Il giro del mondo in 79 giorni
Un bel giorno, mentre stavo cercando un pacchetto volo più hotel in una capitale europea, sono finito per caso nel sito di una compagnia aerea che vendeva i biglietti round the world. Per qualche giorno mi sono divertito a creare un itinerario sognando ad occhi aperti. Come potevo partire? Ho un lavoro fisso, di certo due settimane di ferie non sarebbero state sufficienti. Ma l’idea mi stava tormentando. Chiesi l’aspettativa. L’esito fu negativo naturalmente.
Potevo rinunciare al mio sogno? No. Mi licenziai. E partii. Fu tutto così immediato, così veloce, non mi resi nemmeno conto di essere già a Bangkok. Solo, in una delle città più grandi del mondo. Un altro mondo rispetto all’Italia. L’aria era irrespirabile, un caldo che unito all’umidità e all’inquinamento non mi permetteva di stare all’aperto per più di venti minuti. Di certo non potevo permettermi di dormire in albergo per quasi tre mesi. Optai per l’ostello. Quando si pensa all’ostello in Italia si immagina un vecchio letto maleodorante di polvere e ragnatele; solo in Italia però. Tutti gli stati sono organizzati per ospitare giovani viaggiatori con un budget limitato. Ci sono molti ragazzi e ragazze che viaggiano da soli. Per lo più inglesi, francesi, americani e tedeschi. Quindi è molto facile trovare compagnia negli ostelli. Visitai Bangkok con un ragazzo americano e una ragazza filippina. I templi, il Buddha di Smeraldo, i canali. La settimana volò.
Lasciai la caotica Bangkok per cercare un po’ di tranquillità, che trovai a Koh Samet, un’isoletta a sud della capitale Thailandese. Sette giorni di mare, relax, cibo ottimo e leggero. Dopo questa piccola sosta dedicata al relax andai a Singapore. Singapore è il centro del mondo, non c’è una cosa che non si possa trovare in questa città stato. La città più sicura, più pulita, meglio organizzata al mondo a parere di molti tra cui il mio. Anche qui la temperatura unita all’elevata umidità rendeva la mia visita alla città un po’ difficoltosa ma nonostante tutto piacevole. Bellissimo passeggiare di notte tra le luci e i bagliori della città, lungo Marina Bay, Orchad Road e Chinatown.
Lasciai l’eterna estate equatoriale per raggiungere l’inverno dell’emisfero australe. Arrivai a Sydney il 6 giugno. L’Australia sembra essere il regno di ogni viaggiatore. Moltissimi i “backpackers” provenienti da ogni parte del mondo. Ognuno ha una storia diversa: c’è chi scappa da una vita infelice, chi vuole divertirsi e lasciare tutto alle spalle, chi vuole semplicemente vedere il mondo. Sydney non è certamente una città economica. Dopo aver visitatato l’Opera House, l’acquario e dopo un po’ di serate di svago con un ragazzo romano che incontro in un ostello presi un volo low cost per Surfer Paradise. Lezioni di surf, snorkelling e serate con i numerosi ragazzi provenienti da tutto il mondo resero questo posto indimenticabile. Australia aspettami, un giorno tornerò..
Eccomi in Nuova Zelanda, agli antipodi dell’Italia. Arrivai ad Auckland di sabato sera. Le vie del centro sono un susseguirsi di ragazzi ubriachi, di bottiglie rotte e di gente urlante. La gente è diversa rispetto all’Australia. I “kiwi” in genere hanno un carattere piuttosto chiuso. Auckland è anche un insieme di culture. Sono molti gli asiatici, gli indiani, gli europei presenti nella città. Visitai la Sky Tower al crepuscolo; un mix di luci e colori davvero emozionante. Per il resto la città non ha molto da offrire, così presi una corriera per la capitale Wellington. Dopo 11 ore di viaggio dove conobbi un ragazzo scozzese giunsi nella capitale. Wellington è una piccola cittadina, la visitai tranquillamente a piedi; da ricordare il Papa Museum che ripercorre la storia di questo popolo. Molti ragazzi mi parlarono della piccola cittadina di Rotorua, immersa in un parco naturale. Perché no? In fondo avevo ancora un po’ di giorni a disposizione prima del prossimo volo. Ne valse la pena. Tra gayser, laghi blu cobalto e paesaggi selvaggi rimasi strabiliato.
Prossima tappa Rarotonga, alle isole Cook. Mi ero abituato all’inverno ormai; qui ci sono 25 gradi costanti, giorno e notte. Una settimana di relax, di bagni in acque turchesi, di tramonti infuocati. Il paradiso esiste. Si torna in città. Arrivai a Los Angeles rilassato e abbronzato. Bellissimo riconoscere le location viste migliaia di volte in tv; Hollywood, Santa Monica, Rodeo House. Rimasi colpito da Venice Beach, un insieme di gente stravagante, di colori, di artisti. Fu molto difficile spostarsi con i mezzi pubblici, unico lato negativo di Los Angeles. Quando arrivai a Las Vegas ebbi una grande sorpresa. Mio fratello, da anni emigrato in Canada mi stava aspettando all’aeroporto. Finalmente, mi stavo quasi dimenticando l’italiano. Dopo qualche notte trascorsa nei vari casinò tentando la fortuna andammo nella Death Valley, forse il luogo più ostico dove si potrebbe vivere. 50 gradi. Dune e rocce modellate dal vento in uno scenario mozzafiato. La mia ultima tappa fu Montreal, città dove mio fratello vive da diversi anni.
Mi portò in un cottage a 2 ore da Montreal affacciato su un lago dove provai la canoa e un bagno nell’acqua limpida insieme ad un simpatico labrador. Tornati in città mi portò nella parte vecchia della città dove si può benissimo notare lo stampo francese nelle varie architetture. La mia settimana Canadese era ormai finita e anche il mio viaggio. Non mi restava che tornare a casa. E così dopo 79 giorni eccomi qui. Giro del mondo completato. Con un po’ di amarezza e di malinconia per l’esperienza finita.
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