ain Al Thwarah
Oggi abbiamo fatto colazione con calma e alle 9 partiamo alla volta di Barka, dove c’è un grosso mercato del pesce dove fanno le aste dei pezzi più pregiati. C’è un viavai di gente che confronta, contratta e poi o acquista, o lascia perdere perché non ha ottenuto il prezzo che voleva. Ci sono solo uomini e moltissimi indossano le classiche tuniche bianche immacolate. Vicino c’è anche un mercato ortofrutticolo dove ho visto i frutti del tamarindo e visto che stavo lì a guardarli con aria interrogativa il tizio del banchetto me ne ha dato uno da assaggiare. A parte che sbucciarlo non è semplice, il gusto non è nemmeno buono. Si riparte e si va a visitare il forte di Nakhal, un edificio molto antico eretto su un alto sperone di roccia in posizione ideale per difendersi da attacchi nemici. L’impianto della fortezza è di epoca pre-islamica a cui nel tempo sono stati aggiunti alcuni particolari architettonici. Le ultime modifiche sono del XIX sec. Tutto intorno ci sono palmeti. La guida ci ha detto che una palma da datteri produce da 100 a 150 kg di frutti l’anno. Un kg vale circa 1 OMR, quindi con un migliaio di piante ci si assicura un buon reddito. Ci prendiamo da bere in un coffee shop non particolarmente elegante (2 coca cola 300 baisa, cioè 0,70 €).
Si riparte e andiamo alla sorgente calda di Ain Al Thwarah dove troviamo una sorpresa: nel torrentello di acqua tiepida ci sono i pesci che mangiano la pelle morta dei piedi. Mettiamo le estremità inferiori a mollo e arrivano parecchi pescetti che con grande alacrità rosicchiano i talloni e fanno il solletico alle piante dei piedi. Moira ha provato a mettere in acqua le mani, ma non sono state minimamente degnate di attenzione dai pesci. E niente. A loro piacciono solo i piedi. C’è anche una grande vasca usata come bagno pubblico. Mentre eravamo lì si stavano lavando un ragazzino e una giovane donna. Il ragazzino indossava una T-shirt, mentre la ragazza indossava un vestito lungo fino ai piedi. Dopo essersi lavati sono partiti a piedi con i vestiti bagnati addosso. È vero che fa un caldo bestiale, ma non è fastidioso? Hanno un senso del pudore per noi incomprensibile. A malincuore terminiamo il pediluvio e ripartiamo.
Dopo poco lasciamo l’asfalto per immetterci con i nostri gipponi su una strada sterrata che si inerpica ripida su per le montagne. Ad un tratto il telefono di Abdul, che oggi è anche il nostro autista, squilla. Si ferma e fa fermare anche le altre 2 jeep, perché la quarta jeep è in panne più indietro. Inversione e si torna indietro. La jeep puzza di ferodo bruciato. Segno di problemi alla frizione. Mentre siamo lì piantati vengono a trovarci delle simpatiche capre con un pelo lunghissimo. Molto socievoli. Le nostre capre puzzano, queste invece no. Mentre noi socializziamo con le capre e facciamo foto gli autisti risistemano i bagagli in modo da poter usare i sedili nel vano posteriore di una delle jeep. Si riparte con 3 jeep. La quarta dovrebbe tornare indietro. In realtà l’autista prova a proseguire con la vettura vuota. Dopo un po’ sembra che la frizione abbia ripreso il normale funzionamento e si ritorna alla configurazione a 4 jeep. Procediamo indomiti tra panorami inquietanti, alte pareti di roccia, guadi con 40 cm di acqua, tratti franati, attraversiamo villaggi sperduti di poche case, vediamo dall’alto un piccolo centro abitato in fondo alla valle (con scuola, presidio sanitario e area per l’atterraggio elicotteri) e arriviamo finalmente in cima al colle (sui 2000 metri). Qui la temperatura è gradevolissima. C’è una leggera brezza e si sta d’incanto.
Qui, nel bel mezzo del nulla, hanno costruito un albergo. Abdul ci dice che la gente viene qui soprattutto in estate per godere un po’ di aria fresca e basta. Non ci sono sentieri da trekking, non ci sono attività da fare se non godere il fresco. La strada che scende è di nuovo asfaltata. E meno male, perché sono già le 17 e mancano ancora una quarantina di km all’arrivo. Procediamo abbastanza spediti tra un dosso artificiale e l’altro. Abdul ci dice che l’Oman ha il record mondiale di dossi artificiali. Il motivo è che, oltre ai tanti che mette il governo, se hai una casa che si affaccia sulla strada e hai dei bambini puoi andare in comune e chiedere che mettano un dosso artificiale in prossimità della tua casa (costo circa 350 euro). Poi i bambini crescono ma i dossi rimangono. Finalmente arriviamo a destinazione al Jebel Shem Heights resort. Un complesso di bungalow in pietra molto caratteristico. Ci sistemiamo in camera e andiamo a cena nel ristorante interno (anche perché non c’è assolutamente nulla intorno). Una buona cena a buffet.
Giorno 4 – Wadi Ghaul, Misfat, Jabrin
Dopo una più che soddisfacente colazione partiamo con le jeep. Oggi siamo sulla jeep di Yousuf. Prima tappa il Grande Canyon d’Arabia. La Lonely Planet dice che si chiama Wadi Ghaul, Abdul dice che non è vero e che il Wadi Ghaul è più sotto. La parola araba wadi indica in generale una valle, ma anche il letto di un fiume o un canyon. Comunque si chiami è abbastanza impressionante. Una fenditura nella roccia profonda 250-300 metri nel punto da dove si può osservare protetti da ringhiere. Dato che c’è una socievole capra che ci gira attorno con il chiaro intento di ottenere qualcosa da mangiare, Abdul va in un banchetto a comprare qualche dattero da darle. Il peloso animale apprezza molto e quando ci avviamo verso le auto per partire sembrava molto interessata ad aggregarsi al gruppo.
Scendiamo a valle e ci fermiamo nei pressi di un fiume in secca (che Abdul dice essere il Wadi Ghaul – Wadi del diavolo) dove ci sono case di fango abitate in tempi antichi dai persiani e abbandonate ormai da secoli. Il viaggio prosegue fino all’antico borgo di Misfat, in fase di restauro a scopo turistico. Il paese è pieno di terrazzamenti dati in uso gratuito agli abitanti che coltivano un po’ di frutta, verdura e datteri. Fanno una vita ben grama. Ci fermiamo nel bar a bere un lemon-mint buono fresco e dissetante (sui tavolini ci sono ciotole di datteri in omaggio). Per tornare alle macchine camminiamo per 400-500 metri e in questo breve tratto sudo tutto il boccale di lemon-mint appena bevuto. Riprendiamo la strada per andare a vedere dall’alto la città di Balha con il suo forte attualmente inaccessibile per restauri. Per pranzo, data la temperatura impossibile, ci prendiamo un gelato e un estratto di frutta fresca (0,800 OMR una grossa coppa di gelato, 1 OMR un bicchierone di estratto buonissimo!).
Rinfrancati ripartiamo per Jabrin, dove c’è un forte del XVII sec. che si può visitare all’interno. L’arredo è quello solito e cioè tappeti, cuscini, mensole, pochi mobili. I soffitti di legno e le porte sono invece molto decorate e in un ottimo stato di conservazione. Dalla torre si vede un grande cimitero. Abdul ci dice che i morti vengono sepolti nella sabbia avvolti in un lenzuolo “pulito” in una fossa profonda circa 1,5 metri con la testa rivolta in direzione della Mecca. Alla sepoltura non possono assistere le donne. Una volta coperta la fossa si mette una pietra in corrispondenza della testa e con altre pietre si crea un contorno della fossa. Non si mette una lapide che indichi chi è sepolto, non si mettono fiori. Dopo la sepoltura nessuno va a fare visita alla tomba e rimangono lì per sempre. Terminata la visita ci mettiamo in marcia per Nizwa dove arriviamo verso le 16 all’hotel Al Diyar. Tempo di salire in camera (molto grande), indossare il costume da bagno e ci fiondiamo in piscina. Acqua tiepida, un po’ di vento e i 38 gradi si sopportano più che bene. Alle 19 appuntamento nella hall per andare a cena in un ristorante che sembra promettere bene e che dista 3,5 km dall’hotel. Visto che passiamo un sacco di tempo in auto decidiamo di andare a piedi. Andiamo alla reception a chiedere lumi e ci dicono che non è possibile andare a piedi perché non c’è il marciapiede lungo la highway. Ci suggeriscono di attraversare la strada e di fermare uno dei “tanti taxi che passano in continuazione“. Seguiamo il consiglio. Attraversiamo la strada e ci mettiamo in attesa. Ma c’è un piccolo particolare: siamo in 13. Di taxi ne passano pochi e quei pochi hanno già gente a bordo. Si direbbe che qui i taxi sono condivisi per cui si potrebbe salire uno o due alla volta ma non sembra una buona idea. Il santo protettore del viaggiatore (o il genio della lampada di Aladino comperata a Mutrah), però, ci fa apparire un pulmino taxi che con un po’ di flessibilità carica tutti e 13 a bordo per 300 baisa a testa (circa 0.70€) e ci porta fin dentro al suq.
Adesso si tratta di trovare il ristorante Al Mandi Al Dhahabi. Mostro la piantina salvata sul telefono ad un po’ di persone senza successo. Poi finalmente trovo il gestore di una gioielleria che mi indica dov’è. Ottima cena a base di pesce, hummus, chapati, acqua, lemon-mint e mango juice per 3,20 OMR a testa (neanche 7 €). Andando al suq col taxi abbiamo visto che il marciapiede lungo la highway in realtà c’è contrariamente a quanto ci hanno detto alla reception dell’hotel, così su proposta dei giovani siamo tornati a piedi. In realtà qualche tratto è scassato, ma nel complesso è una camminata che si può fare senza nessun rischio. Ci abbiamo messo meno di un’ora.
P.s. oggi ci siamo fermati a fare il pieno. La benzina costa 0,245 OMR/litro (circa 0,57€/l). Il gasolio meno.
Giorno 5 – Nizwa, Ibra
La colazione oggi non è un granché. Ma comunque più che sufficiente. Alle 9 siamo in marcia verso il suq e il forte. Oggi il nostro autista è Aiman, che scopriamo essere cugino di Yousuf. Aiman ci dice di avere un padre con tre mogli, che lui ha 8 tra fratelli e sorelle più altri 12 tra fratelli e sorelle delle altre mogli. In totale al momento sono 21 figli dello stesso padre. La prima sosta è in un negozio che espone più di 10 diverse qualità di datteri con diversi gradi di dolcezza e confezioni di datteri in varie declinazioni tra cui ripieni di mandorle. Assaggio libero!
Qui hanno anche dell’ottimo Tahin (crema di sesamo). Poi si va al settore ortofrutta dove ci mostrano alcune erbe e verdure che da noi non ci sono e quindi al settore spezie dove il pezzo forte è il curry omanita fatto con 20 spezie. Poi ci sono tutte le infinite specie di spezie e erbe essiccate per fare varie tisane. Qui hanno lo zafferano iraniano che costa 2 OMR al grammo. Cioè circa 4600 €/kg. Si gira ancora un po’ per il suq con una temperatura prossima ai 40 °C (al sole non si resiste). Poi andiamo al forte. Un edificio del XVII sec. collegato al castello in cui hanno vissuto vari imam. Grosso modo è molto simile al castello di Jabrin, ma meno decorato. Lasciamo Nizwa e ci dirigiamo a Ibra, nelle cui vicinanze ci sono i resti (abbastanza malandati) di un antico villaggio costituito di case costruite con pietre e fango. Giriamo tra i ruderi per un quarto d’ora sotto un sole rovente e poi rientriamo nelle nostre confortevoli jeep con A/C. Verso le 15 sosta pranzo.
Alle 16 si riprende la strada, ma ci si ferma quasi subito da un gommista per ridurre la pressione dei pneumatici per poter percorrere le piste di sabbia. Alle 16.45 siamo all’Arabian Orix Camp, dove passeremo la notte in un bungalow molto carino e confortevole. Vicino all’ingresso c’è un recinto in cui ci sono 3 poveri orici che se ne stanno sotto il sole. Alle 17.30 ci troviamo con i nostri autisti per andare a fare un giro con le jeep sulle dune. È un po’ come andare su un ottovolante, perché ci sono salite e discese ripidissime e sulla sabbia molle le jeep ondeggiano in modo preoccupante. Arrivati in un punto in alto per vedere i sinuosi profili delle dune c’è un vento abbastanza teso e così ci riempiamo occhi, naso e bocca di sabbia. Però lo spettacolo è bellissimo. La sabbia è finissima e ha un bel colore rosso dorato. Giriamo un po’ su e giù dalle dune di sabbia con le jeep e in una delle soste Abdul si impantana nella sabbia fino ad appoggiare il pianale per terra. Non abbiamo capito se l’ha fatto apposta per far vedere come si soccorre un imbranato che si pianta nella sabbia. Tira fuori delle robuste cinghie e si fa tirare fuori da una delle altre jeep. Aiman e Federico si cimentano in una discesa di corsa giù da una ripida duna (abbastanza facile) per poi risalirla (molto faticoso).
La tecnica per risalire la duna è “a quattro zampe”. Se cerchi di risalire solo con le gambe non ce la fai, perché scivoli all’indietro. Comunque ha vinto Aiman. Rimaniamo fino al tramonto. Poi torniamo al campo. Doccia, cena e poi il dopocena è allietato da un gruppo di musicisti che propone un repertorio di musiche tradizionali arabe. Dopo il tramonto qui nel deserto si sta benissimo. Temperatura gradevole, clima secco e ventilato, silenzio totale. Speravo di vedere meglio le stelle, ma quel poco di luce del campo e la porzione di luna ancora abbastanza grande si vedono proprio pochi astri.
In compenso ho visto una bellissima stella cadente. Buon segno.
Giorno 6 – Wadi Bani Khalid
Alle 7 vado a fare un giro per il campo dove regna un silenzio totale. Alle 7 la temperatura è gradevole. Alle 7.30 si è già alzata di qualche grado e alle 8 fa caldo. Si va a colazione.
Alle 9 si parte. Sosta dal gommista per rigonfiare i pneumatici e poi via fino al Wadi Bani Khalid dove arriviamo alle 10.45. Dove inizia il canyon c’è un lago in cui si può fare il bagno vestiti (T-shirt e bermuda sia uomini sia donne) invece salendo lungo il canyon si arriva in una zona dove Abdul ci ha detto che è consentito fare il bagno in costume, anche se i cartelli invitano a indossare magliette e bermuda. Due inglesi che sono a mollo vestiti si lanciano in una critica ad alta voce ai soliti italiani che non rispettano le regole, nonostante ci siano persone di varia nazionalità e colore della pelle che fanno il bagno in costume. A parte i rompiscatole d’oltre manica che ce l’avevano solo con noi italiani, il bagno nel torrente è goduriosissimo! Si risale, un po’ a nuoto, un po’ camminando, nell’acqua tiepida un bel pezzo del canyon. Il fondo è sassoso e a tratti un po’ scivoloso per cui è meglio avere le scarpette di gomma. Teoricamente avremmo dovuto ritornare alle auto per le 11.45, ma era così bello che abbiamo deciso di comune accordo di prenderci mezz’ora in più. Saremmo stati volentieri anche tutto il giorno. Molto a malincuore lasciamo questo paradiso acquatico e partiamo per Sur dove ci si ferma per pranzo. Noi ci prendiamo due coppe di gelato e due lattine di pepsi spendendo la stratosferica cifra di 0,800 OMR, cioè 2€. Le consumazioni ai coffee shop in Oman non costano nulla.
Dopo pranzo ci spostiamo sul lungomare di Sur che, francamente, non è un granché. Poi a vedere il faro e quindi la fabbrica dei Dohw: grandi barche di legno (prevalentemente tek e in parte acacia) costruite interamente a mano. Abdul ci dice che, a seconda delle dimensioni, il costo varia da 150.000 a oltre 200.000 OMR e che i tempi di costruzione sono da 1 a 2 anni. Nel cantiere ce n’erano due in costruzione ed era possibile salire su quella più piccola. Vista da vicino è un po’ claustrofobica. Non ci sono oblò e se si scende sottocoperta ci si sente un po’ soffocare. Sono in ogni caso pezzi unici di notevole bellezza. Gli artigiani che le costruiscono sono degli artisti. Alle 17.30 arriviamo al Turtle Beach Resort di Ras al Hadd. Alle 19 si cena perché alle 20 ci spostiamo con le auto a Ras al Jinz, punto estremo orientale dell’Oman, dove c’è l’area protetta in cui nidificano le tartarughe. C’è un casino di gente e si entra scaglionati. Noi siamo il 4° gruppo ad entrare.
Finalmente ci fanno passare. Percorriamo un bel pezzo di strada usando la torcia del cellulare. Mentre andiamo vediamo un fennec che rovista nella sabbia alla ricerca di cibo (probabilmente uova di tartaruga). Arrivati in prossimità della riva si procede quasi al buio. C’è giusto un po’ di luce rossa della torcia del guardaparco. Ci fanno avvicinare ad un nido in cui c’è una tartaruga lunga circa un metro che ha già deposto le sue uova (un centinaio, ci dicono) e le sta coprendo di sabbia. Rimaniamo un bel po’ ad osservare gli sforzi incredibili che sta facendo. Ogni tanto sembra stremata e si ferma per poi riprendere. A ricoprire il nido ci mette un paio d’ore. Ad un tratto ci chiamano perché c’è una tartaruga appena nata che sta correndo verso il mare. Molto emozionante.
Essendo buio pesto si vede anche il plancton luminescente che galleggia sul mare. Si è fatta l’ora di tornare. Oggi è stata una giornata molto varia. Sarebbe stato bello avere un po’ più di tempo al Wadi Bani Khalid e per recuperare si sarebbe potuto ridurre la passeggiata sul lungomare di Sur e la visita al faro (che non è imperdibile).
Giorno 7 – Wadi Tibi, Fins
Oggi è venerdì, giorno festivo nel mondo arabo, ma la macchina del turismo non si ferma. Colazione sul terrazzo a lato della spiaggia. Alle 8.30 siamo pronti a partire. La prima tappa è Wadi Tibi con passeggiata nel fatiscente villaggio che c’è nel canyon. È un agglomerato di case molto malandate costruite in un canyon ricco di acqua per cui ci sono tantissime palme da datteri e alberi di mango che creano un incredibile contrasto di verde sullo sfondo bruno delle alte pareti di roccia. La passeggiata non dura molto sia perché il minuscolo villaggio lo si vede in dieci minuti sia perché fa un caldo bestiale. Risaliamo in auto e partiamo alla volta di Fins dove c’è una bella spiaggia e un mare turchese da cartolina. La spiaggia è di ciottoli per cui senza le scarpette di gomma fa un po’ male ad entrare in acqua, ma una volta dentro è una goduria incredibile. L’acqua è tiepida e sarebbe bello rimanere a bagno per ore, ma il tour deve proseguire. C’è la sosta pranzo e anche oggi optiamo per un gelato, l’unica cosa che fa piacere mangiare con questo caldo.
Al minimarket per 2 gelati, 2 bibite e un sacchettino di snack spendiamo l’esorbitante cifra di 0,7 OMR (meno di 2€). La tappa successiva è il Sinkhole, un buco (dolina) del diametro di una quarantina di metri e profondo altrettanto pieno di acqua salmastra color smeraldo. Le origini di questa dolina non sono proprio chiaramente comprese dai geologi. Ci sono varie ipotesi, tra cui quella che sia dovuto ad un fenomeno di erosione dello strato di calcare a cui è seguito un crollo. Ma qualunque sia stato il fenomeno che l’ha creato vale certamente la pena scendere la scalinata in cemento e farsi una nuotata in questo straordinario luogo. Essendo oggi un giorno festivo c’è un casino di gente (in gran parte indiani che lavorano in Oman). E anche da qui ce ne dobbiamo andare perché tutte le cose belle sono destinate a finire. Ci rimettiamo in marcia e alle 17.30 siamo di nuovo al Majan Continental Hotel di Muscat. Salutiamo i nostri autisti (Yousuf, Aiman e Akbal) e Abdul che domani non ci sarà, perché faremo un giro con la barca a vedere i delfini e poi un giro al museo nazionale senza guida.
Per cena andiamo al ristorante Al Yemen Al Saeed a poche centinaia di metri dall’hotel. La comunicazione con il cameriere non è semplice perché lui non parla inglese, a parte qualche parole, e noi non parliamo l’arabo. Il menù è anche scritto in inglese ma non capiamo comunque come sono cucinati i piatti. Così ordiniamo due piatti alla cieca: uno di carne e uno di pesce. E speriamo in bene. Ci portano una caterva di roba che basterebbe per 4 persone. Il piatto di pesce consiste in una grossa fetta grigliata con un mastello di riso speziato come contorno. Il piatto di carne è una grigliata mista che è stato un problema finire, data la quantità di cibo. Per accompagnare i piatti, come se non fosse già abbastanza, hanno portato anche dell’hummus buonissimo, un pane arabo grande come un ombrello, una gamella di insalata mista (scondita) e due tazze di un brodino piccante che non abbiamo capito di cosa fosse, ma che aveva un buon sapore. L’unico attrezzo fornito per mangiare è stato il cucchiaio. Si mangia con le mani. Il conto? 6,200 OMR. Cioè circa 7,50 € a testa per una cena ottima. Irrisorio.
Giorno 8 – Tour
L’organizzazione del tour è ottima. Visto che il volo parte di notte e dobbiamo andare in aeroporto alle 22, ci lasciano la camera fino alle 20.30. Un’attenzione che ci ha fatto molto piacere. Quindi ci godremo senza pensieri quest’ultimo giorno di vacanza. Alle 9.00, puntuale come un omanita, si presenta l’autista che col pulmino ci porta al molo per il tour delfini e snorkeling. Tra l’altro lo snorkeling è una bella sorpresa perché noi tutti pensavamo di fare solo il giro in barca. Si parte con un motoscafo veloce, tipo quelli delle Maldive, con 2 motori fuoribordo da 250 HP. Qui però il mare non è una tavola come alle Maldive e viaggiando ad alta velocità gli spruzzi e i sobbalzi non mancano. Dopo circa mezzora di viaggio compaiono i delfini. Ce ne sono tantissimi. Anche se ne abbiamo visti già da altre parti è sempre bello vederli. Qui in particolare sono proprio tanti. E poi è venuta la parte più bella. E cioè lo snorkeling in una piccola baia dove c’è un po’ di barriera corallina. Ci hanno fornito maschere e pinne e siamo stati quasi un’ora a guardare pesci multicolori. Tornando indietro si passa lungo una costa molto frastagliata con faraglioni bellissimi. All’arrivo si fa la doccia, ci si riveste e si va al museo nazionale. Un museo con un’interessante collezione di pezzi, ma senza una guida non si apprezza completamente. Finito il giro al museo una parte del gruppo, tra cui noi, torna in albergo un’altra parte invece si fa portare al Grand Mall. I centri commerciali attirano. Dato che a casa le temperature sono piuttosto basse, ci godiamo l’ultimo caldo in piscina. Mi sa che per un bel po’ magliette e bermuda saranno un ricordo. Prima di cena andiamo a fare una passeggiata fino alla Grande Moschea. Lungo la via ci sono delle case gigantesche circondate da alti muri. Si direbbe che amino molto la privacy. Arrivati alla Moschea tutte le porte che accedono al giardino sono chiuse e quindi ce ne torniamo in hotel con le pive nel sacco. Ci teniamo la camera fino all’ultimo e poi ceniamo in hotel (7 OMR Menu fisso). Alle 22 si parte mesti col pulmino per l’aeroporto. Check in, controllo passaporti controllo bagagli e poi la solita barbosa attesa.
Giorno 9 – Rientro in Italia
È da un po’ che siamo in aeroporto. Hanno assegnato il Gate. Sul display c’è scritto OPEN, ma è desolatamente chiuso e noi siamo seduti su delle opere di raffinato design, ma scomodissime. Se aprissero per davvero il Gate ci si potrebbe invece sedere su delle comode poltroncine. Finalmente verso le 0.30 compare un tizio della Turkish che controlla le carte di imbarco e consente l’accesso alle suddette poltroncine. Dopo neanche mezzora inizia l’imbarco. Stiamo quasi per salire a bordo e bloccano l’accesso. Dopo un bel po’ arriva un inserviente con 12 bottiglie d’acqua e le consegna agli assistenti di volo. Dopodiché riaprono l’imbarco. Mi è sfuggito il nesso tra i due eventi.
Tutto ciò è servito a far partire il volo con mezzora di ritardo. Volo tranquillo e dopo circa 5 ore siamo a Istanbul. Ai transiti internazionali si deve rifare il controllo bagagli e ci sono code molto lunghe. Visto che dobbiamo imbarcarci a breve ci fanno saltare un pezzo di coda e finalmente dopo aver percorso un lunghissimo tratto a piedi (il nuovo aeroporto di Istanbul è gigantesco) siamo al gate del volo per Milano piuttosto tronati dalla stanchezza. Si parte anche questa volta con mezzora di ritardo e si arriva di conseguenza in ritardo a Malpensa. Al controllo passaporti c’è il nuovo sistema di riconoscimento facciale per sveltire le operazioni. Ci sono una decina di postazioni e quando passo io rimango (insieme agli altri 9) imprigionato nel passaggio, così aprono i varchi a mano. Vabbé. La tecnologia non sempre è amica. Le valigie arrivano in pochissimo tempo. Ci salutiamo. È stata una bella vacanza di gruppo.
Conclusioni e informazioni sul viaggio in Oman
Cosa si può dire di questa settimana in Oman? Di sicuro un viaggio molto vario e interessante. L’Oman è un paese che non ti aspetti. È poco conosciuto e ricco di sorprese, soprattutto paesaggistiche. Gli omaniti sono privilegiati rispetto agli immigrati. Per gli omaniti moltissimi servizi come istruzione e sanità sono gratuiti, per gli immigrati invece sono a pagamento. La condizione della donna è quella comune nei paesi arabi. In casa. Se esce deve essere coperta dalla testa ai piedi (il viso non è coperto). Muscat è una città molto pulita. Fuori invece c’è molta meno cura per la pulizia. È il classico posto per cui si dice “bello, ma non ci vivrei”. In ogni caso vale assolutamente il viaggio.