Il fascino eterno dei parchi americani
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Il Rental CAR scelto è quello della Dollars che, come al solito ci addebita delle spese aggiuntive sulla macchina già pagata, di cui non capiamo nulla! Inoltre l’auto è molto sporca. Apriamo subito una piccola parentesi sul servizio post vendita della Rental per definirlo pessimo! Di fronte alle nostre “rimostranze” per l’addebito aggiuntivo ci è stato risposto che loro non sono responsabili per come opera la Dollars e, in sostanza, dopo aver incassato, se ne lavano le mani. Per i viaggi futuri eviteremo sia la Rental che la Dollars.
L’hotel vicino all’aeroporto è il Super 8, dignitoso e pulito.
GIOVEDI 27
Los Angeles non ci ha mai attirato quindi partiamo subito la mattina presto per una sosta solo allo Staples Center, chiuso(!) per l’acquisto allo store di maglietta e cappellino dei Lakers. Usciamo quindi dalla città in direzione Las Vegas con la I15 north. Nota tecnica: evitare l’auto con i navigatori , basta organizzarsi prima scaricando sul tablet le mappe dettagliatissime delle città che funzionano off line. Noi abbiamo usato City map e Copilot. Mentre ci avviciniamo a Las Vegas il termometro sale fino a 110*F alias 43*C. Tramite expedia troviamo una super offerta per l’hotel Excalibur a 37€ e la prendiamo al volo. L’hotel si trova sulla Strip v/sud dove inizia la catena dei casinò quindi è molto comodo per la passeggiata del “in & out'”, il dentro e fuori dai vari NY NY, Paris, Bellagio, Venetian, … Ceniamo al buffet del Bellagio, con la formula del “all you can eat” a 32$ per persona… senza infamia e senza lode. Lungo la Strip le luci si accendono ed è tutto un susseguirsi di colori e musica con le insegne dei giganti della moda italiana e le pubblicità degli spettacoli del Cirque du Soleil che campeggiano in pieno stile Times Square.
VENERDÌ 28
Il programma di viaggio ci porta v/Zion N.P. con pernottamento nella cittadina di Springdale al Terrace Lodge, motel con camere molto spartane ma con quello che a noi serve in qs. tipo di vacanza dove ci fermiamo solo per dormire: lenzuola e bagno puliti, condizionatore e frigorifero; il breakfast spesso è incluso in questi motel ma è sempre molto “basilare” con toast, muffin, caffè e succo. Dopo aver atteso che la calura si placasse, verso le 16, entriamo nel parco (pass annuale 80$) e con lo shuttle andiamo verso lo Zion lodge da dove parte l’esclusione che abbiamo scelto per il pomeriggio: le Emerald Pools che non si riveleranno così spettacolari in quanto la portata d’acqua delle cascate è minima.. Consiglio tecnico x l’attrezzatura indispensabile per camminare nei parchi: scarpe da trekking, cappellino, zaino con cannuccia per bere comodamente, bastoncini da walking. X cena optiamo per il Wildcat Willies Grill & Saloon con una classica steack americana, french fries e birra locale (55$ mancia inclusa del 18%).
SABATO 29
Mattinata destinata alla superstar del parco: The Narrows, un trail che si snoda lungo, anzi dentro, il Virgin River, in mezzo alle strette pareti del canyon. Senza saperlo abbiamo forse fatto la scelta giusta in termini di orario: alle 8:30 siamo già alla partenza del sentiero che conduce all’accesso al fiume … per iniziare a camminarci dentro. Ecco perché consigliamo un paio di comode scarpe da trekking che si inzupperanno ma che consentiranno di camminare tranquillamente tra i ciottoli. Questo orario è ideale in quanto al nostro ritorno verso le 13 il fiume è diventato zeppo di gente che rovina la magia del luogo. Non riusciamo ad arrivare in fondo perché 16 km sono davvero tanti e quindi per le 14 rientriamo per prendere la bellissima strada che porta al Bryce Canyon N.P. Ce lo ricordavamo bello tanto da tornare ma non così tanto. Sunset e Sunrise Point tolgono davvero il fiato per la maestosità dei pinnacoli dai colori incredibili. La notte la passiamo al Bryce Canyon Village , semplici cabins nel paesino di Tropic con cena in uno dei due ristoranti.
DOMENICA 30
Sveglia come al solito presto per godere pienamente della giornata. Con lo zaino carico di macchina fotografica e cibo per il pranzo, scarpe da trekking ed i ns. Impareggiabili bastoncini scendiamo attraverso il Queen Garden Rail partendo da Sunrise Point proseguendo per il Navajo Loop Trail e chiudendo l’anello al Sunset Point . Cosa ci può essere di più rilassante che mangiare un panino con i piedi circondati di scoiattoli, seduti su un tronco all’ombra di un grande pino alla vista di un gigantesco hodoo con le sfumature che spaziano dall’arancio al bianco? Boh! Ripresa la macchina percorriamo la scenic drive all’interno del parco con le soste più lunghe dedicate al Bryce Point e Inspiration Point. Anche qui, come già successo allo Zion, notiamo che la mattina il sole splende e a metà pomeriggio arrivano le nuvole a coprire il cielo e rovinare il tramonto. Alle 19:30 ci facciamo trovare puntuali da …. Per una serata decisamente turistica ma in fondo anche carina. Per 50$ in due ceniamo (così così) e ci godiamo lo spettacolo di un gruppo country che per 45 minuti ci allietano con la loro musica con conseguente ed inevitabile successivo acquisto di CD.
LUNEDÌ 1
Avendo dormito in un motel all’ingresso del parco (Forster’s Motel) non resistiamo all’ultimo veloce sguardo al Bryce Point alle 8 del mattino quando il silenzio regna ancora sovrano ed i turisti sono pochi e rispettosi della pace. In forte ritardo sulla tabella di marcia partiamo per Page, servono ca. 2:30/3 ore e arriviamo verso l’una subito diretti all’Antelope Canyon Tours citato dalla Lonely. Subito ci rendiamo conto di aver fatto un grosso errore nel non prenotare il tour dell’ora migliore, quello che parte tra le 10:30 e le 11 per cogliere le luci e ombre del mezzogiorno. Ingenuamente abbiamo sottovalutato la quantità di persone che visitano questo posto e la ns. voglia di libertà nell’improvvisare di giorno in giorno le tappe ci costa caro. Dopo che la terza agenzia ci risponde: no sorry sold out per il giorno dopo, capiamo di non avere speranza e scegliamo il tour di Overland Antelope delle 12:15. Sbrigata la faccenda, sotto un sole cocente e con il termometro che non scende sotto i 105* F affrontiamo baldanzosi la camminata in salita di ca. 15 m per l’Horseshoe Bend , la splendida ANSA dove il Colorado River forma proprio un ferro di cavallo. La vista è spettacolare ed il paesaggio da cartolina. Un paio d’ore di piscina al Rodeway Inn si rivelano ristoratrici e alle 18 siamo pronti al Lake Powell Resort per la gita in battello verso Antelope Canyon al tramonto. 45$ per persona non risultano proprio ben spesi anche se lo scenario è carino ma non esaltante. La Fiesta Mexicana al rientro attira la ns. Attenzione ed i super burritos con la Negra Modelo ci gustano mucho.
MARTEDÌ 2
È arrivato il grande giorno di Antelope Canyon ma, prima di partire, facciamo il tour guidato della Glen Dam che si rivelerà molto più interessante del previsto. Una guida ci conduce lungo la diga e giù nella sala delle turbine dove entra l’acqua dal lago, genera energia e viene rilasciata attraverso dei canali nel Colorado River. Un’opera ingegneristica di notevole portata e risulta proprio interessante contrapporre la diga da una parte, cioè l’invenzione, l’ingegno e la tecnologia, utilizzata dall’uomo per l’uomo, con l’Antelope Canyon, cioè l’opera della natura con le sue forze date dall’acqua ed il vento principalmente che hanno creato qs slot canyon. Ci siamo dunque, dopo un breve e polveroso tragitto in 4×4 (coperto per fortuna) siamo all’ingresso e subito capiamo che la ns preparazione su come usare la macchina fotografica per tentare scatti spettacolari con cavalletto, tempi di posa, diaframma e quant’altro si scontra con la fretta di dover fare tutti le foto nello stesso punto, con lo stesso fascio di luce, senza appoggiarsi alle pareti per non danneggiare giustamente la roccia, le guide che parlano, incitano a proseguire, i let’s go che si levano nella gola per dar modo a tutti di “cogliere l’attimo”. Insomma un gran casino!!! Nonostante ciò il canyon merita la visita e pazienza per le foto … si compreranno cartoline! Alle 14 siamo di ritorno e con calma ci dirigiamo verso la nostra prossima metà: la Monument Valley. Un’altra ingenuità ci costa il tramonto sulla valle; prima di entrare mi intestardisco nel voler cercare un b&b di cui ho letto il giorno prima della ottime recensioni, il Firetree, che si trova sperduto dietro la montagna e dove ovviamente non troviamo posto, dovendo prenotare con almeno tre mesi di anticipo. Delusi torniamo indietro e per 154$, visto che sono le otto della sera, ci fermiamo in una anonima camera del Goulding Hotel, cenando nel ristorante del l’hotel con un hamburger gustoso e abbondante
MERCOLEDÌ 3
L’alba a qs punto è d’obbligo e la sveglia suona alle 5:30; la levata è ampiamente meritata perché lo skyline dei pinnacoli è strepitoso, turisti in giro non se ne vedono, nei classici view Point compare solo qualche Navajo che prepara il banchetto per l’esposizione dei propri gioielli ai turisti. Ce la godiamo in tale tranquillità che solo alle 11 guardiamo l’orologio; ancora una volta la tabella di marcia è un po’ sforata ma qs non ci turba più di tanto. A Moab arriviamo dopo ca. 3 ore, scegliamo l’Adventure Inn per la notte e via verso l’Arches N.P., al quale dedichiamo solo qualche ora avendolo già visto anni fa. Ci concentriamo sul tramonto al Delicate, raggiungibile con una camminata di ca. 40 minuti abbastanza strong visto il caldo feroce. Se da una parte le nuvole agevolano il cammino, dall’altra rovinano completamente il Sunset sul l’arco più famoso del parco, nonché simbolo dello stato dello Utah. Pazienza! Per cena optiamo per un remember: Miguel’s Baja, un ristorantino messicano in cui abbiamo cenato la nostra prima volta in questa graziosissima cittadina.
GIOVEDÌ 4
Ci aspettano due giorni di trasferimento per percorrere i 1000 km che ci separano da Yellostone N.P., ma, strada facendo, riconsideriamo il programma e anziché fermarsi a Vernal decidiamo per il “dritto”. Imbocchiamo, prima dell’ingresso al parco, la 128 east Castle Valley, una strada panoramica bellissima, che costeggia il Colorado River da un lato e taglia le rocce rosse dall’altro, un vero spettacolo, una cartolina. Il bello di un viaggio on the road negli States è anche questo: puoi farti 1000 km in ca. 10 ore con strade comodissime, ampie anche quando per due volte svalichi montagne superando i 2.400 ed i 3.000 metri lungo la 191 north, vai ai 50/60 mh (90 km/h) alternando pascoli smisurati, rocce coloratissime, paesini da 75 anime, mucche, cavalli e wapiti.. senza pagare alcun pedaggio stradale! Alle 7 arriviamo a Jackson, in fondo neanche troppo stanchi, anzi con la voglia di trovare il motel e poi subito passeggiare per la cittadina addobbata con le bandiere a stelle e strisce per l’Indipendence Day. Quando però ci accorgiamo che ovunque campeggia il NO VACANCY lo sconforto ci assale: le uniche due stanze rimaste in città sono una suite da 350 $+ tasse e una family room da 190. Inutile dire che la scelta è caduta sul Golden Eagle Motel. Messa così mano al portafoglio bilanciamo la spesa del giorno con un semplice hamburger al Million Dollar Cowboy ascoltando musica country dal vivo.
VENERDÌ 5
La Lonely suggerisce gli ottimi biscotti del Bubba per colazione e così seguiamo il consiglio ordinando mezza porzione di “big biscuit” prendendo in giro qs strani americani che alle otto del mattino si ingozzano di eggs, cheese and sausages. E a noi cosa arriva? Un piattone con due super biscuit salati ricoperti di formaggio filante e pezzi di salsiccia! Ingozzati anche noi partiamo per YNP, il tanto ambito parco, le cui foto mille volte abbiamo visto su riviste e documentari. Entriamo da sud attraversando il Grand Teton, ammirando cima 4.000 e chiedendoci cosa penserebbero gli americani vedendo le ns Dolomiti, patrimonio dell’Umanità per l’Unesco. Qs domanda c’è la poniamo altre volte dentro al parco perché tolte le bellezze e le unicità del parco, il ns paesaggio montano regge benissimo il confronto ( un po’ di nazionalismo non guasta). Attraversato Gran Village puntiamo a ovest verso Geyser Country e l’Old Faithful, il più alto geyser del posto e da bravi spettatori attendiamo l’esplosione delle 14:30 che, a dire la verità, non ci entusiasma particolarmente, cosa che invece avviene al Sand Basin. I colori delle pools sono strabilianti. Alle 5 del pomeriggio, come al solito, il cielo si fa nero e quindi viaggiamo veloci verso West Y. e alle otto arriviamo al Moose Inn Motel prendendo l’ultima camera. Nota generale: tutti i motel dentro o intorno a YNP applicano prezzi esagerati perché le stanze sono proprio standard, pulite ma assolutamente normali, senza colazione e alcune volte anche senza wifi. Per la prima sera a West la nota positiva è una succulenta prime rib al Bullwinkles West.
SABATO 6
La sveglia è sempre alle sei per sfruttare più ore di sole possibili ma qs mattina insieme ad un freddo pungente (10*C) ci troviamo anche una bassa nebbiolina che poggia sulle acque del fiume in un’atmosfera molto… british. Il sole però arriva proprio quando ripercorriamo il sentiero suggerito dalla Lonely per vedere dall’alto la Grand Prismatic Spring, la magnifica pozza colorata che ricorda proprio un grande occhio blu. Ieri pomeriggio le nuvole l’avevano coperta proprio dopo il ns arrivo sula sommità della collina e così noi che, se vogliamo vedere e fotografare qualcosa non ci scoraggiamo certo alle prime avversità, armati dei ns super bastoncini, ci arrampichiamo scavalcando tronchi abbattuti dal l’incendio e raggiungiamo la vetta quando la pozza è nella sua massima attività ed il vento sposta il vapore … proprio verso di noi così da impedire la piena visione dell’occhio blu! Pazienza, non abbiamo tempo per attendere il pomeriggio e comunque i colori sono vivissimi anche visti dalla base della pozza quando arriviamo dalle passerelle del view point. Dopo il Midway anche il Lower Geyser Basin merita la sosta alla Great Fountain e al Fountain Paint Pt, dove l’acqua ed il fango ribollono. Il percorso di oggi ci conduce verso Madison e Norris con le soste ad Artist Paintpots e al Norris Geyser Basin con la terra che fuma ovunque e si tinge di colori rosso arancio e giallo grazie ai microrganismi che ci vivono, differenziandosi in base alla temperatura che raggiunge sempre i 50/60 gradi, spingendosi anche oltre in alcune zone. La zona di Canyon la passiamo perché ci torneremo e puntiamo verso nord a Roosvelt svalicando il passo a 2.700 metri sotto la pioggia che scioglie la neve scesa da poco. Il diluvio ed il freddo rovinano la serata da trascorrere sulle sedie a dondolo del Roosvelt Lodge per il quale spendiamo parole negative. Per la cena, obbligata nell’unico ristorante esistente, ci prenotiamo alle 7 ma si dimenticano di precisarci che le prenotazioni erano tante, il posto piccolo ed i tempi di attesa … Lunghi. 1 h e 3/4. Il piatto scelto (involtino di bisonte con fagioli neri e riso) pessimo, la carne si intravedeva, il riso era scotto e riscaldato. Il lodge non ha la connessione wifi ed il vialetto che porta dalle cabins ai bagni non ha nemmeno le luci. Purtroppo Xanterra ha l’esclusiva dei lodges nel parco e quindi approfitta della posizione di forza.
DOMENICA 7
Giornata memorabile. Alle 6:30 si parte per la Lamar Valley, chiamata il Serengeti d’America per l’alta concentrazione di animali presente. Tra andata fino a Pebble Creek e ritorno fino a Mammoth Hot Springs noi ci passiamo quasi sei ore vedendo nell’ordine: una mandria di bisonti che attraversa la strada prima in un verso poi in un altro, un brown bear che bruca sul ciglio della strada in una piccola radura piena di fiori, un lupo che scende la collina a passo slanciato ci passa davanti noncurante di essere osservato da decine di appassionati con cannocchiali enormi, mom and baby brown bear che hanno creato panico più nella ranger che nei turisti i quali tendevano di stare sulla strada fuori dalle auto mentre lei fischiava a dx e a sx e alla fine chiedeva rinforzi. Il quarto orso della giornata lo vede solo Luca che si lancia a piedi mentre io resto alla guida dell’auto imbottigliata nell’ingorgo che puntualmente si verifica alla presenza di animali. Non ci facciamo mancare neanche un bisonte che viaggia sulla carreggiata venendoci incontro e mettendomi nel panico quando il suo occhio ed il suo corno passano a 20 cm dal mio finestrino. Anche il coyote Ugly riesce a creare ingorgo perché non ne vuole sapere di stare sulla collina, è attirato dall’asfalto e noi lo accompagniamo per un tratto; fugacemente vicino a noi atterra anche una splendida aquila e dietro la curva compaiono due giovani cervi con un piccolo palco di corna. A mezzogiorno arriviamo a Mammoth pronti per ammirare l’ennesima meraviglia del parco: le terrazze geotermiche dai chiari e scintillanti colori, illuminate dal sole e contornate da un cielo azzurro in cui fanno capolino le prime nuvole bianche , presagio del solito temporale serale. Meritevole tutto il percorso di passerelle ed il giro delle upper e Lower springs. Ripresa al strada per Norris, dopo l’Indian Creek Campground, dove si sarebbero dovute vedere le alci, le parti si invertono: lascio Luca alla guida e io parto a piedi, macchina al collo e binocolo in mano, in direzione dell’ingorgo. Lo vedo, è lì che raspa come un dannato, in una buca tutto sommato poco lontano dalla carreggiata, ogni tanto alza il muso facendo cogliere a tutti lo sguardo ben più aggressivo dell’orso bruno che, al confronto, sembra un peluche. La ranger conferma che è un grizzly, non tanto grande ma proprio un grizzly che con tutta la potenza delle zampe scava alla ricerca di radici. Io mi siedo direttamente sul ciglio della strada pronta allo scatto in caso di necessità. Dopo una decina di minuti arriva ansimando anche Luca che, con uno scatto fulmineo, si è impossessato dell’ultimo posto libero in una piazzola. La bellezza dell’incontro è anche data dalla tranquillità con cui si può ammirare l’animale, fotografarlo, guardarlo con il binocolo (pesante in valigia ma utile per poterlo fissare dritto negli occhi). I minuti passano, anche la mezz’ora, poi lasciamo spazio ai nuovi arrivati per un posto in prima fila. Proseguiamo verso west dove passiamo la terza notte ma le soste non sono finite; dopo Norris, alla prima area picnic, ci buttiamo come falchi nella piazzola, molliamo la macchina e ci avviciniamo al boschetto dove, al di la del fiume , si rilassano al sole del tardo pomeriggio tre spettacolari esemplari di cervi con un palco di corna che io definisco “reali”. La ns astuzia ci porta a capire quale sarà il percorso che faranno dopo essersi alzati e così corriamo in mezzo al bosco, scavalcando tronchi d’albero lungo il torrente e trovandoli tutti e tre in una radura aperta, molto vicini a noi ma con la distanza di sicurezza rappresentata dall’acqua. Nel silenzio di qs quadro bucolico ci perdiamo un’altra mezz’ora, appagati e felici. Per oggi è davvero tutto, concludiamo la giornata con un buon hamburger ed un’ottima birra rossa (la good medicine) al Black Butte West Pub. Il motel invece, il primo che si trova a dx all’uscita del parco, a parte le lenzuola ed il bagno pulito, di buono non ha nulla, vecchio, senza colazione e wifi per 124 euro!
LUNEDÌ 8
Oggi la destinazione è il Canyon e il Lake Yellowstone. Il sentiero per Brink of Lower Falls fa tremare al pensiero della risalita perché scende di 70 metri di dislivello ma, se aiutati dalle racchette, si fa in tranquillità. La terrazza sulle cascate è proprio impressionante edil fragore dell’acqua notevole. I punti panoramici migliori secondo noi sono quelli del South Rim che abbiamo preferito al North. Dato che vorremmo vedere qs benedetto alce tentiamo un’ultima strada suggerita dalla Lonely, quella di vederlo al termine di un sentiero che parte da Artist Point verso il Ribbon Lake. A mano a mano che ci avviciniamo le bestie che ci vengono incontro sono dei giganteschi mosquitos che si attaccano alla pelle in modo “felino”. Gli alci, ammesso che ci fossero, li guardiamo in tv e di corsa, nel vero senso della parola, facciamo dietro front. Il nostro yellowstone si conclude praticamente qui perché il lago in realtà non ci regala particolari emozioni, neanche l’alloggio al Gran Village dove, per 155$ pagati con 6 mesi di anticipo ti danno una camera da hotel standard e per un’ora di connessione ti chiedono 5$. Sempre grazie Xanterra!
MARTEDÌ 9
Ci prepariamo per l’altra grande tiratona del viaggio. Luca è impaziente di tornare a San Francisco e quindi cambiamo il programma per guadagnare una mezza giornata in più saltando Salt Lake City e la Speedway di Bonneville. Partiti alle 7:10 da Gran V. alle 9 siamo a Jackson per fare colazione alla Great Harvest Bakery dove fanno delle paste “mondiali” (date le spalle alla piazza e ve la troverete di fronte). Prendiamo direzione Idaho Falls, Twin Falls e alle 21 siamo a Sparks, dopo 13 ore di viaggio (qui siamo nella Pacific time zone quindi con un’ora in più rispetto a Y.) e più di 1000 km percorsi. Grazie alla App Copilot, che segnala i PDI senza connessione, scegliamo l’economico Motel 6 per 52$, pulitissimo, senza frigo, con wifi a 3$ per 24 ore e caffè al mattino. Qs dovrebbe essere lo standard per passare una notte! A 1 km c’è un mc drive per sfamarsi in velocità e poi subito a nanna.
mERCOLEDÌ 10
Freschi come le rose alle 8:30 si parte per S.Fra. (355 km) diretti all’America’s Inn anche se con un po’ d’incertezza viste le recensioni un po’ discordanti. L’hotel si trova in Van Ness all’angolo di Lombard Street, quindi in posizione ottima per il Fisherman’s e per le stazioni dei cable car. La struttura è veramente datata ed i gestori ne approfittano della location ed il rapporto qualità-prezzo non regge proprio. Visto il freddo ed il vento, ben vestiti, alle 14 puntiamo al Fisherman’s Wharf e alle sue impareggiabili zuppe alle vongole e panini al granchio. Dai manifesti ci accorgiamo che dal 4 luglio è iniziata la coppa America di vela e al Pier 29 sono allestiti stands, maxi schermo, si può entrare liberamente e stendersi su maxi cuscini per godersi, non certo le gare (il biglietto più economico costa 300$) bensì la presentazione dei teams, fra i quali la ns Luna Rossa. Il pomeriggio scorre pacifico tra gli acquisti dei souvenirs e due sontuose coppe di gelato da Ghirardelli che ci basteranno anche per cena
GIOVEDÌ 11
La giornata si preannuncia fredda e nuvolosa e lo resterà per tutto il tempo della gita improvvisata a Sausalito, subito dopo la gustosissima colazione all’Hollywood Caffè che merita tutte le positive recensioni di Trip Advisor. Alla Marina, prima Oracle poi Luna Rossa provano virate e strambate in vista delle prime gare di sabato. L’attraversamento del ponte si fa lento causa anche il forte vento che lascia il posto piano piano ad un pallido sole, fatta la discesa verso Sausalito. Noi ci spingiamo oltre di qualche km fino alle house boat e ci mangiamo la frutta avanzata dalla ricca colazione , sdraiati nell’erba in fronte alle case galleggianti della Marina. Per le 6 siamo di ritorno e, riconsegnate le bici e fatto il quotidiano giro da Ghirardelli per la cioccolatina gratuita, sostiamo in hotel per una doccia ristoratrice. Questa sera per cena ci trattiamo bene con un Pier Market Grilled Fish al Pier 39, sorseggiando un calice di pinot grigio
VENERDÌ 12
Finalmente il sole anche a Frisco fin dal mattino. Dopo una fugace colazione all’hotel ( solo caffè e miseri cornetti vuoti) prendiamo il cable car al “capolinea” di Powell & Hide fino all’ultima stazione in Union Square, diretti al Visitor Center per la connessione wifi gratuita da sfruttare per fare il check in on line e riservarsi i posti migliori per il volo di ritorno (cosa che si può fare gratuitamente nelle 30 ore antecedenti la partenza). Sbrigata la formalità, partiamo a piedi per le vie di downtown, oltrepassando lentamente Chinatown, North Beach, Financial District e la mitica Lombard Street, illuminata dal sole che fa brillare le ortensie rosa delle aiuole lungo i tornanti e la spettacolare buganvillee ciclamino che si arrampica sulla casa azzurra del lato est. Per pranzo non possiamo rinunciare all’ultima cup di vongole, al panino col granchio e oggi ci aggiungiamo anche una porzione di fish&chip. Se il sole scalda, il gelato fa voglia e quindi una coppa al cioccolato in due da Ghirardelli non ci sta affatto male. Dato che il sole persiste decidiamo di prendere la macchina e fare un giro verso il Presidio, Baker Beach e il Golden Gate Park. Al parcheggio dell’hotel ci accorgiamo che il finestrino della ns. auto è sostituito da … nylon. Già, la ns. disavventura in tanti viaggi fatti on the road e la ns. grossa ingenuità: ci hanno rubato i vestiti sporchi, che accumulavano in una borsa in macchina e la valigia del bagaglio a mano che giaceva in bella vista nel baule, contenente i nuovi acquisti fatti a Las Vegas. Dei veri fessi pivelli!!! Sparito anche un binocolo professionale. Però dobbiamo ringraziare i ladri gentiluomini perché ci hanno lasciato i souvenirs di Yellowstone e della m.v., magliette nuove comprese. Il personale del l’hotel sembrava gentile, ci ha chiuso il buco con il nylon, ci chiedono se vogliamo che procedano con l’aspirazione dei vetri, ma ci dicono che non serve fare denuncia alla polizia … E la cosa ci sembrava un po’ strana. Amareggiati e arrabbiati con noi stessi facciamo comunque il giro in macchina ma ormai la vacanza è rovinata. Visto il fattaccio accaduto, la notte i ns. Sensi sono evidentemente più allertati e all’una e trenta sentiamo un colpo di vetri rotti e un vociare “alterato”. Corsi sulla balconata, vediamo il ladro in bicicletta al centro del piazzale che viene cacciato dall addetto notturno del motel dopo aver rotto i finestrini di una BMW. Passato un quarto d’ora, nuovo vociare: erano arrivati i poliziotti ai quali corriamo a riferire l’accaduto anche della notte precedente. Ci dicono di fare il report online sul sito della PDSF … alla faccia dell’assistenza del motel che ci aveva detto di non fare nulla. Non volevano rogne! In due notti i ladri hanno danneggiato tre auto, quindi la ns. Esperienza all’America’s Best Inn non è stata certo positiva, senza per qs. voler dare alcuna responsabilità.
SABATO 13
La mattina c’è spazio per una silenziosa camminata fino alla Coit Tower e colazione da Starbucks in Powell Street prima di avviarci con anticipo all’aeroporto in vista della denuncia alla Dollars che ci preoccupa non poco in termini di possibile addebito spese. La pratica invece si sbriga facilmente visto che per loro qs. Incidenti sono all’ordine del giorno e le assicurazioni stipulate sembrano coprire il danno. Anche il volo Frisco Parigi scorre veloce (9 ore) grazie ai film in lingua italiana presenti sul volo Air France.
Peccato per il finale che ci rovinerà il ricordo del viaggio ma che ci servirà di esperienza perché non bisogna mai abbassare la guardia e ricordarsi che le grandi città non sono i parchi nazionali e che barboni, ladruncoli e disperati sono più pericolosi di bisonti e grizzly.
L’America è sempre l’America e noi ci torneremo ancora nei prossimi anni!