Il magico peru’
Settimo giorno Dopo una notte gelida. Alle 5 del mattino suona la sveglia. Imbaccuccati di tutto punto, usciamo a meno 8 per andare nella sala colazione. Meraviglia delle meraviglie troviamo apparecchiate con l’acqua calda per il the, del pane freddo , burro freddo e marmellata. Va bene così. Le strade si fanno più strette sterrate. Facciamo tappa in qualche paesino dove è facile fare foto spettacolari con aquile, lama e alpaca. Provo una naturale simpatia per gli alpaca, degli animali davvero mansueti e dolci. Ci fermiamo diverse volte per ammirare i terrazzamenti, i paesaggi e la spaccatura del canion. A poca distanza da Cruz del condor, proseguiamo a piedi. Su un sentiero che dà sullo strapiombo. Ci si sente davvero piccolissimi di fronte a questi monti giganti della natura. Camminiamo con calma , in attesa di incrociare il volo di un condor. Finalmente in prossimità del punto di osservazione se ne vede uno appollaiato. Alcuni di noi si avvicininano, ma sabrina li richiama. I condor non vanno disturbati. Tutti obbediscono e forse per questo veniamo ricompensati con un volo spettacolare di 6 condor che si librano sopra le nostre teste. Salgono verso il sole, scendono e sembrano sparire nei meandri della spaccatura di 3000 metri del canion. Dove non vedi più uno, ne segui un altro. Cerco con la mia videocamera di volare con loro e capisco la fortuna che ho nell’essere lì , spettatore partecipe. Assolutamente soddisfatti dell’esperienza fatta, nel pomeriggio torniamo ad Arequipa per una notte di riposo. Ottavo giorno La strada per Puno finalmente mi rivela i paesaggi andini, come me li ero immaginati. Colori, colori e ancora colori. Il blu è blu, il giallo è giallo. Tutto è intenso e spettacolare. Le alte montagne con el cime innevate contrastano con il colore bruciato della terra e il terso del cielo. Nelle firmate non mancano mai le venditrici, sempre donne, che aggiungono con il loro visi e abiti tradizionali un altro tratto pittoresco all’insieme. Conosco Savina e Vittoria. Non so se fossero imparentate. Savina è anziana, magari più di quello che sembra perché la pelle è segnata dagli anni, dal tempo e dall’esperienza. Vittoria è giovane. Non so se si rispecchia in savina o se le piacerebbe. E’ una delle mie foto preferite. Chili e chili di lana, maglioni, coperte e guanti mi circondano. Vorrei comprare tutto. Alla fine arriviamo a Puno e ci regaliamo un pomeriggio tranquillo. Sono molto soddisfatta dell’albergo che ho prenotato. La nostra stanza al quinto piano dà direttamente sulla cattedrale. www.condelemosinn.com Ci chiedono subito in reception se siamo interessati a visitare le isole. Rispondo di si, ma che abbiamo già un contatto con il kantuta lodge dell’isola amantani. ( amantani@hotmail.com ) Con Richard ? mi chiede la receptionist Sì, è lui! Si conoscono. Sono sollevate. Il kantuta lodge esiste. Infatti la sera arriva la sorella di Richard ci spiega che l’indomani mattina verrà a prenderci con un taxi, ci imbarcheremo su una lancia privata che ci porterà prima a vistare le isole galleggianti degli uros e poi all’isola ammantani per la notte. Perfetto, tutto come stabilito. Sono colpita dalla potenza di internet e dalla organizzazione e affidabilità di queste persone. Il pomeriggio abbiamo visitato il centro di Puno e siamo andati al porto su un tuk tuk a pedali. Interessante la visita al mercato coperto. Non è turistico. Molto grande, c’è un po’ di tutto. Il colpo d’occhio mi ha ricordato quello di Londra. Puno in sé non è particolarmente caratteristica, ma va bene come tappa, inoltre qui qualunque cosa serva si trova. I posti per la cena non mancano. Noi abbiamo scelto il ristorante da Don Piero, nella via principale. Non è molto grande, davvero grazioso e si mangia molto bene.
Nono giorno Tutto come prestabilito. Sulla lancia siamo solo in quattro. Noi due e due ragazzi tedeschi, Neil e nadine con cui facciamo presto amicizia. Le latre lance che fanno la spola tra le isole sono stracolme di turisti. Arriviamo alle siole flottanti. Sono irreali. Nel vero senso del parola. Infatti sono artificiali e create dagli uros sfruttando le canne della zona. Ecco perché sono spesso impegnatei nel rinfromzarle. Appena si poggiano i piedi, l’effetto è strano, proporio perché non è come camminare sulla terra. Ci raccontano nei dettagli come sono fatte le isole e di cosa vivono. Il narratore si chiama Fredy, ci spiega cneh che lui conosce l’inglese e l’italiano ed è felice di poter utilizzare la nostra lingua per fare pratica. A me sembra già molto bravo. Ci lascia la sua mail fredyterry@hotmail.com e io penso che un uros su un’isola galleggiante ha una mail…progresso ? E’ chiaro quindi che sono preparatissimi nell’accogliere turisti e che vivono in gran parte di questo. Ciò toglie un po’ di fascino e di veridicità resta comunque uno spaccato di mondo a parte. Quando ripartimao la nostra lancia ha qualche problema e il motore si spegne. E chi troviamo sulla lancia che viene a soccorerci? Alessandro, il romano. Il mondo è piccolo sul serio. E’ riuscito ad organizzarsi al volo e andrà anche lui ad Amantani. Pensiamo di vederci lì, ma saremo su deu sponde diverse dell’isola. L atrversata è lunga, ma dopo circa due ore abbondanti approdiamo. Un ragazzo alto e sorridente ci sta aspettando. E’ Richard. Questo ragazza è la cordialità incarnata. Trasmette una tale gioia e serenità che non so dire se sia vero. Ci accompagna al lodge, che poi è la casa della sua famiglia con qualche stanza in più ed una bella sala al primo piano la cui vetrata spazio sul lago titicaca. Il tempo di posare gli zaini e via siamo già tutti e 4 pronti per andare ad esplorare l’isola. Abbiamo saputo che ci sono due antiche rovine : pachamama e pachatata ovvero madre e padre terra che appartengono alla cultura tiahuanaco. Le popolazioni di questa cultura erano prevalentemente di orgine boliviana e nacquero sulle rive del algo circa nel 500 a.c. Quello che non sapevamo è che dovevamo agffrontare un dislivello di oltre 1000 metri per arrivarci…tutto ciò sotto il sole e a 4000 metri di altezza… Ne è valsa la pena. Amantani non ha vie, non ha auto a dire il vero ha anche ben poca illuminazione. Ciò che ha in abbondanza sono campi coltivati e contadini. Quando arriviamo in cima lo spettacolo ci soddisfa. Si spazia sui terreni, sull’acqua e sulle altre sile che si vedono. C’è silenzio. Pochi turisti. Quando scendiamo facciamo fatica ad orientarci e chiediamo più volte aiuto. Finiamo nei campi e nell case di chissà chi, ma nessuno ci è ostile anzi! Ormai a lumicino di luce ritroviamo il lodge e ne siamo ben felici! La sera c’è una festa nel centro paese e siamo invitati ad andare. Ci vestirebbero con i loro abiti. Mi piacerebbe , ma mi sento veramente stanca. Preferisco godermi l’ottima cena., trota alla plancia e fermarmi a giocare a carte con neil e ndine. L’oscurità è scesa. Qui è proprio buio. Non ci sono luci fuori e anche noi dentro abbiamo un paio di candele. E’ una bella serata. Alla fine neil e nadine decidono di andare alla festa. Prestiamo loro la nostra pila e noi invece ci prepariamo per la fredda notte. Ovvio che qui non ci sono riscladamentei né stufette. Ci imbacucchiamo e ci infiliamo sotto le spesse coperte. Non è comdo, ma si piò fare. Decimo giorno Si parte alla volta dell’isola taquile. Il lago è agitato. Ho sempre pensato che i laghi non potessero avere le onde come i mari, ma mi sbagliavo. Si ondeggia parecchio. La lancia ha ancora qualche problema. Il nostro pilota si muove di continuo per controllare il motore e pesso alla guida si alternano Neil e Andrea. Penso che non hanno la patente nautica, ma non è importante. Basta che andiamo. Arriviamo a Taquile. L’isola mi smebra più piccola di Amantani . E’ altrettanto bella, ma Amantani mi sembra più affascinante. Camminiamo fino a centro paese e poi torniamo alla lancia. E ‘solo una breve sosta. Lasciato il lago e salutati i nostri compagni di avventura, ci andiamo a preparare per il pomeriggio. Ci organizziamo infatti con la reception dell’hotel per andare a vedere il sito di Sillustani.
Lì ci sono delle torri funerarie che contornano il lago Umayo . In questa zona vive val apopolazione Colla e le torri che visitiamo , dette Chullpas, sono la testimonianza dei lori riti funerari. Nell torri venivano seppelliti interi gruppi familiari con i loro oggetti e il cibo per il viaggio nell’al di là. Il posto è struggente. Soprattutto quando si tinge dei colori del tramonto. Nel lago umayo c’è anche un’isoletta, abita da vigogne. Tutto attorno uccelli, alpaca, lama .. Undicesimo giorno E’ un giorno di trasferta. La nostra destinazione è Cusco. Utilizziamo la line aid bus inkaespress che ci fa fare 5 soste lungo il percorso. In particolare mi è piaciuto il palazzo di wiracocha , che si è salvato all’invasione degli spagnoli per il fatto che , non essendoci rappresentazioni del dio, non avevano capito che si trattava di un tempio E il paese di Andahuailillas dove la chiesa è affrescata e viene chiamata la cappella sistina americana. La sera arriviamo al nostro amaru hostal www.cusco.net/amaru. Abbiamo una bella stanza,l con un delizioso balconcino che domina sui tetti di San Blas. Ci sentimao con Alessandro e chiara e ci vediamo per cena al ristorante Victor Victoria. La cameriera è un vulcano di simpatia. Come sempre mangiamo più che bene ad un costo irrisorio.
Dodicesimo giorno Il giorno si preannuncia tranquillo. L’idea è di passeggire per le viuzze di san Blas e plaza de armas con passo lento. Accendo la mia fedele videocamera e…non va…non va. Mi prende il panico. Il giorno dopo co aspetta machu picchu e la mia videocamera non va. Non può essere così crudele il destino! Il mio viso si contrae di disappunto e Andrea viene in mio soccorso. Torniamo in hostal e con le forbicine andrea si mette ad avvitare una rotella credendola la causa del problema. Io trattengo il respiro e lo rilascio quando lo sento dirmi che gli sembra tutto a posto. Funziona! Con un taxi ci spostiamo di pochi chilometri per visitare i siti archeologici nei dintorni della città. Il più noto è Saqsaywaman , che in lingua quechua vuol dire falco soddisfatto. E’ unìimponente rovina sia religiosa che militare. Oggi resta crica il 20% delle mura originali, perché gli spagnoli hanno usato i blocchi per costruire le loro case a cusco. E’ però conosciuta soprattutto perché è qui che il re inca manco Capac ha provato a resistere agli spagnoli. Gli spagnoli riuscirono poi ad avere la meglio grazie all’rrivo di 50 cavalleggeri comandati da juan pizarro, fratello del più conosciuto Francesco. Degli altri siti nei dintorni, merita senz’altro una visita Q’enqo per l’atmosfera che emana. Qui si tennero dei sacrifici umani. I sacerdoti per restare nascosti tra le rocce, ma poter operare usavano delle lamine d’oro che riflettevano la luce del sole. Ingegnosi…
Tredicesimo giorno E’ il giorno di Machupicchu! Alle 5 del mattino salto in piedi come un grillo. Gli zaini sono pronti dalla sera precedente e gli animi a mille. Non sento neanche il freddo. Il trenino delle ande parte da Poroy e ci vuole un 15 – 20 minuti. Sul biglietto c’è scritto che se non ci si presenta per tempo il biglietto non è valido. Cielo. Siamo sul filo del rasoio, per via di 4 allegre signorotte attempate spagnole che nell’ordine non trovavano la borsa, il biglietto e la testa. Alla fine ce la facciamo. Il trenino è uno spettacolo.Siamo sul vistadome, ovvero anche il tetto ha dei vetri per avere una visione totale delle bellezze che attraverseremo. Il viaggio è lento, dura circa tre ore, ma per una volta non mi interessa correre. Come un bimbo con il naso schiacciato sulla vetrina dei giocattoli, io ammiro rapita tutto quello che mi circonda. Il paesaggio , la tazza del thè, i camerieri eleganti. Sul treno ci sono persone che arrivano da tutto il mondo. Noi facciamo amicizia con una famiglia di californiani che ci tiene a raccontarci di essere stata in vacanza anche in Trentino. La stazione di arrivo è ad Aguas calientes, che più che un paese mi sembra un insieme di alloggi costruiti attorno al treno. Da lì si prende una navetta che in circa 20 minuti arriva all’entrata del sito. Si sale e non si può fare a meno di pensare come possa essere stato costruito proprio lì. Montagne di un verde lussureggiante intenso ed intricato, quasi nessun segno degli uomini: strade , case etc…se ci sono non si vedono avvolti nel verde brillante. E ciò oggi, figuriamoci quando ci passò lo scopritore della cittadella Hiram Bingham.
Arrivati all’entrata, scoppio in una fragorosa risata. C’è una profumeria che porta il mio nome. Machupicchu è la bellezza del mondo numero uno. Non c’è da stupirsi che ci sia molta gente nel sito. Nonostante questo riusciremo a girarla godendoci degli scorci senza nessuno o quasi. Cosa fosse veramente machu picchu ancora oggi è un mistero. Quando si cominciarono a trovare resti umani si cedettero per lo più di donne e si pensò ad una città di donne elette. Oggi questa teoria è abbandonata e sembra più credibile una cittadella di rifugio o una sorta di residenza reale. Certo è il suo valore sacro. All’interno si distinguono in partiolcare il tempio del sole e il tempio del condor che sottolineano la valenza sacra del luogo. Varcata l’entrata si cammina per circa una decina di minuti e si arriva alla prima immagine d’insieme del luogo. Quello che ho sempre visto in fotografie e documentari e lì davanti a me. Mi sento molto fortunata. Non abbiamo una guida. Quella che dovevamo avere non l’abbiamo trovata o più probabilmente non si è presentata. Pazienza, la giriamo armati del nostro libro e non abbiamo nessun problema ad orientarci e a capire cosa stiamo guardando. Soprattutto ci piace l’intihuatana ovvero leteralmente palo in cui si impiglia il sole. Non è una meridiana, ma serviva agli stronimi inca per prevedere i solstizi. Cerco di immaginarmi la vita in questo posto così isolato eppure così ricco di agricoltura e di cultura. Chissà come mai ad un certo punto è stato abbandonato…qui gli spagnoli non arrivarono mai e d’altro canto, vista la posizione, come avrebbero potuto ? Non risolverò certo io questo mistero per cui mi rimetto in moto e salgo nel punto più alto, oltre la casa dell’alto sacerdote. Da qui la natura dà il suo meglio e tutto il suo essere rigoglioso sembra riavvolgere machu picchu nella giungla…
Quattordicesimo giorno Ci eravamo accordati con il taxista, Ariel, del primo giorno a cusco per fare il giro della valle sacra. Poi ci siamo accordati con Chiara e Ale e da due siamo diventati quattro. Ale, però, il giorno prima aveva fatto azione di benchmarking e aveva scoperto che Ariel aveva chiesto un po’ troppo. Così si è messo a contrattare in quello che lui definisce il suo spagnolo romanesco e alla fine è riuscito a spuntare una cifra decisamente più buona e per di più da dividere ancora per due. A noi è andata più che bene, ariel era un po’ meno contento… Abbiamo viaggiato controcorrente rispetto ai flussi turistici canonici e così nabbiamo potuto visitare dei siti completamente nda soli, godendoceli al meglio. La prima tappa è stata pisaq , la cittadella inca. Tanto per tenerci un po’ in allenamento ci siamo fatti una bella scarpinata fino alla sommità. Io a dun certo punto mi sono arresa e mi sono fermata. Ale e Chiara, invece, hanno valicato la soglia e sono scesi dall’altra parte. Dalla sommità si possono ammirare, oltre alle rovine e ai terrazzamenti, il rio Kitamayo da una parte e la valle del rio chongo dall’altra. Il mercato di pisaq è molto celebre, ma a me a dir il vero non ha entusiasmato più di tanto, l’ho trovato turistico con solo qualche nota di verità. L’angolo della frutta e verdura un po’ in disparte dai souvenir. I ragazzi si sono buttati su una pannocchia da mordere , io mi dedicavo alle riprese e chiara… chiara …chiara non la trovavamo più! Ligi agli ordini di ariel dovevamo trovarci in un ounto preciso, nel traffico di auto, per poi ripartire , ma abbiamo tardato qualche minuto… Poco male, siamo ripartiti in direzione moray. Prima abbiamo fatto la sosta per il pranzo e contrariando di nuovo ariel che , ovviamente aveva i suoi ristoranti-aggancio, noi abbiamo insistito per andare in un posto consigliato dalla Lonely planet, il muse too di urubamba. L’accordo commerciale è stato che andava bene, ma noi lo invitavamo a pranzo…certo abbiamo trovato un bel tipo!! In effetti la sosta è stata una scelta intelligente abbiamo mangiato nachos, ali di pollo e hamburger ad un costo molto basso e praticamente da soli, senza pullman di turisti. Nel frattempo eravamo sempre dietro a discutere con ariel che non moriva dalla voglia di portarci alle saline, che però per me erano il principale obiettivo. Appena ci alziamo per uscire, arriva una bimba e aiuta a sparecchiare…
La strada per moray , lo ammetto, mi ha fatto paura. Decisamente ripida , scoscesa e senza l’ombra di una protezione. Certo il posto è a dir poco meraviglioso. Moray è celebre per i cerchi nel terreno. Noiente di alieno questa volta, erano gli esperimenti che facevano gli inca per capire il grado di umidità del terreno e il tipo di coltivazione che poteva avere più successo. Dopo moray siamo alla volta di salinas. Si paga un’ entrata per accedere all’area delle saline. La strada, se possibile, è ancora più brutta. Le saline le vediamo dall’alto. Il sale di maras è celebre ed è esportato all’estero. Il biancore riluce e grazie al sale assume molteplici colori. E’ molto bello, ma anche molto ventoso. Si gira l’auto e si riparte per l’ultima tappa: chinchero. Questo posto sembra una cartolina. Si salgono delle scalinate ci ritrova nella piazza della chiesa coloniale. E’ zeppa di bancarelle. Al di là della chiesa ci sono dei meravigliosi terrazzamenti. Ci fermiamo a comprare delle caramelle. Alla bancarella c’è una bambina che ci serve e poi appena ci allontaniamo torna a fare i compiti sul quaderno di scuola… L’ultima sera a cusco è finita come era iniziata ovvero a cena da Victor Victoria. I ragazzi provano il porcellino d’india che è la specialità nazionale. Non mi sembrano granchè entusiasti. Meglio la nostra scelta di fanciulle che ricade su una certezza : la sopa criolla ovvero una zuppa con pasta, uovo e pomodoro. Ci salutiamo. Noi il giorno dopo torniamo a lima, mentre loro hanno qualche giorno di avventuroso trekking e poi il macchu picchu. Ci salutiamo con la promessa di rivederci in italia
Quindicesimo giorno Dopo un volo interno, nel pomeriggio eccoci tornati a lima alla blue house a cercare Quique. Anche questa volta ci trova una “dependance “ in cui alloggiare. I nostri coinquilini sono due ragazzi austriaci che sono di passaggio a lima in quanto hanno come meta l’amazzonia. Ci sistemiamo e poi dedichiamo il pomeriggio alla scoperta della città. Sempre con un taxi, raggiungiamo il centro storico dove si trova il palazzo presidenziale. Lo si capisce subito anche per il dispiegamento di forze di polizia. La vera attrattiva del centro è però è il Monasterio di san Francisco. Si entra con le visite guidate. Il complesso è celebre per la biblioteca e per il gran numero di persone che vi persero la vita e delle quali nelle catacombe ci sono i resti. Un po’ macabro forse, ma testimonianza reale degli eventi passati. Ultimo giorno Ce la prendiamo con molta calma, girovaghiamo un po’ e ci dedichiamo allo shopping negli infiniti mercati di miraflores. La sera ci siamo accordati con Daniela e la raggiungiamo a casa sua dove tra una fetta di pizza e l’altra ci racconta un po’ la loro vita quotidiana in perù. Sono molto contenta di questo viaggio che oltre ad averci regalato dei paesaggi splendidi ci ha fatto conoscere tante persone e una realtà di vita così diversa dalla nostra. Non credo che potremo tornare in perù, ma certo questo viaggio ci ha aperto gli occhi sul sud america e spero tanto di avere ancora l’occasione di mettere piede in quelle terre così ricche di emozioni.