Il cuore dell’India. L’India nel cuore.

Tour dell' Uttar Pradesh e del Madhya Pradesh: alla scoperta del cuore del sub-continente indiano, dei suoi palazzi, dei suoi templi e della sua spiritualità.
Scritto da: FULCOLA
il cuore dell'india. l'india nel cuore.
Partenza il: 21/03/2011
Ritorno il: 02/04/2011
Viaggiatori: 3
Spesa: 2000 €
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Questo racconto vuole essere il seguito di quello intitolato “ Nella terra dei Maharaja” postato sul sito l’anno scorso in marzo e pubblicato sulla rivista nel numero di settembre 2010. Abbiamo infatti deciso di ritornare in India anche quest’anno quasi a completare il viaggio precedente con le mete “classiche” che nel 2010 non abbiamo potuto visitare per mancanza di tempo: Khajuraho e Varanasi. Il tour (questa volta 3 persone : una coppia ed una single) si è articolato in 12 giorni tra il 22 marzo ed il 2 aprile ed ha interessato gli stati del Madhya Pradesh e dell ‘ Uttar Pradesh comprendendo le località di Delhi, Agra, Gwalior, Orchha, Khajuraho,il Parco Nazionale di Bandhavgarh e Varanasi.

E’ stato un po’ come visitare il “ cuore dell’ India”.

Per organizzare il tour, vista l’esperienza positiva con il viaggio del 2010, ci siamo rivolti anche questa volta alla Popular India Vacations Pvt Ltd. Il pacchetto acquistato comprendeva albergo con mezza pensione, macchina con autista, tasse e trasferimenti interni , guide ad Agra, Khajuraho e Varanasi ( con 2 escursioni in barca sul Gange, mattutina e serale), 2 jeep safari al Parco Nazionale di Bandhavgarh ed i voli interni Khajuraho-Varanasi e Varanasi-Delhi. I voli per/da New Delhi con Turkish Airlines prevedevano uno scalo ad Istanbul sia all’andata che al ritorno ( attenzione al volo di andata che arriva alle 4:00 del mattino : si arriva in albergo alle 5:30 e non è detto che abbiano la disponibilità delle camere in anticipo rispetto all’orario previsto per il check-in a mezzogiorno ….).

Il traffico di Delhi ci è sembrato ancora più caotico dello scorso anno con una totale mancanza di regole : penso che per un occidentale sia quasi impossibile riuscire a districarsi tra le centinaia di moto, path-path, carretti ed auto. Le superstrade che portano all’aeroporto sono invece molto scorrevoli, ultimate per i giochi del Commonwealth del 2010, così come l’aeroporto ( ristrutturato anch’esso per i giochi ).

A Delhi abbiamo approfittato del pomeriggio a disposizione per visitare l’imponente Red Fort ( una “fotocopia” di quello di Agra, meta per centinaia di cittadini in cerca di pace e tranquillità ) ed il National Museum. Belle le sale di statuaria e sculture e delle miniature; piuttosto “misera” la sala delle armi, soprattutto rispetto a quelle del museo di Jaipur visto l’anno scorso: alcune esposizioni erano però chiuse e la struttura soffre gli anni …

L’indomani siamo partiti per Agra (poco meno di 4 ore per coprire i 200 Km che separano le due città). All’arrivo abbiamo fatto una sosta a Sikandra per la visita del mausoleo di Akbar : il complesso è immerso in un bel giardino popolato da scoiattolini, cervi e daini e trasmette un senso di pace. Il mausoleo è un mix tra stili moghul ed indù a suggellare il nuovo ordine imposto dall’imperatore.

Nel tardo pomeriggio ci siamo dedicati alla visita del Taj Mahal che inizialmente ci era stata proposta all’alba dell’indomani : abbiamo concordato invece con Karni di ammirare il complesso al tramonto per goderci un gioco di luci diverso del sole sulle superfici di marmo bianco della magnifica tomba. Lo spettacolo è sempre suggestivo e non delude mai: si merita proprio si essere una delle “nuove” meraviglie del Mondo.

L’indomani siamo entrati nel Madhya Pradesh ed abbiamo raggiunto Gwalior ( a circa 120 km da Agra – 2 ore e mezza di macchina): parte della città non si presenta proprio bene per lo stato di manutenzione delle strade e delle abitazioni, ma il massiccio forte del XVI secolo che la domina dall’alto di una collina è veramente spettacolare per imponenza e posizione. Per raggiungerlo si sale lungo una strada costeggiata da statue giainiste e si giunge all’interno della cinta muraria che ospita alcuni templi e soprattutto il Man Mandir Palace con le facciate in pietra arricchite da piastrelle smaltate di blu e verde a comporre figure di animali e con belle decorazioni in pietra. All’interno si visitano però solo un paio di cortili attorniati da stanze con bei fregi di pietra cesellata e degli scantinati assai bui.

Il giorno successivo siamo partiti per Orchha ( 120 km da Gwalior, ma di strade dissestate da chilometri di “work in progress” ) e lungo la strada abbiamo fatto una sosta a Datia per la visita del palazzo Govinda del raja Vir Singh. Anche questo palazzo è situato in cima ad una collina attorniato dalle casupole del villaggio e si specchia in un lago. La manutenzione purtroppo lascia a desiderare ( infatti la visita non è a pagamento) ma la costruzione è imponente, con una pianta simmetrica e con i caratteristici “chattri” ( chioschetti sostenuti da colonnine) ad adornare la parte alta della struttura. Una “guida” reperita sul posto ci ha accompagnato nella visita mostrandoci delle stanze affrescate normalmente chiuse al pubblico e l’affresco più noto del palazzo, la “rasalila”, il ballo in circolo di Krishna con le pastorelle.

Orchha è invece una località molto turistica, ricca di negozietti e di vita: un posto assolutamente da non perdere. E’ situata su un’ansa del fiume Betwa ed ha il vantaggio di avere tutte le molte attrazioni concentrate nel raggio di qualche centinaio di metri, all’interno della cinta muraria. Il “pezzo forte” è il Jahangiri Mahal, un palazzo costruito da un re del posto per ospitare l’imperatore Jahangiri per una sola notte ! Anche questo palazzo ha chattri, nicchie scolpite, imponenti ingressi e maioliche a decorazione.

Da non perdere la visita del Tempio di Lakshmi sulla collina alle spalle della cittadina: è ricchissimo di affreschi che il guardiano ti illustra con dovizia di particolari e notizie.

Immancabile infine anche la visita serale ai cenotafi ( noi avevamo l’albergo a poche decine di metri dalla zona): un luogo che veramente diventa magico con il colore che assumono le pietre al tramonto e la tranquillità dei giardini ben curati ( inquietanti solo gli innumerevoli avvoltoi che hanno scelto le cupole per nidificare …)

Una “nota di servizio” : si entra nei principali monumenti di Orchha sempre con lo stesso biglietto. Conservatelo con voi!

La meta successiva è stata l’ arci-conosciuta Khajuraho ( 150 km da Orchha, stavolta di belle strade, spesso alberate a riparare dal sole…). Anche questa cittadina “vive” di turismo e si nota dalla cura delle strade di accesso al paese. I famosi templi , vecchi di un migliaio d’anni, sono sbalorditivi per la profusione di fregi e statue che rivestono le pareti esterne e per l’imponenza dei “ shikhara” , le guglie che svettano verso il cielo.

Ovviamente l’attenzione dei visitatori è attirata dai pannelli scolpiti con le famose scene erotiche che le guide non mancano certo di far notare. La nostra guida locale è stata comunque molto brava anche ad indicarci la moltitudine di statue di “ apsara” ( le ninfe celestiali ) e di “alasakanya” ( le fanciulle indolenti) tutte con corpi da “maggiorate” e rappresentate in pose aggraziate e gesti quotidiani ( lo specchiarsi, il pettinarsi , il truccarsi, il togliersi una spina dal piede, ecc..) che gli scalpellini sono riusciti a rendere più sensuali delle stesse scene erotiche …

I templi sono raggruppati in due zone principali: colpisce sicuramente di più il “gruppo ovest “ su cui svetta la guglia di oltre 30 metri del Kandariya Mahdev Temple, ma anche il “gruppo est” , dove sono concentrati dei templi giainisti più “sobri” è sicuramente un luogo da non perdere. Altri templi isolati nella zona est risultano invece molto danneggiati nelle sculture.

La sera nei pressi del gruppo ovest viene proposto uno spettacolo di luci e suoni che permette di vedere i templi veramente “sotto un’altra luce” ….

Abbiamo anche dedicato un po’ di tempo libero alla visita del villaggio di Khajuraho: accompagnati da un ragazzo del luogo che parlava un discreto italiano, ci siamo addentrati nelle viuzze del paese ed abbiamo potuto vedere da vicino le abitazioni ed i gesti quotidiani degli abitanti, scoprendo alcuni aspetti che la vista fugace dai finestrini dell’automobile in corsa sicuramente non ti fa notare o capire.

Anche quest’anno abbiamo poi optato per una meta al di fuori del circuito turistico di massa: il Parco Nazionale di Bandhavgarh . Essendo situato a circa 250 km da Khajuraho ( 5 ore e mezza di macchina), lontano da mete turistiche che possano invogliare i visitatori “disattenti” o “frettolosi” ad andarci, è un luogo per appassionati della Natura o per viaggiatori “zaino in spalla” che vivono più da vicino il territorio.

Noi ci siamo andati un po’ anche nella speranza di vedere la tigre nel suo ambiente naturale ( ancorchè protetto dall’ uomo): speranza che si è concretizzata durante il jeep safari del mattino, poco dopo la partenza. Un bell’esemplare di femmina che con noncuranza ( dovuta probabilmente all’abitudine ad essere al centro dell’attenzione da parte di esemplari di Homo Sapiens armati di macchine fotografiche …) ha camminato nel bosco parallelamente alla strada per alcune centinaia di metri per poi attraversare in mezzo alle jeep (!) e tentare senza successo l’avvicinamento ad un branco di cervi. Nel parco vivono inoltre molte specie di cervi, daini, scimmie ed uccelli.

L’ingresso al Parco è regolamentato rigidamente e viaggiatori singoli devono obbligatoriamente appoggiarsi ad agenzie locali o ad alberghi per entrare ( con un notevole aggravio di costi …).

L’ultima meta del nostro viaggio è stata Varanasi dove siamo giunti in aereo con un volo dall’aeroporto di Khajuraho ( ci eravamo ritornati dopo la visita al Parco).

Varanasi , una delle città più antiche al mondo, situata nell’ Uttar Pradesh ( a 850 km da Delhi), sorge sulle rive del fiume Gange : è considerata una delle città più sacre dagli Indù che possibilmente vengono qui per morire ed avere già “un piede in paradiso”… Per questo e’ una città brulicante di vita e spiritualità che vive in funzione della morte: le pire funerarie che bruciano i corpi ardono lungo le rive, in particolare di sera, tra la noncuranza delle vacche sacre che passeggiano tra le cataste di legna e tra i parenti che assistono alla cerimonia.

La parte vecchia della città è addossata alla riva del fiume in un intrico di stradine strette dove sorgono miriadi di santuari e tempietti di tutte le dimensioni; dal Gange la separano vecchi e antichi palazzoni con ampi belvedere e soprattutto una fila di interminabile di “ghat”, le scalinate che facilitano l’accesso alle acque sacre.

Il momento “magico” per una visita è all’alba, noleggiando una barca che permette la vista della città dal Gange con i primi raggi del sole che rischiarano i ghat con luce tenue e malinconica e gli abitanti si recano al fiume per le abluzioni, per lavare i panni e per la meditazione : riti inconcepibili per la maggior parte di noi occidentali ( considerato anche lo stato dell’ inquinamento delle acque e delle rive ….) .

Particolare anche il momento della sera, dopo il tramonto, quando lungo i ghat si affollano gli abitanti per seguire le cerimonie e le preghiere durante le quali i sacerdoti bruciano incensi ed altre sostanze facendo roteare torce infuocate mentre tutto intorno risuonano musiche. E molti, soprattutto turisti indiani e occidentali, consegnano alle sacre acque dei lumini galleggianti.

Ma un segno dell’India che sta cambiando e perdendo un po’ della spiritualità che permea il popolo è il fatto che la sera in cui abbiamo effettuato un giro in barca sul Gange per assistere alla cerimonia del fuoco, la guida ha rimarcato il fatto che ci fosse molta meno gente del solito ad affollare le gradinate. Motivo ? Alla TV c’era la partita di semifinale dei mondiali di cricket, India-Pakistan…. Ma considerato che il cricket in India è talmente amato da essere quasi una fede forse questo è solo un altro aspetto della complessa religiosità degli indiani.

Ciao, anzi …. Namastè .

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Khajuraho Sculture dei Templi



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